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Autore: Arwen297    20/04/2019    3 recensioni
[ SEGUITO DI "IL VENTO DELLA LIBERTA']
Presente la coppia Seiya x Michiru
Sono passati 13 lunghi anni da quando Haruka è partita per gli USA nel tentativo di salvare la famiglia dalla rabbia della famiglia Kaioh, la sua carriera ha preso il volo e ormai è famosa nell'ambito delle corse. Il suo rientro in territorio nipponico per la laurea della sorella Usagi le donerà un incontro sperato per tutto il tempo passato lontana da casa.
Michiru ha una carriera ormai solida a fianco di suo marito, Seiya, con il quale si esibisce in concerti di musica moderna senza abbandonare le sue composizioni classiche.
Le due si troveranno a fare i conti con il loro passato e i loro sentimenti più forti e prorompenti che mai, entrambe ne usciranno cambiate e segnate e anche per Seiya non si prospetta nulla di buono, entrambe dovranno lottare per trovare la loro felicità.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
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Note dell'autrice: Finalmente sono riuscita a finire questo capitolo per pubblicarlo. Il ritmo sta procedendo lentamente anche nella storia ma conto dal prossimo capitolo di accellerare un po' gli eventi. Vi auguro una felice e serena Pasqua.

Capitolo 12: L'amica di Usagi

 

«Michiru?!?». La voce di sua madre diede inizio alla comunicazione. «Si può sapere dove sei finita?!?».

Gli occhi corsero a cercare quelli di Haruka che la guardavano interrogativa mentre la bionda girava la forchetta nella pasta per prenderne una forchettata dal piatto.

«Ciao mamma». Rispose al suo sguardo così, comunicandole con chi aveva il piacere di chiamarla a quell'ora disturbandola senza troppi problemi.

Sul viso di Tenoh si dipinse un'espressione contrariata, mentre gli occhi tornarono silenziosamente a dedicare le proprie attenzioni alla cena. « Sono a casa di una mia amica, ho bisogno di staccare non vi preoccupate, sto bene». Intuì che Seiya avesse chiamato anche loro nella speranza che fosse tornata a Villa Kaioh.

Questo le fece capire come, in realtà, il marito non la conoscesse affatto e che con ogni probabilità era quasi un'estranea dopo tutti quegli anni, ulteriore motivo per chiedere il divorzio.

«Ha chiamato Seiya, è preoccupato perché non ha tue notizie e non rispondi al telefono cosa sta succedendo?». Il tono della donna non tradì emozione alcuna, anche se quel comportamento disdicevole non era proprio abitudine della giovane. L'educazione che le era stata impartita che fine aveva fatto?

«Non ho voglia di parlarne adesso, lo farò promesso dite a Seiya di stare tranquillo appena sto meglio tornerò a casa». Cercò di non dare risposte alla ricerca di informazioni della donna, sperava che dirle che poi gliene avrebbe parlato la dissuadesse dal continuare a porle domande alle quali non avrebbe saputo rispondere immediatamente.

Un verso non ben identificato uscì dalla bocca dell'altra a sentire quella promessa, le mani che si mossero nel gesto del fare il culo. Suggerendole che, forse, era quello che avrebbe dovuto fare anziché quelle stupide promesse.

Lei sorrise cercando di riportare l'attenzione a ciò che la madre le stava dicendo al telefono senza reale intenzione di ascoltarla poiché, alla fine, sarebbero uscite dalla sua bocca sempre le stesse cose.

«Fate attenzione a non rendere palese il vostro allontanamento, i paparazzi e i media sono sempre dietro l'angolo per questo genere di Scoop». Ovviamente con Nari che stava per iniziare la chemioterapia, un tentativo di abuso da parte del bruno e lo scoprire che loro in realtà erano fratelli il problema maggiore era ciò che avrebbero pensato i media e i loro fans. Tipico dei Kaioh ragionare in quel modo, tipico di chi da importanza solo all'apparenza e nient'altro.

«Mamma ascolta, con Nari che sta per iniziare il percorso per il trapianto di midollo ciò che pensano i telegiornali è l'ultima cosa che mi possa interessare, possono scrivere tutto ciò che vogliono tra me e i Kou. Tanto dubito che uno di loro possa anche solo ipotizzare qualcosa di verosimile. In ogni caso ripeto, quando avrò voglia verrete messi a conoscenza anche tu e papà». Tagliò corto, visto che sentiva salire il nervoso e ne aveva già usato troppo in quei giorni.

«Non fare preoccupare Seiya, chiamalo mi raccomando». Fu la risposta dell'altra. Risposta che le diede come l'impressione che in realtà avesse parlato con un muro. Non fece in tempo a ribattere che la comunicazione fu interrotta.

«Cosa voleva?». La voce di Haruka giunse subito, non appena appoggiò il telefonino sul mobile della cucina.

«Dirmi di chiamare Seiya, cosa che provvederò molto bene a non fare». Si sedette al suo fianco infilando la forchetta nel piatto a prendere la pasta, le richieste di sua madre erano un qualcosa a cui amava non dare retta ormai da anni.

La bionda sorrise a sentirla dire così. Ribelle al punto giusto, mi piace. «Vuoi del vino?».

«No grazie, mangio e poi vorrei solo riposare, domani sarà l'ennesima lunga giornata». Mormorò lei sospirando.

 

***

 

«Luna!». Usagi richiamò l'attenzione di una giovane donna, sua coetanea, dai lunghi capelli corvini riflessati di blu che disegnavano delle onde sinuose intorno al corpo per culminare in fine su due odango a forma di cuore sulla testa.

Si erano conosciute sui banchi di scuola, il primo giorno delle medie e non si erano più separate. Avevano superato le prime cotte, le prime delusioni, l'esame di terza media, l'ansia dei risultati per i test di ammissione all'Università suoi e quella dell'esame per il diploma che aveva preso dopo il liceo la bruna.

Si era più volte dimostrata un'amica dispensatrice di consigli saggi, riflessiva e pacata: insomma l'esatto opposto di Usagi, ma si completavano alla perfezione. Ramanzine comprese, quasi sempre a carico suo.

A causa dei suoi ultimi esami all'università e gli impegni lavorativi dell'altra erano circa otto mesi che non riuscivano a trovare del tempo solo per loro due come quella sera. Si tenevano costantemente aggiornate sulle loro vite con almeno una chiamata a settimana ma, vedersi, era senza ombra di dubbio meglio.

«Cosa mi racconti?». La make-up artist chiese subito alla giovane pianista. «Tua sorella come sta? Mi hai detto che è rientrata dagli USA, sono anni che non riesco a vederla per una cosa o per l'altra».

«Si è tornata ormai da qualche settimana, sta bene! Rimarrà almeno fino alla fine dell'estate in Giappone poi dovrà rientrare in America per prepararsi alla nuova stagione automobilistica, ma per la mia Laurea sarà presente!». Rispose con entusiasmo mentre guardava il menù del Ristorante Italiano che avevano scelto per quell'occasione. Era tentata di prendere una pizza, visto che lì aveva già potuto constatare fosse eccezionale, con ogni probabilità il pizzaiolo era italiano o aveva imparato in Italia a svolgere il proprio lavoro.

«Sono felice, ma ha deciso di mettere la testa a posto con le ragazze?». Ricordava bene la propensione alle conquiste continue della bionda più grande, forte del fascino che sapeva di avere sul sesso femminile, non le era certamente facile cambiarne una ogni quanto avesse voluto.

«Mia sorella non cambia, non ha il carattere da legarsi facilmente a qualcuno credo proprio che non le interessi». La guardò per qualche istante da sopra la carta davanti al viso. «Cosa facciamo? Prendiamo una pizza o un primo o un secondo? Io sarei molto tentata dalla pizza ma mi adeguo a ciò che preferisci tu, qui è tutto ottimo te lo assicuro!». Cambiò discorso, per evitare di tradirsi sulla frequentazione che sembrava avere sua sorella con Michiru, visto che le era stato detto di tenersi la faccenda per se stessa e basta. Almeno per ora.

«Anche per me va bene una pizza, vorrei prendermi poi un buon gelato in passeggiata dopo se non ti dispiace». Le rispose la bruna.

«Si io prenderò il dolce qui perché li fanno davvero buoni e il gelato dopo!». La sua sentenza fu irrevocabile, l'altra scoppiò a ridere.

Furono interrotte dal cameriere avvicinatosi a prendere l'ordine e la biondina prese subito la parola, affamata com'era non voleva perdere un istante di più: sarebbero stati tutti istanti che l'avrebbero divisa dal poter cenare e, vista la giornata impegnativa aveva proprio bisogno di rifocillarsi con qualcosa di buono nello stomaco. «Prendo una pizza con rucola e gamberetti, poi una coca-cola media e una fetta di torta con panna e fragole». I suoi occhi azzurri lessero il menù fino in fondo. «Ah! E anche un caffè d'orzo se possibile». Sorrise lasciando la parola a Luna.

«Io una pizza alla Diavola, una bottiglia di acqua naturale e un caffè». Ringraziò quindi il ragazzo prima che si allontanasse. «E con Mamoru? Quando vi deciderete ad andare a convivere!». La guardò dritta negli occhi, alla ricerca di qualche reazione che tradisse l'amica su qualche notizia che ancora non le era stata comunicata.

«Con Mamo-chan va tutto a gonfie vele, non so però se andiamo a convivere, non abbiamo ancora fatto questo discorso, non voglio mettergli pressione. Certo mi piacerebbe e non poco e dopo tutti questi anni sarebbe anche il momento». Fece un breve calcolo, erano una decina di anni che stavano insieme, lui aveva una carriera già avviata e la sua bravura era ormai conosciuta anche fuori città. Potevano effettivamente andare a convivere ma, non avrebbe mai lasciato che lui la mantenesse: voleva comunque mantenere la sua indipendenza economica, in fin dei conti dentro di lei scorreva lo stesso sangue di Haruka e non poteva assolutamente rinunciare a qualcosa che le consentiva di essere libera su molti fronti. «Però preferirei aver trovato un lavoro stabile anche io dopo la laurea e magari anziché una futile convivenza, preferirei un matrimonio..mi conosci Luna! Sono un'inguaribile romantica!». Arrossì appena, con gli occhi sognanti al pensiero dell'abito bianco affianco a un Mamoru felice e sorridente. «Ma ora parlami un po' di te, altrimenti parlo sempre io...il tuo fantastico lavoro?». Esclamò allegra.

«Va più che bene, anzi benissimo è sempre diverso stimola la mia vena creativa in modo totalizzante e ormai sono a contatto solo con persone importanti, personalità politiche e dello spettacolo. Lavoro molto per il trucco degli attori dei film e del teatro, per non parlare di quanto trucco mi richiedano le star anche al di fuori del loro orario di lavoro!». Si mise a raccontare entusiasta, scelse di omettere che spesso, quando veniva chiamata al di fuori dell'orario di lavoro il lavoro consisteva semplicemente nel renderle irriconoscibili con trucco e parrucco per non essere riconosciuti e girare tranquillamente senza essere fermati per una foto spesso e volentieri da gente opinabile.

I suoi clienti in questo senso erano uomini e donne, come nel mondo televisivo e del teatro infatti entrambi i sessi avevano le stesse necessità.

Così si era dovuta inventare delle persone ben specifiche in cui trasformare gli attori in modo che loro avessero un aspetto diverso e molto lontano da quello di madre natura. Il tutto facendo attenzione a non far assomigliare nessuno di loro agli altri; spesso non erano nemmeno attori quelli che chiedevano, ma persone in giri ben più loschi.

Questo tipo di prestazioni offrivano un buonissimo arrotondamento del suo stipendio e dunque aveva deciso di portare avanti anche questo aspetto. Decise però di non rendere partecipe la sua amica di quest'ultimo lato, non voleva farla preoccupare troppo sebbene ricordasse che Haruka qualche anno addietro frequentava gli stessi giri ed era ricordata da molti.

«Sei sempre stata brava in questo genere di cose, fin dal Liceo! Io con il make-up ero negatissima e tu invece già sapevi truccare discretamente bene anche le altre persone! Io credo che sia la tua vocazione». Esclamò Usagi appoggiando il mento sulle mani .

«Si credo che tu abbia proprio ragione!». Sorrise, effettivamente il suo lavoro era sempre stato un piccolo sogno che aveva fin da ragazzina, quindi in un certo senso poteva sì definirla la sua vocazione.

«Con... Artemis? Giusto? Come va? Avete deciso di andare a convivere oppure siete ancora entrambi a casa di mamma e papà?». I suoi occhi azzurri si illuminarono sognanti.

«Sì, Artemis è il suo soprannome e lo sai». Che fosse il suo soprannome era ormai assodato da tutti, ma lei era una delle poche persone che ne conosceva il nome vero, particolare che il suo fidanzato non voleva si sapesse in giro molto facilmente e lei aveva sempre rispettato questa sua scelta sebbene non l'approvasse, perciò per tutti era Artemis, nonostante l'anagrafe avesse qualcosa da obbiettare in proposito.

«Sì, certo che lo so, ma non so in quale altro modo chiamarlo!». Commentò la bionda arrendendosi ai fatti oggettivi. «Lui non gradisce si sappia il suo vero nome in giro e quindi ho poche altre soluzioni disponibili!».

La bruna sorrise, spostandosi un ciuffo cadutole troppo vicino alla tavola. «Anche lui ancora nessun cenno di voler andare a convivere, credo abbia paura di fare un passo così importante anche se ormai stiamo insieme anche noi da un tempo sufficiente per pensare a un'ipotesi del genere».

 

***

 

Il silenzio di una serata ormai inoltrata durante la quale entrambe avevano guardato la televisione godendo della reciproca compagnia, nessuna delle due aveva voglia di intavolare un discorso dopo le giornate precedenti tutt'altro che facili, sopratutto emotivamente, per entrambe.

In quell'assenza di dialogo però, erano pienamente consapevoli che le loro anime in realtà stessero comunicando supportandosi e reggendosi reciprocamente.

Se per Michiru pian piano erano andate sgretolandosi le vecchie certezze a favore di una nuova vita che forse si stava affacciando timidamente alla finestra, paurosa di compiere un gesto più lungo della gamba nello spalancare totalmente l'ingresso; per Haruka averla incontrata nuovamente era stato come fare un tuffo in un passato ormai lontano che non si era mai totalmente lasciata alle spalle. Ne era sempre stata consapevole in quegli anni trascorsi lontana da casa, ne era consapevole ogni volta che aveva visto la violinista alla televisione in occasione di un'intervista dopo un evento musicale importante.

Se pur da lontano non aveva mai smesso di seguirla e ora il filo rosso le aveva portate nuovamente a intrecciare le loro vite, quasi scherzando e prendendo in giro tutto ciò che era stato o forse non stato quando entrambe erano delle adolescenti. Fino a quel momento la sua vita era stata pressoché una sabbia mobile in mezzo alla quale si era sforzata di non perdere le forze ed essere così mortalmente seppellita, che fosse la sua rivincita verso la vita aver incontrato nuovamente Kaioh? No, non poteva di certo saperlo, ma qualcosa le diceva che forse Dio si era ricordato anche di lei finalmente.

La vibrazione del telefono di Tenoh produsse un ronzio ritmico che giunse ai timpani delle due donne piacevolmente immerse nei propri pensieri, il nome sullo schermo che spinse la bionda ad accettare subito la chiamata nella speranza che quei documenti fossero pronti prima del previsto per poter mettere in moto la macchina che avevano pensato.

Togliendosi così un peso enorme alla vigilia dell'inizio dei trattamenti chemioterapici.

«Sei tra le gambe di qualche donna o possiamo parlare?». La voce dell'amico irruppe senza inutili convenevoli nello smartphone, facendola sorridere.

«Se fossi tra le gambe di una donna non sarei qui al telefono». Lo sguardo verde si posò su Michiru che la guardava attonita per ciò che aveva appena finito di dire, le fece l'occhiolino quasi a farle intendere che non doveva preoccuparsi.

«Riesci a portarmi le cose che avevamo detto domani all'una di notte a casa?». Chiese Bussho, senza scendere troppo nei dettagli visti gli affari dei quali stavano parlando.

«Devo chiedere alla diretta interessata, non ha ancora preparato le cose che avevi chiesto, se riesce entro domani sera sarò da te per quell'ora. Altrimenti temo che bisogna rimandare al giorno dopo». Potevi chiamarmi domani già che c'eri. Precisa com'era, vedersi stravolgere anche solo una minima parte della giornata in quel modo le faceva saltare il sistema nervoso.

«Fammi sapere qualcosa appena puoi». Disse lui prima di interrompere la conversazione senza darle tempo materiale per salutare. Il telefono finì in un punto imprecisato del divano sul quale era comodamente seduta, lo sguardo dell'altra ancora puntato addosso con la stessa espressione che le si era dipinta in volto gli attimi prima. «Michi eddai su, non ho detto niente di male! È solo un modo di salutarci tra amici di vecchia data». Provò a giustificarsi, senza ottenere il riscontro sperato. «Era quello che si sta occupando dei tuoi documenti falsi, ha chiesto se riesco a fargli avere le tue foto per domani notte all'una, credi che riesci a incastrare con gli impegni che hai domani?».

Lei annuì. «Non ho ancora una parrucca e nemmeno delle lenti a contatto per cambiare il colore degli occhi, con tutto quello che è successo mi è passato di mente cercare queste cose». Gli confessò quasi colpevole.

«Ci penso io a queste cose». Rimase in silenzio qualche secondo per riflettere su come farla apparire il più diversa possibile agli occhi degli altri per renderla irriconoscibile, il pensiero andò immediatamente ad Usagi e alla sua amica di infanzia. «Anzi, fammi fare una telefonata e vedrai che ti risolvo subito il problema». Allungò il corpo il tanto che bastava per riprendere nuovamente il telefonino e comporre a memoria il numero della sorella. Non sapeva dove fosse, ma in cuor suo sperava che non era impegnata con Mamoru nel letto.

Per quanto il ragazzo le piacesse e la trattasse bene, infatti, un lieve fastidio a pensare la sua Usagi impegnata in certe attività saliva volentieri ai lati della sua mente.

 

***

 

Usagi si fermò nel sentire il telefono squillare a quell'ora della sera, il cuore che le perse un battito a causa della mente che pensava a qualcosa di grave accaduto alle persone a cui più teneva.

Una paura irrazionale, rimasta lì dal giorno in cui quando era piccola era arrivata a casa la telefonata che avvisava del fatto che suo fratello maggiore era deceduto a seguito di quel maledetto incidente stradale.

Il nome della sorella faceva ben mostra di sé nei cristalli liquidi, una lieve rassicurazione che saliva dal fatto che il numero lo conosceva e che quindi, forse, poteva stare tranquilla a tutti gli effetti.

Luna si era fermata qualche passo più avanti non appena si era accorta di non averla al suo fianco e ora la guardava incuriosita da quello stop improvviso.

«Pronto». Guardò l'amica negli occhi chiari incorniciati da qualche ciuffo ribelle come a dirle che non aveva idea di cosa causava una chiamata da parte della sorella a quell'ora.

«Piccola peste, ciao». Sì, poteva definitivamente stare tranquilla.

«Haru, ciao, ma è successo qualcosa che mi chiami a quest'ora? Non è da te». Esclamò senza togliere lo sguardo dalla bruna, ma iniziando nuovamente a camminare.

«Niente, non preoccuparti. Mi è venuto in mente che Luna, la tua amica di infanzia, è una truccatrice ed è anche molto brava vero? Mi daresti il suo numero? Mi servirebbe abbastanza urgentemente». Andò dritto al punto, a sentire quel discorso la biondina allontanò lo smartphone dal suo orecchio passandolo alla diretta interessata che la guardava interrogativa.

«E' mia sorella, ha chiesto di te». Le chiarì le idee. «Magari se parlate direttamente tra di voi è meglio». Spiegò prima di superarla per andare ad appoggiarsi alla ringhiera del lungo mare e rimanere fissa ad osservare il mare.

«Pronto, ciao Haruka mi hanno detto che stavi cercando me». Il suo tono allegro come sempre era quasi travolgente, aveva ben presente la sorella della sua migliore amica, da piccole erano riuscite a trascinarla ogni tanto nei loro giochi da femmine che lei non troppo sopportava e, man mano negli anni, con il crescere del rapporto tra le due era cresciuto anche quello di amicizia che la univa al lampadario biondo che orbitava intorno alle loro vite da sempre.

«Luna! Non pensavo che eri con Usagi, che splendida coincidenza! Comunque sì stavo cercando proprio te, hai impegni per domani sera? Mi serve un lavoro di make-up un po' particolare». Percepì chiara l'enfasi sull'ultima parola di Tenoh, capendo al volo di che lavoro poteva trattarsi.

«Se è un lavoro urgente mi libero dagli impegni che ho e vediamo cosa possiamo fare». Fece mente locale al fatto che aveva una cena fissata con i genitori del fidanzato proprio per la sera dopo ma, essendo in quel tipo di ambiente da ormai anni e anni, era abituata al fatto che spuntava un lavoro con così poco preavviso.

«Se riesci per domani sera sarebbe davvero ciò che fa al caso mio, poi ti dirò tutti i dettagli quando sarai qui a casa da me e … mi raccomando Luna, sono sicura che posso fidarmi di te in tutto. Massimo riserbo per questa cosa». Sì, a giudicare da ciò che le aveva appena finito di dire l'amica, la sua intuizione iniziale era più che giusta.

«Puoi stare tranquilla, Ruka, non è il primo lavoro di questo tipo che faccio». La rassicurò immediatamente. «Chiedo l'indirizzo a tua sorella allora e ti faccio mandare il mio numero di cellulare nuovo così per qualsiasi cosa sai come rintracciarmi». Sorrise. «A domani sera allora!».

«Stai attenta a quello che combina mia sorella, che non si cacci nei guai stanotte. Basta un bicchiere e già inizia a non capire più niente». La voce si fece seria, con un filo di preoccupazione.

«Stai parlando della mia migliore amica, non permetterei mai che si cacci nei guai, puoi stare tranquilla, lo sai!». La rassicurò, per lei che era figlia unica, il rapporto tra quelle due le era sempre piaciuto.

Aveva conosciuto anche il fratello gemello, toccando così con mano il famoso legame tra gemelli, anche se dall'esterno e sebbene per certi versi non invidiava il dover dividere qualsiasi cosa in casa con una sorella, in fondo al cuore avere una persona frutto del suo stesso sangue a cui appoggiarsi le sarebbe piaciuto molto.

È vero, aveva trovato Usagi che per lei era diventata quasi come una sorella non di sangue, ma le sarebbe piaciuto comunque.

«Molto bene, a domani allora!». Concluse la bionda. «Buona notte».

Il rumore di una conversazione interrotta la raggiunse spingendola a passare il telefono alla sua proprietaria.

«Cosa voleva?». Chiese Usagi senza voltarsi a guardarla, il mare le notti d'estate era davvero meraviglioso. La Luna che si rifletteva sulla superficie l'affascinava sempre molto, lasciandola a bocca aperta. Spesso si trovava a sognare ad occhi aperti di un possibile regno Lunare di cui magari lei e il suo Mamo-chan erano i regnanti indiscussi.

«Mi ha chiamata per fare un lavoro di quelli che faccio di solito, sai la roba top-secret di cui non parlo mai e di cui nessuno deve sapere molto». Le dispiaceva essere così vaga, ma non poteva certamente spifferare ciò che alcune personalità di spicco le chiedevano di fare.

«Oh sì! Non ti preoccupare ho capito a cosa ti riferisci, mi avevi accennato anni fa». La tranquillizzò, mentre una sorta di inquietudine le pervadeva le membra: cosa stava combinando Haruka da aver bisogno di una truccatrice esperta come la sua amica in casa sua il venerdì sera? Il suo sesto senso le suggeriva che centra Michiru, e nonostante le piacesse molto artisticamente parlando, il pensiero che ella potesse ancora stravolgere la loro vita non le piacque affatto.

Doveva parlare con la più grande, aveva promesso di tenere tutta quella storia per se, ma temeva che il tutto stesse prendendo decisamente una piega pericolosa da cui si sentiva in dovere di tener lontano sua sorella.

L'allegria sfoggiata fino a qualche minuto prima sfumò miseramente lasciando posto a un sacco di supposizioni, di pensieri e a una voglia improvvisa di tornare a casa per chiamarla al riparo delle mura domestiche.

Le dispiaceva però mettere fine a quell'uscita tra amiche per una cosa del genere e in ogni caso non sapeva come giustificare un cambio di umore così improvviso senza poter dire di quella specie di relazione indefinita di cui era stata messa al corrente poco tempo prima.

Probabilmente la brunetta lo avrebbe scoperto il giorno dopo, anzi era certa che fosse così. Ma lei sentiva l'esigenza di vederci chiaro in quella faccenda.

«Usagi tutto bene?». La voce dell'altra interruppe i suoi pensieri, un'espressione stranita e quasi preoccupata dipinta sul volto a quell'improvviso cambio di umore che aveva reso Odango molto meno chiacchierina del solito.

«Sì, stavo solo pensando a che cosa sta combinando Haru, non mi piace che ti abbia chiesto un lavoro di quel tipo. Spero solo non si stia infilando in guai grossi e pericolosi da cui poi non è capace a uscire». Non poteva dire di più nemmeno lei, anche se parlarne con qualcuno l'avrebbe sicuramente rassicurata.

«Tua sorella ha dimostrato più volte di sapere il fatto suo, dovresti fidarti di lei. Se mi ha chiesto una cosa di questo tipo ha motivi molto più che validi per farla». La più grande dei Tenoh, infatti era solita infilarsi in situazioni spinose, ma era anche perfettamente in grado di tirarsene fuori quando diventavano troppo pericolose, lei ne era più che convinta.

Usagi però, la conosceva bene, e sapeva perfettamente che le preoccupazioni avevano alle spalle la paura di perdere uno degli ultimi punti di riferimento che le erano rimasti.

E da una parte, dopo aver vissuto con l'amica la morte del padre e quella del fratello maggiore avvenute a distanza di pochissimo tempo l'una dall'altra, poteva capirne benissimo lo stato d'animo.

«L'ultima volta che si è infilata in guai più grossi di lei è stata costretta a partire per l'America per salvaguardare il lavoro di nostra madre che altrimenti lo avrebbe perso senza possibilità di difendersi.. questa volta cosa accadrà invece?». Si appoggiò con i fianchi alla ringhiera per girarsi a guardarla.

«Fidati di lei, sono sicura che questa volta andrà tutto bene, sa il fatto suo, ripeto». Le fece l'occhiolino prima di afferrarle una mano e tirarla via con se. «Non pensarci ora, siamo uscite per divertirci e non pensare ai problemi stasera, altrimenti che senso ha?».

Luna aveva ragione, non riuscivano mai a vedersi e sprecare il tempo a disposizione preoccupandosi di cosa stava combinando sua sorella maggiore era qualcosa di molto stupido, se non quasi infantile.

Haruka ormai era una donna adulta e sapeva cosa poteva o non poteva fare, la make-up artist aveva sicuramente ragione su questo.

Sì limito a sorridere alla persona che aveva accanto per poi seguirla alla ricerca di un locale dove trascorrere il resto della sera, magari uno dei tanti con terrazza sul mare che si aprivano nella zona più ricca del lungo mare.

 

***

 

«Guardami come sto?». Haruka e Michiru erano rientrate da una ventina di minuti a casa dopo che la violinista aveva trascorso tutto il pomeriggio in clinica con la bambina, la prima seduta di chemioterapia si era svolta senza troppi capricci della piccola, ormai abituata agli aghi di tutti i tipi che spesso venivano usati su di lei.

Il momento peggiore era arrivato a metà trattamento quando, come c'era d'aspettarsi le medicine e le sostanze della flebo stillata goccia a goccia nel suo piccolo organismo avevano iniziato a mandarle in tilt lo stomaco costringendola a vomitare pur rimanendo ferma.

Nonostante ciò Nari nonostante la giovanissima età, aveva pianto per pochissimo tempo. Sorprendendo i medici e lei per prima.

Haruka era andata a prenderla come concordato, nelle ore di attesa aveva impiegato il suo tempo nella ricerca di un paio di lenti a contatto scure e una parrucca in capelli il più possibile naturali sul castano liscio.

In quel momento la bionda aveva appena finito di apparecchiare la tavola in attesa che arrivasse il ragazzo del Ristorante Cinese dove avevano ordinato la cena. Aveva comprato per Michiru anche dei vestiti ben diversi da ciò che era abituata ad indossare: misura necessaria per essere davvero irriconoscibile agli occhi degli altri.

Si voltò verso l'altra che ne aveva attirato l'attenzione, la osservò attentamente con quelle lenti scure che però non modificavano la profondità del suo sguardo e quei capelli castano scuro che le cadevano morbidi sulle spalle.

Tenoh non era abituata a vederla così, ma non poteva negare che con quel cambio di colori fosse lo stesso molto bella.

«Stai benissimo, sembri un'altra..quando arriva Luna sono sicura che completerà il lavoro con il trucco». Disse compiaciuta guardando l'orologio. «Tra un'ora e mezza dovrebbe essere qui, spero che quello del Ristorante consegni velocemente la nostra cena!». Un brontolio rumoroso si alzò dal suo stomaco a sottolineare il concetto appena finito di esprimere.

«E' affidabile l'amica di tua sorella? Ci si può fidare?». L'unico suo timore era che sbandierasse la situazione ai media prima del tempo, prima cioè che lei trasferisse tutto il suo patrimonio sul conto creato appositamente sotto mentite spoglie e sopratutto prima di aver fatto recapitare da un buon avvocato la richiesta di divorzio.

«Sì, so per certo che opera in questo ambiente per arrotondare lo stipendio che guadagna già come make-up artist, fa questo genere di lavori in sordina con molti personaggi di spicco che hanno bisogno di cambiare per un giorno». Le sorrise nell'esatto momento in cui suonarono al campanello. «Credo sia arrivata la nostra cena!». Passò una mano tra i suoi capelli scompigliati per la doccia fatta in precedenza prima di dirigersi verso l'ingresso ad aprire il citofono per accogliere il ragazzo che faceva le consegne al ristorante.

 

***

 

Luna arrivò con una decina di minuti di anticipo sotto al portone del grande palazzo del quale aveva ricevuto l'indirizzo da Usagi, si trovava nel cuore della zona residenziale di Kyoto circondata da edifici con abitazioni di un certo livello.

Era una zona molto tranquilla che lei amava da qualche tempo, sebbene ancora non guadagnasse abbastanza nemmeno per permettersi un monolocale in affitto nei dintorni. Il fatto che la sorella della sua migliore amica si era potuta permettere un attico all'ultimo piano la diceva lunga sugli enormi guadagni da cui era sommersa correndo nel panorama statunitense.

Suonò il citofono e, vista la prontezza con cui le fu aperto ebbe il sospetto che Haruka stesse facendo la guardia al citofono per non perdere tempo.

Entrò nel portone con l'ingombro, non minimo, della valigia professionale dentro la quale custodiva tutto l'occorrente per quel genere di lavori, una parte di lei era curiosa di vedere su chi avrebbe dovuto lavorare quella sera.

Vista l'urgenza doveva essere qualcosa davvero di importante, o meglio qualcuno, arrivata nell'ascensore si sistemò i capelli andati fuori posto vista la loro lunghezza a dir poco inumana rispetto alla media nipponica.

«Ciao Ruka!». Salutò immediatamente la bionda quando fu davanti all'ingresso dell'appartamento, erano anni che non la vedeva ma non era cambiata affatto. Maglietta a maniche corte e pantaloncini per sfuggire al caldo, era proprio come se la ricordava. «Ma tu il passare degli anni non lo senti? È tantissimo che non ti vedo e sei sempre uguale!».

«Il lavoro che faccio, con la preparazione fisica che richiede aiuta a rimanere giovani e aiutanti». Rispose quella, facendole l'occhiolino prima di farla passare per accomodarsi in sala, la violinista era rimasta in cucina a sistemare le ultime cose sporcate per cena.

«Michiru ti presento Luna». Decise lei di fare le presentazioni, così come aveva deciso che lei mantenesse la parrucca e le lenti dopo averle provate in modo da non rivelare la vera identità alla truccatrice. Era sembrata la soluzione più pratica per entrambe, in quel modo non avrebbero dovuto dare troppe spiegazioni.

La musicista si mosse immediatamente verso la sala e strinse le mani alla giovane bruna che aveva davanti.

«Piacere di conoscerti, Ruka mi ha detto che sei davvero brava nel tuo lavoro e non vedo l'ora di apprezzarne i risultati». Sorrise, nascondendo la preoccupazione che qualcosa avrebbe potuto andare storto con i documenti falsi e sarebbe stato un bel pasticcio.

«Haruka mi ha accennato appena il lavoro ieri sera al telefono, se vuoi possiamo parlarne nei dettagli con il massimo riserbo da parte mia su ciò che uscirà fuori in questa stanza. Potete stare tranquilli, nessuno verrà a sapere niente di tutto ciò. Nemmeno Usagi». Luna trovò doveroso rassicurarle su quel punto, lo faceva con tutti i clienti che le chiedevano quei lavori, ma a maggior ragione lo avrebbe precisato per quelle che considerava amiche a tutte gli effetti.

«Serve che tu la trucchi bene perché è per dei documenti falsi, meno assomiglia a lei stessa e meglio è». Spiegò la motociclista brevemente, senza dare ulteriori spiegazioni.

«Immaginavo fosse per qualcosa del genere, cambierai colore di capelli?». Domandò, in modo da regolarsi con il trucco.

«No, ho già cambiato questa è una parrucca e anche gli occhi hanno le lenti». Fu la donna dai capelli verde acqua a rispondere questa volta. «Sono i miei colori definitivi questi, quindi puoi cambiare tutto quello che vuoi».

«Un naso diverso? Ho giusto la pasta modellabile che si usa nel cinema per fare queste cose ci metto un attimo a cambiartelo leggermente, direi magari di aggiungere qualche lentiggine anche». Propose lei, ci vorrà un po' di tempo ma penso che per massimo le due di notte avremo finito.

«Ottimo». Tenoh si mosse allora in direzione del telefono per avvisare Bosshu che sarebbe passata a ritirare il tutto verso le tre di notte, in modo tale che il giorno dopo Michiru avrebbe potuto già aprire un conto nuovo sul quale trasferire tutto il denaro che voleva. «Sarà una lunga nottata questa». Mormorò sottovoce più a se stessa che alle altre due dopo essersi seduta comodamente sul divano. «Luna fai davvero come se tu fossi a casa tua, in cucina ci sono i bicchieri e in frigo trovi da bere».

Vide la bruna aprire la valigetta per preparare tutto il necessario senza ottenere una risposta e accese la tv sul primo programma che le capitò a tiro nell'intento di passare il tempo nell'attesa che Kaioh fosse pronta.

 

   
 
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