Monologo di un
pazzo molto lucido
Felicità. Una parola che mi angoscia.
Non che io ne abbia paura. Come si può avere il
terrore di essere felici? Come si può provare quell’orrore strisciante e cieco, quello che ti paralizza e
ti uccide, per una cosa così innocua?
D’accordo, io ho paura della felicità. Sei sbalordito? Se
vuoi te lo ripeto. IO HO PAURA DELLA FELICITA’. Contento ora?
Beh, se sì, ti spiegherò in breve il motivo: la felicità
presuppone anche il suo contrario, il dolore, il
decadimento, la morte. Essere felici è la condizione
più dolorosa che esista, come diceva un poeta che ora non ricordo più:
Felicità raggiunta,
si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s'incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
Se giungi sulle anime
invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
e' dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.
Ha ragione: la felicità è qualcosa di effimero,
cosa che gli uomini comuni non hanno ancora compreso. Basta leggere in un
dizionario:
felicità
s.f.inv.
1
stato d’animo di chi è felice; gioia, contentezza: provare una grande f., essere al colmo della f.; fare la f. di qcn., renderlo felice; f. eterna, la beatitudine del paradiso
| come augurio: f.!, f. a tutti! | iron.: che f.!, sai che f.!, di qcs. di
sgradevole
2
cosa che rende felici: è una grande f. rivederti
3
qualità di ciò che è ben riuscito, positivo: la f. di un’idea, di una soluzione | adeguatezza, proprietà: la f. di una frase | abilità, maestria: f. di stile
Parole,
parole. Ma perché esprimersi con le parole? Non hanno significato, non sono vive… Vuoti suoni nella
riecheggiante notte oscura. Le parole sono un sentiero
deserto. E anche molto sporco, a dir la verità.
Una
volta ho sognato che tutte le parole del mondo si ribellavano
alla loro condizione di immobilità e inespressività. Formavano nuove immagini,
sentimenti, pensieri… Le lettere si visitano l’un l’altra
e davano vita ad un canto d’amore. Come gli angeli.
No,
non come gli angeli.
Perché io una volta li ho visti, gli angeli.
E non sono quello che si pensa.
Gli
angeli sono invidiosi di noi umani che abbiamo tutto, perché loro non hanno
niente.
Hanno
solo ali piumate con ragnatele ad avvolgerle.
E tra i capelli una corona fatta di bottoni, lacrime e
sangue.
Si
dondolano su altalene cigolanti, attenti a non sporcarsi di polvere le putride
e sbrindellate vesti.
Io
un giorno li ho visti e loro mi hanno offerto una testa recisa dal corpo di
qualcuno.
Portava
una corona di bottoni, lacrime e sangue ed ancora non era fredda.
Alzai
gli occhi verso chi me la offriva.
Era
senza testa.