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Autore: heliodor    14/06/2019    1 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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La guerra è follia
 
Bardhian un problema, pensò Joyce.
Il principe aveva un carattere difficile, era capriccioso e sbruffone e antipatico come la sabbia umida nei pantaloni, ma un problema?
"Che tipo di problema?" chiese.
Kallia sospirò. "Sei stata a Shoni? In che stato era il villaggio?"
"Distrutto" disse Joyce.
"C'era qualche sopravvissuto?"
Scosse la testa. Decise di non dirle di Derv e di quello che era accaduto.
Kallia annuì grave. "Allora è tutto vero."
"Dimmi di Bardhian" disse Joyce. "Come sta?"
"Meglio dell'ultima volta che l'hai visto. Si è ripreso dalla ferita. Doriton ha fatto un buon lavoro. Anche troppo."
"Ho visto la sua assistente al villaggio. Lui è vivo?"
"Non ne ho idea. Non era tra quelli che abbiamo liberato nell'attacco."
"È lì che hai perso l'occhio?"
Kallia annuì di nuovo. “Avrei perso ben altro senza lo scudo. Quel maledetto Rauda..."
"L'ho visto, quando mi hanno catturata."
"A proposito, come hai fatto a scappare?"
"È una storia lunga."
"Ho un po' di tempo e ormai di dormire non se ne parla."
Le raccontò di Reynaud e di quello che era accaduto.
"Gli imoriani sono pazzi" disse Kallia. "Non quanto i malinor, ma ci vanno vicini. Molto vicini. C'è di buono che ora Rauda ha uno stregone in meno."
"Voglio vedere Bardhian."
"Hai proprio una grande passione per il principe di Malinor."
Joyce arrossì. "Ho giurato di proteggerlo."
"C'è qualcuno che se ne sta già occupando, non essere così in pensiero."
"Hai detto che Doriton è scomparso."
Kallia ghignò. "Non parlo del guaritore. Vieni, ti porto da lui così vedrai tu stessa."
Joyce la seguì fuori dallo studio e poi fuori dal circolo, dove vennero scortate dagli stessi tre stregoni che aveva visto all'arrivo. Nessuno di loro parlava e si limitavano a guardarsi attorno, come in attesa di un attacco da un momento all'altro.
"Ti starai chiedendo perché viaggio sotto scorta anche in questa zona" disse Kallia mentre attraversavano una piazza deserta.
"Qualcuno sta cercando di ucciderti?" chiese Joyce.
Kallia sorrise. "Non ti sfugge niente, strega rossa. Devo ringraziare Rauda per queste attenzioni. Da quando sono entrati in città ha sguinzagliato i suoi assassini. Ne abbiamo uccisi sette ma potrebbero essercene decine. Si nascondono nelle fogne e nei palazzi vuoti, in attesa del momento migliore per entrare in azione. Abbiamo perso il conto di quanti esploratori hanno ucciso. Abbiamo iniziato a scorticare vivi quelli che riuscivamo a catturare, in modo da scoraggiare gli altri. Credi che sia servito a qualcosa?"
"Non hanno smesso?"
"Certo che no. Quando stiamo per catturarne uno, si suicida per non farsi giustiziare. E siamo di nuovo al punto di partenza." Emise un sospiro di rassegnazione o stanchezza. "Siamo arrivati."
Il palazzo si sviluppava su quattro livelli, di cui solo l'ultimo aveva le finestre illuminate.
"Il principe è lì sopra" disse Kallia. "Ti aspetteremo qui."
"Tu non vieni?"
"Abbiamo avuto una discussione e non ho voglia di confrontarmi ancora con lui. Non riesco a sopportare più di un litigio all'anno con un malinor."
Joyce annuì. "Bardhian a volte sa essere insopportabile, ma non è cattivo." Da Vyncent ed Elvana aveva saputo che si era comportato da eroe nella battaglia di Orfar ed era rimasto accanto a sua sorella tenendo fede al giuramento che aveva fatto.
"Non difenderlo. È un malinor" disse Kallia con voce stanca.
Joyce entrò nel palazzo e salì le scale fino all'ultimo livello. Si ritrovò davanti a una porta di legno chiusa.
Bussò due volte e rimase in attesa.
La porta si aprì e dallo spiraglio fece capolino un viso femminile. I lineamenti erano delicati e i capelli chiari e legati in una treccia. La ragazza doveva avere più o meno la sua età, forse qualche mese in più o meno.
"Che vuoi?" le chiese con tono sospettoso.
"Perdonami se ti disturbo" disse Joyce cercando di mantenere un atteggiamento amichevole. "Sto cercando Bardhian."
"Sei venuta per conto di quella donna orribile? Quella con la benda?" chiese la ragazza. "Non mentirmi, ti ho vista parlare con lei prima di salire. Ero alla finestra."
"Parli di Kallia?"
"Parlo di quella con la benda sull'occhio."
"Mi ha accompagnata lei, è vero."
"Allora vattene."
La ragazza fece per chiudere la porta ma Joyce glielo impedì. "Aspetta. Devo vedere Bardhian."
"Perché?"
"È importante."
"Lui non vuole vedere nessuno."
"Per me farà un'eccezione" disse Joyce. Stava perdendo la pazienza.
La ragazza dall'altra parte premette sulla porta per richiuderla.
Joyce pensò alla formula della forza straordinaria e la spinse via senza difficoltà.
La ragazza perse l'equilibrio e andò a sbattere contro il muro alla sua sinistra.
"Ti sei fatta male?" le domandò Joyce entrando.
La ragazza le lanciò un'occhiata ostile. "Chi sei?"
Prima che avesse il tempo di parlare, dal fondo del corridoio giunse una voce.
"Sibyl. Che cosa ci fai qui?"
Bardhian era in piedi. Indossava una tunica color crema stretta in vita da una fascia di stoffa e calzava dei sandali aperti. La parte destra del cranio era attraversata da una cicatrice violacea. In quel punto i capelli non erano ancora ricresciuti.
"Bardhian" disse Joyce andandogli incontro.
"Ho cercato di non farla entrare" disse la ragazza.
"Lei è la benvenuta, Lilie" disse Bardhian. "Mi ha salvato la vita."
Lilie? Si domandò Joyce. Dove ho sentito questo nome?
"Vieni" disse Bardhian invitandola con un ampio gesto della mano. "Qui sei tra amici."
La portò nella stanza successiva, di forma quadrata. C'erano dei giacigli e un armadio, ma erano aperti e vuoti.
Bardhian sedette su uno dei giacigli e Lilie accanto a lui. Joyce decise di rimanere in piedi.
"Voi vivete qui?" chiese.
Bardhian annuì. "Non da soli, è ovvio. Ci sono anche altri ma in questo momento non sono qui. Non dormiamo nemmeno nella stessa stanza. Non starebbe bene, non so se mi spiego. Anche se per me non ci sarebbe nessun problema ad avvicinare un po' i nostri giacigli."
Lilie sorrise e arrossì. "Mio padre non approverebbe."
"Gli parlerò io, quando torneremo al tuo villaggio."
"Bardhian, vorrei parlarti" disse Joyce cercando di ignorare tutta quella discussione.
"Ti ascolto."
"Da soli."
Lilie fece per alzarsi ma lui la trattenne. "Non ci sono segreti tra me e Lilie. Parla pure senza timore. Lei non riferirà a nessuno quello che ci diremo."
Joyce scosse la testa. "Che cosa ci fai qui? Perché non sei lì fuori a combattere per il circolo di Nazdur? C'è una battaglia in corso. L'orda di Persym sta per conquistare la città." Le parole le vennero fuori come un fiume in piena, impossibili da trattenere.
"So quello che sta succedendo" disse Bardhian. "Alcuni di quelli che abitano qui sono dei guerrieri al servizio di Kallia e ascolto i loro racconti."
"Ascolti i loro racconti?" chiese Joyce incredula. "Credevo che ti fossi unito ai nazdur nella difesa della città."
"Perché dovrei farlo?"
"L'orda ha distrutto Malinor. E ora sono qui. Sono i tuoi nemici. I nostri nemici."
"Io non ho nemici" disse Bardhian con tono placido. "La guerra è follia e chi combatte è stupido o vittima di un inganno."
Joyce lo fissò stupita.
Bardhian sospirò come un maestro che cerca di impartire una lezione a un'allieva lenta nell'apprendere. "È la stessa storia in tutte le epoche e in tutti i continenti. Il desiderio porta all'avidità, l'avidità alla guerra e la guerra a fame, carestia e sofferenza. Bisogna spezzare questa catena d'odio, Sibyl e io ho deciso di farlo."
"Come? Lasciando che l'orda conquisti Nazdur e la riduca in macerie come Malinor?"
"Con l'esempio" disse Bardhian. "Mostrando a quelle persone che un'altra strada è possibile. Come è stato mostrato a me."
"Da chi?"
"Doriton" rispose. "Lui mi ha aperto gli occhi."
Doriton, pensò Joyce. È il guaritore che l'ha salvato a Shoni.
"Lui è qui adesso?" chiese.
Bardhian scosse la testa. "Credo sia morto. Si era ammalato durante il viaggio da Shoni a Nazdur. I razziatori non badavano molto alla salute dei prigionieri. Quelli che erano troppo deboli venivano uccisi o lasciati indietro. Metà degli abitanti del villaggio sopravvissuti all'attacco sono morti durante il viaggio." Fece una pausa, lo sguardo che fissava il vuoto. "È stato terribile, ma per fortuna Kallia ci ha liberati prima che morissero tutti di fame e stenti. Non vedo Doriton da allora ma spero che stia bene."
"Ma tu sei forte" disse Joyce. "Potevi ribellarti. Potevi fare qualcosa per loro."
La testa di Bardhian scattò all'insù. "Forse non mi hai ascoltato, strega rossa. La guerra, combattere, lo spargimento di sangue è inutile, è follia. Quando ripresi conoscenza, a Shoni, passai venti giorni con Doriton e lui mi fece capire quanto fossi in errore. All'inizio ero come te, non riuscivo a credere a quello che diceva, ma poi ho capito. Mi ha mostrato come vivevano le brave persone di Shoni e come fossero felici di avere il poco che possedevano, senza desiderare di avere di più."
Joyce ripensò a Derv che aveva tradito la sua gente per qualche moneta. Le brave persone di Shoni, si disse con ironia. Non esistono brave persone a questo mondo.
"Capisci adesso, strega rossa?"
Joyce strinse i pugni fino a sbiancare le nocche. "Capisco che sei stato a guardare mentre gli abitanti di Shoni venivano massacrati e poi uccisi dai razziatori. Capisco che te ne stai qui nascosto come un topo nella sua tana mentre Kallia e i suoi, che ti ha salvato al costo di perdere un occhio, combattono una battaglia disperata contro l'orda. Capisco che non sei più il Bardhian di una volta, l'eroe di Orfar che da solo ha conquistato una torre piena di soldati nemici."
Bardhian scosse la testa con fare sconsolato. "Non capisci. Non ancora, almeno. Ma lo farai. Prima o poi tutti dovranno capire. E su una cosa hai ragione. Non sono più il Bardhian di una volta. Quel Bardhian è morto e ne è nato uno del tutto nuovo."
"Hanno ragione quando dicono che i malinor sono pazzi."
Lilie scattò in piedi. "Attenta a come parli. Sei pur sempre al cospetto del principe di Malinor"
"Lilie, ti prego" disse Bardhian. "Lo sai che i titoli non contano molto."
"Ma lei deve parlarti lo stesso con rispetto" insistette la ragazza.
Joyce la fissò adirata. "Il rispetto ve lo dovete guadagnare. Chi credi di essere tu per parlarmi in questo modo?"
"Io sono la figlia di Sirak, capo degli Urgar, il popolo più forte del mondo."
Sirak, pensò Joyce. Ecco dove aveva sentito quel nome. Sua figlia era stata rapita dai razziatori. Doveva essere successo dopo che avevano attaccato Shoni. Chissà quanti villaggi avevano razziato quei maledetti.
Joyce sentì la rabbia crescere come un'onda di piena. "Sono stata al tuo villaggio, sulla collina" disse con espressione dura. "Voi vivete in caverne sudice, come selvaggi. Non vi meritate affatto il mio rispetto."
In quel momento voleva punire la ragazza in ogni modo possibile, anche se non pensava affatto quelle cose degli Urgar.
Lilie arrossì. "Bardhian, l'hai sentita? Ha detto che sono una selvaggia."
"Gli Urgar conducono una vita semplice" iniziò a dire Bardhian. "Non abbiamo il diritto di giudicarli."
 "Io giudico chi mi pare" urlò Joyce agitandogli il pugno davanti al naso. "Ho affrontato i colossi per te, quando potevo fuggire e salvarmi. Ti ho portato fino a Orfar per salvarti combattendo contro briganti e animali selvaggi. Ho dovuto portarti a Shoni per farti curare e poi attraversare mezzo continente per trovare una persona che potesse aiutarti. Ho fatto tutto questo per niente, principe di Malinor?"
Bardhian si strinse nelle spalle. "Vuoi che ti dica grazie?"
Joyce lo colpì al viso col pugno.
La testa di Bardhian scattò di lato, ma la sua espressione non cambiò.
"Ti senti meglio ora che mi hai picchiato?"
Joyce ansimò. "Idiota. Non ci pensi a Bryce, a Elvana e agli altri? E a Vyncent? Lui è quello che tiene a te più di tutti."
"Se fosse qui cercherei di farli desistere da questa assurda guerra" disse Bardhian.
Joyce alzò la mano, pronta a colpirlo di nuovo, poi ci ripensò e uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Marciò fino al livello inferiore e poi in strada, dove Kallia l'attendava.
"Dalla tua espressione direi che è andata male."
Joyce la ignorò e camminò per qualche minuto senza meta, respirando a fondo l'aria tersa della sera.
Voleva tornare indietro e trascinare fuori di lì Bardhian, anche a costo di tramortirlo per riuscirci.
Non servirebbe a niente, si disse.
Guardò Kallia che la seguiva in silenzio. "Che gli è successo?" domandò.
Kallia sospirò. "Torniamo dentro. Ti spiegherò qualcosa mentre mangiamo."
"Non so se ci riuscirò."
"Io ho fame e mi piace avere compagnia mentre mangio."

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