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Autore: Minga Donquixote    09/07/2019    3 recensioni
«Sei incredibile!» Si lamentò lei, tornando a sedersi sul pavimento e afferrandogli una mano. «Vuoi pure che ti racconti una fiaba per bambini?»
Cutler la guardò minaccioso e strinse forte la mano, facendola gemere di dolore. «Sei insopportabile.» le sibilò.
«Faccio del mio meglio.» ribattè lei, testarda.
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Era sicuramente un incubo il posto in cui era capitata la giovane Eris Gallese. Parrucche incipriate, lotte di pirati, dannati corsetti e no docce saponate.
Quando non si studia la storia, ci si trova impreparati.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Norrington, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15. Passi falsi
 
Quando Eris aprì gli occhi l’unica cosa che occupò il suo campo furono due piccoli occhi di vetro spettrali e dal colore innaturale.
Tirò un urlo talmente agghiacciante che accorsero più di sette uomini della marina a capire che cosa le fosse capitato alle 8 del mattino.
Sulla sedia, vicino al suo letto nella cabina, la bambola di porcellana che il Tenente Theodore Groves le aveva regalato, guardava malignamente la giovane donzella che si era appiccicata alla parete di legno della stanza, lontana da quel mostro privo di anima.
Ovviamente, Cutler trovando il pacco dimenticato nel suo ufficio credeva di fare una buona azione riconsegnandolo alla legittima proprietaria. E Mercer, incaricato di portarlo nella sua camera, aveva trovato altrettanto benevolo poggiare la bambola accanto al suo letto.
«Che vi è saltato in mente?!» abbaiò, mentre li guardava lavorare a fianco dei vari tenenti.
«Perché tanto scandalo, Miss Eris…è soltanto una bambola di porcellana» si lamentò Cutler mentre faceva ruotare un pezzo da otto sulla scrivania con le dita.
«Tu non sai» mormorò in un tono spettrale, rabbrividendo al ricordo del film Annabelle che vide a suo tempo.
Beckett sembrava aver ricevuto già le informazioni riguardo i nove pezzi da otto e stava pian piano mettendo ogni pezzo del puzzle al proprio posto.
Passarono diversi giorni e senza rendersene conto il vento aveva cominciato a rallentare. La nave non andava più veloce come prima e il tempo si allungò più del previsto.
Quel ritardo mise addosso alla Gallese un brutto presentimento. La storia non poteva avere dei cambiamenti troppo estremi o lei non sarebbe riuscita a portare in salvo nessuno. Non sarebbe stata in grado di prevedere il futuro.
E il destino parve e rischiò di mutare esattamente la notte del quinto giorno di mare.
Sul ponte della nave, a quell’ora della sera, giravano soltanto i soldati che verificavano e accertavano la normale quiete. Eris era troppo in pena per riuscire a chiudere occhio e Cutler sembrava essere tremendamente indaffarato con i problemi che stavano riscontrando con la navigazione.
Salì sulla prua, sperando che il vento la cogliesse in pieno, ma nemmeno un alito le smosse i capelli. C’era solo un freddo tremendo che li accompagnava in una serata spenta e triste.
Girò sui tacchi e fece per tornare alla propria cabina quando un richiamo curioso le suonò nelle orecchie. Era sensuale e morbido, come musica tentatrice.
Camminò nella direzione dove credeva provenisse quel suono e si trovò davanti alla scalinata a chiocciola che la portava sotto il ponte, dove era solita allenarsi con il Commodoro l’Ammiraglio Norrington.
Poi, dei passi taccati provocarono un improvviso silenzio da parte di quella musica, e la costrinsero a girarsi nella loro direzione.
Dalla scala che portava sotto coperta, un Cutler Beckett barcollante che si sosteneva con forza al parapetto scendeva le scale uno scalino alla volta, come se avesse paura di cadere da un momento o l’altro.
«Ho quasi l’impressione che ormai la sorte c’entri ben poco coi nostri incontri…» scherzò la Gallese, avvicinandosi piano all’uomo, ricordandosi di buttare un’ultima occhiata alla scalinata scura.
Il capitano alzò la testa nella sua direzione e lasciò che un sorrisetto scarno lo accompagnasse per il resto della discesa.
Alla luce delle torce, Eris notò come fosse emaciato e traballante. Aveva qualche ruga ai lati degli occhi e sulla fronte, piena di pensieri e sembrava reggersi a stento in piedi da solo, senza sostenersi al suo bastone.
Probabilmente non dormiva da giorni per riuscire ad uscire da quella situazione persa.
«Dovresti prenderti una pausa, Cutler.» suggerì lei, sostenendo il suo sguardo spento.
«Siete preoccupata per la mia salute, molto toccante.»rise sarcasticamente lui, muovendo un passo nella sua direzione.
Quando il bastone toccò la trave, scivolò inavvertitamente dalla mano del signore che quasi cadde a terra se non fosse stato per il sostegno delle braccia della ragazza accanto a lui.
«Sono sempre preoccupata per la tua salute. Forza.»
Fortunatamente si trovavano sullo stesso corridoio delle loro cabine e quasi respirò di sollievo quando riuscì a trovare la chiave della sua camera da letto senza troppi problemi.
Quando aprì la porta il cagnolino, che come sempre l’aspettava, cominciò ad abbaiare e girare in tondo, salutandola e Cutler si premette due dita contro la tempia, infastidito.
«Fate tacere quella bestia» sibilò.
Eris prese un osso che il cuoco le aveva dato e lo tirò all’angolo della stanza con un rumore sordo. Il cucciolo, attirato, corse nella sua direzione e prese a sgranocchiarlo contento.
La ragazza accompagnò Beckett al proprio letto e lo lasciò adagiare sulla sua superficie. Quello la osservò andare ad una bacinella di ferro e intingere quello che sembrava un panno bianco di stoffa.
Poi tornò da lui e gli passò la pezza sulla fronte, aiutandolo a togliersi la parrucca sanguinosamente ancorata al capo.
«Siete incredibile»
Eris alzò un sopracciglio.
«Un giorno siete voi stessa a provocare la mia stanchezza e quello dopo vi prendete cura di me»
La mora poggiò la pezza sul mobile lì accanto e si sedette vicino al suo petto, guardandolo con una sorta di curiosa attenzione, le mani giunte sui pantaloni neri.
«Sei mio marito, dopotutto» scherzò, togliendo una goccia d’acqua rimasta lungo la sua tempia.
Cutler sbuffò divertito e la studiò per qualche istante mentre continuava con i suoi trattamenti delicati. Si concesse di chiudere gli occhi per qualche minuto, sperando che quella non gli tagliasse il collo nel sonno.
Mentre lo aiutava a rilassarsi Eris capì che la premura che rivolgeva nei confronti dell’uomo non doveva trattarsi di sola e semplice simpatia. Anche perché Beckett ispirava tutto tranne che simpatia.
Ma non voleva nemmeno confondere il desiderio con il sentimento. E certamente a questo aveva pensato anche lui. Non era certo se quel loro bacio fosse scaturito dalla passione o dall’affetto.
Non poteva negare l’innegabile. Cutler Beckett era un uomo stoico, freddo e manipolatore ma aveva anche tanto charme di cui non mancava mai. Era sarcastico, aveva il senso dell’umorismo (cosa che sfidava gli altri nobili a possedere con una come lei) e si era preso cura di lei per molto tempo senza alcuna garanzia o rimborso.
Con il suo lato calcolatore, era quasi certa che la stesse trattenendo sulla propria nave anche per le conoscenze che nascondeva.
Passò la mano dalla fronte alla guancia, fino ad arrivare alle labbra socchiuse. Un brivido l’attraversò da capo a piedi. Sembrava quasi una maniaca.
Nonostante tutti i nervi, muscoli e fibre del proprio corpo le stessero comunicando di non cadere in tentazione, il desiderio di baciarlo in quel momento silenzioso prese il sopravvento sulla sua persona.
Le persone deboli avevano sempre bisogno di un contatto umano, e lei era senza ombra di dubbio la più debole su quella nave.
Il cuore le saltò in gola quando il Lord aprì nuovamente gli occhi di ghiaccio, colta in fragrante mentre lo studiava, le dita che ancora aleggiavano sulle sue labbra.
Tuttavia, sembrava quasi invitarla a farlo con quello sguardo malizioso e quel sorrisetto che gli sollevava un angolo della bocca.
«Sei un diavolo tentatore.» lo rimbeccò e prima che potesse ridersela sotto i baffi, si piegò su di lui e lo baciò forte, in parte per zittirlo, in parte per terribile desiderio di vederlo colto di sorpresa.
Con un grugnito che crebbe di non sentire mai da un uomo del calibro di Beckett, le affondò una mano nei capelli, sollevando la testa quel poco per raggiungerla meglio.
«Baciate come una puttana» mormorò contro le sue labbra quando lo schiocco risuonò per tutte le quattro pareti della stanza.
Eris ghignò «Come fate a sapere che bacio come una puttana se non l’avete mai sperimentato?»
«Touché»
Quando tornarono nuovamente l’uno alle labbra dell’altro un forte boato e una violenta scossa costrinse Eris a piegarsi e a perdere il contatto.
Volse la testa verso la porta, scossa, pensando che fosse provenuto da lì, ma quella era saldamente chiusa.
Beckett si tirò a sedere quasi nello stesso istante, correndo a prendere il bastone da passeggio, tirando fuori dal fodero quella che sembrava una vera e propria spada fina.
«Cos’è stato?» domandò mentre quello caricava la pistola che aveva al suo fianco.
«Restate qui. Non uscite per alcuna ragione.»
Il cagnolino stava piagnucolando ad un lato del letto, spaventato dai successivi colpi e il continuo calpestare poco sopra di loro.
Eris si alzò, prendendo il coltello dentro il cassetto della mensola ma prima che potesse unirsi a Cutler, quello la bloccò per il gomito, tirandola indietro.
«Farai come ti ho ordinato.»
Beckett raramente perdeva il controllo e la riverenza. Il fatto che si fosse lasciato andare era solo un segno di profondo nervosismo.
La Gallese scosse il capo ma non si oppose quando l’uomo la portò nuovamente a sedere sul letto, lasciandocela.
«Busserò tre volte e dirò il mio nome quando sarà finito.»
«Beckett!»
Ma quello era già uscito fuori e un’inconfondibile click bloccò la porta della sua stanza, chiudendola al suo interno.
Rimase almeno un quarto d’ora ad ascoltare i colpi di armi da fuoco e il rumore di corpi che colpivano il suolo sopra la sua testa e si era irrigidita come un palo. Era tutta colpa sua! Aveva alterato il corso della storia e in quel momento stavano morendo decine di soldati della compagnia.
E anche Cutler, anche Beckett stava rischiando la sua vita.
Balzò in piedi, stringendo forte il coltello, e si avvicinò alla porta sbarrata. Tentò di aprirla con calci e pugni ma non funzionò.
Aveva una paura matta di uscire di lì, trovarsi a confrontarsi con un possibile nemico, a rischiare la morte.
Non aveva mai messo in gioco la sua vita in modo così spaventoso e tremò quando si rese conto che la distanza che la separava era soltanto quel semplice pezzo di legno.
Doveva calmarsi e raccogliere le idee.
Premette due dita contro le tempie, cercando di assopire il timore che le bloccava i muscoli e arrivò da sola alla conclusione che lì dentro avrebbero potuto assaltarla in qualsiasi momento, e non avrebbe avuto nessuna via di fuga.
Doveva uscire.
Avanzò il coltello verso la serratura e con una spallata lo costrinse a rompere parte del legno che copriva la serratura, poi la fece scattare aprendo finalmente quella prigione.
Sottocoperta la investì un forte odore di polvere da sparo e fumo, e assopì l’idea che il sangue potesse far parte di quel miscuglio di odori.
Con una mano a coprirsi la bocca, salì velocemente le scale che portavano al ponte superiore ma si trovò chiusa da una grata di legno che separava lei dalla libertà.
Fortunatamente la chiave era ancora attaccata alla trave quindi non impiegò molto a farla scorrere via ed uscire allo scoperto.
Davanti a lei si parò il caos. Corpi di soldati e pirati erano stesi a terra, in un lago di sangue, e quando tentò di avanzare calpestò una mano che fece un orribile suono di ossa spezzate.
Si trattenne dal vomitare mentre si piegava a prendere la spada affilata che giaceva lì vicino e salì verso l’ufficio di Cutler.
Da lì sopra osservò come il campo di battaglia fosse disseminato di marine e pirati in conflitto a colpi di spade e armi da fuoco. Molti urlavano di dolore, altri come una sorta di liberazione e tutto intorno era un frastuono completo.
Alle sue spalle sentì un grido di rabbia e, prima che venisse travolta lei stessa, un corpo ruppe la staccionata che li separava dal vuoto e cadde giù, rompendosi l’osso del collo.
Il pirata giaceva a terra, immobile e quando Eris guardò alle sue spalle trovò un James Norrington guardarla scioccato.
«Perché siete salita qui sopra! E’ pericoloso!»
Prima che potesse tornare a darle attenzione, un altro pirata gli rovinò addosso costringendolo in un’altra folle battaglia di spade.
Eris si agitò, cercando di allontanarsi da quel conflitto e gli occhi le caddero inevitabilmente in una zona molto vicina al parapetto della nave.
Lì, con la spada protesa davanti a se, il Lord combatteva contro diversi pirati che avevano accerchiato lui e Mercer, che lo proteggeva da vicino.
Scese velocemente le scale per raggiungerlo, per sentirsi protetta anche lei. Fu a pochi passi da lui quando un forte colpo la mandò giù come una pera.
Il corpo di un soldato era stato gettato su di lei, senza vita, e la bloccava contro il terreno pregno di sangue. Gemette e urlò per lo sforzo di togliersi l’uomo di dosso e quando vi riuscì si issò in piedi come una molla, cercando di togliersi alla meglio il sangue dalla guancia.
Tornò a sostenere la spada davanti a sé ma ora tutti avevano preso ad ignorarla, troppo impegnati per combattere battaglie più difficili.
Volse lo sguardo alla sua sinistra e trovò Cutler puntare la spada al collo di un pirata con un tricorno rosso sangue. Aveva alzato le mani, in segno di resa, ma aveva un ghigno beffardo sul viso scarno e sporco.
«Cutler!»
Beckett sobbalzò quando sentì la voce della donna e si girò appena, senza però abbandonare il controllo sul suo prigioniero.
«Vi avevo detto di restare di sotto!» urlò arrabbiato, spostandosi così che potesse tenere d’occhio entrambi allo stesso tempo. «Perché non obbedite mai, dannazione?!»
«Avevo paura lì sotto da sola…» alzò la voce lei, sovrastando il chiasso intorno a loro. «Non sapevo che altro fare.»
Un movimento da parte del pirata distrasse per il tempo che serviva il Lord dalla ragazza.
Senza rendersene conto, qualcuno le strattonò i capelli in una presa ferrea e una lama rossa e gocciolante di sangue fu posta al suo collo. Sentiva il fetore dell’uomo dietro di lei e tremò di paura lasciando cascare a terra la spada con un tonfo.
«Non sarei così stupido, milord…» sghignazzò il pirata tenuto prigioniero, indicando, con un cenno sgraziato della testa, la ragazza sotto ostaggio.
Cutler strinse i denti, non spostando minimamente la lama dalla gola dell’uomo. Anzi, a quella visione non fece altro che restringere la vicinanza che lo separava dalla morte.
«Rilasciatela e vi garantirò una morte veloce.» sibilò abbastanza forte da farsi ascoltare da tutti.
Il pirata rise. «Devi migliorare le tue capacità di contrattazione» e schioccò le dita.
L’omone che teneva stretta la ragazza strinse ancora di più la presa facendola urlare di dolore. Non sapeva cosa fare, se ne stava lì, usata solo come un ricatto per Beckett. La presa ai suoi capelli era molto bassa, sentiva la mano del pirata poggiarsi sgraziatamente alla base della sua schiena per la pressione applicatale.
«Aspetta!» gridò il Lord, più all’aguzzino che al pirata che teneva sotto portata. Le lanciò un ultimo sguardo poi tornò al capitano avversario.
Abbassò lentamente la lama, concedendo la libertà al brigantino e attese.
Eris invece ebbe come un’allucinazione. La visione del corpo trafitto da parte a parte di Cutler le balenò davanti agli occhi come se stesse avvenendo davvero davanti a lei. Vide il sangue bagnare il retro del suo capotto scuro, lo vide piegarsi in ginocchio davanti a quel pirata che mostrava una chiostra di denti neri e marci ma felici. Lo vide morire e non ci capì più niente.
Afferrò il coltello che aveva fissato alla cintola dei pantaloni e lo poggiò poco sopra la mano che le stringeva i capelli. Prima che il criminale che la teneva stretta potesse accorgersi di niente, si tagliò di netto la parte di chioma intrappolata e fu libera di correre.
Corse, veloce, ma il capitano che stava per trafiggere Beckett se ne accorse e lo spostò di lato con un forte colpo del braccio.
Accadde tutto nel giro di pochi istanti. Il corpo del Lord si sbilanciò oltre il bordo, la spada che doveva trafiggerlo trafisse la spalla della giovane, e la lama del coltello che lei sorreggeva nella mano destra andò a penetrare la carne molle come budino del collo del pirata.
Sentì il fiotto caldo del sangue che gli rovinava sulle mani e osservò come il sorriso beffardo cominciò a mutare in uno di completa sorpresa gorgogliante.
Non notò nemmeno che alle sue spalle, Mercer aveva dato la stessa sorte al pirata che la teneva prigioniera e che fissava ancora confuso la ciocca di capelli nella grossa mano, finché la testa non gli fu staccata di netto.
Il capitano pirata scivolò a terra, la bocca aperta, il sangue grumoso che scivolava giù e la mano di qualcuno andò a scuoterla vigorosamente.
«Miss Gallese! Ragazza, torna in te!»
Aveva come un velo davanti agli occhi, si sentiva stanchissima e debole. Le stava venendo da vomitare…e poi lo vide. Un piccolo puntino al di là del parapetto che cercava di restare a galla nelle acque profonde e buie.
L’unica cosa che il suo cervello ripeteva come un mantra era che stava per morire, che sarebbe morta, che non doveva muoversi, che doveva sedersi chiudere gli occhi e attendere.
Ma le sue gambe sembravano avere un’idea diversa perché salirono oltre il limite e la costrinsero a saltare giù, quasi nello stesso punto di dove stava cercando di riaffiorare Beckett.
L’acqua la investì gelida ma calma, smossa soltanto dal leggero movimento dell’Endeavour, e sembrò svegliarla dal coma che l’aveva distaccata da quel mondo.
Nuotò nuovamente in superficie ma non trovò Cutler da nessuna parte. Si girò intorno, muovendo braccia e gambe per restare a galla, e cominciò a farsi prendere dal panico.
Era buio, freddo e non vedeva nulla. Non sarebbe mai riuscita a trovarlo in quelle condizioni.
Poi qualcosa gli sfiorò la caviglia, e senza farsi prendere dal panico, si buttò di nuovo sotto il pelo dell’acqua. Trattenne il fiato e si mosse nella stessa area dove aveva visto Beckett faticare e solo quando la sua mano si chiuse intorno ad un tessuto decise di riemergere portandosi tutto dietro.
Pian piano che si avvicinava alla superficie, sperò tuttavia, che non avesse agguantato un morto.
Prese una grossa boccata d’aria, mentre i capelli, ormai seppur corti, le semi ostruivano la vista appiccicandosi sul suo viso. Li scostò con un movimento del capo e nonostante il dolore acuto alla spalla sinistra fece leva con tutte le sue forze su ciò che aveva acciuffato e il viso del Lord comparve davanti ai suoi occhi stanchi.
Aveva gli occhi chiusi e il corpo non combatteva contro la potenza e la corrente del mare. I suoi vestiti pesavano e con la sua sola forza non ce la fece a reggerlo a sufficienza.
Finirono nuovamente sotto l’acqua ma Eris non mollò la presa sul corpo svenuto (lo sperava) dell’uomo, anzi vi si aggrappò con tutte la sua volontà. Come due sassi presero ad affondare sempre più giù, sempre più giù, finché anche la luna alta nel cielo sembrò oscurarsi.
L’aria nei polmoni la stava abbandonando, la pressione della profondità del mare le stava schiacciando la testa, il corpo aveva smesso di lottare contro la pesantezza di entrambi…
E allora pensò e provò la loro sola e unica speranza.
«Davy Jones.»
Dal basso, la cima di un albero con vele simili ad alghe li sfiorò facendoli spostare a causa delle corrente creata e senza sapere come, qualcosa sostenne i due corpi portandoli veloci verso la superficie.
L’Olandese Volante uscì dall’acqua imponente e incutendo timore in tutti coloro che vi posarono sopra gli occhi. Navigò vicino all’Endeavour e travolse la piccola nave pirata che aveva osato attaccarli, riducendola in mille pezzi.
Eris, che tossiva e sputava ancora acqua si piegò sul corpo di Beckett supino sul ponte dell’Olandese e sorrise quando gli occhi grigi di Cutler le si posarono sul viso affaticato.
La ciurma di Jones corse verso l’altro lato della nave, pronta alla battaglia con il resto dei pirati rimasti in vita mentre Davy Jones avanzò nella direzione dei due sopravvissuti con un’aria disturbata.
La Gallese provò ad alzarsi facendo forza con il braccio sinistro ma una fitta la costrinse nuovamente a terra. Si premette forte la mano buona sulla ferita alla spalla che ormai trasudava sangue e acqua di mare e alzò lo sguardo verso il capitano della nave salvezza.
«Grazie.» disse solamente.
La vista le si riempì lentamente di puntini neri e si lasciò scivolare con la schiena a terra, incurante di ciò che la circondava. Ascoltò, per quella che gli parve un’eternità, gli urli di Cutler che le ordinavano di svegliarsi, poi vennero gli schiaffi e successivamente più nulla. Potevano anche prenderla a calci, pensò all’ultimo istante, ormai aveva dato tutto quello che poteva.

Quando aprì gli occhi si sentì tremendamente confusa. Un calore aleggiava intorno a lei, e tutto le sembrava sfocato e irreale in quel momento.
Guardandosi meglio intorno, notò di trovarsi nella camera del palazzo del Re a Londra. Il letto era in ordine e senza una piega, due bauli giacevano a terra di cui uno era aperto, le finestre erano aperte e un vento leggero muoveva le tende.
Mosse qualche passo verso di essa, sentendo come se invece di camminare stesse librando a mezz’aria, e la visione che si parò davanti a lei la sconvolse.
Sulla balconata Cutler Beckett stava baciando la perfetta copia di se stessa, nel vestito bianco e oro della cerimonia di pochi giorni prima.
«Mi faceva davvero quel culone?» chiese ad alta voce e certamente non si aspettava che qualcuno le rispondesse.
«Non è esattamente il tuo colore, mia cara.»
Eris sussultò e trovò una figura incappucciata con una lunga veste nera seduta sul letto a baldacchino proprio dietro di lei. Eppure pochi secondi prima non c’era nessuno.
«Chi sei?» domandò subito, vedendo la figura volteggiare in aria e volando verso di lei. Era come una sorta di dissennatore inquietante, ma con una voce più femminile e melodica.
«Avresti mai immaginato che con un gesto simile si arrivasse al mutamento della storia?» il triste mietitore puntò una manica nera verso i due amanti poco distanti da loro che si erano bloccati con le labbra ancora incollate.
«Non capisco…» sussurrò Eris, smarrita, osservando la coppia.
«Eris, sei in coma!» la nuova arrivata schioccò le dita davanti a lei e attirò l’attenzione su di sé. «E’ un sonno che ti ho imposto io.»
La ragazza corrucciò la fronte e la sondò da capo a piedi, come per accettarsi che non fosse impazzita a causa del poco ossigeno ricevuto in quell’immersione…
«L’immersione, giusto! Beckett, devo vedere Beckett!» realizzò, urlando alla figura, come se lei potesse risolvere quel suo problema.
Quella semplicemente la ignorò di nuovo e svolazzò in aria e in tondo, facendole girare la testa ancor di più di quando aveva aperto gli occhi.
La stanza, improvvisamente, si illuminò di un forte bagliore bianco e si trovarono nella sua piccola cabina sull’Endeavour.
Sul letto, stesa e dormiente, c’era lei (osservarsi la inquietava terribilmente) mentre al suo fianco Cutler le stringeva la mano fuori dal lenzuolo, seduto su una sedia.
«Spero tu ti renda conto di quanto grave sia stata la tua comparsa.» la figura vorticò vicino al Lord. «La scelta di proteggere te invece che se stesso non è contemplata nella personalizzazione del suo personaggio.»
Eris sgranò gli occhi. «Tu sai…chi cazzo sei?»
«Io sono un SaltaMondi» scomparve e ricomparve proprio davanti a lei, facendola quasi cadere a terra per la sorpresa. «Il mio compito è sorvegliare che le storie procedano senza intoppi…e tu, in questo caso, sei stato il mio intoppo.»
La ragazza tornò con lo sguardo su Beckett che si era alzato ed era uscito in tutta fretta dalla stanza, lasciando il corpo spento di Eris su quel letto scomodo e duro per i suoi gusti. Aveva i capelli corti e la spalla era stata fasciata molto stretta, coprendo una probabile brutta ferita.
«Eris, tu hai usato un passaggio che non doveva esistere. Tu non dovevi esistere. Devi lasciare che la storia faccia il suo corso.» sembrava quasi che la figura la stesse supplicando con un tono severo. «Devi lasciare che Cutler Beckett muoia secondo e come narra la storia.»
La mora assottigliò gli occhi verso di lei e digrignò i denti come un cane selvaggio «Mai. Il destino ha voluto rendermi partecipe di questo.»
«Non vantarti, cara. Non è stato il destino a portarti qui, semplicemente il mio errore di lasciare aperto il passaggio.»
La giovane boccheggiò, non trovando nulla contro cui ribattere e tornò con lo sguardo verso la sua copia addormentata.
«Se Cutler Beckett si innamora di te, le sue scelte muteranno e morirà comunque. Ma in questo caso, tu non sarai in grado di proteggerlo o di proteggere te stessa perché non capirai e non conoscerai il mutare della storia.»
Lei aveva paura di morire. L’aveva avuta quando aveva affrontato quei pirati a viso scoperto, l’aveva avuta quando si era lanciata fuori bordo per salvare Beckett…ma questo non l’aveva fermata.
«I-Io…Io ho deciso di proteggerlo. Lo aiuterò a perdere questa ambizione inutile.» rivelò, senza mezzi termini. Non si sarebbe fatta abbattere da quella inquietante presenza.
«Non sei un’eroina, non sopravvalutarti troppo.»
Inaspettatamente, la visione davanti a sé prese a sfumare fino a creare un misto di colori intorno a lei. Non capiva cosa stava succedendo, sentiva il salire di un attacco di panico.
«Ah, un’ultima cosa…» la canzonò la voce della figura che non vedeva più da nessuna parte. «Se Cutler Beckett non muore, tu non potrai più tornare a casa.»
«CHE?!»

L’urlo le era rimasto sulle labbra, un braccio teso verso l’alto. Era tornata nel suo corpo.
E come a confermarle quel fatto, una fitta lancinante la fece gemere forte e riabbassare lentamente il braccio ferito lungo un fianco.
«Cazzo» sospirò, premendo contro la ferita fasciata con la mano libera.
Mosse la testa prima da un lato, poi dall’altro, assicurandosi che fosse davvero tornata nel proprio corpo e con tutte le conseguenze.
Il cagnolino, che non aveva notato mentre sognava, era accucciato vicino ai suoi piedi e sonnecchiava come ad accompagnarla.
Cercò mentalmente di tornare a ciò che era successo prima che si trovasse lì sopra e il ricordo del pirata morente, con la lama del suo coltello che gli trapassava la trachea da parte a parte, le riempì la vista.
Aveva ucciso un uomo a sangue freddo e senza pensarci due volte, aveva sentito il suo sangue caldo bagnarle la mano e colorandola di quel rosso orrendo…
Prima che potesse trattenersi, si girò sul fianco destro e vomitò tutto ciò che aveva nello stomaco, chiudendo gli occhi nello sforzo.
Quando li riaprì un poco notò che il rigurgito era, per lo più, caduto all’interno di un secchio stracolmo di acqua, facendola vorticare davanti al suo viso.
Tornando con la schiena contro il materasso, sospirò stancamente. Si sentiva completamente svigorita, i suoi muscoli chiedevano pietà e altro riposo ed Eris fu favorevole a concederglielo.
Il SaltaMondi le aveva detto che se Cutler Beckett non fosse morto, lei non avrebbe più avuto occasione di tornare a casa dalla sua famiglia. E se Cutler Beckett si fosse concesso di innamorarsi di lei, le sue scelte sarebbero mutate davvero? L’amore sarebbe stato realmente in grado di trasformare le ambizioni di un uomo ferito e vendicativo?
Eris non lo credeva possibile, come non credeva possibile che Beckett potesse innamorarsi di qualsiasi cosa che non fosse la sua Compagnia.
Desiderava tornare a casa più di qualunque altra cosa al mondo.
Con le lacrime agli occhi girò verso la spalla ferita che pulsava e si sentì una bambina. Elizabeth era più giovane di lei e non si sarebbe mai messa a piagnucolare per una ferita alla spalla e la lontananza da casa.
Si portò l’avambraccio sano a coprire gli occhi che non smettevano di lacrimare e prese un respiro profondo, come a cercare di quietare quel panico che le aveva bloccato lo stomaco.
«Miss Gallese! Siete sveglia!»
Eris, colta di sorpresa, volse la testa verso la porta e trovò un uomo con una lunga parrucca grigia e dei vestiti molto singolari.
Sul viso aleggiava un sorriso splendente quasi esultante.
Non l’aveva mai visto a bordo, come era possibile?
La giovane provò a cancellare velocemente tracce di eventuali lacrime e si rivolse all’uomo con una voce raschiante che non crebbe provenire da lei stessa.
«Chi sei tu?»
«Sono il medico di bordo, mia signora!» le si avvicinò e le prese il viso tra le mani, scostandolo con leggerezza prima da una parte e poi dall’altra. «Credevo che non vi sareste più svegliata»
Eris si accigliò a quelle parole. «Più svegliata?»
«Sono passati tre giorni da quando avete chiuso gli occhi…» la mise al corrente il dottore. «Fortunatamente avete superato la notte di febbre. Lord Beckett aveva ragione sulla vostra testardaggine.»
La mora provò a mettersi seduta e il nuovo arrivato la aiutò contro la tastiera del letto, limitando al massimo i suoi sforzi. «Cosa ha detto Beckett?» si ritrovò a chiedere, la gola che le bruciava.
L’uomo sembrò un po’ a disagio, e si strinse appena nei suoi abiti prima di tornare a guardarla. «Sosteneva, mia signora, che non gli avreste concesso la liberatoria assenza della vostra presenza.» rivelò «Che avreste combattuto anche la morte per tornare da lui.»
Eris si morse forte l’interno della guancia e girò il viso dal lato opposto. Non riuscì ad impedire che un sorriso divertito le strisciasse sulle sue labbra ma nemmeno che altre lacrime, stavolta di commozione, tornassero a bagnarle le guance.
Annuì, come a tranquillizzare il suo curatore, e trattenne un singhiozzo.
«Come vi sentite?» chiese dopo averla lasciata sfogare un po’. «La spalla-»
Abbassando lo sguardo sulle proprie vesti, la ventiduenne notò di essere coperta solo da un abito da notte che le lasciava le spalle e le clavicole completamente esposte. La fasciatura era impregnata di una sostanza appiccicosa che non riusciva a riconoscere e la stringeva troppo forte.
«La fasciatura…posso averla un po’ più lenta?» domandò al dottore, con un tono leggero. «E un po’ di acqua…quella l’ho sporcata…» continuò con un leggero rossore, riferendosi al secchio di vomito lì vicino.
Il medico, accortosi in quel momento del piccolo disastro della ragazza, abbassò gli occhi contornati da un paio di occhiali rotondi ai suoi piedi e quando li risollevò sulla ragazzina le donò un sorriso comprensivo.
«Non deve vergognarsi, mia signora. Sono un curatore.» poggiò sul comodino un piccolo bauletto e si avviò nuovamente verso l’uscita. «Tornerò con qualcuno che possa sostituire l’acqua e ripulire, poi penseremo alla sua ferita.»
Quando aprì la porta, davanti ad essa un Cutler Beckett vestito di marrone era in attesa sull’uscio. «Come sta?» chiese subito al medico.
L’uomo trattenne un sorriso e si scostò dalla soglia, permettendo alla luce del sole di entrare nella stanza e illuminare il corpo della ragazza seduta sul letto.
La giovane alzò una mano e lo salutò, con un sorriso genuino sulle labbra.
Quello mosse qualche passo all’interno della stanza e la guardò con un’espressione sbalordita sul viso bianco cadaverico.
«Cosa c’è? Non pensavi forse che ti avrei liberato dalla mia presenza vero?» ghignò lei, tornando alle parole che aveva usato il medico che se la svignò prima che il Lord decidesse di ucciderlo nel giro di attimi.
Cutler chiuse la bocca e tornò dritto e stoico, aggirando il letto per avvicinarsi a lei. La sondò per quella che parve un’eternità, poi alzò una mano nuda al suo viso, lo accarezzò con un pollice e gli angoli della sua bocca si sollevarono, sinceramente consolato che stesse di nuovo bene.
Eris, imbarazzata, si liberò dalla presa scuotendo il capo lontano dal suo tocco e posò gli occhi scuri sulla trapunta che le copriva metà del ventre e le gambe.
Poi, prima che se ne rendesse conto, uno scappellotto le colpì il retro del capo facendola sobbalzare in avanti. Si voltò a guardarlo, scioccata.
«Che diavolo fai?! Potrei aver avuto una commozione cerebrale!» gemette, rocamente.
«La commozione cerebrale non era nel referto delle ferite riportate. Inoltre, vi dovevo uno schiaffo a causa della vostra stupidità e negligenza.» rispose freddamente l’altro, prendendo un’altra sedia e avvicinandola al letto.
«Ah, quindi aspettavi il mio risveglio solo per questo, demone!» si lamentò, gonfiando le guance in modo infantile.
«In parte. Potevate ucciderci entrambi.» le ringhiò contro, lasciandosi cadere sulla sedia e incrociando le braccia al petto. Anche quel giorno aveva la parrucca e il capello a tricorno saldamente posati sul capo.
«Di niente, eh! Ti ho salvato la vita!» disse lei, offesa.
«Salvarmi la vita? Avevo la situazione perfettamente sotto controllo.»
«Ah si? A me sembrava che quel pirata fosse lì lì per fare di te uno spiedino.»
«Avevo una pistola nel palmo della mia mano, Eris.»
A quella dichiarazione la giovane rimase senza parole. Cutler Beckett non era stato affatto in pericolo di vita. Quello che le aveva detto il SaltaMondi allora non era vero.
«Q-Quindi tu…avresti sparato a quel pirata?» “e mi avresti lasciata morire?”, ma quelle parole le morirono in bocca.
Per Beckett non fu difficile leggere l’espressione sconcertata della ragazza.
«Non potevo mica perdere l’occasione di liberarmi della vostra fastidiosa persona facendolo passare per un incidente.» ghignò.
La Gallese sbarrò gli occhi e caricò la mano buona pronta per dargli una sberla ma quello la bloccò a mezz’aria prima che potesse sfiorarlo.
«Avevo visto il signor Mercer avvicinarsi al pirata che vi teneva prigioniera già tempo prima, Eris. Da quella posizione il capitano non poteva notarlo.» corresse, serio, tornando a stringere con entrambe le mani quella della ragazza. «Ma voi, che non sapevate nulla, vi siete comunque sacrificata e avete rischiato la vita per me. Perché?»
Eris aprì la bocca, proprio come Beckett aveva fatto minuti prima nel vederla viva e vegeta, e si rese conto che la domanda che lui le aveva posto aveva una risposta già secca e preparata.
«Perché ho giurato a me stessa di proteggerti.» “faresti meglio ad ascoltarmi, SaltaMondi”, pensò, subito dopo che le sue labbra lasciarono quella dichiarazione.
«Non ho bisogno di essere protetto, Miss Gallese. Non sono un bambino.» era tornato nuovamente ostile, come se il suo orgoglio fosse stato ferito.
«Non ho mai detto una cosa del genere. E’ nell’indole umana voler proteggere a tutti i costi le cose che si amano.» sbuffò lei, alzando gli occhi al cielo.
Il fatto che Cutler non avesse ribattuto con qualche altra frecciatina la incuriosì e quando tornò con gli occhi su di lui lo trovò con un nuovo ghigno divertito.
«Che c’è?» tolse la mano da quella del Lord e si tastò il viso, temendo che avesse qualcosa di buffo in faccia.
Beckett si issò in piedi, poggiando una mano sul materasso e facendo pressione per avvicinarsi a lei. «Avete appena ammesso di amarmi, Eris?»
Eris si appiattì contro la tastiera del letto quando lo vide avanzare predatorio verso il suo viso. Si era avvicinato quel tanto per permettergli di poggiare un ginocchio sul materasso, sovrastandola per la prima volta con la sua figura.
Il viso di lei, già rosso di imbarazzo per essersi resa conto delle parole uscite dalle sue labbra, diventò ardente. «I-Intendevo nella forma generale, non mi riferivo propriamente a noi!»
Quando la mano dell’uomo si insinuò dietro la sua testa capì cosa stava per succedere. Si sentiva troppo confusa, stanca e assetata per opporre anche la minima resistenza…ma non è che la sua libido le stesse proprio dicendo che non volesse quel contatto, chiariamoci.
Chiuse gli occhi, facendosi piccola piccola ma quando avvertì il respiro del Lord sulle sue labbra la porta si aprì nuovamente.
«M-Mio signore!»
Sulla soglia, il medico stava per lasciar cadere tutte le sue bende, contrariato.
Cutler tornò nuovamente a sedersi, lasciandola libera e guardò con un’aria falsamente innocente il dottore che si avvicinava alla coppia.
«Devo cambiare le bende a Miss Gallese.»
«E’ Lady Beckett, ora. Spero tu non te ne sia dimenticato.» le parole di Cutler potevano illudere l’uomo più comprensivo del mondo, ma in quella stanza capirono tutti che c’era solo un sentore di possessione nella sua voce.
«Vattene via» ringhiò Eris nella sua direzione, spintonandolo con il braccio buono. Quello si levò in piedi, guardandola con odio e non lasciando scivolare un cipiglio minaccioso al dottore che se la rideva meticolosamente sotto i baffetti.
«Se avete medicinali in grado di gestirla per qualche ora non fate complimenti ad usarli.» sogghignò l’uomo, ricevendo come avvertimento una calza bianca contro il cappello a tricorno.
«Te lo faccio vedere io!» gli urlò dietro mentre svaniva dietro la porta prima che potesse tirargli dietro un altro rotolo.
Ovviamente, tutta la nave era venuta a sapere nel giro di quei pochi secondi che la giovane futurista era tornata coi piedi nel mondo dei vivi per continuare il suo lavoro di persecuzione.




Angolo dell'autrice
Allora, ragazzi. Finalmente è stato svelato uno dei misteri arcani della presenza ingiustificata della giovane Eris all'interno dell'intricata trama di Pirati dei Caraibi. Le interazioni tra Beckett ed Eris diventano sempre più difficili ma non abbandono la speranza possa uscire il lampo di genio che mi agevolerà la stesura della storia.
Nel capitolo c'è stata la fase più difficile per me ma anche la più emozionante, ovvero uno scontro con pirati.
Volevo aggiungere che molti navi pirata addescano le navi mercantili con zattere o navi di medie dimensioni, così che possano nascondersi agli occhi dei nemici. Questo era il caso di questa banda, che ha tentato la sorte (lo so) sfidando una nave ammiraglia.
Ho deciso di aggiungere oggi questo capitolo perchè ho terminato il capitolo 17 con molta velocità.
Inoltre volevo porvi una importante domanda quindi fatemi sapere anche per email la vostra risposta. Stavo pensando al finale della storia che arriverà credo verso il ventesimo/ventiduesimo capitolo. Riguardo questo finale volevo chiedere: chi vorrebbe che facessi un finale secco e chi invece opterebbe per due finali alternativi? Credo siano entrambi finali with happy ending ma mai dire mai >:)
So, fatemi sapere cosa ne pensate e votate in molti così in base alla maggioranza stabilirò cosa farne del finale.
Bye Bye
  
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