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Autore: Duncneyforever    10/07/2019    2 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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A contatto con l'acqua tiepida il braccio inizia a dimenarsi, come un serpente a cui è stata pestata la coda. Lui porta la mia mano sulla sua spalla, cercando di proteggermi dal getto. Sono delicata, troppo delicata e, proprio come una bambola, la più piccola scheggiatura potrebbe rivelarsi irreparabile. 

Reiner chiede se sento ancora dolore, ed è così in effetti, ma io smentisco, negando con riservo. 

Mi libero da quella posizione così comoda, abbassando il braccio per cingergli debolmente i fianchi. Lui non capisce perché mi comporti in questo modo, ma ora tutto mi è chiaro: ho vissuto nell'errore per sedici anni, circondata di oggetti ma di fatto vuota, poiché non avevo capito il vero significato delle cose, quello nascosto, ciò che era davvero importante e cosa mi illudevo che lo fosse. Attaccarsi a futilità è infinitamente più semplice, non amare nulla più conveniente, sebbene insoddisfacente. Non ci è consentito vivere come esseri insensibili: la natura ci ha dotati di un pensiero dalle potenzialità infinite, ma deboli, soggetti a passioni che ci possono elevare, così come distruggere. 

Mi trovo su un bivio, tra la vita e la morte, insieme a migliaia di anime le cui vite potrebbero essere spazzate via dall'infuriare della guerra: le loro, la mia, la sua... Mi si chiede di chinare il capo di fronte al volere del fato e sperare di non essere la prossima, tuttavia, come potrei vivere sapendo di essere sopravvissuta grazie al sacrificio di qualcun altro, delle persone a cui ho voluto bene, dell'uomo per cui, un giorno, potrei provare... Amore. 

Eppure non avrò il tempo di amare, né mai proverò altro sentimento che sarà più forte di quello che mi lega a lui. 

La croce che custodisco nel suo ricordo non riuscirei neanche più a guardarla, se gli capitasse qualcosa. 

- Non lasciarmi anche tu, Reiner. - Alzo gli occhi per incrociare i suoi, esitando nel mostrargli le mie reali emozioni. 

- Mai finché avrò vita, meine Kleine. - Sono lacrime quelle che gli bagnano il petto ed egli se ne accorge, ancora prima di riuscire a vedermi piangere. - Forse sarò un pessimo essere umano, come mi hai definito tu, ma vorrei almeno essere un bravo fratello e un fidanzato premuroso, anche se non mi consideri tale. Tu e Johann siete tutto ciò per cui vorrei sopravvivere; prima, però, dovrete sopravvivere voi. - Adesso mormora, perché non ha più bisogno di fingere: suo fratello combatte per una causa " giusta ", tuttavia, è lontano, già ventenne benché ancora bambino, non solo il soldato valoroso di cui tutti sono orgogliosi. Reiner non può aiutarlo in alcun modo, se non confidando nelle sue abilità e pregando che la fortuna lo assista. Potrebbe non tornare... È il suo fratellino, ma dal fronte hanno congedato lui, il più grande. Sapere che Johann rimarrà puro è la sua unica consolazione, in quanto il ragazzo non avrebbe mai accolto favorevolmente l'incarico a cui sarebbe stato destinato. 

- Ho paura. - Il suo ventre si contrae irregolarmente; un sussulto, soffocato contro la mia pelle, che riempie gli occhi di una patina uggiosa, tanto i miei quanto i suoi. 

- Sono qui ora. - Gli consento di aiutarmi a insaponare le parti dove non posso arrivare sola, principalmente le gambe e la schiena, che mi portano un dolore a malapena sopportabile. Ho fatto uno sforzo nel distendere le braccia tra le gambe, perché avevo troppa vergogna nel farglielo fare ma, per il resto, ha dovuto toccarmi e il suo corpo non ha reagito come aveva sperato. 

È troppo alto, non ci sarebbe mai riuscito senza piegarsi, quindi si è inginocchiato ed ha ripreso poco sopra il ginocchio; quando ha sfiorato l'interno coscia, sono sobbalzata e, temendo che volessi biasimarlo, si è ritratto; dopodiché si è alzato e si è voltato dall'altra parte, verso il muro, passandosi una mano tra i capelli e spostando tutto il peso sul braccio, schiacciando il palmo contro le piastrelle. 

- Per cosa ti stai punendo? - Cammino sulle punte, lui non mi sente neppure arrivare; percepisce soltanto le mie mani sulla schiena, che si allungano verso il torace. Io sento il suo nervosismo, la tensione a livello delle spalle e cerco di scioglierla, appoggiando le labbra tra le vertebre in rilievo. 

- Non ti sforzare. - Mi dice, vedendomi tremare le braccia. È ben fatto, possente, il dolore placa ciò che, altrimenti, sarebbe irreprimibile. Mi sposto di lato, cercando di infilarmi nello spazio vuoto davanti a lui. Non mi fa affaticare, mi lascia inserire dove voglio, mi permette di guardarlo negli occhi: non chiede niente questa volta, mi vede socchiudere le palpebre sempre più ad ogni battito di ciglia, fin quando non sono totalmente chiuse, le sue labbra cucite sulle mie. Mi consolo del suo amore, un amore sincero, che non si lascia contaminare da lussuria e crudeltà, ma che sarà infamato nel tempo, sebbene sia senza colpa. Il nauseabondo odore di grasso e di ossa bruciate viene sostituito dal profumo di miele, di latte e di limone; lo stomaco si acquieta e, nello sconforto, mi aggrappo ai suoi fianchi, pregandolo di non separarsi più. Possiamo anche morirci qui! Che mi ritrovino pure tra le braccia di un tedesco! Ci attende una sorte infinitamente più infelice di questa. 

- Sei la mia forza - ripeto ciò che mi aveva detto lui, appropriandomi per l'ennesima volta della sua bocca, baciando quella carne così morbida e fresca, rinunciando a tener gli occhi serrati per riempirmi di quella tenerezza, di quell'amore che zampilla dai suoi, come cristalli di zucchero. - Se non ci fossi stato tu... Mi hai dato tutto senza chiedermi niente, neppure adesso che sarei stata troppo debole per poterti resistere. - 

- Il prezzo dell'amore... - Mi fa poggiare la schiena contro la parete, mentre lui si rovescia il contenuto del flacone sui capelli. Allora resto a guardarlo, facendo sgocciolare le estremità. Lui cerca di sbrigarsi per non farmi aspettare, ma io non ho alcuna fretta, anzi, aspettavo di vederlo bagnarsi: è un'immagine dannatamente sensuale, che neppure in questo stato riesco ad ignorare. Il picchiettare dell'acqua sui suoi muscoli, i capelli biondi sparsi sulla fronte, il suo profilo statuario, completo di parti che non avevo neanche mai intravisto. Faccio roteare gli occhi da una parte all'altra, giudicando la mia curiosità disdicevole, aggrappandomi ad una pudicizia che ormai non ho più. 

Una volta finito, mi avvolge in un asciugamano, per poi allacciarsene uno attorno alla vita. Io mi trascino fino al lavandino, portandomi alla bocca lo spazzolino rubato dalle riserve di Schneider, non prima di averlo riempito di dentifricio. 

- Avevo un cattivo sapore? - Sputo il risciacquo, leccando le labbra piene di schiuma. 

- Se fosse stato così, ti avrei baciata una volta sola. - Risponde, alleggerendo il tono della conversazione. - Sarà stata la banana. - 

- Sì, la banana... - Lui si piega, passa il braccio sotto alle mie ginocchia e mi tira su, imboccando il corridoio e adagiandomi sul letto, in camera " mia. " - Bisogna avvisare Ariel; a quest'ora, avrà già preparato la tisana. - 

- Andrò tra poco. Rimedierò anche delle fasce per il braccio e degli antidolorifici. - Ribatte, stendendosi al mio fianco. - Cosa senti? - 

- L'acqua calda mi dava un po' di sollievo, ma ora è come se il mio corpo venisse trafitto da una moltitudine di aghi. In ogni caso, non ho il diritto di lamentarmi per così poco; nessuno viene curato giù al campo e molti di coloro che entrano in infermeria non fanno più ritorno. - 

- Tu non sei abituata al dolore, in più, non avresti dovuto vedere quelle cose. I nostri migliori soldati hanno vacillato di fronte al massacro di Babij Jar e di Odessa, ragion per cui non mi aspettavo nulla di meglio da una civile. Un gesto avventato, eppure ho scorto la più pura forma di coraggio nella tua disperazione. La medaglia al valore l'hai meritata più di altri che l'hanno ricevuta. I miei complimenti, meine Liebe. - Sorrido debolmente, togliendogliela dalle mani e portandola sul petto. Ha preso con sè anche la sua, sfilata dal nastrino e infilata in una catenella, esattamente come la mia. Ora, nonostante la differenza di valore, sembrano uguali e ciò mi conduce senza volerlo alla considerazione che gli altri hanno di noi: valore diverso secondo i principi del Reich, ma intimamente simili, soprattutto ai suoi occhi. 

- Tu lo sai che sarebbe potuta andare diversamente... - 

- Si è trattato di un'esibizione di crudeltà, di un capriccio. Il lavoro deve essere meccanico e pulito; tutto il resto è voluto dalla brutalità dei singoli individui. - Scruta la mia espressione, impressionato nel vedere sfumature emozionali che trascendono il semplice odio. Non concepisco il perché di tanta malvagità; pensavo di saperlo, fin quando non ho guardato morire un altro essere umano: nella mente ho impresso il grido di dolore che si è levato dalla fossa non appena i corpi hanno cominciato a bruciare. Tentavano di salvarsi, pur sapendo che non ci sarebbero mai riusciti. Furono attimi terribili, di paura e di angoscia, prima della consapevolezza... 

Successe anche a Roma, ma quel giorno, troppo turbata dagli eventi, mi rifiutai di volgere lo sguardo agli occhi di quel ragazzo, prima che Schneider glieli chiudesse per sempre. O meglio, lo guardai, ma fu tutto così rapido che ebbi a malapena il tempo di gridare. L'uomo che avrei voluto salvare oggi, invece, l'ho tenuto d'occhio per almeno dieci minuti, ho visto tutti gli altri morire, uno alla volta, pregando di riuscire a risparmiare quella sofferenza almeno a lui. Un colpo di pistola se l'è portato via prima che il suo corpo venisse inglobato dalle fiamme... Una morte rapida e non il salvataggio che mi ero prefissata. Penso che Reiner mirasse per lo più a fargli lasciare la presa e che non provasse reale compassione, tuttavia, ha sofferto nel sentirmi strillare, nel vedermi protendere le mani verso le sue braccia ormai molli... Credevo che quell'urlo mi avrebbe spezzata: è stato dolorosissimo, quasi uno strappo. 

Bestiale. 

Non avevo mai gridato in quel modo. 

- Schneider vuole portarmeli via, tutti quanti. Ha stuprato Naomi: non c'è stata penetrazione, ma la prossima volta non si risparmierà; oltre a questo, sta lasciando morire di fame Ariel: è così denutrito! Sembra che non mangi proprio! Per non parlare di quello che ha cercato di fare con i ragazzi. - Lui rizza la schiena, sedendosi sul materasso. 

" A cosa pensi, Reiner... Dimmi che hai un piano. "

- Li inserirò nella lista per il trasferimento a Buchenwald, però gli italiani devono essere immatricolati. Non posso segnare i loro nomi, solo il numero. Vedrò di rimandare i parenti da dove sono venuti; un modo lo troverò. - 

- Come lo teniamo lontano da loro? - Rüdiger farebbe qualsiasi cosa per colpire me; è convinto che sporcandosi le mani con il sangue dei miei amici accetterò la resa e mi sbarazzerò di Reiner, in modo tale da restare sola con lui, come i primi tempi. 

A quel punto, farei prima ad impiccarmi. 

- Lascia che me ne occupi io. Non sei nelle condizioni di fronteggiarlo lucidamente; troppa rabbia, troppo impeto... È esattamente ciò che si aspetta da te. Per di più, sei indisposta. - 

- Mi ribellerò sempre, dovessi avere tutte le ossa rotte. - Avrei voluto sporgermi di più, cercare il suo viso, ma Reiner mi risparmia anche questa fatica, appressandosi alle dita sospese. Sovrappone la mano sulla mia, guidandola lungo il contorno della guancia, attraverso i capelli umidicci. 

Il capello biondo non ha mai incontrato il mio gusto, eppure è il colore del sole, così luminoso, così familiare... 

Friederick sparisce sulle labbra di Reiner, un ricordo che il comandante vuol tenere lontano dalla mia testa. Un attimo delicato, che vuol essere approfondito. 

- Ich flehe Sie an, Prinzessin, ein echter Kuss. / Vi imploro, principessa, un bacio vero. - La mia bocca si scansa dalla sua con uno schiocco; l'azzurro riflette un desiderio inebriante; osservo il suo corpo, l'asciugamano morbido allacciato in vita, le gambe lunghe e sinuose a discapito della muscolatura sviluppata; ritorno al suo bel volto, carezzandogli la mandibola fine e levigata, non squadrata, che non lo rende meno virile. 

Che sensazione strana... Sono terrorizzata ma, al contempo, lo vorrei con tutta me stessa. 

Non mi dico che non sono capace, che non saprei neppure da che parte iniziare: sarà lui ad insegnarmi. 

Mi affido a Reiner, accostando le labbra sulle sue. Mi aspetta, anche se con una certa impazienza e, non appena le dischiudo, introduce la punta della lingua all'interno, incontrando la mia, che la aspettava poco più indietro degli incisivi. Un contatto caldo e vischioso che, in un primo momento, mi fa esitare. Presto la titubanza iniziale viene sostituita dalla curiosità e gli consento di spaziare, di esplorare l'interno che lo attende fremente, tanto quanto il mio corpo all'esterno. Lui si protende verso di me, scavalcando presto le gambe e posizionandosi sopra, senza stendersi, attento a non urtarmi da nessuna parte. 

Mi sento bruciare, eppure anche questo momento viene rovinato dai ricordi, da quel polso tanto sottile che mi pareva di poter spezzare. Agguanto il polso di Reiner, confortandomi della sua pienezza, regolarizzando nuovamente il respiro. 

- Keine Sorge. Denk an nichts mehr. / Non ci pensare. Non pensare più a niente. - Si riappropria della mia bocca, facendomi mancare l'aria, ma non per la sua voracità, bensì per l'emozione che mi è esplosa nel cuore... Un istante che vorrei preservare per la vita e, se ce ne fosse un'altra, come io credo, anche in quella successiva. Dopo aver preso dimestichezza, ricambio le sue attenzioni, imito i suoi movimenti, intrecciandomi con lui e lasciandogli un'espressione di stupore, cavandogli un gemito che mi ha percosso le membra. 

Il terrore lascia spazio ad una passione spietata, qualcosa di profondamente innocente nella sua apparente immoralità. 

Non avverto più il bisogno di muovermi, poiché l'impossibilità fisica diventa un pretesto per averlo più vicino, per farmi coccolare da lui. 

La composizione si scioglie; la stoffa si sgualcisce sulla sommità, lasciandomi scoperti i seni, deliziosamente torniti. Lui cade in tentazione: mi ammira estasiato, scostandosi di poco dalle mie labbra per seguire il gesto della sua mano, che va chiudendosi a coppa sulla contenuta rotondità. 

I nostri occhi sono una pozza liquida e, vedendo superato ogni limite che ci eravamo imposti, non sappiamo nemmeno più noi quanto possiamo osare. 

Sono giunta qui ancora bambina e, abbandonata quasi ogni forma di giocosità infantile, mi sono ritrovata improvvisamente adulta. Ora Reiner mi restituisce la fanciullezza, le timidezza e il fulgore del primo amore, un mondo di sogni e di speranze tipico dei ragazzi che si amano, che non si preoccupano di nulla e di nessuno perché sono felici. 

Ma gli innamorati sono anche ingordi, poiché di quegli attimi di prosperità non sono mai sazi e aspireranno sempre ad una felicità infinita che, in quanto mortali, ci è preclusa. 

Allora " colgo l'attimo " e conquisto con le mie sole forze un assaggio di infinità. 

Mi distendo, sospirando, scandagliando i fianchi lavorati e le braccia massicce. 

- Wie schön du bist, meine Liebe... / Come sei bella, amore mio... - Una constatazione comune, originale solo nella resa in tedesco, piuttosto che in italiano. Passa il pollice sui contorni delle mie forme, sorprendendomi in un altro modo. - Come si chiama quel dolce siciliano, bianco e tondo, con la ciliegia candita... - Indugia sul germoglio rosa, addentandolo. 

- Cassatell... Ah! Ma che fai? Mi mordi? - Torna a pochi millimetri dal mio viso, sorridendomi. Anche sulle mie labbra compare un sorriso; segue una carezza da parte sua, dopodiché si allontana. 

- Dove vai? - Domando, rigirandomi sul letto per guardarlo. 

- Vado a prendere ciò che ti serve. - 

- E tu? Non ti fa male? - La stoffa, infatti, aveva iniziato a tirare, palesando la sua eccitazione. Non mi aveva ripugnata, tutt'altro, la scoperta mi aveva causato incontenibili brividi di piacere. 

- Sopravviverò. - Ribatte, sistemandosi meglio l'asciugamano. 

" Perché... " Cerco il cuscino con la mano, portandomelo sotto la guancia. " Come fai ad essere sempre così posato " girandomi, mi sono contratta contro il tessuto piacevolmente freddo delle lenzuola: una sensazione gradevole di frescura, così rilassante che mi ci adagio su, rifiutando di coprirmi. 

" Mein Gelibter, mio diletto... " affondo il viso nel cuscino, arrossendo. 

Lo attendo senza fretta, ripensando a ciò che è stato. Quando lo vedo comparire, i ricordi non servono più, perché il nostro momento di felicità è presente. 

Lui si occupa di me, mi cura, mi rincuora ma poi, arrivato il momento, mi deve lasciare. 

- Cosa devi fare - non è una reale domanda; il mio tono è cambiato, è più lieve, appena un sussurro. 

- Niente di cui potresti colpevolizzarmi. Un malfunzionamento del sistema idraulico... Se Schneider si dedicasse personalmente della manutenzione, piuttosto che uccidere e torturare per il puro gusto di farlo, non mi avrebbero prolungato la permanenza. - 

" Quindi Rüdiger non è così efficiente come vorrebbe far credere... "

- Ci metterai poco, vero? - Lui mi trattiene prima che possa far leva sui gomiti, facendomi coricare e baciandomi teneramente le labbra. 

- In un paio d'ore sarò da te. - 

Mi giro e mi rigiro; il tempo sembra non passare mai. Ho analizzato ogni minimo particolare della stanza, la pesantezza delle tende barocche, i mobili in mogano, il quadro di Renoir, presunto vero del pittore impressionista. 

Il cognome " Weizstein " in bella vista sulla cornice, nonché i proprietari originali, probabilmente ebrei. 

Chissà se sono sopravvissuti... chissà se sono stati deportati qui, se ho mai scorto un Weizstein tra i prigionieri... 

Un cumulo di corpi emaciati mi fa sigillare gli occhi, come se in questo modo potessi scacciare fotogrammi già impressi su pellicola, nella mia mente. 

" Perdonatemi. "

Non serve più a nulla, non allevia il dolore, eppure è la sola cosa che riesco a pensare. 

Mi distraggo vagando con lo sguardo, perlustrando la camera, notando un libro sistemato sul comodino prossimo alla finestra, che sicuramente deve aver lasciato Reiner. 

I libri durante la notte, l’allenamento all'alba: dormirà mai quest'uomo? 

Striscio da una parte all'altra del letto, prendendo tra le mani il volume dalla fodera in pelle, troppo leggero e sottile per trattarsi dell'opera di Dostoevskij.   

Leggo il titolo, stupendomi che sia in francese, la lingua dell'autore: " Les Fleurs du mal " opera maestra di Baudelaire, il cui pensiero, in effetti, ha molto a che fare con la personalità del comandante, sensibile verso la bellezza, visionario nel suo volersi proiettare al di là di ciò che ci è consentito vedere. 

" I fiori del male " la bellezza oltre una vita angosciosa e melanconica, un bagliore di luce, una consolazione, sebbene destinata anch'essa a svanire. 

Do un'occhiata all'interno e, sfogliando tra le pagine, constato che non siano state tradotte; ne intuisco che Reiner sappia padroneggiare la lingua e mi domando come questa possa suonare pronunciata da labbra germaniche. 

È pur sempre vero che Fried lo parlava con una certa dimestichezza, ma quel ragazzo aveva una voce dolcissima, perfino in tedesco e, per questo motivo, non potrebbe costituire un significativo termine di paragone. 

Ricaccio la tristezza provocata dal suo ricordo, drizzando le orecchie in direzione del corridoio. 

Ho sentito un rumore, un rumore di passi e l'idea che Schneider possa essere rientrato prima mi terrorizza. Mi infilo sotto le lenzuola, tirandole su fino al collo a fissando la porta con occhi sbarrati. 

Tiro un sospiro di sollievo quando vedo comparire Ariel, ma dalla sola espressione capisco che ci sia comunque di che preoccuparsi. 

 - Lui è qui. Ha appena varcato il cancello. - 

- Che significa che ha appena varcato il cancello?! Sarebbe dovuto tornare tra cinque ore come minimo! Perché?! - Un grido più che un esclamazione, accompagnato da una lacrima di paura. 

Qualcuno lo avrà informato dell'assenza di Reiner, perché quello cerca me, non c'è altra spiegazione!

- Non so perché ti tormenta - risponde lui, impietosito nel vedermi raggelata, inerme. - Posso fare qualcosa per te? Qualunque cosa... - 

- N-no - balbetto, sapendo di non poter fuggire da Schneider, soprattutto in queste condizioni. - Non voglio che ti trovi qui e che ti punisca, quindi ti prego, va' di sotto. - Ariel accetta di mala voglia, faticando a scollare le mani dai coprifili, a distogliere lo sguardo dai grossi goccioloni agli angoli degli occhi. 

Balzo giù dal letto, rotolando per terra a causa del dolore alle ginocchia. Mi ritrovo stesa sul pavimento, piangente, ma lotto comunque per arrivare all'armadio e prendere dei vestiti: una corsa contro il tempo, ormai. 

Riesco ad infilarmi la biancheria, poi è direttamente lui a strapparmi la maglia dalle mani. 

Non mi sforzo neanche di coprire le lacrime. 

- Ti ostini ancora a nasconderti? - La sua voce suona come una presa per il culo, ma io non dico niente: le braccia sono adagiate sulle cosce, i palmi rivolti verso il soffitto, aperti, gli occhi freddi e distanti puntati al muro. - Ho saputo che ti sei goduta lo spettacolo da vicino stamattina. Mi è stato detto che hai tentato di salvare un musulmano, che hai rischiato di caderci anche tu nel calderone insieme a loro... Povera stellina, quando imparerai che non c'è alcun dio qui? Ti sei convinta di essere il loro messìa, eh? Ti chiamano " Mal'akh  ", si aspettano miracoli da te, dimenticandosi che io sono padrone delle loro miserabili vite, il Tristo Mietitore che banchetta divorando le anime dei loro simili. Dio li ha abbandonati e li ha consegnati a me, perché io potessi farne carne da macello. Il loro angioletto custode non può nulla contro di me. - Mi fa alzare, tirandomi brutalmente per un braccio. 

Mordo il labbro inferiore a sangue, astenendomi dal gridare. 

- Lasciali stare. Vuoi davvero che mi ammazzi per la disperazione? - Lui sa a chi mi riferisco e sa anche del tentativo di suicidio, ma di questo ne ride, ne ride singhiozzando, quasi piangendo. 

- Credi davvero che non abbia notato come vi atteggiate tu e il principino? Ve la fate sotto i miei occhi, non osare negarlo. - Ho timore a guardarlo in viso, tuttavia, conoscendo i suoi metodi, decido di dargli esattamente ciò che vuole: una sfida. 

- Infatti non lo nego. - Replico, cercando di tirare via il braccio. Lui, inaspettatamente, lo molla, facendomi cadere all'indietro. Fortunatamente non batto la testa, ma la schiena ha preso un duro colpo. La botta sulla parte già indolenzita mi fa mancare il fiato. 

Lui mi guarda dall'alto della sua superbia, fingendo pietà. 

- Come ti hanno ridotta i tuoi dannati giudei... - Si china verso il basso, squadrando la mia nudità con interesse. - Il loro angioletto deve fare una cosa per me. - 

- Va all'inferno. - Sibilo, ritraendomi dalle sue mani, dagli occhi capaci di violarmi con una sola occhiata libidinosa. 

- Angelo mio, non avresti dovuto ribellarti, perché ti farò cadere dallo stato di grazia che ti ha permesso di approssimarti a dove seggo io e a dove siede una classe di superuomini, di nuovi dei. Un Untermensch come te non potrà mai elevarsi a tale livello; è questo che dovresti insegnare ai tuoi proseliti israeliti. - 

 

 

 

  
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