Fratello
Mi destai, all'erta. Sentii un formicolio fastidioso sulla pelle e presto,
con una scarica di consapevolezza, mi sembrò di essere in gabbia. Avevo
della stoffa indosso, questa mi fasciava il torso, i lombi, persino gli
arti erano oppressi da quel tessuto. Arti strani, niente paragonabile alle
spire di potere e di grazia che compongono un arcangelo.
"È il tuo contenitore, ci farai l'abitudine dopo un po'." Rispose Michael
alle mie mute perplessità. Avevo il timore di essere finito in gabbia e
forse avevo ragione.
"Mi sembra di soffocare!" Urlai di pura rabbia e frustrazione. "Chi mi ha
fatto questo?!" Le cavità dell'esofago e della gola pungevano in protesta.
Avevo già raggiunto il massimo del volume consentito a questa voce,
incredibile.
"Immagino che come figlio virtuoso dovrei rispondere.. che te lo sei fatto
da solo." Disse, con un dolore sordo in ogni sillaba pronunciata. Si
avvicinò a me con la grazia che solo un arcangelo può possedere e mi guardò
dritto negli occhi, come se avesse saputo esattamente dove erano collocati.
"Ti domandavo spesso da dove provenissi, la tua risposta è sempre stata il
treno." Disse ancora Michael, poi mi sfiorò le punte dei capelli con un
misto di premura e timore reverenziale.
"Il treno, già!" Urlai in frustrazione, almeno quello lo ricordavo. Ora
quel mezzo meccanico non aveva più l'aria amichevole che ero solito
attribuirgli. L'aria divenne pesante e potevo scorgere quasi ogni singolo
granello di polvere volteggiare nella stanza. Ero ancora in gabbia, in un
universo fittizio e riconducibile ad una colpa ed un'assai più amara
sentenza? Quel granello di polvere era reale, oppure era l'ennesima beffa
della menzogna che mi circondava?
"Perché sei sceso a quella fermata?" Mi chiese Michael, con apprensione nel
tono che non era affatto da lui.
"La torre." Era l'unica cosa che contava, perché senza saperlo avevo visto
mio fratello. Dentro di me non ero del tutto spento. "La torre mi
chiamava."
"Perché, Lucifer, perché proprio quella fermata, perché la torre?"
"Perché ti ho sentito." Mormorai alzando gli occhi nei suoi. Una stretta,
un dolce tormento si impadronì delle mie membra, della mia stessa essenza.
Esalai un respiro, di colpo ero esausto e l'ultima cosa che vidi era la
sedia rossa.
Non ricordavo di averci mai fatto caso, ma mi colpì. Un momento prima era
tutto grigio e di colpo non lo era più. Non mi ero accorto che una delle
sedie fosse rossa.. O forse non lo era mai stata? Forse era stata
sostituita. Forse ero un umano pazzo che credeva di essere un arcangelo in
disgrazia, o forse quella macchia rossa nel grigio era uno squarcio nella
trama di quell'universo falso e tessuto da dita esperte e potenti.
Una sedia rossa mi mostrò la lettera di Michael ed una goccia di rosso mi
donò il senso di quella. Mano a mano le due coscienze che componevano
l'attuale Lucifer e che avevano vissuto vite separate, si unirono in un
perfetto connubio di fumi intensi di rabbia e raggi di luce di speranza.
C'era anche qualcos'altro che avvolgeva il tutto, che forse addolciva il
ricordo di tutto questo, ma non lo avrei mai potuto descrivere, sapevo
soltanto che era Michael la fonte di questo qualcosa di indefinito.
Non sapevo se sarei riuscito mai a sconfiggere l'illusione che era la mia
gabbia, la mia punizione, ma ormai non ero più solo in quell'inferno
ghiacciato. Avevo un fratello, il migliore che potessi desiderare come
alleato, seppure Gavrìel fosse assai più influente di noi due insieme.
Non ero né solo, né realmente in trappola, avevo la mia conoscenza e la
coscienza di me, di chi ero davvero. Nessun incantesimo, magia,
maledizione, sigillo o legge astrofisica avrebbe potuto fermarmi. Ora
c'eravamo io e Michael contro il mondo.
Quando ripresi i sensi - Tutti i sensi - ero nel mio appartamento, sul
tappeto davanti al camino. Una mano di Michael teneva il mio polso, nel
buio della notte decisi che sarebbe stato sempre così d'ora in poi, se
dovevo patire, avrei patito solo per lui, se dovevo morire, ugualmente
l'avrei fatto per lui e se dovevo lottare, avrei lottato con lui.
"Come hai fatto a portarmi qui?" Chiesi, deducendolo da me un attimo dopo.
"Ho seguito la tua scìa."
"A volte dimentico.." Risposi, non del tutto sincero.
"Ma cosa sei?" Michael mi guardò in quel momento, mi stava davvero
guardando. Così mi parve, almeno.
"Una supernova, o una cometa.. un arcangelo che stava cadendo." Un sospiro
fuggì dalle mie viscere, come unico segno di vita.
"Stava?" Michael corrugò la fronte in un tentativo di capire. Forse anche
io al suo posto non avrei capito.
"Sono atterrato.. Anche tu sei atterrato. È ora di rialzarsi Mikael."
Dissi, senza più pazienza di aspettare il giorno successivo. Il giorno non
sarebbe più stato giorno, neanche la notte sarebbe rimasta la stessa.
Oramai niente era più vero tranne che la certezza del calore di mio
fratello. L'unico vero fratello.