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Autore: Lidzard    24/07/2019    2 recensioni
Michifer AU
'' La gente fa caso solamente alle immagini delle cose. Nessuno fa caso alle cose stesse. '' -Kurt Vonnegut Jr.
Lucifer è un soldato, la sua famiglia è radicata nell'esercito da che ha memoria, il suo destino sembra già essere scritto e si arrende ad esso, abbandonando sogni, speranze ed ambizioni in un vecchio cassetto della mente. I colori e le luci svaniscono lentamente, finché non rivede la torre. Nella torre incontrerà un uomo, e la possibilità di un destino diverso, più luminoso, si affaccerà alle porte della sua coscienza. Riuscirà il misteriomo uomo della torre a far tornare Lucifer al suo vecchio splendore?
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Lucifero, Michael
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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Fratello


Mi destai, all'erta. Sentii un formicolio fastidioso sulla pelle e presto, con una scarica di consapevolezza, mi sembrò di essere in gabbia. Avevo della stoffa indosso, questa mi fasciava il torso, i lombi, persino gli arti erano oppressi da quel tessuto. Arti strani, niente paragonabile alle spire di potere e di grazia che compongono un arcangelo.

"È il tuo contenitore, ci farai l'abitudine dopo un po'." Rispose Michael alle mie mute perplessità. Avevo il timore di essere finito in gabbia e forse avevo ragione.

"Mi sembra di soffocare!" Urlai di pura rabbia e frustrazione. "Chi mi ha fatto questo?!" Le cavità dell'esofago e della gola pungevano in protesta. Avevo già raggiunto il massimo del volume consentito a questa voce, incredibile.

"Immagino che come figlio virtuoso dovrei rispondere.. che te lo sei fatto da solo." Disse, con un dolore sordo in ogni sillaba pronunciata. Si avvicinò a me con la grazia che solo un arcangelo può possedere e mi guardò dritto negli occhi, come se avesse saputo esattamente dove erano collocati. "Ti domandavo spesso da dove provenissi, la tua risposta è sempre stata il treno." Disse ancora Michael, poi mi sfiorò le punte dei capelli con un misto di premura e timore reverenziale.

"Il treno, già!" Urlai in frustrazione, almeno quello lo ricordavo. Ora quel mezzo meccanico non aveva più l'aria amichevole che ero solito attribuirgli. L'aria divenne pesante e potevo scorgere quasi ogni singolo granello di polvere volteggiare nella stanza. Ero ancora in gabbia, in un universo fittizio e riconducibile ad una colpa ed un'assai più amara sentenza? Quel granello di polvere era reale, oppure era l'ennesima beffa della menzogna che mi circondava?

"Perché sei sceso a quella fermata?" Mi chiese Michael, con apprensione nel tono che non era affatto da lui.

"La torre." Era l'unica cosa che contava, perché senza saperlo avevo visto mio fratello. Dentro di me non ero del tutto spento. "La torre mi chiamava."

"Perché, Lucifer, perché proprio quella fermata, perché la torre?"

"Perché ti ho sentito." Mormorai alzando gli occhi nei suoi. Una stretta, un dolce tormento si impadronì delle mie membra, della mia stessa essenza. Esalai un respiro, di colpo ero esausto e l'ultima cosa che vidi era la sedia rossa.

Non ricordavo di averci mai fatto caso, ma mi colpì. Un momento prima era tutto grigio e di colpo non lo era più. Non mi ero accorto che una delle sedie fosse rossa.. O forse non lo era mai stata? Forse era stata sostituita. Forse ero un umano pazzo che credeva di essere un arcangelo in disgrazia, o forse quella macchia rossa nel grigio era uno squarcio nella trama di quell'universo falso e tessuto da dita esperte e potenti.

Una sedia rossa mi mostrò la lettera di Michael ed una goccia di rosso mi donò il senso di quella. Mano a mano le due coscienze che componevano l'attuale Lucifer e che avevano vissuto vite separate, si unirono in un perfetto connubio di fumi intensi di rabbia e raggi di luce di speranza. C'era anche qualcos'altro che avvolgeva il tutto, che forse addolciva il ricordo di tutto questo, ma non lo avrei mai potuto descrivere, sapevo soltanto che era Michael la fonte di questo qualcosa di indefinito.

Non sapevo se sarei riuscito mai a sconfiggere l'illusione che era la mia gabbia, la mia punizione, ma ormai non ero più solo in quell'inferno ghiacciato. Avevo un fratello, il migliore che potessi desiderare come alleato, seppure Gavrìel fosse assai più influente di noi due insieme.

Non ero né solo, né realmente in trappola, avevo la mia conoscenza e la coscienza di me, di chi ero davvero. Nessun incantesimo, magia, maledizione, sigillo o legge astrofisica avrebbe potuto fermarmi. Ora c'eravamo io e Michael contro il mondo.

Quando ripresi i sensi - Tutti i sensi - ero nel mio appartamento, sul tappeto davanti al camino. Una mano di Michael teneva il mio polso, nel buio della notte decisi che sarebbe stato sempre così d'ora in poi, se dovevo patire, avrei patito solo per lui, se dovevo morire, ugualmente l'avrei fatto per lui e se dovevo lottare, avrei lottato con lui.

"Come hai fatto a portarmi qui?" Chiesi, deducendolo da me un attimo dopo.

"Ho seguito la tua scìa."

"A volte dimentico.." Risposi, non del tutto sincero.

"Ma cosa sei?" Michael mi guardò in quel momento, mi stava davvero guardando. Così mi parve, almeno.

"Una supernova, o una cometa.. un arcangelo che stava cadendo." Un sospiro fuggì dalle mie viscere, come unico segno di vita.

"Stava?" Michael corrugò la fronte in un tentativo di capire. Forse anche io al suo posto non avrei capito.

"Sono atterrato.. Anche tu sei atterrato. È ora di rialzarsi Mikael." Dissi, senza più pazienza di aspettare il giorno successivo. Il giorno non sarebbe più stato giorno, neanche la notte sarebbe rimasta la stessa. Oramai niente era più vero tranne che la certezza del calore di mio fratello. L'unico vero fratello.

   
 
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