Nessuno degli inseguitori sembrava ansioso di agire per
primo. Gli Houndour parevano esitanti, ora che il loro capobranco era fuori
combattimento, e nessuno dei loro padroni voleva fare la fine di Robert, che
ora giaceva a terra inerte.
“Sei morto.”
Ramsay si era alzato, avendo appoggiato delicatamente in
terra il capo del suo pokèmon ancora tramortito, e aveva afferrato l’arco, una
freccia già incoccata e puntata verso il suolo.
“Andate a prenderlo. Lo voglio fare io di persona. E il
primo che vedo esitare…” squadrò i suoi uomini uno per uno, sollevando l’arco e
puntando la freccia verso ciascuno di loro, “si ritroverà una freccia nella
schiena.”
Le parole glaciali di Ramsay ebbero l’effetto di una doccia
fredda sulla sua banda. Lo avrebbe fatto. Era veramente folle abbastanza per
farlo. Anche Scott vide il cambiamento nelle loro espressioni: paura! Se non
fossero andati a prenderlo, Lui li avrebbe uccisi. Provò quasi pietà per quelle
reclute, condannate a seguire gli ordini di un pazzo, ma non fu che per un
istante. Tutti gli si erano avventati contro, incitando i loro Houndour a fare
altrettanto. Jon e Ed, più esperti e coordinati, tentarono fin da subito di
fiancheggiarlo, mentre Brandon e Rick si lanciarono in un assalto frontale.
Lo scontro fu violento. Ender e Scott, per quanto esausti,
combattevano in maniera intelligente e affiatata, attaccando e difendendo come
se pokémon e allenatore fossero un’unica entità. Gli aggressori, dal canto
loro, agivano senza una vera coordinazione, intralciandosi spesso a vicenda e
mossi più che altro dalla paura del capo che, con la corda dell’arco tesa e la
freccia puntata, li osservava da dietro; il loro unico vero vantaggio era nel
numero, e questo costituiva un divario che i due bastardi non potevano superare
con la sola tenacia.
Dopo pochi minuti, Ed e Rick erano a terra assieme a tre
degli Houndour rimasti, privi di sensi o troppo provati per continuare, ma
Brandon e Jon erano riusciti a immobilizzare Scott, tenendolo saldamente
ciascuno da un lato; Ender, privo di forze, si divincolava inutilmente sotto le
zampe dell’ultimo Hounndour.
Per quanto strattonasse, Scott non riusciva liberarsi dalla
presa dei due scagnozzi di Ramsay, e non poté che seguire con lo sguardo il
fratellastro mentre, messi via arco e freccia ed estratto dal suo fodero un
minaccioso coltello, si avvicinava al suo compagno.
“Cosa vuoi fargli!? Lascialo stare!”, riuscì a rantolare,
raddoppiando invano i suoi sforzi per liberarsi.
“Un occhio per un occhio, bastardo.”, gli rispose Ramsay,
mentre con calma portava la lama al collo del pokémon. “Questo è per quello che
hai fatto a Hunt…”
Il giovane nobile non riuscì a finire la frase; si sentì
afferrato da dietro e, quando si voltò sorpreso e adirato, ricevette in pieno
viso un violento schiaffo.
Tutti i presenti rimasero di sasso. Nella confusione,
nessuno si era accorto dell’arrivo di Peter.
Il fratello maggiore di Scott e Ramsay era più alto ed esile
dei due; da sempre cagionevole di salute, era naturalmente più portato per lo
studio che per il combattimento, ma la furia che gli si leggeva in volto non
era meno temibile.
Ramsay, attonito e colmo di vergogna, stava per commettere
qualche sciocchezza, forse persino avventarsi sul fratello, ma lo sguardo pieno
di sdegno di Peter, assieme agli occhi risplendenti di un pokémon che gli era
silenziosamente comparso alle spalle, lo fecero desistere; poteva avere la
meglio sul fratello nel corpo a corpo, ma non si faceva illusioni quando il suo
Luxray era nei dintorni.
“A te penserò tra poco.” Il bisbiglio quasi inaudibile di
Peter era così carico di rabbia che anche Ramsay non poté che mettersi da parte
e lasciar fare il fratello, il nuovo Lord Cinder.
“Voi!” disse in tono perentorio, rivolto a Jon e Brandon.
“Lasciatelo. Raccogliete quel che resta di quei buoni a nulla lì a terra e
tornate a Muro di Spine. Qui me ne occupo io.”
I due scagnozzi esitarono, lanciando occhiate furtive e intimorite
ora a Ramsay, ora a suo fratello. Quali ordini dovevano seguire? Quale
punizione sarebbe stata la peggiore?
“ORA!”
“RAWRRR!”
“GRROWLL!”
L’urlo di Peter, accompagnato dai ruggiti del suo Luxray e
dell’Arcanine che si era materializzato in quel momento in un lampo di luce dal
pendente di cristallo che portava al petto, fece svanire ogni incertezza; i due
afferrarono i compagni inerti e, con rapidità inaspettata, si diedero alla fuga
trascinandoseli dietro.
I tre fratelli rimasero in silenzio per qualche istante, un’attesa
carica di emozioni.
Scott era dolorante e terribilmente esausto; da come il
semplice respirare gli faceva dolere il petto, probabilmente aveva almeno un
paio di costole rotte. Non gli importava del dolore: era vivo, e grazie a Peter
lo sarebbe rimasto ancora per qualche tempo. Anche se raramente lo aveva
protetto in maniera così diretta, il fratellastro maggiore gli aveva sempre
mostrato rispetto e lo aveva trattato come un suo pari.
Ramsay, dal canto, suo, era paonazzo per la furia e per la
vergogna, ma la presenza dei pokémon del fratello istillava in lui sufficiente
cautela da non agire in maniera avventata. Aveva sperato di risolvere l’intera
faccenda in fretta, senza dare a nessuno il tempo di reagire e presentando a
tutti un fatto avvenuto; cosa avrebbero potuto fargli, anche dopo che avesse
ammesso di aver ucciso il bastardo? Al massimo una lavata di capo, magari un
periodo di detenzione; la sua posizione, sua madre e i suoi sostenitori
avrebbero velocemente ripulito questa macchia dalla sua vita. Non si aspettava
che Peter si sarebbe mosso in modo così rapido e diretto.
Peter stesso pareva quasi calmo, ma non era che
un’illusione: la stanchezza e il dolore lo avevano tanto provato quella notte
che non aveva energie da sprecare nell’apparire arrabbiato. Guardò entrambi i
suoi fratelli minori: uno a terra, che cercava di rialzarsi affiancato dal suo
Houndour; uno a pochi passi da lui, così fremente e paonazzo che sembrava
volesse saltargli al collo, con quelle mani che si aprivano e chiudevano
spasmodicamente. Il bastardo e il suo sacco di pulci da un lato, il purosangue
dall’altro. Come si sarebbe comportato suo padre con loro? Un triste sospiro
gli sfuggì dalle labbra. Scosse lievemente la testa. Non aveva più importanza.
Lui non era suo padre. Suo padre era morto. Ma lui era adesso il nuovo Lord
Cinder. Come si sarebbe comportato lui?
Con un secondo sospiro, senza degnare i fratelli di un’altra
occhiata si avvicinò al suo Luxray per rovistare nella borsa che portava
fissata alla sella, Quando ebbe trovato quello che cercava, una piccola radice
nodosa, si andò a inginocchiare di fianco ad Hunter, che ancora giaceva
immobile a terra. Il pokémon era vivo, constatò con vago sollievo, ma ci
avrebbe messo del tempo per riprendersi. Con movenze rapide e sicure, Peter
infilò un pezzetto della radice nella gola dell’Houndour, massaggiandolo per
costringerlo a inghiottire. Passò poi al Rowlet di Ramsay, Arrow, che sottopose
allo stesso trattamento. Il tutto si svolse in assoluto silenzio. Non ci volle
molto prima che entrambi i pokémon dessero segni di ripresa.
Peter si alzò e finalmente riportò la sua attenzione su
Ramsay.
“Il tuo arco. E la faretra. Dammeli.”
Il fratello più giovane ebbe un sussulto di sorpresa e si
portò l’arco al petto, protettivo.
“Perché?”
Nel giro di pochi minuti si era trasformato da un pazzo
omicida in un ragazzino che non voleva lasciare andare il suo giocattolo.
“Ramsay. Non farmelo ripetere. Sono stanco e non ho
intenzione di discutere. Dammeli.”
Non c’era rabbia nella sua voce; ne emergevano solo
stanchezza e tristezza, con una crescente nota di fastidio. Cogliendo l’umore
del padrone, i suoi pokémon gli fecero eco ringhiando sommessamente.
Il giovane esitò ancora un istante. Sia l’arco che la
faretra erano capolavori di mastri artigiani ed erano tra le sue possessioni
predilette. Ma se consegnarle a Peter lo avrebbe calmato, poteva accettare di
separarsene per un poco.
Appena ebbe gli oggetti tra le mani, il giovane lord li
gettò quasi distrattamente in aria, senza nemmeno guardarli. Senza alcun
preavviso, un torrente di fiamme incandescenti li investì in pieno a mezz’aria,
tramutandoli in cenere in pochi attimi. Peter rivolse un rapido sguardo di
approvazione al suo Arcanine, che aveva colto al volo le sue intenzioni. Eppure
non si sentiva meglio.
Nel frattempo Ramsay era impegnato a sbraitare:
“NO! NO! NOOO!!! IL MIO ARCO! COME CAZZO TI PERM...AH!”
Uno spettacolo grottesco, il giovane urlava e scalpitava con
le mani tra i capelli, il viso rosso e contorto in una smorfia. Peter non si
fece impressionare e mise fine alla pietosa inscenata del fratello con un
secondo schiaffo, subito seguito da un terzo quando vide lo sguardo colmo
d’odio che Ramsay gli aveva lanciato.
Umiliato, infuriato, il giovane perse per un istante il
controllo. Già si stava avventando contro il fratello maggiore quando davanti
gli si pararono i brillanti occhi del Luxray, che si era interposto tra i due.
“Sei uscito nel mezzo della notte. Senza permesso. Ti sei
fatto seguire da altre cinque reclute. Senza permesso. Hai fatto uscire gli
Houndour dalle loro gabbie. Senza permesso. Invece di restare al capezzale di
tuo padre, hai passato la notte a inseguire tuo fratello. A cercare di ucciderlo…”
“Fratello! Quello non è mio fratello! È solo uno schifoso
bastardo e se morisse farebbe felici tutti quan… AH!”
Il quarto schiaffo non si fece attendere.
“Non sono qui per ascoltare quello che hai da dire. Dalla
tua bocca non esce che la spazzatura che ci hanno versato dentro nostra madre e
quelli del suo circolo. Nostro padre tollerava. Io no.”
Gli occhi di Peter erano fissi su Ramsay. Per quanto le sue
parole suonassero come musica per Scott, e paressero irreali al suo feroce,
folle fratellastro, né la sua voce né la sua espressione tradivano emozioni di
soddisfazione o rabbia: parlava con malinconia e indifferenza, con monotonia,
come se appena gli importasse, come se avesse altro per la testa. Un nuovo
sospiro. Lo sguardo si fece deciso, il tono perentorio.
“Per esserti dimostrato indegno del tuo titolo e del futuro
che i nostri genitori avevano progettato per te, revoco il tuo diritto di
nascita a concorrere per qualsiasi posizione all’interno del Corpo delle Fiamme
Nere. Verrai trasferito da qualche parte come semplice recluta. Se lavorerai
duro e accumulerai meriti, come gli altri, avrai l’occasione di scalare i
ranghi. Basta scorciatoie. Basta appoggiarsi al nostro nome e trascinarlo nel
fango.”
Ramsay boccheggiava. Gli sembrava di vedere la torre dorata
dei suoi progetti per il futuro abbattersi al suolo in cenere.
“N-Non puoi farlo! Nostra madre… e Sir Qasar… la Squadra
delle Spine…”
“Le Spine verranno sciolte e ridistribuite. In quanto a
nostra madre e ai suoi supporti… pensi che me ne sia stato con le mani in mano
in questi anni?”
Un triste sorriso si disegnò sul volto di Peter.
Probabilmente il viziato fratello minore pensava veramente che nulla sarebbe
cambiato, che con la morte del padre la posizione di Lady Treant sarebbe
rimasta salda. Che lui non si fosse preparato ad assumere il potere.
“Sei mio fratello, Ramsay. Ti voglio bene e intendo
proteggerti. Ma certe cose devono cambiare. Ora torna a casa. Di Scott me ne
occupo io. Vai a…”
Un tremito nella voce. Un istante di esitazione che bastò a
far trapelare le emozioni in tempesta che aveva cercato di tenere chiuse dentro
di sé.
“Vai a rendere omaggio a nostro padre. E a consolare…
consolare nostra madre.”
Ramsay fissò come stordito il fratello. Era abbastanza
sicuro di non aver capito bene. Peter che gli toglieva i suoi privilegi?
Impossibile. Sua madre e i suoi sostenitori non glielo avrebbero permesso. E
per cosa poi? Per aver fatto la festa al bastardo?
“Vai, Ramsay!”
Il giovane si riscosse. Era sicuro che tutto si sarebbe
sistemato. Certo, se fosse riuscito a liberarsi del bastardo sarebbe stato
meglio, ma ora aveva altre priorità. Richiamò i suoi pokémon nei cristalli che
portava incastonati in due anelli ornati.
“Sporco bastardo schifoso.” Sputò ancora, rivolto a Scott.
“Per questa volta ti è andata bene, ma se ti rivedo ti...”
Scott non seppe mai cosa gli avrebbe fatto se lo avesse
rivisto. Ad un cenno del padrone, il grande Arcanine di Peter aveva sollevato
senza tante cerimonie il giovane per il mantello, come per la collottola, e ora
penzolava dalla fauci del pokémon, divincolandosi con le mani alla gola per
cercare di non soffocare.
“Accompagnalo a casa, Pride. Non posso più vederlo per
stanotte.”
Il fedele pokémon non se lo fece ripetere. Con un verso di
assenso si avviò di gran carriera nella direzione che poco prima avevano preso
i seguaci di Ramsay, che a ogni sobbalzo si lasciava sfuggire un urletto che
era a metà tra l’imprecazione e il guaito.
Sempre guardando nella direzione in cui i due si stavano
rapidamente allontanando, dopo qualche istante Peter chiamò:
“Wise!”
Una sagoma alata non tardò a fare la sua silenziosa
comparsa: un Noctowl si era come materializzato dal cielo notturno e descriveva
ampi cerchi sopra le teste di Scott e Peter.
“Non voglio correre rischi. Seguili dall’alto e controlla
che ritornino a casa senza problemi. Io vi raggiungerò più tardi con Envy.”
“Hoot!”
Il pokémon gufo obbedì prontamente, lanciandosi con un
frullio d’ali all’inseguimento dell’Arcanine.
Nel giro di pochi minuti, in quel tratto dell’altopiano non
erano rimasti che Scott e Peter con i rispettivi pokèmon. Passarono diversi
minuti prima che Scott rompesse il silenzio. Il respiro del giovane lord si era
fatto via via più affannoso, tradendo le turbolente emozioni che tentava di
nascondere.
“Peter… io…”
Non sapeva cosa dire. Fino a poco prima pensava che sarebbe
morto prima che sorgesse il sole, mentre ora grazie all’uomo davanti a lui
sembrava che il pericolo immediato fosse passato. Tuttavia, non si faceva
illusioni: con la morte del padre nulla sarebbe tornato com’era.
Peter sembrò riscuotersi.
“Scott… mi dispiace. Io… io non sarò in grado di proteggerti
se torni a casa. Lo sai, vero?”
Il giovane annuì, sconsolato. Lo capiva bene. L’attacco da
parte di Ramsay non era che un assaggio di quello che si sarebbe dovuto
aspettare dalla fazione della matrigna. Per questo era stato così rapido nel
fuggire non appena gli era giunta la notizia della ricaduta di Lord Cinder:
senza l’ala protettrice del padre, uno stuolo di sicari, avvelenatori e “incidenti” non avrebbero tardato a toglierlo
di mezzo per consolidare la posizione di Lady Treant. Non si era aspettato
tanta rapidità dal fratellastro però; se non fosse stato avvisato per tempo da
un garzone e non avesse interrotto i suoi preparativi in fretta e furia, chissà
in quale fosso lo avrebbero lasciato a marcire!
Anche Peter annuì, pensoso. Sembrava che stesse per dire
qualcosa, ma si interruppe. Pescò fuori da una tasca un fazzoletto di seta e ci
si soffiò rumorosamente il naso. Lo ripose. Esalò un sospiro, come se avesse
preso una difficile decisione, e dandosi due pacche sulle gambe riprese a
parlare:
“Ce lo aspettavamo, sai. Io e nostro padre. Se non si fosse…
sentito di nuovo male così all’improvviso intendevamo… pensavamo di farti
uscire in segreto. Tra qualche giorno. Avevamo già tutto pronto.”
Peter si avvicinò a Envy, il Luxray che era rimasto con
loro. Solo in quel momento Scott notò la voluminosa sacca legata dietro la
sella del pokémon.
“Scorte di cibo per qualche giorno, denaro, vestiti da
viaggio. Già solo con questo dovresti potertela cavare per qualche tempo. Di
sicuro meglio che col fagotto che ti stavi preparando.”
Un tenue, triste sorriso gli si disegnò sul volto. Scott
rispose a sua volta strusciando i piedi imbarazzato.
Un attimo di silenzio.
Peter balzò agilmente in sella.
“Monta su. Ti diamo un passaggio fino alla strada.”
Scott accettò, colmo di gratitudine: non solo era troppo
stanco e ammaccato per mettersi immediatamente in viaggio, ma aveva sempre
desiderato cavalcare il Luxray del fratellastro. Con un grugnito dolorante si
levò in piedi e, richiamato Ender nel suo cristallo, montò sul pokémon felino.
Fu sorpreso dalla forza del pokémon: non un verso o un cenno di disagio
nell’avere due persone in groppa.
Procedendo a passo deciso, seppure non di corsa, Envy li
portò fino a un’ampia strada lastricata di ciottoli e da lì, seguendo i comandi
del padrone, proseguì fino a un crocevia. La cavalcata iniziò in un silenzio
imbarazzato e colmo di emozioni inespresse, ma col tempo i due iniziarono a
parlare. Della loro infanzia. Di loro padre. Della gente di Muro di Spine. Del
loro addestramento e dei loro pokémon. Risero assieme ricordando i momenti più comici,
condivisero il loro cordoglio al pensiero del padre che non c’era più.
Parlarono dei loro progetti per il futuro. Peter avrebbe dovuto lavorare
duramente per colmare il vuoto lasciato dal padre, per tenere sotto controllo
gli avversari, per proteggere chi dipendeva da lui, per adempiere alle sue
responsabilità. E Scott? All’improvviso si trovava immerso in un mare di nuove
possibilità. Finora aveva vissuto senza la certezza di poter godere di un
futuro, senza il lusso di poter pensare a piani a lungo termine. Ma adesso?
Certo, avrebbe sempre dovuto guardarsi le spalle, possibilmente tenere un
profilo basso, ma come avrebbe vissuto giorno per giorno? Aveva sempre
dimostrato un grande talento con i pokémon, era sveglio, ben istruito e sapeva
combattere bene… le possibilità erano praticamente illimitate! Forse avrebbe
cercato di fare carriera con Ender, rifletté; aveva confidenza nelle loro
capacità combinate e un paio di competizioni di bassa lega sarebbero state non
solo una sfida più che alla sua portata, ma anche un ottimo trampolino di
lancio! Quando le sue doti fossero state riconosciute, avrebbe facilmente
trovato un’occupazione. Chissà, magari avrebbe potuto ambire a diventare un
cavaliere!
Mezzo ridendo, mezzo considerando seriamente questi piani
appena sbocciati, i due arrivarono al luogo del commiato. Tre strade si
congiungevano a quella che avevano seguito fino a quel momento. Una serie di
frecce in legno, affisse un po’ sbilenche a un palo, indicavano le città a cui
portavano: Muro di Spine e Alta Rocca a nord, da dove erano arrivati; il Monte
Argento e la Capitale a ovest; Basso Fiume a est, al confine con le Terre
Indomate; la Valle e Verdecolle seguendo la strada che portava a sud.
Entrambi i giovani uomini discesero dal Luxray, le gambe e la
schiena rigide dopo la cavalcata.
“Quindi sei convinto? Andrai a sud?”
“Sicuro! Voglio mettere più strada possibile tra me e quegli
sciacalli. E poi inizia a essere la stagione delle gare e dei tornei. Non
dovrebbe essere difficile trovare qualcosa da fare dopo averne vinti un paio.”
Il sorriso di Scott era triste, ma pieno di confidenza.
Voleva rassicurare non solo il fratellastro, ma anche sé stesso.
Peter rispose con un cenno affermativo.
“Sì, non mi sembra una brutta scelta. Adesso, prima che tu
parta, lascia che ti dia ancora alcune cose. In quella sacca trovi tutto il
necessario per sopravvivere ma,” e rovistando dietro alla sella produsse un
fagotto dalla forma allungata e un sacchetto di seta, “qui ci sono i nostri
doni di addio.”
Il fagotto si rivelò contenere una spada di ottima fattura,
affilata e inserita in un fodero ornato in cuoio rosso. La lama era corta, a un
solo taglio e aveva un’esotica curvatura concava che la rendeva più larga
vicino alla punta e all’impugnatura che nella parte centrale. Peter gli disse
che poteva considerarla l’eredità lasciatagli da Lord Cinder, un dono
commissionato apposta per lui.
Scott era senza parole. Fece due affondi di prova: era ben
bilanciata, ma pesante. Anche senza un fantoccio su cui testarla, poteva immaginare
l’effetto devastante di quella lama su un elmo o un’armatura leggera. Ci
avrebbe messo qualche tempo ad abituarcisi, ma si sarebbe rivelata una risorsa
preziosa.
Ma fu il contenuto del sacchetto a fargli spalancare gli
occhi per la sorpresa: un cristallo blu, grande quanto il suo pollice, che
emanava una tenue luce azzurrina.
“Ma questo…Peter… Io…”
“Non ti preoccupare. Se intendi fare strada come allenatore,
la tua squadra avrà bisogno di nuovi membri. E poi, è fin da quando si sono
schiuse le uova di Envy che mi preghi di dartene uno.”
Scott fu travolto da un moto di gratitudine e commozione.
Per quanto negli ultimi anni il loro rapporto si fosse fatto più distante, con
Peter che si preparava a succedere al padre mentre lui si allenava con armi e
pokémon, il fratellastro gli aveva sempre guardato le spalle. Questi doni, la
spada e il pokémon all’interno del cristallo, non erano un modo per sbarazzarsi
di lui, ma importanti strumenti per il suo futuro. Se la sarebbe dovuta cavare
da solo da lì in avanti, ma questo non voleva dire che Peter lo avrebbe
lasciato partire totalmente senza risorse.
“Ho anche queste due lettere per te. Una dichiara la tua
affiliazione alla casata di Cinder. La userei con cautela, fossi in te, ma il
mio appoggio dovrebbe semplificare un po’ di procedure qua e là. L’altra è una
lettera di nostro padre per te. Non l’ho letta.”
Scott accettò le due pergamene. La prima la mise da parte,
nella sacca da viaggio. La seconda la tenne stretta per qualche tempo, prima di
intascarla: l’avrebbe letta quando si fosse sentito pronto.
I due fratelli si abbracciarono e si salutarono, senza sapere se mai si sarebbero rivisti. Probabilmente no, pensavano. Peter, in groppa al suo Luxray, tornò alla sua città, al suo lutto, alla sua famiglia. Scott lo seguì con lo sguardo fino a quando poté distinguere le sagome nel cielo notturno dell’altopiano. Quando non lo vide più, con un ultimo sospiro si incamminò verso sud, verso il primo capitolo delle sue avventure.
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E con questo la prima storia, che da il via a questa serie, è conclusa.
Spero vi sia piaciuta e che mi farete sapere cosa ne pensate!
Sono al lavoro anche su altre storie, ma non ci vorrà troppo prima che aggiunga un nuovo capitolo.