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Autore: Blade the KnightRevenant    14/08/2019    3 recensioni
-Nel mondo reale nessuno è invincibile. Puoi atteggiarti, salvare le persone, magari metterti pure una calzamaglia del cazzo e fare l’eroe ma prima o poi delle persone moriranno e nessuno stronzo può evitarlo ci siamo capiti!?-
-Forse il mondo non è più lo stesso, ma tu sei ancora in tempo. Forse non per il nostro pianeta, ma per lei si.-
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Sonic the Hedgehog
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO II: UNA PESSIMA GIORNATA

Si risciacqua la faccia, si sistema più che può la barba e gli aculei e si aggiusta cravatta e colletto. Respira profondamente, i colpi inferti li sente ancora su tutto il corpo, specie i lividi che si sono formati a causa dei colpi di spranga.

 

Dopo il settimo respiro profondo non rimane un attimo di più: il fetore di urina di quella latrina lo sta asfissiando. Lentamente esce dal bagno, apre la porta con una gomitata e ritorna in macchina. Inserisce la chiave, accende l’auto, fa retromarcia e se ne va.

La sua prossima mossa? –Cazzo, è già mattina?- si chiede, guardando il cielo che pian piano si illumina dai raggi del sole. -Chissà quanto sono stato in quello schifo di bagno.- si domanda ancora, ma ecco che i suoi pensieri vengono interrotti da un messaggio proveniente dal suo cercapersone. Sarà sua moglie? Un amico? Niente di tutto questo, solo un imprenditore umano del Texas che ha bisogno di un passaggio dall’aeroporto di Westopolis.

 

-Si si certo, l’incontro è andato più che bene: un successo su tutti i fronti.- dice al cellulare il tipo appena seduto dietro al sedile. –Che coglione.- pensa il riccio, sbirciando il tipo senza dare troppo nell’occhio. Insomma, come si fa nel ventunesimo secolo a portare ancora in giro quei cappelli.

 

Quindi, ecco cosa fa il riccio blu per campare: l’autista privato. Chi l’avrebbe detto che fare l’autista a tempo pieno fosse così redditizio. – Te lo dico io Doc, calotte polari, riscaldamento globale, controllo dell’informazione, acqua inquinata, mobiani speciali: è tutto collegato!- -Blake siamo nel 2032, perché parliamo ancora di mobiani speciali? Insomma, non ne vediamo uno nuovo da quanto? Vent’anni? O almeno, non dall’incident..- a quelle parole il riccio cambia subito trasmissione radio: troppi ricordi di un passato messo alle spalle.

Non ne voleva saperne più di fare la differenza, ormai aveva una grossa responsabilità e fin troppi rimpianti. I tempi per le corse erano finiti da un bel pezzo per lui, ora tutto quello che vuole fare è prendere più soldi possibili per andarsene dal Texas: ormai le sue vecchie scarpe rosse le ha messe al chiodo.

 

All’inizio credeva che stare a Westopolis lo avrebbe motivato a resistere ma, a suo modo di vedere, ormai né gli umani e né i mobiani sono più gli stessi da tempo.

In questi ultimi due anni di lavoro gli sono davvero capitati tutti i tipi di passeggeri, da imprenditori ben ricchi, come il cretino che sta accompagnando proprio adesso, a ragazzini sballati di alcool e persino sposini brilli pronti a festeggiare tutta la notte il loro matrimonio.

A parte rare eccezioni, le sue giornate sono talmente ripetitive che certe volte perde persino la cognizione del tempo.

Dopo neanche quattro giri in macchina e una fermata a un bar per prendere una tequila che subito si fanno le dieci.

 

-Bene.- Adesso è in pausa dai suoi orari e, come ogni settimana, deve fare una passata al Westopolis Clinic Hospital. Posto davvero niente male, con tutti i comfort e le cure disponibili per i pazienti. Persino un tipo come lui che non gode di un’assicurazione può godere delle cure e dei servizi dell’ospedale.

 

Parcheggia l’auto più vicino possibile all’entrata dell’ospedale, scende dalla macchine e con la giacca sulla testa corre verso le porte scorrevoli: ci mancava solo che piovesse oggi. Come da orario, trova il suo fornitore, un medico umano del posto. Si danno un’occhiata, non serve neanche che aprano bocca che come sempre, lui gli passa una busta piena di medicine e il riccio gli allunga una bustarella. 

Tutto da programma per il riccio, peccato solo che qualcuno lo sta osservando dentro a una macchina parcheggiata.

 

 

Presa la busta Sonic rientra in fretta in macchina, poggia le medicine sul sedile a fianco e riprende a bere la Tequila mezza vuota. Mentre beve però, l’individuo che lo sta spiando è sceso dalla propria auto, e non appena Sonic finisce di scolarsi la bottiglia ecco che quella persona entra dalla portiera di dietro.

 

Mobiano classe leone, stranamente più alto e muscoloso per essere un mobiano normale. Gli occhi nascosti da dei tondi occhiali da sole retrò e il suo pelo dorato, doppio e ben curato, come quello di un alfa. Indossa un cappotto verde militare, sotto completo nero, scarponi e la mano destra è celata da un guanto doppio. Sonic non sa chi è, ma di certo non è un nuovo cliente che ha bisogno di un passaggio.

 

-Guarda guarda chi mi trovo davanti, Sonic the Hedgehog l’Eroe di Mobius. E adesso è un’alcolista.-

-E tu chi cazzo sei?- gli risponde di getto Sonic. Ha l’aria da sbruffone, troppo da sbruffone per i suoi gusti.

 

-Sai, i fori di proiettile su un’auto sono facili da vedere. So che lavori a Westopolis da molto tempo e che la polizia stradale mi ha chiamato per dirmi di aver trovato cinque cholo morti in una piazzola di sosta proprio di fronte all’entrata della città.
Ciò non sorprenderebbe oggi certo, peccato però che a qualcuno mancasse un braccio e a un altro le interiora. A parte il sangue sono però riusciti a raccogliere dei pezzi di una Mercedes Classe S 2028. Tu sei a Westopolis e.. hai una Mercedes Classe S 2028. Sai non mi aspettavo tutta questa violenza da parte tua Sonic, o forse dovrei chiamarti col tuo nome attuale, Naoto Jackson? Devo dire che l’originalità non ti manca per niente.-

 

Con quelle parole il riccio impallidisce di netto. Sa come si fa chiamare, sa chi è davvero e sa di stanotte. Chi diavolo è? Non può essere di certo un poliziotto, che possa lavorare per i servizi segreti? Se è così, è davvero possibile che dopo anni sono riusciti a rintracciarlo? Perché così? Perché adesso?

 

-Chi sei.- gli domanda. Deve assolutamente capire con chi ha a che fare.

 

-Mi chiamo Liam. Ascolta, non cerco te Sonic. Sto cercando qualcuno, una ragazza. Lei ti sta cercando e mi ha preso una cosa mentre ero distratto, una cosa della quale sono direttamente responsabile. È un’umana, messicana: Sonia. Non ti dice niente?-

-Non conosco nessuna Sonia perciò vaffanculo fuori dalla mia auto.- gli risponde secco il riccio blu. Chi diavolo è Sonia? E se esiste, che diavolo vuole da me? Che sia solo un imbroglio?

Ma Liam rimane indifferente alla risposta, si toglie gli occhiali e si avvicina di qualche centimetro al riccio. Basta guardarlo negli occhi da capire che non è un’idiota come il vecchio testa d’uovo.

 

-Guarda che conosco il tuo segreto Sonic: il mentecatto argentato venuto dal futuro.-

-Oh no.. s-sa anche degli altri. Ma si può sapere chi diavolo è.- pensa turbato Sonic, cercando di non distogliere lo sguardo da lui senza dare segni di cedimento. Forse, per una volta è meglio essere collaborativi con stronzi come questo. - Che cosa vuoi?- chiede ancora.

 

-Solo un po’ di collaborazione.- prendendo dal taschino un biglietto da visita e allungando la mano verso il riccio. Sonic non la prende subito così il leone gliela lancia nel posacenere vicino al cambio dell’auto.  -Per intenderci, sono un fan.- finisce con tono quasi amichevole, uscendo infine dall’auto per tornare alla sua vettura. Vedendolo allontanarsi Sonic prende in fretta il biglietto che gli ha lasciato e legge due parole: Thorndyke Transfusion. -No, non è possibile.- pensa.

 -Cazzo cazzo!- bestemmia forte, riaccende la macchina, fa manovra e va via dall’ospedale.

 

 

Ci vogliono due ore per uscire da Westopolis e arrivare così a un pedaggio pieno di posti di blocco che porta alla cosiddetta “Linea di Nessuno”, gli ultimi trenta chilometri che dividono il Texas con lo stato del Messico. La fila di macchine è lunga e mentre aspetta Sonic ne approfitta per parlare al telefono con un’agenzia immobiliare.

-Si, lo so che la villa l’avevo chiesta per l’anno prossimo ma ci sono stati dei problemi e mi serve adesso. Senta, l-lo so che la richiesta è centomila ma.. o-ok e se gliene porto ottantamila in contanti subito può venirmi incontro? Pronto? Pronto? Bastardo.-

 

Dopo dieci minuti il traffico torna scorrevole e dopo aver pagato e lasciato che i poliziotti facessero un veloce controllo di lui e della macchina, poté proseguire.

 

 

 

Deserto, solo lo stramaledetto deserto, l’autostrada e qualche cactus ai lati della strada. Non parliamo del sole pomeridiano, alto e sempre accecante per le retine. È sempre così quando deve tornare qui e ancora oggi non se ne è fatto l’abitudine.

Venti minuti per l’autostrada, svolta per la stradina malandata a sinistra e continua dritto, fino ad arrivare a casa, e per casa intende l’unico luogo dove può dormire comodamente senza che nessuno tenti di rubargli la macchina.

 

Un vecchio centro siderurgico abbandonato. Isolato, in mezzo al torrido deserto a confine col Messico. Un vecchio capannone per l’acciaieria con ben tre altiforni, di cui uno crollato per l’ormai inesistente manutenzione. Vicino al capannone una cisterna anche quella crollata e altri due capannoni inutilizzati, il tutto circondate da una vasta staccionata di fortuna: grate in metallo, staccionate in legno, filo spinato e vari cartelli all’entrata con su scritto: Proprietà privata, vietato l’accesso, non entrare senza permesso, eccetera eccetera.

Come solito deve scendere dall’auto, sbloccare i due lucchetti, aprire i cancelli scorrevoli ed entrare poi con la macchina.

Appena parcheggia a fianco all’entrata del capannone, una figura esce fuori dalla casa. Un altro mobiano forse? È un figuro di ottanta centimetri, quindi decisamente di razza mobiana, ma vestito da una larga felpa e pantaloni neri, con addosso ginocchiere e gomitiere militari. Ai piedi indossa delle particolari scarpe viola con strisce nere e il suo viso è totalmente celato da una maschera balistica nera con sopra il cappuccio della felpa. Non è solo particolare la maschera, ma sulla parte frontale è dipinto sopra uno strano simbolo, una parola colorata di rosso, che significa una cosa sola: Ronin. Non si può vedere niente del viso del figuro, ma una parte del suo corpo è scoperta, bensì la sua coda: una lunga coda viola dalla punta arrotolata .

Non appena il mobiano arriva sul portico della casa e incrocia lo sguardo del vecchio riccio blu, alza le mani dai fianchi e con la sinistra fa scendere il cappuccio, mentre con l’altra si toglie con calma la maschera, mostrando il suo viso.

Anche se i primi peli bianchi decoravano le sue creste e le sopracciglia, la coda confermava il suo pelo, un forte colore viola, fatta forse eccezione di qualche chiazza più chiara forse sempre dovuta alla vecchiaia.

Il muso rado, anche se alcuni peli grigi stavano già ricrescendo e il corno in mezzo alla fronte, unico della sua specie.
Come per il porcospino blu, anche quel camaleonte, un tempo una leggenda tra i mobiani, ora si ritrova lì, sperduto per sua scelta in quella terra di nessuno.

Gli occhi arrossati, stanchi per il poco sonno, e le rughe ben piazzate sul suo viso non bastano a nascondere né il suo sguardo, torvo e sicuro, né il forte colore delle sue iridi, più gialli persino del sole. Si può dire però che i suoi occhi sono più splendenti che mai, forse l’unica parte del suo corpo che non è per niente invecchiata.

-Finalmente sei tornato.- dice il camaleonte. Si aspettava che tornasse già da giorni. -Si lo so ho preferito lavorare senza sosta questa settimana.- gli risponde il riccio, allungandogli il sacchetto preso all’ospedale. Al camaleonte spunta un leggero sorriso: a quanto pare non è tornato a mani vuote stavolta. –Gli serviranno: sono state brutte giornate per lui.- afferma.

-Sono sempre brutte giornate Espio.- risponde sarcastico Sonic, mentre entra nel capannone.

 

Può darsi che un nuovo problema uscirà tra breve, un problema alto quanto loro.

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTORE

Mizzica, meglio tardi che mai. Lo so, sono uno stronzo ma FINALMENTE ho pubblicato questo capitolo e per farmi perdonare, metà del terzo capitolo è già bello compilato. Spero che in Old Sonic riesca a tirare tutto questo che posso ragazzi, perché non nego che ho avuto non poche difficoltà a descrivere gli avvenimenti di questo capitolo. Con la differenza che a questo giro ammetto che non è stata la mia agenda di impegni a bloccarmi, bensì tentare di scrivere in ordine gli avvenimenti. Vabbè, spero di migliorare in fondo: non si può scendere più in basso di così no? ahahah.

INOLTRE, come potete vedere QUI in basso (e anche nel mio profilo se andate a vedere) che ho “assoldato” una disegnatrice tale ginger_dev_art con il quale mi sta aiutando a creare fan art delle mie storie su Sonic.

Infatti qui potete vedere in tutta la sua stanchezza il nostro Sonic e se controllate il mio profilo, potrete vedere lo sfondo (e in futuro anche TDIHE, il concept di Blade, la mia immagine di profilo avrà un’immagine tutta sua e altro ancora!) di Old Sonic. Link qui, se potete supportatela: https://www.instagram.com/ginger_dev_art/

Spero che questo capitolo vi abbia dato un pochino di hype e ora, ho davvero bisogno di una doccia perché mi sto sciogliendo. Sciao! old-sonic-v1
  
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