Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiri;
Odio e amo. Forse ti chiederai come sia possibile;
Non lo so. Ma sento che accade e mi tormento.
- Carme 85, Catullo
Parte I - Captivity
Fu svegliata da un roco bisbigliare. Sembrava che le voci di due uomini
si sovrapponessero in un dialogo divertito a breve distanza da lei, ma
aveva ancora la testa troppo confusa per comprendere quanto
effettivamente fossero lontane o vicine, o cosa stessero
dicendo.
Battendo le palpebre tentò in tutti i modi di risollevarsi
in ginocchio, allontanando quel pavimento freddo e duro su cui era
stata distesa per fin troppo tempo. Avrebbe voluto capire che razza di
posto fosse quello o il motivo del dolore alla testa, del fastidio
martellante che percepiva lungo la schiena.
I muri spogli che la circondavano delimitavano una stanzetta stretta ed
angusta che sarebbe stata completamente buia se non per le fioche lame
di luce che filtravano fra le spesse sbarre allineate in cima
alla porta. Vedeva delle ombre confuse proiettarsi all'esterno in una
danza caotica, seguendo il ritmo cantilenante di quelle voci atone.
Non capiva dove si trovasse e le fitte intense di dolore che le
percorrevano il corpo facevano in modo che formulare un pensiero
compiuto fosse improvvisamente diventata l'impresa più
difficile e faticosa che le fosse mai capitato di intraprendere.
Gli abiti le si appiccicavano addosso ed i capelli le ricadevano in
ciocche sulla fronte, fradici di sudore.
Non ricordava. Le immagini più vivide prima di quelle
quattro mura grigie e di quelle voci erano solo luce, fuoco, chiasso.
Forse un'esplosione. Forse delle mani guantate che la afferravano e le
tappavano violentemente la bocca, tirandole i capelli.
Forse aveva opposto resistenza, forse no. Dei lividi ancora freschi
sulla gola e sulle braccia sembravano testimoniare una qualche
colluttazione...o se li era fatti inciampando su quella spessa condotta
di Mako?
Scosse il capo, massaggiandosi il collo mentre riusciva finalmente a
mettersi seduta. Il muro freddo e duro sembrava di colpo più
confortevole del pavimento.
Bene, si disse, mentre improvvisamente la forma di
quelle sbarre le appariva familiare. Ti hanno presa e sei in
gabbia.
Mano a mano che il respiro diventava più regolare e la sua
testa si schiariva, le voci maschili oltre la porta si fecero
più distinte. Sembravano attutite, forse soffocate dagli
elmi stretti della divisa regolamentare.
«...ha detto di restare qui, il rosso.»
« Un giorno glielo ficco in gola quel maledetto tesserino che
sventola in giro. Per non dire altro.» il disprezzo e la
rabbia nel loro tono era palpabile.
« Ma che vuoi farci, se parla un Turk devi stare zitto e
obbedire.» uno dei due fece una pausa, tirando su con il naso
« Anche se si tratta di assecondare la loro pigrizia. O la
prepotenza.»
« Se no ti scordi lo stipendio.» aggiunse l'altro,
come a mettere fine alla discussione.
Rimasero per qualche istante in silenzio, riflettendo sui loro
personali dilemmi riguardo tutto ciò che riguardasse lavoro,
superiori ed incarichi sgraditi.
« Beh, per lo meno non ci ha ordinato di fare la guardia ad
uno di quei bestioni della resistenza di Corel.» un
sorrisetto malizioso apparve sulle loro labbra mentre il più
alto dei due faceva un cenno del capo in direzione della spessa porta
alle sue spalle « E' una gattina con gli occhi grandi e le
unghie affilate...»
«...e in quanto a curve fa invidia alle apine sfacciate
dell'Honeybee Manor.» i loro risolini sommessi si
sovrapposero disgustosamente l'uno all'altro.
« Quando pensi che il Presidente verrà a
vederla?» la domanda era un po' seccata.
Il più alto dei due sistemò il lungo fucile in
una posizione più comoda, facendo scorrere la sottile canna
lungo la spalla:
« Due, tre giorni. Forse una settimana. I pezzi grossi non
trovano mai il tempo necessario ad occuparsi di ragazzine ribelli
quando se ne stanno già interessando altri pezzi
grossi.»
L'altro sbuffò, frustrato:
« Ciò significa altre noiose seccature Turks. O
magari peggio.» si guardarono:
« Siamo in buona compagnia, almeno...»
Il boato alle loro spalle li fece sobbalzare, mentre le sbarre e la
porta fremevano, scosse improvvisamente da profondi e violenti tremiti.
Balzarono in avanti, ingoiando un'esclamazione ed il fiato: due mani
graffiate avvolsero le sbarre dall'interno, stringendole con tanta
forza che le nocche sbiancarono.
« Le api di Wall Market?» la voce della prigioniera
echeggiò fra le pareti della cella, la rabbia la distorceva
tanto da farla quasi assomigliare ad un ringhio « Gattina?
Avete altri nomi con cui chiamarmi?» un fragore secco scosse
nuovamente la porta della cella « Fareste meglio a tenere la
boccaccia chiusa, cani della ShinRa! Potrei graffiarvi troppo a fondo
una volta che sarò fuori di qui!»
Dopo un attimo di silenzio, i due soldati scoppiarono a ridere:
« Cosa vuoi farci, micetta?» biascicò
uno dei due, sporgendosi verso l'apertura « Dovresti avere un
po' di rispetto ed essere contenta che non apriamo il
lucchetto.» scambiò un'occhiata invisibile con il
compagno « Ci sono solo due modi per uscire di qui, con noi o
senza.»
Un altro ruggito infuriato venne da dentro la cella assieme ad un
ennesimo colpo alla porta.
« Provateci, bastardi! Dovete solo provarci!»
« Non provocarci.» le voltarono le spalle
« Cerca solo di non fare troppo rumore fino a che non finisce
il nostro turno.»
« Fatemi uscire!» nonostante tutto,
continuò a tormentare il portone robusto e la forza dei suoi
colpi non diminuì. Non smise di sbraitare e dimenarsi,
aggrappata alle sbarre, fino a quando non si sentì troppo
stanca per fare qualsiasi altra cosa se non lasciarsi andare nuovamente
sul pavimento freddo.
Dare calci ai muri ed alla porta non sarebbe servito a niente, e le
facevano troppo male le ginocchia e le dita per rimanere appesa alle
sbarre. Non poteva permettere che i graffi aumentassero.
Batté un ultimo forte pugno sul metallo.
Accidenti! Accidenti, accidenti!
Non poteva fare nulla. Un'ennesima missione al vento e lei imprigionata
nei sudici sotterranei della ShinRa. Privata dei guanti e delle Materia
o di qualsiasi altra cosa se non dei vestiti.
L'AVALANCHE non sarebbe tornata a prenderla. Doveva sopportare e
sopravvivere. O magari semplicemente sperare che il giudizio di quei
maledetti parassiti della ShinRa si limitasse a mandarla in ergastolo
alla Prigione nel Deserto.
Era una terrorista. Aveva fatto esplodere la nuova tecnologia di
Scarlet. Aveva cercato di fuggire e l'avevano presa.
Si rannicchiò su sé stessa, stringendo la testa
fra le mani, quasi strappandosi i capelli.
Avrebbe voluto gridare
« Tifa Lockheart.» là fuori continuavano
a pronunciare il suo nome, intervallato ad AVALANCHE e Barrett Wallace.
Volti sconosciuti la guardavano di sfuggita, scambiandosi brevi parole
mentre le guardie si davano il cambio e occhi Mako di varie
tonalità le davano un'occhiata e poi si allontanavano.
La puzza di medicinale e di Materia le dava il voltastomaco e le faceva
girare la testa; non riusciva a sentire odore diverso da quello
metallico del disinfettante. Anche in quella cella buia e asciutta,
sembrava che quel fetore di esperimenti e Mako permeasse non solo le
pareti, ma anche tutta la gente che andava avanti e indietro per i
corridoi della prigione.
Si stringeva in sé stessa, cercando di isolarsi da tutto.
Dalla puzza dei SOLDIER, o dall'impazienza che quel maledetto
Presidente andasse a vederla.
Non voleva neanche farsi illudere da quella sottile speranza che ogni
tanto la abbracciava, quando pensava ai compagni con cui aveva
cercato di fuggire dal bunker del Settore 2, subito dopo l'esplosione.
Barrett sarebbe venuto a prenderla?
Sapeva di non doverci contare troppo.
Se non riusciva a fuggire da sola, allora probabilmente sarebbe tutto
finito lì.
Una voce familiare lungo il corridoio le preannunciò una di
quelle solite visite poco gradite.
I due occhi verdi leggermente colorati dal Mako apparvero davanti alle
sbarre proprio mentre i soldati di guardia si congedavano.
Tifa li sfidò con un'occhiata, mettendosi in piedi. Non
avrebbe ceduto e non si sarebbe mai concessa il lusso di mostrare a
chiunque di quei bastardi della ShinRa che stava soffrendo, o che le
facevano troppo male le gambe, a forza di stare inginocchiata sul
pavimento di quella cella.
Non gli avrebbe dato occasione di accorgersi che se non mangiava nulla
di tutto ciò che le era offerto, non era esattamente
perché il suo stomaco lo rifiutava. O che le notti insonni
stavano intaccando la sua resistenza.
Per loro, Tifa Lockheart era forte, troppo ostinata e cocciuta per
assecondarli in qualsiasi cosa. E non sarebbe stato facile
ammaestrarla, o ammansirla, come forse speravano di fare quando le
offrivano le coperte per la notte.
Se qualcuno avesse allungato la mano fra quelle sbarre, l'avrebbe morsa
con tutta la rabbia repressa e con tutto il disgusto che provava per la
ShinRa. Se avessero aperto la cella, sarebbe saltata addosso a chiunque
fosse oltre la porta, a pugni chiusi. La conseguenza di uno sguardo
troppo malizioso sarebbe stato solo uno sprezzante sputo in pieno
volto.
Dopo un attimo di silenzio, una ciocca di capelli rossi
scivolò davanti a quel volto leggermente incavato.
« Allora, cosa devo fare con te?» chiese il Turk
mentre, sospirando, chiudeva gli occhi e poggiava un braccio sopra le
sbarre « Sai che se non mangi, muori?»
Tifa non rispose, anzi pensò che dare un energico calcio al
piatto ricolmo di zuppa raffreddata fosse la risposta più
appropriata. La portata di metallo si ribaltò con un
tintinnio sordo, mentre tutto il cibo si spargeva sul pavimento.
« Bene.» sentenziò freddo l'uomo, dando
poca importanza al suo gesto « Se vuoi cambio
domanda.»
« Prova pure, la risposta sarà sempre la
stessa.» la voce le gorgogliava in gola, sorgente di una
furia incontrollata.
« Cioè, quale, esattamente?»
ribatté l'altro, sarcastico, ed i suoi occhi assunsero di
colpo un'espressione aggressiva « cerco di essere cordiale,
ragazza. Ma non ti nascondo il fatto che se lo faccio è solo
perché se muori, mi levano lo stipendio di una
vita.» il volto tornò tranquillo « Bene,
ora. Se vuoi posso portarti del pane e posso chiamare Hojo per farti
curare. Posso tenere lontana Scarlet fino a quando il Presidente non
verrà - e già così ti evito di essere
massacrata e pestata più di quanto non ti sia già
stato fatto da quegli idioti che ti hanno acciuffata dopo
l'attentato.» fece una pausa, sospirando nuovamente di noia
« Posso anche farti compagnia, se non ho nulla di meglio da
fare, e posso procurarti qualsiasi cosa ti serva, nei limiti del
permesso. In breve, non voglio avere problemi né con te,
né con chiunque altro. Ma devi capire...» il tono
divenne più teso « che se non collabori non ne
esce nulla. Nulla.» rimarcò
l'ultima parola sollevando la voce.
« Non mi serve niente, Turk.» tagliò
corto Tifa, lanciandosi contro le sbarre. Il rosso non ebbe nessuna
reazione e rimase fermo immobile dov'era « Mi serve solo il
tempo necessario a pensare tutto ciò che vi farò
non appena sarò uscita da qui.» colpì
con un pugno la porta, ma anche questa volta l'uomo non
batté ciglio « e che Scarlet continui pure a
piangere il suo Reattore o la sua nuova creatura. Un giorno sarete voi
a mangiare la polvere dei bassifondi, parassiti della
ShinRa!»
Il Turk tirò su con il naso:
« Bene, signorina Lockheart.»
concluse, con una sorta di pigra rassegnazione nella voce
« Non ho molto tempo per le negoziazioni, né la
voglia. Dopotutto qualsiasi cosa il Presidente decida di fare di te non
rientra nelle mie competenze.» se ne
andò impartendo ordini lungo il corridoio, mentre
due soldati tornavano a sorvegliare la cella di Tifa.
Lei continuò ad avventarsi contro la porta con tutte le sue
forze, lanciando maledizioni a lui e a tutta l'azienda per cui lavorava
fino a quando la stanchezza non la portò ad addormentarsi in
un sonno profondo sullo scomodo cemento.
Non avrebbe mangiato. Non avrebbe permesso a nessuno di compatirla.
Voleva solo vedere il presidente, quel grassone che se ne stava nel suo
ufficio a fumare il sigaro mentre Midgar ed il Pianeta venivano uccisi
sotto i suoi occhi.
L'avrebbe guardato senza paura e si sarebbe presa la soddisfazione di
lasciargli un occhio nero, di rompergli qualche arto prima che la
immobilizzassero e decretassero la sua condanna.
Ormai valeva la pena di farlo.
(xxx)
Nota dell'autrice:
Una fanfiction che risale al 2007, ma a cui tuttivia sono molto affezionata .
Ho deciso di riproporla qui e di lasciarla invariata, per rispetto alla me stessa di allora xD
E se vi state chiedendo "perchè un pairing simile?", beh mi incuriosiva. Nel prossimo capitolo capirete, forse xD
Chiamiamola sfida <3 Un tuffo nel passato mentre lavoro ad altri pairing strani <3
Perchè l'universo di Final Fantasy VII non finisce mai di affascinarmi.