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Autore: ChiarainWonderland    29/09/2019    1 recensioni
Rose Weasley potrebbe passare come una semplice adolescente con i tipici problemi di un adolescente nella media. La scoperta di particolari oggetti di antiquariato, però, potrebbe stravolgere le carte in tavola e rivelare antichi segreti celati per lungo tempo. Se ci aggiungiamo una leale migliore amica, una famiglia non proprio tra le righe, un nemico che non è poi un vero e proprio nemico, un cugino impiccione e una famosa scuola di magia e stregoneria, le cose non possono fare altro che peggiorare.
* * *
"Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso."
"Ad un certo punto una bancarella di un venditore ambulante attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO OTTAVO

GRIFONDORO E CORVONERO


East Hampshire, 18 aprile 1968

Georgiana fissava assorta il panorama su cui si affacciava la finestra del suo salottino privato, contemplando i fiori che ornavano il parco della tenuta di famiglia. Cardi, narcisi, rose, viole, tulipani, gigli… il loro profumo sembrava quasi trapassare il vetro, portato dalla leggera brezza primaverile. La ragazza fece scorrere la mano sulla stoffa ruvida color turchese che rivestiva la poltroncina su cui si era abbandonata pochi minuti prima. Da quando aveva terminato gli studi a Hogwarts, l’anno precedente, trascorreva le sue giornate occupandosi dei giardini, curando le delicate piante e gli alberi secolari che gli stavano così a cuore. Se sua madre avesse potuto notare in quel momento le unghie sporche di terriccio, avrebbe emesso un urletto indignato. Georgiana si abbandonò a una risata sommessa, pensando alle eccentriche abitudini e ai modi eccessivamente eleganti di quella che aveva sempre considerato la donna più importante della sua vita. Non riuscì a evitare una fitta di amarezza nel constatare che i ricordi si rivelavano sempre più sbiaditi ogni giorno che passava. Il cigolare della porta la fece sussultare, portandola a rivolgere l’attenzione all’uomo alto che entrò nella stanza. Suo padre.

«Georgiana» proferì ritto e serio, lo sguardo di disapprovazione puntato sui capelli biondi e spettinati della ragazza.

«Padre» rispose Georgiana, il tono di voce dolce e pacato che rispecchiava il suo animo di Tassorosso.

«Devo parlarti».

La ragazza si alzò in piedi, passandosi le mani sul vestito verde smeraldo come a togliere della polvere che non c’era, e si avvicinò di qualche passo.

«Domani sarà il giorno del tuo diciannovesimo compleanno…», iniziò suo padre, «…un giorno importante. Se tua madre fosse ancora qui, sarebbe molto fiera di te».

Georgiana non si lasciò abbindolare dalle lusinghe dell’uomo davanti a sé. La voce era fredda come il ghiaccio, e non lasciava trapelare né affetto né orgoglio. Per quanto rispetto potesse avere per lui, il comportamento di suo padre nei suoi confronti rasentava l’indifferenza. La ragazza non aveva mai compreso se la mancata dimostrazione di sentimenti derivasse da uno stile di vita troppo impegnato o da una semplice propensione alla compostezza e alla rigidità.

«Grazie, lo apprezzo molto» si limitò a rispondere, portandosi una ciocca di capelli biondi dietro all’orecchio.

«Sei una donna, ormai. Credo… sì, credo che tu sia abbastanza grande per questo» continuò suo padre, infilando una mano in tasca e tirando fuori un oggetto, che a una prima occhiata poteva essere scambiato per un innocuo gioiello. Georgiana l’aveva visto molte volte; ai balli privati organizzati nei saloni della grande villa, alle riunioni degli amici di suo padre che spiava dalla fessura della porta, alle sontuose cene dalle portate interminabili. Si trattava di un medaglione argenteo, decorato da una splendida pietra turchese e ornato da strani segni che sapeva essere un antico linguaggio runico. Era perfettamente a conoscenza di cosa avrebbe comportato quel dono.

«Volevo dartelo domani, ma poi ho pensato che con i festeggiamenti e tutto il resto… apparteneva a tua madre».

Georgiana spalancò gli occhi, facendo inavvertitamente un passo indietro. «No, io… io non lo posso accettare, davvero».

Negli occhi scuri di suo padre la ragazza scorse un lampo di confusione, accompagnato da un sorriso dubbioso. «Che cosa intendi dire? È tempo che lo abbia anche tu, tesoro».

Georgiana avvertì un brivido nell’udire l’ultima parola, pronunciata come se ci fosse voluto uno sforzo immane ad articolare le labbra. Aveva sempre saputo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, ma non così presto. Avvertì il panico invaderle la mente, come l’acqua invade una nave destinata ad affondare. Non poteva rinunciare alla libertà, alle passioni, alla felicità. “E a Steven” le ricordò una vocina nella sua mente.

«E se… se io n-non volessi? Se non volessi farne parte?» riuscì a pronunciare con un coraggio che non credeva di possedere.

Lo sguardo di suo padre si incupì, e le labbra si distesero in un ironico sorriso di pietra. «Oh, Georgiana…», bisbigliò, talmente piano che la ragazza quasi non sentì, «… è da quando sei nata che ne fai parte».

 

*    *    *

Hogwarts, 19 ottobre 2022

«È una brutta idea» sussurrò Alice, lanciando un’occhiata poco convinta al sottile biglietto ripiegato in una mano di Rose. Si erano rifugiate dietro a uno scaffale della Biblioteca e sbirciavano cautamente dalle fessure polverose tra i libri, il tutto a meno di un’ora dall’inizio della prima partita di Quidditch dell’anno scolastico. «Anzi, pessima. Assolutamente pessima».

«Da quel che mi ricordo l’hai avuta tu questa pessima idea. E non lamentarti solo perché abbiamo saltato la colazione».

«Sì, lo so che l’idea è stata mia. E no, non mi lamento solo perché tra poco dovrò volare su una scopa senza un briciolo di cibo nello stomaco», ci tenne a precisare Alice, «ma perché in questo momento dovremmo essere dirette verso il campo, come il resto della popolazione studentesca».

Rose strinse le labbra, accennando con la testa a ciò che osservavano furtivamente con interesse. «Non è colpa mia se la Nott è una delle poche anime solitarie che si rifugia in Biblioteca a studiare al posto di guardare la partita», asserì, lanciando un’occhiata ai pochi tavoli occupati da qualche studente chino sui libri. «Certo che con James non centra proprio niente… e poi, se fosse così innamorata di lui come ci ha detto Millie, non dovrebbe trovarsi sulle tribune a vederlo giocare?»

«Non mi interessa che cosa ha detto Millie! So solo che avremmo potuto riferirlo a James senza tanti giri di parole e farla finita. Non possiamo basarci su un piano che mi è venuto in mente mentre ero presa dall’entusiasmo e senza averci pensato sopra a sangue freddo. E se Penelope venisse a scoprire che ci siamo noi dietro a tutto?».

«È da una settimana che non dici altro, eppure sai benissimo il motivo per cui ho questo foglietto in mano. James ci ha ricattate per essere sicuro di ottenere ciò che desiderava…»

«Ricattate mi sembra esagerato» borbottò Alice.

«… e lo avrà in tutto e per tutto, rischi compresi. Ha minacciato di raccontare a tutti della pozione! Ci ha chiesto di procuragli un appuntamento e noi lo faremo. E non sto esagerando Alice, lo sai anche tu… vedila come una specie di rivincita».

Alice bofonchiò qualcosa di incomprensibile, ma evitò di rispondere. Rose sospirò, ripensando alla sfiancante settimana appena trascorsa e colma di allenamenti che aveva portato lei e Alice a rimandare il piano fino all’ultimo. La sua tendenza a procrastinare non aveva certo aiutato, ma ormai la prima uscita ad Hogsmeade si profilava imminente: avrebbe avuto luogo il giorno seguente. Alle ragazze non era rimasta altra scelta che agire in un momento non esattamente consono, alla cui ansia di farsi scoprire da Penelope si aggiungeva la trepidazione per la partita. James da parecchi giorni era divenuto intrattabile a causa della irremovibile determinazione nel voler vincere il Campionato e sottrarre la Coppa a suo fratello. Irascibile e nervoso, rispondeva a monosillabi e urlava ordini ai compagni di squadra, rendendo gli ultimi allenamenti un inferno.

«Non vorrei trovarmi nei nostri panni nel caso in cui arrivassimo in ritardo alla partita» sussurrò Alice flebilmente.

Rose sventolò la mano, come a voler scacciare il solo pensiero. Una ramanzina da parte di James avrebbe aggiunto la ciliegina sulla torta, quella mattina. Poco tempo prima, mentre i compagni erano impegnati a riempirsi lo stomaco in Sala Grande, le due ragazze si erano appostate nella Sala d’Ingresso in attesa della comparsa di Penelope. Rose si vergognò un po’ nel ricordare di come l’avessero tenuta d’occhio negli ultimi tempi, ma si era rivelato necessario. Solitamente Penelope si recava in Biblioteca alle otto e un quarto precise dopo colazione, in caso di ore buche o nel fine settimana. Puntuale come un orologio svizzero, anche quel sabato sbucò dal portone ignara di essere osservata. Dalla sala provenivano le rumorose chiacchiere e le urla degli studenti, rilassati per l’assenza di lezioni e in fibrillazione per la partita. Rose e Alice dovettero a malincuore saltare la colazione: uscire subito dopo Penelope sarebbe sembrato troppo sospetto.

«Bene, è ora di agire» sussurrò Rose, notando con la coda dell’occhio che Penelope si era alzata dal tavolo dove stava studiando per riporre un malandato volume su uno scaffale. Tirò la bacchetta sottile fuori dalla tasca della divisa.

«Wingardium Leviosa!»

Il foglietto galleggiò immobile nell’aria per qualche secondo, per poi fluttuare elegantemente guidato dal polso di Rose e adagiarsi sulla pergamena che Penelope avrebbe ben presto riempito d’inchiostro. Le due ragazze schizzarono via in un attimo senza guardarsi indietro. La fortuna quel giorno doveva avere voltato loro le spalle, poiché sulla soglia del portone della Biblioteca si imbatterono in Madama Wells. Imbacuccata nel suo cappottino di flanella e con il collo avvolto in una sciarpa di un viola accecante, la donna sembrava essere pronta ad affrontare il vento fastidioso che tirava fuori dal castello. Rose non poté evitare di osservare la bandierina blu e bronzo che stringeva in una mano.

«Weasley, Paciock», esordì sorpresa, «che cosa ci fate qui? Non dovreste trovarvi negli spogliatoi con il resto della vostra squadra?»

Rose abbassò lo sguardo, incapace di fissare per più di qualche secondo quelle profonde iridi bluastre. Una voce nella sua mente le ricordò dell’incursione avvenuta la settimana prima nell’ufficio della bibliotecaria.

«Noi… noi stavamo…» farfugliò Alice osservandosi intorno.

«Non importa, non importa… Che cosa farà il professor Paciock se vi vedrà arrivare in ritardo? Dovete muovervi, manca solo mezz’ora all’inizio della partita».

Le Grifondoro non se lo fecero ripetere due volte: rivolsero un lieve cenno a Madama Wells e si avviarono nel corridoio. Un attimo prima di svoltare l’angolo, Rose si girò un’ultima volta.

«Pensavo fosse vietato agli insegnanti il tifare una squadra…», disse indicando la bandierina, «…o almeno così apertamente».

Madama Wells nascose velocemente la bandierina dietro la schiena, un sorriso malandrino a incresparle il viso. «Infatti io non sono un’insegnante, o mi sbaglio? E non prendetela sul personale, ragazze… l’orgoglio per la propria Casa rimane sempre. Sono stata la Cercatrice della squadra di Corvonero per cinque anni, sapete?»

Le due ragazze si scambiarono un’occhiata stupefatta, provocando alla bibliotecaria una risata sommessa.

«E non mostrate quelle facce sorprese. Se salissi su una scopa, sarei ancora in grado di fare faville…», rivelò con aria sognante, «… ma ora andate, o farete davvero tardi».

Rose e Alice uscirono dal castello in meno di due minuti. Il cielo, di un azzurro opaco, era sgombro di nuvole e il sole rifletteva la sua flebile luce mattutina sulle gocce di rugiada dei fili d’erba. Le condizioni atmosferiche erano perfette per una partita. Il campo di Quidditch si stagliava fiero e imponente, circondato dai prati verdi del parco della scuola e già interamente occupato dalle centinaia di studenti. Dalle tribune, decorate con enormi stendardi colorati, proveniva il frastornante coro di voci che riempì le orecchie delle due ragazze e provocò un brivido di adrenalina lungo la schiena. Intrufolatesi negli spogliatoi, ritrovarono la squadra ormai pronta nelle divise scarlatte; c’era chi si stava allacciando uno stivaletto, chi si infilava i guanti e chi ripeteva sommessamente tattiche di gioco. Solo una persona si alzò di scatto dalla panca su cui era seduto, gli occhi lampeggianti di un’irritazione malcelata. James.

«Voi due!»

Rose scoccò un’occhiata di scuse ai compagni che si erano girati ad osservarla, attirati dall’esclamazione infuriata del Capitano.

«Questa… oh sì, questa è la volta buona che vi bandisco dalla squadra! Si può sapere cosa stavate combinando a venti minuti dalla partita? Perché non eravate in Sala Grande a fare colazione, questa mattina?», continuò nervoso il discorso. Rose arretrò inavvertitamente di un passo.

«E non provate a giustificarvi» aggiunse James, notando che Alice stava tentando di rispondergli con voce flebile. «Ora indossate in fretta le divise e concentratevi. Mi aspetto un gioco eccezionale da voi due, che sia ben chiaro».

Rose sospirò, maledicendosi mentalmente mentre indossava la divisa. Solo lei e Alice potevano ridursi all’ultimo giorno nel portare a termine una missione così delicata qual era l’ottenere un appuntamento. Sospettava che l’irritazione dimostrata da James negli ultimi giorni fosse causata in parte anche dalla mancanza di novità sulla questione di Penelope. “Forse aveva ragione Alice, dovevamo dirglielo e basta…”, pensò, “…ma non avrei mai potuto dargliela vinta così facilmente, non dopo quella velata minaccia”.

Alice si avvicinò silenziosamente mentre si legava i capelli in uno disordinato chignon, la mente palesemente dispersa negli intricati rami di qualche pensiero sfuggente. Le urla e i boati di acclamazione provenienti dalle tribune si infilavano dispettosi tra le fessure della porta, fino ad arrivare alle orecchie dei giocatori. Rose dovette imporsi ripetutamente di calmarsi; poche volte si era sentita agitata in quel modo prima di una partita.

«Bene», asserì James incerto, ritto davanti alla porta e con la scopa nuova fiammante in una mano, «il momento è arrivato: la prima partita dell’anno sta per disputarsi. Non starò qui a ripetervi tutte le tattiche di gioco, anche perché credo di averle ricordate a sufficienza durante gli ultimi allenamenti. Voglio solo dirvi di dare il massimo, come sempre, e di non scoraggiarsi mai… perché la felicità la si può trovare anche negli attimi più tenebrosi, se solo uno si ricorda di accendere la luce».

Rose e Alice si scambiarono un’occhiata divertita. Quella frase densa di significato ripetuta a rituale prima di ogni partita, che nell’uscire dalle labbra malandrine di James pareva quasi fuori luogo, era di origine ignota. Rose sospettava che provenisse dal vasto repertorio di saggezza che poteva vantare suo zio Harry. David Shepherd spalancò la porta degli spogliatoi, la mazza da battitore stretta in pugno, e il frastuono che un attimo prima risultava ovattato si amplificò propagandosi per tutta la stanza. I giocatori sparirono uno a uno dietro l’angolo, infilandosi nello stretto corridoio che li avrebbe portati al campo. Ben McLaggen si spostò di lato, incoraggiando con un gesto della mano Rose e Alice a superarlo.

«Prima le signore» bisbigliò scherzosamente, anche se i suoi occhi scuri non riuscirono a celare un lampo di paura.

«Non temere Ben», tentò di rassicurarlo Rose con una pacca sulla spalla, «la prima partita è così per tutti».

Ben annuì leggermente. «Spero solo di non finire in infermeria nei primi cinque minuti di gioco» ammise, seguendo le due amiche fuori dagli spogliatoi.

Raggiunsero la squadra in fondo al corridoio, stringendosi nei mantelli e con le scope sottobraccio. Rose si guardò intorno agitata, notando con un pizzico di sollievo che Alice non sembrava essere messa meglio da come si torturava le mani. Anche James era parso piuttosto nervoso poco prima. Più nervoso del solito. Le riaffiorarono alla mente la palese irritazione nei suoi occhi non appena lei e Alice erano entrate in spogliatoio, e il tono incerto della voce con cui aveva pronunciato il discorso. “Non posso lasciarlo giocare così…”, si disse, “…se perdiamo perché mio cugino non prende il Boccino mi sentirò in colpa a vita”. Non ci stette a pensare una seconda volta: si catapultò in avanti, superando silenziosamente i compagni e fermandosi accanto a James davanti al passaggio che dava sul campo. Il Capitano teneva lo sguardo fisso di fronte a sé e continuava a mordicchiarsi il labbro inferiore.

«Domani alle due di pomeriggio, nella Sala d’Ingresso» bisbigliò Rose, sporgendosi leggermente verso il cugino. James girò di scatto la testa, perplesso.

«L’appuntamento con Penelope; io e Alice te l’abbiamo procurato in tempo per Hogsmeade. Siamo a posto?» specificò Rose allungando una mano.

James le scoccò un’occhiata indecifrabile, ma un piccolo sorriso divertito prese il posto dell’espressione neutra che aveva esibito fino a poco prima. Una voce amplificata irruppe improvvisamente nell’aria, una voce che Rose riconobbe come quella di suo cugino Fred. La partita stava per iniziare.

«Merlino, è ora» sussurrò James, per poi catapultarsi in avanti e fare il suo trionfale ingresso nello stadio. Rose rimase lì immobile, lasciandosi superare dagli altri giocatori, fino a ritrovarsi accanto Alice.

«Glielo hai detto, vero?»

Rose annuì lievemente, persa nella reazione del cugino. Le era sfuggito qualcosa forse? Un movimento, un particolare? Alzò lo sguardo celeste fino a puntarlo sulla squadra, ormai lontana. Prese il braccio di Alice, inspirò a fondo ed entrò in campo.

«E se qualcosa andasse storto?» ipotizzò Alice. «Se Penelope per qualche motivo non leggesse il biglietto, o non potesse venire all’appuntamento?»

Rose si girò a osservarla irritata, continuando a dirigersi a passo di marcia verso il centro del campo. «Ti sembra questo il momento adatto?» sputò fuori.

James e il Capitano di Corvonero, un certo Bradford Corner, si stringevano la mano mentre Madama Bumb si preparava a lanciare la Pluffa. Rose salì a cavallo della scopa, concedendosi un minuto per guardarsi intorno; Ben, pallidissimo, sembrava essere sul punto di vomitare. Rose avrebbe voluto dirgli che in un angolino sperduto tra la chiassosa tribuna di Grifondoro c’era una ragazza a lei molto cara, con lunghi boccoli biondi e profondi occhi azzurri, che faceva il tifo per lui. Lo sguardo di Rose fu poi attirato come da una calamita verso la tribuna Serpeverde. Lì da qualche parte si stagliava Malfoy, pronto a non perdersi neanche un secondo della partita. L’avrebbe studiata, avrebbe cercato di memorizzare le mosse e di prevedere le tattiche come un efficiente soldato di pietra. Alice la imitò, lo stesso pensiero in mente, solo che la sua maggiore preoccupazione consisteva in un paio di profondi e sfrontati occhi verdi. Con il Quidditch Albus poteva rivelarsi peggiore di Malfoy.

Fred commentava ogni avvenimento attraverso il megafono come se fosse il suo unico scopo nella vita. «Ed ecco che i giocatori si schierano in cerchio accanto ai Capitani! Madama Bumb lancia la Pluffa e…»

Rose avvertì il familiare miscuglio indistinto di ansia e adrenalina stringerle lo stomaco. Il suono del fischietto d’argento di Madama Bumb sembrò immobilizzare l’aria, incorniciando quell’eterno attimo sfuggente.

«… inizia la partita!»

Quattordici giocatori si alzarono in volo e cominciarono a volteggiare sinuosi e determinati per il campo. Evan si posizionò davanti agli anelli, pronto a respingere qualunque attacco nemico, mentre James raggiunse un punto da dove avrebbe potuto individuare il Boccino più facilmente. La Pluffa finì subito nelle mani dei Corvonero.

«Ed ecco che Baxter s’impossessa della Pluffa e si dirige spedito verso gli anelli… Debbie Linton, nuova aggiunta alla squadra di Grifondoro, gli sta alle calcagna. Cavolo, quella ragazza ha un talento naturale… era solo un commento innocente, professore! Come stavo dicendo, Baxter è ormai in prossimità degli anelli, tira… e Mitchell para!»

Rose rivolse un sorriso luminoso a Evan, ricambiato con un veloce occhiolino. Ormai sapeva che sotto alla facciata di ragazzo duro e freddo si celava un cuore tenero.

«Linton è ora in possesso della Pluffa… Weasley la affianca… per Merlino, un Bolide di Paciock stava quasi per disarcionare Corner dalla scopa! Linton sempre più vicina agli anelli… forza ragazza! Oh, mi scusi professor Paciock…»

Rose sfrecciava accanto a Debbie, i Cacciatori di Corvonero che incombevano come una nuvola tempestosa. Le due Grifondoro si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Debbie lasciò cadere la Pluffa.

«Ma che cosa… McLaggen è spuntato dal nulla e ha acchiappato la Pluffa prima che cadesse a terra! McLaggen segna! Dieci punti per Grifondoro!»

Ben alzò il pugno in aria, un’espressione di pura gioia stampata sul volto. Dalle tribune Grifondoro Rose avvertì un urlo emozionato che sovrastò tutti gli altri e che attribuì spontaneamente a Samantha. Dopodiché si lanciò spedita verso Draper, il terzo Cacciatore di Corvonero dopo Corner e Baxter, pronta a tutto pur di sottrargli la Puffa dalle mani.

«Weasley raggiunge Draper e lo costringe a deviare la traiettoria… Per Merlino, Draper scontra Weasley con la scopa! Weasley non molla, ma Draper è nettamente più forte…»

Rose brillava per riflessi e agilità, ma la forza fisica non rientrava di certo nel suo arsenale. Draper vantava un fisico corpulento, di gran lunga superiore al metro e sessanta e alle curve delicate della ragazza. Ancora qualche spallata da parte del Corvonero e Rose sarebbe caduta nel vuoto. Percepiva la presa sul manico della scopa farsi sempre più debole… fino a quando tutto tornò tranquillo.

«… e un Bolide di Shepherd costringe Draper ad allontanarsi e a lasciar cadere la Pluffa! Linton non perde tempo a farsela scappare, sfreccia come una saetta verso gli anelli avversari… e segna! Venti a zero per Grifondoro!» sbraitò Fred nel megafono, visibilmente euforico.

Rose raggiunse Debbie e le batté un rapido cinque, poi ripartì all’inseguimento della Pluffa. Si distrasse solo un attimo per individuare Alice, impegnata in una battaglia a suon di Bolidi contro Mallory, uno dei Battitori avversari.

«Paciock rischia di prendersi un Bolide in testa! Mitchell viene distratto… e Baxter segna! …Dieci punti per Corvonero!»

Rose rivolse lo sguardo preoccupato ad Alice, sorridendo nel notare la truce espressione che l’amica sfoggiava verso Mallory. “Poteva finire davvero male” pensò a malincuore, ma perfettamente consapevole che da quel momento l’accumulo di rabbia avrebbe portato Alice a lanciare Bolidi come se fossero dei missili.

La partita continuò regolare per quella che parve un’eternità, tra scontri ravvicinati, parate spettacolari e goal da mozzare il respiro con Grifondoro che conduceva per quaranta punti… ma del Boccino ancora nessuna traccia. Rose non si era mai sentita così viva: aveva appena segnato grazie a una finta messa a punto durante gli ultimi allenamenti e che le meritò una frastornante ovazione dai Grifondoro. Si accorse con non poca sorpresa che anche la maggior parte dei Tassorosso e Serpeverde la acclamava entusiasta; e solo per un momento, proprio al centro delle tribune verdi e argento, le parve di scorgere due ragazzi, rispettivamente dalla chioma bionda e corvina, che applaudivano euforici.

«Incredibile finta di Rose Weasley! Arnolds ci casca in pieno e si butta verso l’anello opposto! Grandissima Rosie… oh, mi scusi professor Paciock, era solo un urlo d’incoraggiamento… tornando alla partita, la Pluffa è in mano ai Corvonero, mentre il Boccino sembra essere sparito nel nulla! I due Cercatori compiono larghi giri del campo nella speranza di avvistarlo!»

Rose tentò di concentrarsi sul gioco, ma il suo sguardo continuava a seguire James, gli occhi socchiusi per il vento e la mano a ravvivarsi i capelli. “Miseriaccia, è ancora nervoso. Se continua così il Boccino lo prenderà davvero Le Grant”.

«Corner schiva un Bolide di Shepherd… e segna! Corner segna! Altri dieci punti guadagnati da Corvonero! Il vantaggio dei Grifondoro diminuisce sempre di più…» constatò Fred preoccupato attraverso il megafono.

Rose scosse la testa e si costrinse a rivolgere l’attenzione verso la Pluffa, ora in mano a un Ben McLaggen piuttosto in difficoltà. Era stato affiancato da Baxter e Draper che lo sballottavano da una parte all’altra. Rose non perse tempo a correre in suo soccorso.

«McLaggen cerca di liberarsi invano dai due Cacciatori avversari… ma ecco che Weasley si precipita ad aiutarlo! McLaggen riesce a passare la Pluffa a Weasley, che sfreccia verso gli anelli affiancata da Linton e si prepara a… per la barba di Merlino! Credo che i Cercatori abbiamo avvistato il Boccino!» urlò concitato Fred.

Rose si immobilizzò nell’aria, il braccio piegato in attesa di scaraventare la Pluffa con tutta la forza che aveva, e si girò cercando James con lo sguardo. Lo stadio e i giocatori sembrarono congelarsi in un silenzio surreale. Tutti osservavano con il fiato sospeso le uniche due persone che sfrecciavano in picchiata verso un luccichio dorato che splendeva come una pietra preziosa.

«Potter e Le Grant fianco a fianco inseguono il Boccino in una picchiata da accapponare la pelle… i due ragazzi sono sempre più vicini al terreno, e il Boccino non sembra voler cambiar traiettoria…»

Rose assistette al tutto con una mano a coprire la bocca, ancora vicina agli anelli e con Debbie accanto. Alice, a pochi metri di distanza, non si accorse neanche della mazza che le sfuggì dalla presa e che cadde a terra con un tonfo secco.

«I ragazzi sterzano violentemente per evitare l’impatto con l’erba… ma Le Grant cade dalla scopa portandosi dietro anche Potter! Entrambi i ragazzi sono a terra e del Boccino non c’è più traccia!»

I secondi successivi pesarono come mattoni sui cuori che battevano all’unisono nello stadio. Il silenzio regnò sovrano mentre i due Cercatori si misero a sedere, frastornati. “Ti prego, ti prego, ti prego…” riusciva solamente a pensare Rose. James si alzò per primo, si guardò intorno e sollevò in aria una piccola pallina dorata, ben stretta nella mano, quasi invisibile a occhio nudo da quell’altezza. Il silenzio sovrastò lo stadio per qualche istante ancora. Poi, scoppiò il caos.

«James Sirius Potter conquista il Boccino d’oro! Grifondoro vince!» annunciò esultante Fred, causando un boato che compensò di gran lunga la calma precedente. Le tribune esplosero, gli studenti balzarono in piedi applaudendo, saltando, urlando e acclamando la squadra scarlatta. Gli stendardi rossi e oro volteggiavano al vento illuminati dal sole, le bandierine erano sventolate quasi a voler creare un gigantesco vortice che inglobasse quel momento all’infinito. Rose si esibì in un urlo di gioia e quasi cadde dalla scopa quando abbracciò di slancio Debbie. Alice le raggiunse poco dopo con un sorriso euforico in bella mostra e tutte e tre, le uniche ragazze in campo, si presero per mano cominciando a ridere spensierate. Ben percorse l’intero perimetro dello stadio con un pugno alzato mentre David si catapultò ad abbracciare Evan, che si limitò ad alzare gli occhi al cielo e a concedergli qualche pacca sulla spalla. I giocatori scesero lentamente a terra accompagnati dalle acclamazioni degli spettatori, gustandosi appieno la meritata gloria. Rose atterrò delicata sull’erba, abbandonò la scopa e iniziò a correre verso James, che non si era ancora mosso di un centimetro; solo quando si fu avvicinata abbastanza, la ragazza fu in grado di scorgere l’espressione dipinta sul volto del cugino. E in quell’istante si dimenticò completamente di tutto, del patto, del bigliettino, dell’ansia e della rabbia. Perché il sorriso che esibiva James era più luminoso di cento Boccini d’oro messi insieme.









Angolo autrice

Sì, lo so... ci ho messo un po' a scrivere questo capitolo, ma la scuola è ormai iniziata da un paio di settimane.
Purtroppo gli aggiornamenti saranno meno frequenti rispetto a quest'estate.
Ma per farmi perdonare, ecco a voi la prima partita della stagione! Che ne dite? Io mi sono divertita un mondo a raccontarla.
Ed ecco svelato il motivo per cui Rose si è fissata con questa idea rischiosa del bigliettino, la "velata" minaccia di James... alla fine ne varrà davvero la pena?
Questa piccola battaglia di rivincite si concluderà qui o causerà altri guai?
Ultima ma non ultima cosa, finalmente incontriamo faccia a faccia la nostra dolce Georgiana!
Ah, mi stavo quasi dimenticando...
Nei dialoghi ho sostituito i trattini con le virgolette (ovviamente per tutti i capitoli finora pubblicati)... era da un po' che lo volevo fare.
Credo che le virgolette siano più eleganti.
Alla prossima,
ChiarainWonderland
 

 

 

   
 
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