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Autore: Aky ivanov    11/10/2019    5 recensioni
Saguru comprese di essersi infilato in un pasticcio troppo tardi, quando l'imbarazzo raggiunse l'apice e le esili braccia lasciarono la sua vita per spostarsi attorno al collo. La ragazza sembrava non voler demordere dalle sue convinzioni, maledisse Kaito e la sua puntualità svanita nel nulla.
Il profumo al cioccolato inebriò le narici intontendolo mentre le labbra sfiorarono l’orecchio «Tantei-kun, io sono qui».
Saguru trattenne il respiro, doveva trattarsi di un incubo non c’era altra spiegazione. Le poche parole, in quel tono familiare e ben poco femminile lo fecero rabbrividire.
«Come diavolo ti sei vestito Kuroba?!» sussurrò rabbioso lanciando occhiate in giro. La finta ragazza saltellò sui tacchi argentati indicando il vestito azzurro pastello legato attorno al collo e lungo poco sopra il ginocchio, la vocina delicata tornò a far capolino «Pensavo fosse abbastanza esplicito».
Kaito amava sfidare la sorte nelle sue imprese, non era un mistero, ma questa volta la dea bendata non sembrava essere dalla sua parte.
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aoko Nakamori, Heiji Hattori, Kaito Kuroba/Kaito Kid, Saguru Hakuba, Shinichi Kudo/Conan Edogawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Coff coff* c’è qualcuno? Lo so, sono imperdonabile vi ho lasciato per due mesi in attesa. Spero il capitolo riuscirà a farmi perdonare!

Prima di lasciarvi al continuo della storia vorrei specificare che la relazione fra Kaito e Saguru non sfocerà in uno yaoi, per quanto essa possa sembrarlo in alcuni punti.

E fu così che metà dei lettori svanirono nel nulla <.<

A parte il tutto, ringrazio di cuore DolceZeref, shinichi e ran amore, A_PTX4869 per aver speso un po’ del loro tempo lasciandomi una recensione

Un grazie anche a chi ha inserito la storia fra le seguite, e a te lettore silenzioso che nell’ombra continui a seguire i miei lavori.

Prima che mi linciate per la lunga introduzione, buona lettura ♥ 

 

 

 

Kaito ritardò il passo, il calpestio dei tacchi sulla superficie lucente echeggiò un'ultima volta prima di spegnersi definitivamente. Ruotò sulle punte in attesa. Le braccia incrociate afferrarono saldamente la giacca per impedirle di scivolare via. Il suo accompagnatore era rimasto indietro, immerso nei propri pensieri.

Saguru ispirava profondamente per placare l'ansia, non provava quello stato di tensione dal caso Nightmare. In quell'occasione era stato un brutto presentimento a guidarlo, qui c'era una predizione di morte e per quanto scettico potesse essere al riguardo, il suo amico aveva la capacità innata di finire nei guai...o di attirarli. Erano pochissime le probabilità di incontrare il piccolo Edogawa.

Non amava le coincidenze. In più, il nodo alla bocca dello stomaco continuava a rammendargli di non essersi mai preoccupato così da vicino per la vita di qualcuno, eccetto Kaito. Era una sensazione nuova con cui fare i conti.

Del resto, viaggiare da uno stato all'altro con un carattere non molto aperto, ostentare la sua intelligenza e atteggiarsi a superiore non erano esattamente i fattori chiave per fomentare amicizie. Ed essere lì in quel momento, con un ragazzo travestito da donna a cui una presunta strega aveva enunciato morte certa in serata... era semplicemente assurdo per i suoi canoni.

«Terra chiama Daichi, mi ricevi?» Saguru si riscosse dai suoi grovigli mentali quando la mano guantata sventolò davanti la sua faccia.

«Stavo solo pensando a quanto la sala sia meno popolata del previsto» infondo era vero, la sua attenzione inizialmente era stata catturata dai numerosi posti vuoti, il costo elevato di certo non favoriva i commensali ma le targhette "riservato" sui tavoli facevano presumere una maggiore affluenza.

Kaito si portò una ciocca dietro l'orecchio indicando la porzione alle sue spalle «La maggior parte delle prenotazioni qui si concentra ad un orario tardo, al contrario del caos nell'atrio»

Saguru aggrottò le sopracciglia, la mano al di sotto del mento in atto riflessivo «Ciò significa che Snake e i suoi compagni sapevano di questo particolare. Se dovessi parlare di argomenti delicati e non del tutto legali, mi informerei bene sul posto in cui andare. Cenare in un luogo pubblico affollato aiuta a nascondere la propria presenza, ma al contempo si hanno meno orecchie in ascolto con poca gente. Snake non ha un volto che passa inosservato. Entrare qui con nonchalance fa presuppore che si senta sicuro. Ora bisognerebbe capire se -»

Il londinese non riuscì a terminare la frase, con uno slancio repentino Kaito lo aveva abbracciato affondando il volto nell'incavo della spalla, nel momento esatto in cui un cameriere passò loro accanto.

«Ehi ehi, placati! Non sei un detective ora» bisbigliò concitato accanto al suo viso scostandosi leggermente per osservarlo «Non puoi iniziare a fare le tue deduzioni cosi a cuor leggero».

Saguru dovette ammettere di essersi lasciato trasportare, la smania di analizzare e studiare l'ambiente circostante era difficile da contenere. Ogni particolare poteva rivelarsi utile, e secondo le sue teorie non dovevano concentrarsi solo su Snake.

«Però...non ti facevo così intraprendente detective» Kaito autocomplimentandosi per la sua voce sensuale osservava divertito l'espressione confusa del ragazzo, con Jii non poteva scherzare in quel modo. Il vecchio lo avrebbe sicuramente rimproverato per la mancanza di attenzione dall'obiettivo.

«Cosa stai insinuan-?» si bloccò quando capì la velata allusione, pochi attimi prima istintivamente aveva ricambiato l'abbraccio attirandolo a sé. Lo fissò imbambolato. I riverberi luminosi del lampadario soffusi e delicati, lo scrosciare della fontana unito alla lieve melodia di sottofondo, rendevano la sala il luogo perfetto per un appuntamento romantico; e loro in quel momento sembravano realmente una coppia di fidanzati intenti a scambiarsi tenere effusioni.

«Spero di non rivivere questi momenti nei miei incubi» sussurrò lentamente in stato di shock, la piega che gli eventi stavano prendendo non era di suo gradimento.

«Così mi offendi, non ti piaccio?» un brivido percorse la schiena di Saguru, era inquietante come la vocina femminile suonasse realistica. Il labbro tremolante e gli occhioni da cucciolo bastonato completavano il quadro melodrammatico «Per favore smettila».

Come un bambino dispettoso Kaito fece l'esatto contrario, strinse la presa schiacciando i loro corpi. Al morbido contatto, Saguru considerò ineccepibili i suoi stessi pensieri. Il seno premuto contro il petto non era di un'autentica ragazza, malgrado il vestito accollato rendesse ugualmente evidenti le curve sottostanti. Doveva smetterla di sentirsi a disagio, non ne aveva motivo.

Dannazione! Invece ne aveva eccome. L’addetta di sala a poca distanza aveva distolto lo sguardo imbarazzata preferendo non interrompere l'intima conversazione.

«Scommetto che ti stai chiedendo come abbia fatto a renderlo così naturale, vero?» Kaito sussurrò accattivante dondolando la testa, si stava divertendo un mondo.

«No, non mi interessa. Finiamo questa pagliacciata» ma imperterrito l'altro continuò sempre più malizioso «La finestra del bagno di Aoko non è poi così distante dal piano strada»

Saguru sbarrò gli occhi sconcertato, lui non avrebbe mai osato fare una cosa simile «Non voglio conoscere le tue perversioni, soprattutto se sei così idiota da spiare la figlia di un uomo armato e autorizzato a sparare»

Si sarebbe spostato volentieri se Kaito lo avesse lasciato andare, quello psicopatico doveva provare un interesse malato nel metterlo a disagio. Che copertura pensava di ottenere in quel modo? Sembravano due ninfomani.

«Smettila di fare l'idiota e concentriamoci su Snake» sibilò infastidito ringraziando il cielo che i detective non li stessero osservando.

«Noioso. Devo guardarmi attorno, sembrare occupati non desta sospetti se non lo avessi capito» borbottò il ladro sommessamente prima di avere un lampo di genio e tornare super pimpante «Vuoi che ti sistemi la camicia nei pantaloni?»

Prima che Kaito potesse anche solo pensare di avvicinare le mani attorno al suo bacino, Saguru si allontanò di scatto «Non ti azzardare». La minaccia passò inascoltata, la finta ragazza scoppiò a ridere di gusto davanti alla faccia scandalizzata facendolo innervosire ulteriormente.

 

 

Sakura Tanaka, fasciata nella sua scomoda divisa, voleva rinchiudersi in casa e non uscire per i prossimi giorni. Avvolgersi nel suo pesante pigiama davanti a qualche smielata commedia, pronta ad ingurgitare gelato più di quanto il suo organismo potesse sostenere. Se le avessero detto che dopo sei anni di fidanzamento si sarebbe ritrovata a commiserarsi, quel lontano giorno al parco avrebbe cambiato strada. A ciò si aggiungeva il dover lavorare nel fine settimana in uno dei ristoranti maggiormente gettonati per gli appuntamenti romantici.

Il suo recondito desiderio era urlare ad ogni singola coppia in quella sala quanto fosse stupido e doloroso innamorarsi di qualcuno, che nonostante le belle parole tutto sfuma in pochi secondi. Di come si possa passare velocemente dai complimenti alle offese, soprattutto personali. Tuttavia, nonostante l’astio nel petto non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso sincero dinanzi alla strana coppia intenta a battibeccare a poca distanza.

Dopo il tenero abbraccio finalmente avevano deciso di avvicinarsi al bancone.

«Ka-Mizuki per favore smettila mi stai soffocando»

«Sto solo cercando di renderti presentabile!»

Saguru annaspò alla ricerca d’aria, il nodo della cravatta gli impediva di respirare. Certo, aveva acconsentito all’idea di prendere tempo -cambiando il diversivo- per analizzare la sala, ma non a discapito della sua vita.

Liberatosi da quelle mani simili a tenaglie attorno alla gola, a fatica trattene uno sbuffo quando gli occhi azzurri della sua accompagnatrice divennero lucidi. Sicuramente avrebbe avuto un’ottima carriera come attore di telenovelas nel caso si fosse annoiato a fare il mago.

«Oh tesoro scusami, volevo solo essere d’aiuto» cinguettò tristemente Kaito.

«Tranquilla cara, non è successo nulla» Saguru gli accarezzò la guancia con il misero intento di ricambiare pan per focaccia l’imbarazzo precedente, senza risultati. Sembrava a suo perfetto agio nel ruolo di donna. Sull’orlo dello sconforto aggiunse sottovoce «Se continui così giuro che prima del fine serata metto in atto la profezia di Akako»

Al nome della ragazza un'ondata di gelo percorse il corpo di Kaito, la strega era un uccellaccio del malaugurio. Sapeva di star camminando sul ghiaccio sottile con Saguru, deliberatamente metteva a dura prova la sua pazienza provocandolo, il tutto per esorcizzare la frustrazione.

Il pensiero di inveire contro la sua tanto idolatrata dea bendata era diventato insostenibile. Non avrebbe mai creduto di pensare una cosa simile, ma la bellissima donna alla quale si appigliava durante ogni missione lo aveva abbandonato, nel momento peggiore. Eppure, le aveva soltanto chiesto di far filare liscio il suo semplice piano: prendere posto accanto al tavolo di Snake, fingersi una coppietta zuccherosa e origliare la conversazione. Non le aveva imposto di fa apparire dal nulla pandora nel suo calice!

Evidentemente la sua protettrice doveva pensarla diversamente. Certo, non era stato difficile individuare Snake insieme ad altre due persone sedute all’ultimo tavolo della fila più vicina alla fontana, ma del resto, come non riconoscere quegli orribili baffi neri? Il problema era stato un altro: l’uomo seduto esattamente al tavolo accanto. Beh, avrebbero potuto accomodarsi a quello in linea nella fila retrostante e ignorare il piccolo dispetto della fortuna se i detective ficcanaso non lo avessero occupato a loro volta.

Shinichi emanava onde negative che si ripercuotevano sulle persone circostanti, ne era certo.

Qualcosa nel poker face di Kaito non convinse Saguru, per quanto sembrasse una pallina del pinball impazzita c'era qualcosa che non andava. Il dubbio di essere diventato paranoico si dissolse quando la sua esuberante Mizuki con voce innocente si rivolse all’addetta del piano. Purtroppo, non si era sbagliato.

«Mi scusi signorina, ma ho notato che il tavolo da noi prenotato è occupato» Sakura riscossasi spostò la vista alternativamente dal monitor al tavolo in questione un paio di volte. La sua disattenzione degli ultimi giorni aveva comportato l’ennesimo errore nelle prenotazioni, il capo le avrebbe fatto sicuramente una nuova lavata di testa. L’imprecisione sul lavoro le era stata sottolineata più volte anche dal suo ex ragazzo, e pensare di dargli ragione le bruciava da morire.

«Sì, ha ragione, mi dispiace immensamente!» la giovane si profuse in una serie agitata di inchini rischiando quasi di urtare la testa sul piano ligneo «Ho registrato erroneamente la prenotazione quando avete telefonato. Kenzaburou-san è un nostro cliente abituale ma ho dato per scontata la sua presenza dimenticandomi di annotarlo. Vi chiedo umilmente scusa»

Saguru sospirò, poteva saltare il loro piano per una sciocchezza? Non era cieco, aveva notato fin da subito gli occhi rossi e il segno di un precedente anello attorno all’anulare della dipendente. Sebbene non la considerasse valida come giustificazione, non se la sentì di infierire. Piuttosto voleva risolvere la situazione prima di vedere Kaito sparire e riapparire travestito da qualche cameriere improvvisato, pronto a ronzare attorno al trio malavitoso.

«Non è un problema insormontabile, un tavolo vale l’altro» Il ragazzo poté giurare di essere appena stato incenerito dallo sguardo della compagna «Potremo sederci al tavolo accanto?»

«Sì, certamente, vi ringrazio per la comprensione! Prego accomodatevi pure e scusate ancora per l’inconveniente» Sakura si inchinò nuovamente avvertendo uno dei camerieri del nuovo arrivo. Tornata alle sue occupazioni notò un bocciolo rosso adagiato accanto alla tastiera, apparso come per magia. Prese delicatamente lo stelo fra le dita, la rosa era esattamente identica a quella che l'elettricista del locale le aveva lasciato giorni prima. Strano, ricordava di averla portata a casa.

 

 

«Il dongiovanni che è in te non muore neanche indossando abiti femminili?» chiese in tono fintamente esasperato Saguru scostando la sedia alla sua dama, prima di prendere posto di fronte a lei. «Cosa ci posso fare, ho un debole per le ragazze in difficoltà» rispose divertito Kaito incrociando le mani sotto il mento con un sorrisetto provocante, la giacca adagiata sullo schienale «Piuttosto… non è che devo iniziare a preoccuparmi della concorrenza?»

Saguru inarcò un sopracciglio in una muta domanda sistemando i polsini della giacca, odiava la scarsa attenzione con cui era stata stirata. Kaito inclinò leggermente la testa indicando la ragazza di Osaka dal tono squillante intenta ad inveire contro il povero detective dell’est.

Prestò attenzione e quasi non scoppiò a ridere ascoltando la conversazione, rimpiangendo enormemente di essere sotto copertura. Avrebbe rinfacciato volentieri la storia al prossimo incontro con Hattori.

«Heiji sei sempre il solito! Potevi far sedere prima me e Ran anziché pensare a te stesso».

Il ragazzo la guardò sinceramente confuso «Kazuha perché te la stai prendendo tanto? Dov’è il problema se ti siedi da sola?»

Conan sorrise nervosamente battendosi una mano sulla fronte mentre Ran cercava di mimetizzarsi dietro il menù, avevano tutti gli sguardi puntati addosso.

«Lo vedi? Non capisci mai niente! Potresti prendere esempio da persone più galanti di te in questa stanza!» dopo lo sbotto Kazuha si risedette offesa, a volte si domandava come il suo amico di infanzia potesse essere così ottuso. Stizzita voltò la testa incontrando diverse paia di occhi intente a osservarla.

«Oh...ehm, scusate non fate caso a noi» imbarazzata si concentrò sulla tovaglia continuando a bisticciare a voce molto più contenuta e incomprensibile nel suo dialetto.

«Hattori-kun non ha il minimo tatto, se vuole realmente dichiararsi sbaglia completamente approccio» Kaito tornò a prestare attenzione al suo interlocutore giocherellando con il bicchiere «Senti senti, abbiamo un esperto»

«Solo un cieco non si accorgerebbe che quei due provano attrazione reciproca. È come veder discutere te e Aoko»

«Eh?» il dito fermò improvvisamente i giri concentrici sull'orlo traslucido, il mago alzò di scatto la testa in confusione. Saguru sperò con tutto sé stesso che scherzasse.

Kaito lo fissava perplesso, lui ricambiò lo sguardo sempre più scettico, Kaito non accennò a diminuire la sua confusione. Quello non era un poker face.

«Credo di aver appena conosciuto un cieco» non poteva davvero essere così ingenuo da non capire il palese interesse per la compagna di classe.

«Perché li hai paragonati a me ed Aoko? Io non cerco disperatamente di dichiararmi.»

«Lasciamo perdere»

Kaito mise su il broncio gettandosi contro lo schienale della sedia corrucciato, quali pensieri contorti si faceva venire il detective? A lui non piaceva Aoko. Si divertiva ad alzarle la gonna per farla arrabbiare, per godersi le sue guance arrossate, per ricevere il sorriso dolce quando la rabbia sfumava...era un comportamento normale no?

«Siamo solo amici»

Saguru picchettò le dita sul tavolo pensieroso. Ironico come la stessa frase fosse stata detta in contemporanea anche dai due di Osaka a Ran.

«Perché me lo stai sottolineando? Se ne sei così convinto non dovrebbe darti fastidio la mia insinuazione»

«Tu fai ragionamenti insensati»

«Insensato sarebbe chiedersi, vediamo... perché si riceva cioccolata a San Valentino» Kaito si irrigidì sulla sedia estraendo il cellulare dalla borsetta, abbandonando la conversazione.

Saguru non sapeva se ridere o piangere a quella reazione. Pensò alle numerose volte in cui Aoko era arrostita accanto a Kaito, alle richieste di non accusarlo di essere Kid difendendolo a spada tratta, al modo in cui si sedevano a confabulare all’ora di pranzo...quel ragazzo era senza speranza.

Voleva stuzzicarlo ancora un po', ma appena il cameriere si fu allontanato dal tavolo di Snake consegnando loro i menù, Kaito scattò in piedi con uno strano luccichio nelle pozze cerule.

«Tesoro vado un attimo in bagno»

 

Conan si agitò sulla sedia, aveva la spiacevole sensazione di essere costantemente osservato. Quando si trattava dell'organizzazione il presentimento era più oscuro e opprimente, non dovevano essere gli uomini nero anche se i tre individui al tavolo ricordavano molto la tipologia di persone arruolate dalla losca compagnia.

«Conan-kun c'è qualcosa che non va?» Ran non sarebbe mai cambiata, persino quando conversava non lo perdeva d'occhio «No no, Ran-nechan».

Aveva intenzione di confrontare i suoi dubbi con Hattori, il suo migliore amico aveva ben chiarito di non voler essere più escluso dalle indagini, dopo avergli quasi fatto a pezzi un timpano. Lo ringraziava per averlo aiutato durante la gita scolastica, e nascondergli particolari alla luce delle nuove informazioni era sempre più sbagliato.

Il tonfo sordo seguito da un urletto femminile però, aveva fatto scattare una sirena d'allarme nelle loro teste, distogliendolo dal suo intento iniziale. Poteva vedere lo stesso barlume d’orrore attraversare il volto di Heiji. Era la prassi: urlo, tonfo, cadavere nelle vicinanze.

Questa volta però, non ci furono corpi senza vita ad attenderli.

Ancora in bilico sull'asse della sedia Shinichi ondeggiò per non cadere. La ragazza incontrata in ascensore riversava sull’uomo con i baffi che a stento sembrava contenere il fastidio. Il vino versato sul completo da sera non sarebbe scomparso con le scuse accampate dalla giovane.

«Maledette scarpe! Mi dispiace averle macchiato l'abito, non sono abituata a camminare su questi trampoli» Shinichi si mosse in ritardo, il suo avvertimento era giunto quando la ragazza impacciata era già cascata rovinosamente a terra scivolando sulla macchia violacea.

«Si è fatta male?» Conan si accucciò accanto preoccupato, la donna scosse il capo rivolgendogli un sorriso affettuoso scompigliandogli i capelli «Tranquillo piccolo, sono resistente!» Dimenticava spesso di avere l'aspetto di un bambino e di suscitare tenerezza nei suoi interlocutori.

Il tocco di una mano glaciale sulla spalla bloccò i successivi movimenti, meccanicamente si spostò sotto la leggera spinta lasciando spazio all'uomo alzatosi per aiutare la ragazza. Perché era cosi terrorizzato da quel semplice gesto?

Kaito ignorò il disgusto interiore afferrando la mano dell'uccisore di suo padre con il miglior sorriso di cui era capace. Il grazie sbiascicato bruciava sulla lingua sottolineando quanto sbagliata fosse la sua azione. Snake lo aveva aiutato per evitare troppa attenzione, in quegli occhi scuri l'odio per il suo gesto era ben visibile, altrove gli avrebbe certamente già sparato un colpo in testa. Spolverandosi la gonna si diresse verso i bagni lanciando una rapida occhiata all’indirizzo di Saguru. Il londinese però era la fonte di interesse anche del ragazzino più piccolo. Conan avvertiva chiaramente che qualcosa non andava quella sera, il ragazzo non si era spostato di un millimetro per aiutare la compagna. Era rimasto congelato nella sua posizione, quasi terrorizzato dalla possibilità di prender parte all’interazione.

«Conan-kun mi stai ascoltando?» no, non l’aveva nemmeno vista arrivare.

«Scusa un attimo Ran-nechan» Conan corse verso il ragazzo isolato tirando un lembo dei pantaloni per attirare la sua attenzione «Perché non hai aiutato la tua fidanzata?»

Saguru colto alla sprovvista rimase in silenzio, dirgli che aveva quasi subito un arresto cardiaco alla strampalata quanto improvvisata gag di Kaito non rientrava fra le possibilità accettabili di risposta. Diavolo, poteva avvisarlo di volersi gettare fra le fauci del nemico!

«Conan-kun non essere scortese» Ran sopraggiunta afferrò il piccolo monello per una spalla esortandolo a tornare verso il proprio tavolo mentre Saguru elaborava una risposta.

«Si sarebbe arrabbiata se l’avessi aiutata, è una persona molto orgogliosa. Prima di venire qui le avevo detto di cambiare scarpe, ma non mi ha ascoltato. Non volevo farglielo pesare sottolineando di avere ragione…quando sarai più grande capirai» fece l’occhiolino al bambino che si allontanò non del tutto convinto, come biasimarlo. La sua scusa era patetica.

 

Kaito avvitò la plafoniera al soffitto con non poche difficolta, doveva aggiungere “saper star in equilibrio sulla tazza del water calzando degli spilli” al suo futuro curriculum, lavorare in un circo sembrava un’ottima alternativa di vita.

«Sì Jii-chan stai tranquillo, è tutto perfettamente sotto controllo. Tu attieniti a quello che ti ho detto» il nonnetto poteva essere parecchio petulante anche a distanza con le sue raccomandazioni. Non aveva ancora digerito l’essere stato messo da parte per quella missione, soprattutto sostituito da un ragazzo totalmente incompetente su quel lato della barricata.

«Faccia attenzione signorino» terminò la telefonata prima che il nonnetto potesse aggiungere altro. Ripose il cellulare nella borsetta, e stava per chiuderla quando l’apparecchio telefonico vibrò nuovamente. Sospirò ripescandolo e saltando giù dal water, il vecchio e le sue manie di tenere tutto sotto controllo. Guardò il numero non registrato del messaggio riconoscendolo immediatamente, il mittente non era Jii, lui non avrebbe mai scritto un testo simile.

“Kai-chan, ho sempre desiderato avere anche una figlia femmina e supportarla al suo primo appuntamento! La mandi una foto alla mamma?;)”

Borbottando rispose con un no secco a quell’assurda richiesta, sua madre aveva una fervida immaginazione. Dalla chiamata mattutina di giovedì non la smetteva con le sue allusioni, sottolineando quanto fosse di mente aperta ad ogni tipo di relazione.

Promemoria: non dirle più i dettagli delle sue operazioni, dovevano restare segrete fino al termine.

«Oh, per l’amor del cielo» il display si era illuminato per la ricezione di chiamata, stava per rifiutarla convito fosse sua madre finché non si accorse del numero anonimo. Cautamente premette il tasto di risposta, quasi aspettandosi un’esplosione in perfetto stile cinematografico.

«Pronto?»

«Kuroba-kun sei un’incosciente!» allontanò il ricevitore all’urlo spaccatimpani, perfettamente udibile anche a distanza.

«Che piacere sentire il tuo tono soave Akako, bella serata?» mancava solo la strega, ora si che il suo breve viaggio nel bagno era perfetto.

«Smettila di scherzare. Hai dimenticato cosa ci siamo detti alla nostra ultima conversazione?»

«Non molto, sei fuggita via dicendo di voler lucidare una sfera di cristallo» silenzio dall’altro capo telefonico, guardò il suo corpo aspettandosi chissà quale trasformazione malefica prima che il tono glaciale e composto facesse capolino «No. Mi riferivo a quella di martedì Kuroba, lo sai benissimo»

Kaito si appoggiò alla porta del cubicolo chiudendo gli occhi, non l’aveva dimenticata.

«Akako mi sembra di averti già risposto» continuare a prenderla in giro era inutile, rischiava di essere incenerito.

«Non hai mantenuto la promessa. Credi che ci provi gusto a presagire la tua morte?»

«No, vuoi rendermi tuo schiavo giusto? Versione zombie non credo di essere molto allettante» lo scherzo non venne accolto, il soffio nervoso di Akako fu l’unica risposta. Quella strega era strana, aveva provato in tutti i modi a soggiogarlo finendo poi per nascondendosi dietro la blanda scusa della possessione ogni qual volta voleva aiutarlo.

«Kuroba, non si può manipolare il destino… io posso solo suggerirti cosa accadrà ma sta a te decidere se ascoltarmi o meno, e tu hai optato per infischiartene delle mie parole»

«Ti sbagli Akako» Kaito strinse la mano attorno al cellulare, ogni traccia di ironia era sparita «Ho preso sul serio le tue parole»

«Ma sei andato comunque all’appuntamento» un misto fra rassegnazione e fastidio.

«Sì»

«Idiota…Cerca di non morire. Io questa volta non riesco ad aiutarti, è come se i miei poteri non avessero influenza» annui, sicuramente lo stava osservando con la sua palla magica.

«Buona fortuna»

Kaito chiuse la chiamata, il cellulare poggiato sulle labbra. Assorto ascoltava ogni singolo rumore del bagno, dalla goccia nel lavandino alla ventola del condizionatore. Almeno a sé stesso poteva ammettere di avere un briciolo di paura, non di morire, ma di non poter concludere la missione di suo padre con una precoce dipartita. Riaprì gli occhi di scatto gettando il cellulare nella borsa e schiaffeggiandosi le guance, doveva restare concentrato.

Uscì dal piccolo cubicolo specchiandosi nell’enorme oggetto, ricordando il motivo più soddisfacente di travestirsi da donna. In quelli degli uomini gli specchi molto più piccoli rendevano spesso complicata la sistemazione del travestimento. Stava aggiustando i finti orecchini incollati all’orecchio quando la porta si aprì lasciando entrare Ran e Kazuha.

Distolse lo sguardo imbarazzato mentre la cerniera del vestito di Ran fu abbassata fino a metà schiena per districarla dai capelli incastrati. Deglutendo a fatica spinse la frangia sugli occhi cercando di ignorare la scena riflessa sul vetro.

«Accidenti ti sei fatta male!» si voltò quando capì che la ragazza di Osaka parlava con lui. Guardò il suo braccio sfregiato da un piccolo taglio, la tracolla ad anelli della borsa doveva averlo ferito quando aveva finto di inciampare su Snake…cioè, aveva finto la prima volta, la seconda botta l’aveva presa con tutti i sensi. Sicuramente era stato durante la seconda.

«Non me ero accorta, tranquilla è solo un taglietto» il sorriso rassicurante si congelò sulle labbra, Ran aveva frugato nella sua borsa porgendogli un cerotto «Prendilo pure, ne porto sempre con me».

Kaito fissò il piccolo involucro esitante, l’accoppiata Ran/cerotti sul dirigibile non era stata esattamente fortunata l’ultima volta. Lo prese per non sembrare scortese, accertandosi dell’assenza di scritte ambigue presenti su di esso.

«Ti ringrazio… Che sbadata non mi sono presentata! Piacere di conoscervi, mi chiamo Mizuki Aoki!»

«Piacere! Io sono Ran Mori e lei Kazuha Toyama»

«Mori? La figlia del famoso detective dormiente?!» chiese esaltato facendo sorridere la ragazza.

«Sì proprio lui»

«Ho sempre desiderato vederlo in scena dal vivo, peccato non sia qui!» effettivamente durante i suoi colpi il nanerottolo non si preoccupava di nascondersi dietro l’uomo.

«NO!» il monosillabo urlato all’unisono lo fece arretrare di un passo, quelle due erano pericolose.

«Scusaci, è che quando andiamo da qualche parte con mio padre succede qualcosa di brutto. Preferiamo goderci la serata» come darle torto, lui aveva una ghigliottina pendente sulla testa.

«Già Heiji e il piccolo Conan sembrano aver contratto la stessa maledizione. Poco ci manca e l’unica occasione in cui siamo venuti a Tokyo e non è morto nessuno è stato in occasione del furto di Kid» la punta d’irritazione al nome del suo alter ego non gli piacque per nulla.

Ran portò un dito alle labbra riflettendo «Hai ragione, però è stato strano quel furto. Sembrava come se Kid volesse quasi farsi scoprire»

Kaito rimase interdetto ad osservare le due disquisire sulle sue abilità di travestimento, come erano finite a parlare di lui? Perse qualche battuta e la conversazione era cambiata, ora l’oggetto del discorso era ancora lui ma in abiti femminili, precisamente la sua relazione.

«State insieme da molto?» Ran afferrò il braccio dell’amica quasi a volerla rimproverare per la domanda inopportuna. Le donne e la loro parlantina, doveva liberarsene e tornare al tavolo.

«Oggi siamo a cena per il nostro anniversario, sette anni di fidanzamento» gli occhi di entrambe luccicarono estasiate, erano delle inguaribili romantiche. Sorrise divertito pensando alla reazione di Saguru quando gli avrebbe detto la piacevole storia romantica che stava inscenando.

«Sembra uno di quegli uomini raffiniti, però è stato scortese a non aiutarti quando sei caduta» il rimorso per non aver avvertito il ragazzo del suo piano iniziò a farsi sentire, ma fu scacciato via prontamente.

«Non ama essere al centro dell’attenzione, è molto timido» le minacce di morte di Saguru stavano per trovare base fertile «Quando è preoccupato mi sta sempre addosso, sapete? Scalerebbe anche la parete della mia casa se ce ne fosse necessità»

«Ti piace davvero tanto» pensandoci, forse avrebbe dovuto marcare almeno un minimo la sua ironia.

«Ran ha ragione, all’ingresso lo hai abbracciato in maniera così passionale!» il ragazzo aveva la sensazione di essersi appena incasinato con le sue stesse mani.

«Poi il modo in cui lo guardi, vorrei essere capace di essere diretta allo stesso modo»

Kaito avvertì le guance accaldate, il lato positivo era che la copertura aveva fatto centro, quello negativo era l’imbarazzo per modo in cui le due sottolineavano il suo amore. Un conto era prendere in giro Saguru, un altro esserne la vittima.

 

Saguru non lasciò la presa sul coltello d’acciaio rigirato fra le dita nemmeno per un istante. Attese che Kaito si sedesse al tavolo dopo aver salutato le due ragazze prima di fissarlo senza proferire parola. Voleva compiere il suo primo omicidio in luogo pubblico.

Il magò si soffermò sull’arma argentata, le parole di Akako gli rimbombarono nella testa. Scosse il capo sorridendo al detective che non ricambiò, anzi, compresse le dita attorno al manico in uno scatto nervoso assottigliando gli occhi. Era arrabbiato? No, incazzato nero.

«Avrei dovuto dirti della mia idea vero?» il risolino morì sulle labbra, sdrammatizzare era la scelta sbagliata. Saguru non batté ciglio.

«Suppongo che dirti “mi dispiace” non serva a niente, giusto?» era la seconda volta che lo faceva innervosire tenendolo all’oscuro delle sue decisioni ma trascinandolo dentro. Non gli sarebbe passata facilmente.

«Sarebbe un inizio» gelido sì, ma almeno gli aveva risposto. Kaito soppesò la figura del detective, i capelli corvini gli conferivano un’aurea ancor più oscura «Mi dispiace».

Il coltello stava per essere battuto con violenza sul tavolo, ma finì per essere posato delicatamente. Saguru non avvertiva più la mascella tanta la forza con cui l’aveva serrata. Ringraziava il suo autocontrollo per non essere ancora saltato alla gola di Kaito. Si sentiva preso in giro. Lui aveva affidato la propria incolumità al ladro del chiaro di luna, nonostante le scarsissime informazioni sul piano. Lo aveva seguito in quell’assurdo travestimento, un minimo di condivisione sui suoi progetti la meritava. Aveva creduto di aver conquistato la fiducia del mago in quella settimana, gli bruciava quell’errore.

«Te l’ho già detto Ku-Mizuki. Sei contradditoria» e quella mancanza di fiducia gli faceva male, era la stessa mostrata da suo padre quando sosteneva di essere in grado di arrestare Kaitō Kid.

La conversazione venne interrotta dal cameriere armato di taccuino, un uomo alto dalla corporatura non molto esile. Saguru scrutò il menù, e la piccola vocina malefica nella sua testa offuscò ogni altro pensiero. Le prese per i fondelli non le aveva mai amate e se il ladro voleva giocare con la copertura, beh, lo avrebbe fatto anche lui. Si rivolse al cameriere non distogliendo gli occhi da Kaito «Per me una porzione di Taimeshi (1)».

Nonostante i chili di trucco Saguru poté vedere il colorito sul volto di Kaito venir meno, il terrore espandersi negli occhi sgranati e l’immobilità di ogni singolo arto. Il poker face rimase in piedi, ma per chi conosceva la sua fobia il panico insito era palese. Lui in confronto aveva trovato la pace.

«Signore desidera anche del sakè freddo?» la compagna non accennava a muoversi o proferire parole, declinò gentilmente l’offerta scegliendo dell’acqua aspettando una qualunque reazione.

Kaito non sentiva più nulla, inghiottito dalla paura che gli attanagliava le viscere. Aoko aveva usato lo stesso stratagemma per vendicarsi, ma in lei non c’era stata quella vena di cattiveria. Tornò al cameriere quando il suo fidanzatino aveva proposto di ordinare due piati di quel cibo immondo.

«No», quasi balbettò maledicendosi per la sua debolezza «Per me dello Shabu shabu (2

Il cameriere si congedò con un inchino allontanandosi verso la cucina, Kaito strinse le pieghe del vestito sul grembo cercando di buttar giù quel boccone amaro. Era colpa sua se ne rendeva conto, ma ugualmente non si aspettava quella ripicca dal detective educato. Ormai non poteva farci nulla.

«Comunque… Per la nostra storia di copertura, sappi che siamo fidanzati da sette anni e oggi stiamo festeggiando il nostro anniversario» Saguru si limitò ad annuire, il sorriso giocoso era di nuovo incollato sul volto del ladro, come se nulla fosse successo. Si aspettava di ricevere una scarica di insulti ma neanche il piccolo raggio d’astio era visibile.

«C’è altro che dovrei sapere?»

Kaito scosse il capo, quello non era il luogo adatto per parlarne «So che al momento mi odi, ma cerca di mantenere la tua facciata di fidanzato appassionato»

«L’odio è ben diverso dal volerti morto, non c’è bisogno di ricordarlo. Piuttosto, non si sente nulla, come dovremmo capire di cosa stanno parlando?»

«Non voglio aver messo su questo spettacolino inutilmente, sai leggere il labiale?» A Saguru andò di traverso l’acqua che stava sorseggiando «Stai scherzando?».

Kaito roteò gli occhi spostando leggermente la sedia, dalla sua posizione riusciva a vedere solo i movimenti della bocca di Snake, uno aveva la mano davanti la bocca e l’altro era quasi di spalle. L’ultima volta che si era dedicato a tale attività era stato con suo padre, nascosti nel soggiorno avevano osservato sua mamma parlare al telefono facendo a gara a chi indovinava più parole. Inutile dire che suo padre aveva vinto.

La sua vista non era così eccezionale da riuscire a leggere il testo del foglio adagiato sul tavolo, ma esso sembrava il dépliant di una struttura. Corrucciò lo sguardo non riconoscendo il simbolo spiccante sullo sfondo azzurro della copertina. Saguru d’altro canto non vedeva proprio nulla, la schiena dell’uomo più massiccio ostruiva completamente la visione del tavolo.

«Un giglio dorato» mormorò lievemente Kaito «C’è un giglio in una sorta di stemma blu»

«Probabilmente si tratta della mostra sui tesori della collezione angioina» il mago lo squadrò incuriosito esortandolo a continuare «Sei un cultista di gemme e non ne hai sentito parlare?»

Kaito incrociò le braccia offeso, non poteva essere informato su ogni singola mostra del Giappone «Ho avuto altro di cui occuparmi»

«Ad ogni modo, “Angioini” è il nome con cui erano identificati alcuni ceppi dinastici che hanno avuto la titolarità della contea di Angiò, nella Francia centroccidentale. Ad essa si sono poi aggiunti una serie di territori in particolare l’Italia meridionale e anche parte dell’Inghilterra. A breve qui a Tokyo ci sarà una mostra dei tesori di questa famiglia reale, oltre all’oreficeria saranno esposte diverse pietre preziose e altre suppellettili. Probabilmente qualche gioiello ha attirato la loro attenzione, parliamo di manufatti realizzati a partire dal XIII secolo, e come accade per gran parte degli oggetti antichi, alcuni sono attorniati da diverse storie arcane» si fermò per riprendere fiato prima di continuare, Kaito era completamente rapito dal suo discorso «C’è da considerare che parliamo di un arco temporale coincidente con la diffusione -seppur minima dato che sfocerà in esiti disastrosi dalla fine del XIV secolo in poi- della paura verso le streghe, dei riti maligni e tutto ciò che concerne la sfera mistica. Non mi sorprende che siano stati attirati in quella direzione»

«Sei davvero molto informato, complimenti» per un attimo Saguru si sentì in colpa all’aver ordinato del pesce e aver utilizzato quel tono saccente. Kaito non lo stava deridendo per essere un sapientone petulante, anzi, il tono era sinceramente sorpreso così come l’elogio.

«Quasi un anno fa io studiavo ancora in Inghilterra visitando diverse città europee, fa parte della mia formazione» avrebbe rimpianto quell’inusuale scarica di modestia al prossimo colpo del ladro.

Kaito si pizzicò l’avambraccio accertandosi di non star sognando, doveva essere proprio il suo ultimo giorno di vita per aver fatto un complimento al detective bastardo. Tornò sui tre uomini, nel vano tentativo di focalizzare i loro lineamenti. Fece segno a Saguru di sporgersi verso di lui, incerto il detective si posizionò accanto irrigidendosi al tocco della testa di Kaito sulla spalla «Tesoro sorridi!». Saguru fissò perplesso lo schermo del cellulare, non c’era il suo riflesso, era in funzione la fotocamera esterna. Stette al gioco abbracciando la sua compagna, sfortunatamente finendo immortalato per davvero dai riflessi sorprendenti di Kaito. La fotocamera era stata ruotata in tempo per non essere scoperti dal detective di Osaka e il piccoletto allontanatisi dal tavolo come cospiratori. In quel ristorante sembravano avere tutti dei segreti.

«Ho il sospetto che quella foto non verrà cancellata»

«Detective, hai un fiuto sorprendente» poteva ricattarlo per il resto della vita, chi ordinava del pesce non poteva sfuggire alla vendetta del sommo giustiziere «Pensa se la facessi vedere alla tua bella Akako, come ci rimarrebbe male»

«Vagheggi» Saguru tornò al suo posto, preferendo concentrarsi sui due detective nella direzione opposta a Snake, tanto era inutile osservare l’ammasso di muscoli.

Passarono buoni dieci minuti alternando qualche piccola zuffa allo studio dei loro obbiettivi. Le pietanze sul tavolo dell’organizzazione erano per metà consumate, non sarebbero rimasti lì ancora a lungo, l’unica speranza di Kaito era poterli seguire una volta usciti dal ristorante.

Il rovinatore dei piani del giovane mago intercettò lo sguardo della ragazza sorridendo affabilmente, Kaito colto in flagrante tirò un sorrisino imbarazzato per non destare sospetti. Centralizzato sul gruppo di Snake non aveva badato al tavolo di frontiera nel mezzo, sperò che l’uomo non si fosse accorto del suo spropositato interesse per il trio. Iniziò a pregare in inglese, giapponese, russo alla vista della gamba ruotata nella sua direzione. Doveva aggiungere l’arabo alla sua conoscenza delle lingue, forse la dea bendata apprezzava quello dato che non aveva accolto le sue preghiere.

Mollò un calcio allo stinco di Saguru sotto il tavolo, fortunatamente la tovaglia giungeva fino in terra, facendogli scappare un’imprecazione a stento contenuta. Voleva avvertirlo del casino appena creato ma l’uomo in questione si era già spostato al loro tavolo, portandosi dietro la sedia, esattamente accanto a Kaito.

«Buonasera signori» tutti i sensori di pericolo di Kaito erano all’erta, il nodo alla bocca dello stomaco sembrava volerlo stritolare. Quella paura di fallire non si era manifestata neanche al suo primo colpo. Saguru ricambiò il saluto confuso, cosa ci faceva quel tipo al loro tavolo? Il calcio gli aveva fatto perdere di vista i detective, e sembrava avere a che fare con l’insolita presenza a giudicare dal nervosismo appena accennato del mago.

«Piacere di conoscerla, il mio nome è Takeshi Kenzaburou» l’uomo afferrò la mano guantata della ragazza posandole un delicato bacio, ignorando completamente l’altra figura. Kaito inebetito inchiodò lo sguardo sul guanto, lui non sembrava così lascivo quando si presentava alle giovani signorine durante i suoi furti.

«Piacere mio, io sono Mizuki Aoki mentre il ragazzo qui con me è…» a quanto pareva all’uomo non interessava minimamente, le aveva troncato il discorso.  Occhi interessati solo per l’esemplare di sesso femminile.

Saguru diventato parte integrante dell’arredo si limitò a tenere d’occhio il tipo che spudoratamente ci provava con la sua pseudo fidanzata. Non voleva andare in suo aiuto, poteva passare anche per cornuto per quello che gli interessava. Almeno la prossima volta Kaito avrebbe scelto con più cura il travestimento.

«Sai, ho notato le numerose occhiate nei miei riguardi da quando sei entrata in sala» Kaito avrebbe voluto piantare il tacco nel piede dell'uomo, e allontanarlo il più presto possibile. Magari aiutato da colui che si stava godendo lo spettacolo. Sussultò impercettibilmente quando il tocco viscido si posò sulla gamba, quella tipologia di uomo la detestava. Fece finta di nulla accavallandole, distanziandosi dalla sua portata di tiro, scoccando un'occhiataccia al detective che non si era reso conto di nulla. Poteva esserci una vera ragazza al suo posto, e l'ipotesi lo disgustò.

«Credo mi abbia frainteso, sto festeggiando il mio anniversario di fidanzamento» Saguru inarcò un sopracciglio, Kaito aveva abbandonato la facciata dell’esuberante e delicata Mizuki. Nascosto dietro il leggero strato spensierato c'era una punta di veleno non indifferente. Le portate poggiate in tavola smorzarono qualunque parola di incoraggiamento facendolo sentire uno schifo. La sua idea di vendetta era stata tutt'altro che geniale, e lui l’aveva totalmente dimenticata.

Kaito represse un conato, gli occhi inespressivi dell'orata nel piatto di Saguru lo puntavano. Immaginava di vederla sgusciare via da un momento all’altro trovandosela appiccicata addosso. Persino il profumo della sua zuppa lo nauseò, voleva alzarsi e urlare scagliando in aria l’intero tavolo.

«Poker face, poker face, poker face» la litania soffocata non raggiunse i decibel necessari per essere ascoltata. Il volto sepolto fra le mani, i gomiti tremanti instabili sulla superfice imbandita riflettevano il respiro ansante. Accidenti a quell’individuo e la sua voglia di attaccare bottone.

«Kenzaburou-san, le chiedo di non infastidire gli altri ospiti» il cameriere osservò preoccupato la ragazza, quella situazione si ripeteva per l’ennesima volta. L’uomo in questione lo scacciò via infastidito, gesto che non fu digerito dal dipendente diretto verso l’ingresso. Sfortunatamente non aveva il diritto di sbattere fuori le persone.

Saguru decise di prendere in mano la situazione, non ci teneva ad avere nuovamente un mago impazzito da calmare. Aprì il menù al centro del tavolo, usandolo come paravento fra lui e Kaito, almeno al di là dell’odore sarebbe stato al sicuro dalla sua fobia. Onestamente, non pensava arrivasse ad averne così tanta paura e non voleva essere lui la causa della sua morte.

Al contempo Takeshi armeggiò con una fiaschetta estratta dalla giacca riempendo due bicchieri e offrendone uno alla sua nuova fiamma, quella donna incarnava l’immagine perfetta del suo desiderio «Dolcezza dovresti provarne un goccio, è uno Shōchū (3) fatto in casa. Un tocca sana per ogni tipo di problema, viene tramandato dalla mia famiglia di generazione in generazione» il forte profumo alcolico fu come un pugno per l’apparato digerente di Kaito che non aveva ascoltato nulla dello sproloquio. Tossì ripetutamente sopprimendo il bruciore alla gola, in quello stato di confusione aveva accettato il bicchiere dal liquido ambrato anziché quello d’acqua. Era un deficiente.

Non aveva mai toccato alcool, la legge lo impediva fino ai venti anni, e quello sicuramente era abbastanza forte. Il sorso fortunatamente non era stato consistente, il bicchiere gli era stato strappato via con la forza e tra una convulsione e un’altra, la bocca ancora esplosa in fiamme insieme alla gola, era riuscito a sollevare le palpebre. Il suo amico lo osservava preoccupato, il bicchiere incriminato ancora sollevato a mezz’aria fuori portata.

«Signor Kenzaburou dei miei stivali, può cortesemente allontanarsi da qui?» Saguru lo avrebbe scaraventato di peso se non avesse attirato l’attenzione, e finire in commissariato in quel momento era l’ultimo dei suoi desideri. Quell’essere aveva approfittato della debolezza di Kaito in modo subdolo, quante altre donne aveva fatto ubriacare così alla sprovvista? Finita la serata avrebbe spulciato ogni singolo documento sul conto dell’uomo, un po’ anche per rendere giustizia all’orgoglio ferito di Kaito. Se non lo avesse traumatizzato a quest’ora sicuramente si sarebbe preso gioco del ruffiano patentato. Si sentiva tremendamente in colpa per quella stupida ripicca.

«Va bene, calmiamoci tutti» Takeshi alzò le mani in segno di resa intenzionato a tener loro compagnia, dedicandosi ai ricci di mare grigliati e ad un enorme ciotola di sashimi(4) contornata da una seppia.

«Mizuki-san va tutto bene?» Kaito faticosamente si impose un certo contegno, i respiri ancora piuttosto profondi non gli davano tregua ma doveva tranquillizzare la ragazza di Osaka. Non poteva permettere intrusioni. Scosso dai tremori afferrò la giacca sullo schienale rifugiandosi alla disperata ricerca di calore, i guanti giacevano abbandonati sulle gambe dato che non erano stati affatto utili per le sue mani gelide. Issando la sua maschera imperscrutabile alzò il pollice verso le ragazze, Kazuha non del tutto convinta si risedette, insieme alla karateka sembravano pronte ad entrare in azione al minimo problema.

Dannazione, dovevano evitare di finire sotto i riflettori e lui stava rovinando tutto. L’unica consolazione scaturiva dall’inaspettato gesto di pietà di Saguru, il divisore cartaceo lo stava tranquillizzando, almeno finché non commise l’errore di prestare attenzione a Takeshi tornato all’attacco.

«Mizuki-chan ti consiglio di assaggiarlo!» Kaito rimase impietrito, il riccio di mare sollevato a poca distanza dalla sua faccia. Scattò all’indietro contorcendosi sulla seduta, la scorza spinosa ospitava quel composto molliccio ondeggiante sempre più vicino. La voce non raggiunse le corde vocali, anche il più piccolo suono morì nella gola. Non poteva reagire come desiderava in quel travestimento. Negò fino a torcersi il collo, il gesto però non scoraggiò l’individuo. L’odore nauseabondo gli invase le radici, i succhi gastrici ballarono la samba pronti a rigettare tutto il contenuto del suo stomaco. Nel brusco movimento concitato di diniego a cui si erano unite anche le mani, le spine passarono a pochi centimetri dai palmi e dal viso. Si sarebbe graffiato se Saguru non avesse bloccato il braccio dell’individuo mentre lo attirava a sé con la mano libera.

«Provaci di nuovo e sei un uomo morto» la voce minacciosa di Saguru bastò per far tornare Kaito in semi lucidità, quel ringhio sommesso giunto dalle sue spalle aveva pietrificato Takeshi, per la prima volta lo stava prendendo sul serio.

«Kenzaburou-san! Un altro atto del genere e me ne infischierò della sua posizione impedendole l’accesso!» Sakura era giunta furibonda seguita dal cameriere che li aveva serviti, era l’ultima goccia per la sua pazienza, tollerare i dispetti di quell’uomo era diventato impossibile.

Saguru di strisciò notò i tre al tavolo infondo ignorare tutto il trambusto, per lo meno avevano un problema in meno a cui pensare. Takeshi ritornò alla sua originale posizione sogghignando, portandosi dietro la portata.

I due dipendenti si scusarono per il disguido promettendo uno sconto sulla cena prima di tornare ai loro compiti. Saguru sospirò poggiando le braccia sulla spalliera imbottita, Kaito si ostinava a non voltarsi concentrato sul tovagliolo e la sua coscienza gli urlava nella testa insulti in tutti i modi possibili «Sono un imbecille, mi dispiace aver infranto la promessa ordinando quel piatto…avevi ragione, non sono tagliato per questo tipo di ingaggio, anziché aiutarti ti stavo facendo morire di crepacuore». Nessuna risposta, si sporse in avanti seguendo la direzione di occhi vitrei del ragazzo.

In quel momento Kaito cercava di essere ragionevole combattendo la sua battaglia: molluschi e pesci erano due cose distinte.

Il battito cardiaco risuonò nel suo cervello.

Lui aveva paura di quegli esseri abominevoli non dei calamari, anche se si rifiutava di mangiarli.

Il cuore fece una capriola lasciandogli un senso di vuoto.

Takeshi versò la salsa di soia sulla seppia e i piccoli tentacoli si mossero, una, due, tre volte.

Fu allora che Kaito non percepì più nulla, il suo cuore aveva smesso di battere.

Sì lasciò trascinare, confondendo luci, colori, ombre…la stanza non voleva saperne di stare ferma. Quando il vento gelido sferzò il viso si rese conto di aver trattenuto il respiro, afferrò la ringhiera del balconcino boccheggiando madido di sudore. L’aria fredda si insinuò sotto i vestiti congelandolo, l’indomani – semmai ci fosse arrivato – avrebbe dovuto fare i conti con qualche malanno.

Scivolò lungo il parapetto invetriato cadendo scompostamente, scrutando vagamente assorto le vetture ridotte a dei puntini luminosi scorrere veloci lungo le strade mentre riacquisiva il contegno perduto.

«Va un po’ meglio?» ruotò la testa annuendo debolmente verso Saguru in piedi difronte a lui.

«Kaito quella roba non era viva» si abbassò alla sua altezza, il minimo che potesse fare per scusarsi era tranquillizzarlo il più possibile «È una reazione al cloruro di sodio contenuto nella salsa di soia. Gli impulsi elettrici latenti viaggiano attraverso i neuroni muscolari poco dopo la morte dei molluschi, la salsa li intensifica creando quello scenario».

«Tutto ciò è ugualmente disgustoso, nonché atroce» storse la bocca massaggiandosi lo stomaco, al sol pensiero la nausea era tornata insieme a quel senso di inadeguatezza «E anche questo scommetto lo sai per la tua formazione, tradizione tutta made in England no?» Saguru fu colto di sorpresa da quell’amara ironia, si rifiutò di rispondere «Sei un’enciclopedia vivente, è da stupidi nasconderlo Saguru».

«Io trovo te incredibilmente stupido, che è successo al tuo ego? Sai benissimo di non avere nulla da invidiare»

«Allora spiegami perché ci ritroviamo sempre così? Io in questo stato pietoso e tu perfettamente lucido» se l’era cavata così bene tutto quel tempo da solo, ora che poteva dar sfoggio delle sue abilità finiva per sembrare un dilettante. Le parole di Akako lo avevano influenzato, era frustrante.

«Già, sei così incompetente da aver preferito morire di paura piuttosto che far saltare la copertura rimanendo nella parte della donzella indifesa. Non te ne sei accorto ma ad un occhio esterno sembravi soltanto a disagio per le continue avance» si bloccò, un pensiero balenato dal nulla gli ricordò con chi avesse a che fare «Tu e quel diavolo di poker face! Hai enfatizzato la cosa per sentirti fare i complimenti a tua volta». Kaito ghignò serafico.

«Lo sapevo, tra due minuti tornerai completamente in te. Cambi umore peggio di una donna»

«Ehi! Lo hai detto tu, io sono una dolce e delicata fanciulla»

«Ci crederei se non ti fossi seduto come un camionista, per essere una signora hai un gingillo di troppo» Kaito scoppiò a ridere chiudendo le gambe, la pudicizia dell’inglese era assolutamente esilarante. Saguru sbuffò poggiando il gomito sul ginocchio, lo aveva detto che avrebbe cambiato umore in un nanosecondo.

 

Tornati in sala, Kaito era più che riposato. Contenne un risolino all’occhiata poco amichevole che Saguru scambiò con l’uomo al tavolo prima di dirigersi vero la toilette. Con sua somma gioia Snake e company erano ancora seduti e dalla sua zuppa ordinata si librava un sottile strato di vapore, tutto sommato aveva una gran fame.

Takeshi ripose il fazzoletto dirigendosi a sua volta verso i servizi igienici, Kaito avrebbe voluto seguirlo ma non poteva entrare nel bagno degli uomini senza destare sospetti. Cadde sulla sedia sconfortato soffiando la ciocca di capelli penzoloni in attesa del ritorno di Saguru per poter mangiare, con un telaio avrebbe potuto almeno fingersi Penelope. La serata era stata un totale fisco.

Sakura gli passò accanto sorridendo professionalmente, distrattamente seguì il suo percorso fino alle cucine smettendo improvvisamente di soffiare. La ciocca ricadde sugli occhi, troppo concentrato per curarsene. La donna aveva volutamente urtato la giacca di Takeshi, un movimento veloce da passare inosservato persino ai due detective tornati in sala impegnati a chiacchierare.

Alzarsi per controllare di persona non era fattibile.

«Posso fare qualcosa per lei?» Kaito quasi non saltò sul posto, impedendo discretamente al gomito di lasciare la forza d’urto nella pancia del cameriere sopraggiunto al suo fianco «No, la ringrazio». L’uomo silenziosamente si allontanò dopo un inchino, portando con sé la caraffa d’acqua ormai vuota del suo appiccicoso vicino.

Nel momento esatto in cui Saguru uscì dal bagno Snake e gli altri si alzarono dirigendosi verso l’ingresso per pagare il conto, Kaito non seppe se volutamente aggirarono la fontana evitando di passargli accanto per evitare altri spiacevoli incidenti con il vino.

«Meno male stanno andando via» nonostante il sospiro di sollievo Saguru sembrava prossimo ad una crisi di nervi.

«La compagnia nel bagno non è stata di tuo gradimento?» Kaito decise saggiamente di abbandonare ogni proposito scherzoso all’occhiataccia fulminante, doveva aver litigato nuovamente con l’individuo che baldanzoso era tornato a sedersi. Prese una mano del detective, districando le dita serrate iniziando a trascinarlo verso l’uscita, lanciando uno sguardo d’addio alla ciotola succulenta.

Sakura era stata sostituita da una ragazza dall’aria annoiata, intenta a guardarsi svogliatamente le unghie, squadrandoli dalla testa ai piedi al loro arrivo. Kaito prese il cellullare digitando freneticamente sulla tastiera, lasciando a Saguru lo sgradevole incarico di dialogare con la ragazza.

«Buonasera signorina, vorremmo pagare il conto» la brunetta scoppiò il palloncino di gomma indicando il tavolo con sufficienza «Senza consumare nulla?»

«Esattamente»

«Come mai? Non erano di suo gradimento?» Kaito distolse lo sguardo dal display nascondendo una smorfia, Saguru gli stava stritolando la mano.

«Non abbiamo avuto occasione di provarlo, la compagnia è stata abbastanza sgradevole»

«Si riferisce a Kenzaburou-san? Oh, ma lui ama scherzare»

Saguru stava per perdere il controllo, non ne poteva più di organizzazioni criminali, latin lover, scansafatiche e pseudo fidanzata. Voleva solo gettarsi l’intera giornata alle spalle.

«Non mi interessa» Kaito ripose il cellullare al ringhio sommesso, se non avesse avuto mister giustizia accanto sarebbe uscito senza pagare saldando il suo conto in seguito «Vorrei solo che facesse il suo lavoro, non voglio passare un minuto di più in questa struttura»

La ragazza visibilmente infastidita dalla totale assenza di gentilezza, stizzita aveva iniziato a battere le loro ordinazioni bloccandosi al frastuono a poca distanza. Kaito lentamente si voltò verso la provenienza del rumore, il cuore martellante. Il vuoto nello stomaco divenne una voragine quando vide Takeshi stringersi impotentemente la gola. L’umo arretrò di un passo inciampando nella sedia rovesciata alle sue spalle prima di ricadere a terra immobile con un tonfo.

“No, no, no, no”, quell’unico monosillabo rimbalzava da una parte all’altra del cervello di Kaito. Saguru lasciò la mano immerso nello stesso stato catatonico dell’amico, la predizione di Akako si era avverata? Era quella la morte preannunciata?

A neanche un’istante dalla caduta, Conan ed Heiji come avvoltoi della morte si erano precipitati verso la figura inerme analizzandola accuratamente dando indicazioni alle ragazze al loro fianco. Kaito era infastidito, non dal loro modus operandi dato che sembravano gli unici capaci di muoversi nella sala, ma dal distacco con cui avevano decretato la sua morte. Nonostante l’antipatia per quell’atteggiamento ripugnante che aveva fatto saltare la sua pianificazione originaria complicandogli la serata, lui non riusciva a restare impassibile davanti un cadavere. Non internamente almeno, ma quei detective non possedevano la sua faccia da poker.

Per loro la morte era un momento naturale con cui convivere.

Strinse i pugni lungo i fianchi in preda a un subbuglio interiore, sapeva come sarebbe andata a finire la serata e dal silenzio accanto, Saguru doveva essere giunto alla sua stessa conclusione prima che la frase di Heiji unita alla voce del ragazzino, improvvisamente più matura per la sua età, rimbombassero nella sala «Che nessuno si muova! Quest’uomo è stato ucciso!»

Kaito odiò con tutto sé stesso Akako, quella maledetta strega non ne sbagliava una, a parte il soggetto della profezia.

La mano fredda e sudaticcia di Saguru gli sfiorò il braccio facendolo preoccupare ulteriormente, il ragazzo lo fissava parlando a poco più di un bisbiglio e lui si ritrovò a odiare anche la sua stupida idea di coinvolgere il detective in quell’impresa «Io l’ho minacciato di morte prima, rientro tra i sospettati».

Snake ormai era andato, lontano, chissà dove.

 

 

 

 

 

 

 

Benvenuto/a nell’angolo dei chiarimenti!

Probabilmente avrò quale forcone puntato alla gola, ma per il bene della storia vi prego di non mutilarmi prima della fine xD.

Ho pensato di aggiungere la piantina della scena per rendere più chiara la disposizione e talmente grandi sono le mie doti disegnative che sono dovuta ricorrere a paint.

Per quanto riguarda invece i numeri inseriti nel testo:

1 Taimeshi: si tratta di una ciotola di riso all’orata. Ne esistono diverse versioni, nel nostro caso ho scelto quella dove il pesciolino viene messo per intero sulla ciotola (carino vero?).

2 Shabu shabu: È una varietà delle numerose zuppe tipiche della cucina asiatica. È composta da brodo caldo in cui sono immerse fettine di carne, verdure, funghi, tofu, che tirati fuori dopo pochi secondi vengono mangiati ben caldi. È un piatto tipicamente invernale.

3 Shōchū: Distillato dalla gradazione alcolica compresa tra i 20 e i 40 gradi, deriva dalla mescolanza di riso, patate dolci, frumento, canna da zucchero o patate dolci del Kyushu. Solitamente viene servito mescolato con acqua e riso, oppure con succo di frutta ed acqua frizzante, oppure ancora con tè cinese.

4 Sashimi: un piatto di pesce crudo tagliato in fettine più o meno sottili e presentato senza essere affiancato a riso o altre pietanze.

Infine, il fenomeno che ha mandato in crisi definita Kaito esiste per davvero nella tradizione culinaria giapponese. Lo potete trovare cerando: “calamaro danzante”, ed è abbastanza inquietante.

Tornando alla storia, ve lo aspettavate il morto dite la verità >.> Potevamo lasciare Conan senza la sua macabra scia? Nah. La situazione però volge a sfavore di Kaito (Ovviamente…ndKaito), in particolare per Saguru che potrebbe essere sospettato di omicidio.

Chi ha ucciso il povero Takeshi? Tutta la missione sotto copertura si rivelerà inutile ora che Snake è andato via? Saguru verrà arrestato? Ma soprattutto, i travestimenti funzioneranno?

Avanzate pure le vostre ipotesi lasciandomi un piccolo commento, bello o brutto che sia mi raccomando :3

Sperando di non tardare nuovamente, see you next chapter

 

 

 

   
 
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