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Autore: ChiarainWonderland    30/10/2019    1 recensioni
Rose Weasley potrebbe passare come una semplice adolescente con i tipici problemi di un adolescente nella media. La scoperta di particolari oggetti di antiquariato, però, potrebbe stravolgere le carte in tavola e rivelare antichi segreti celati per lungo tempo. Se ci aggiungiamo una leale migliore amica, una famiglia non proprio tra le righe, un nemico che non è poi un vero e proprio nemico, un cugino impiccione e una famosa scuola di magia e stregoneria, le cose non possono fare altro che peggiorare.
* * *
"Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso."
"Ad un certo punto una bancarella di un venditore ambulante attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO NONO

SENSI DI COLPA


Rose non avrebbe mai immaginato che un abbraccio avesse la capacità di scaldare un cuore e di spazzare via qualunque traccia di fredde emozioni, soprattutto se il proprietario dell’abbraccio era James. Ma lì in mezzo al campo, circondata dalle tribune colme di folla adorante e con le braccia serrate attorno al torace del cugino, si dovette ricredere. Il sapore dolce della vittoria e l’euforica consapevolezza di aver giocato al meglio non accennavano ad abbandonarla. 

«Abbiamo vinto, James! Non ci credo… abbiamo vinto!»

«Ce l’abbiamo fatta… io… mi dispiace, Rosie… mi dispiace tanto» si lasciò sfuggire James da sopra la sua spalla. La ragazza si scostò leggermente, osservando il cugino dritto nei profondi occhi castani. Si accorse che erano lucidi.

«Che intendi dire?» chiese con un sorriso a metà tra l’incredulo e il divertito.

«Mi dispiace… non dovevo… non avrei dovuto chiedere a te e ad Alice così tanto. Non avrei mai dovuto coinvolgervi nella storia dell’appuntamento».

Rose sgranò gli occhi e avvertì il proprio cuore sprofondare in un baratro. Scosse la testa confusa, non intuendo dove volesse andare a parare James. Non lo aveva mai visto parlare con uno sguardo così limpido e sincero. “Miseriaccia, che diavolo sta succedendo?” pensò, l’entusiasmo per il risultato della partita ormai sparito.

«Ma che…» riuscì solamente a pronunciare.

Le doveva essere sfuggito qualcosa, ancora una volta. Un gesto, una frase… o magari più di una. Magari si trattava di un insieme di particolari. E all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno, le balenarono alla mente immagini che fino a quel momento non aveva collegato. Il silenzio del cugino alla consegna delle Uova di Runespoor, gli scatti d’ira e il generale e perenne nervosismo che lo avevano caratterizzato negli ultimi tempi, la bizzarra reazione che aveva dimostrato prima dell’inizio della partita, quando l’aveva informato dell’appuntamento. Era convinta si trattasse dell’ansia per il Quidditch e del peso delle aspettative dei Grifondoro, mescolato alla mancanza di novità sulla questione di Penelope. E se invece la causa si celasse in altro? Se quel sorrisetto che le aveva rivolto prima di entrare in campo fosse servito a nascondere qualcosa? Senso di colpa, magari.

«Io non… io non so cosa dire» aggiunse titubante, sciogliendo l’abbraccio.

«Non devi dire nulla, davvero. Perdonami» la rassicurò James, prima di venire interrotto da un missile dai capelli castani.

«Potter! Potter… Merlino, sei stato grande» esclamò Ben al colmo della gioia, mentre dava poderose pacche sulla spalla del malcapitato.

«Grazie McLaggen… così può bastare» bisbigliò James, scostandosi faticosamente.

«Suvvia Benjamin, non vorrai per caso ucciderlo prima della prossima partita, vero?» domandò Evan ironicamente, passando un braccio attorno a Rose e cogliendola di sorpresa. La ragazza cercò di esibire un sorriso che fosse il meno finto possibile. La verità era che per quanto senso di colpa avesse provato James, era sicura che non si avvicinasse nemmeno alla sensazione che stava vivendo lei in quel momento. Era come se una mano invisibile le stesse stritolando lo stomaco. James le aveva chiesto scusa per un insignificante appuntamento. E lei? Non si era mai resa conto di che cosa gli avesse chiesto, lei? Rubare dalle scorte di un professore… e non si era posta nessun problema; nessun senso di colpa le aveva corroso il cuore la notte. Gli unici pensieri che l’avevano tenuta sveglia riguardavano il timore che la storia della pozione Aguzzaingegno venisse scoperta, o che James finisse beccato mandando tutto all’aria. La faccenda del bigliettino peggiorava solo la situazione. In quel momento si accorse veramente di che idea stupida si trattasse, nonostante i numerosi avvertimenti di Alice. E se qualcosa fosse andato storto, non se lo sarebbe mai potuto perdonare. Fu come se un secchio di acqua gelata le venisse tirato addosso: era la stessa opprimente sensazione di realizzazione che aveva provato sotto il temporale con Alice, qualche settimana prima. Si era davvero comportata in quel modo? Era da lei? “No, non è da me” pensò fermamente.

«…ose? Rose, ci sei?»

Rose scosse inavvertitamente la testa, rivolgendo l’attenzione verso la voce che la stava chiamando. Alice.

«Ti eri imbambolata» commentò quest’ultima con un sorriso.

«Tutto bene Weasley? Sembri pallida» aggiunse Debbie, poggiando il dorso della mano sulla guancia di Rose.

«È colpa mia, ragazzi. Le ho appena chiesto scusa per come l’ho trattata in spogliatoio prima della partita» intervenne James ridacchiando.

«Potter che chiede scusa? Questa entrerà nei libri di storia, amico» esclamò David, lanciando un’occhiata divertita a Evan.

«Molto divertente Shepherd, davvero… ah, e scusa anche a te Alice».

«Tranquillo, è acqua passata» rispose Alice perplessa, lanciando a Rose un’occhiata che lasciava intendere la necessità di ulteriori spiegazioni. Rose mimò un impercettibile “dopo” con le labbra, osservando distrattamente le tribune che si stavano pian piano svuotando.

Tutta la squadra uscì dal campo con il morale alle stelle. O almeno, la maggior parte. Rose camminava un passo dopo l’altro affiancata da Alice, non vedendo l’ora di tornare al castello e tentando di ignorare i compagni che si congratulavano a vicenda. Il clima gioioso non cambiò negli spogliatoi.

«Questa sera si festeggia in Sala Comune, Clegg e Lysander erano talmente convinti della nostra vittoria che hanno già organizzato tutto…», proruppe David, «… ci manca solo qualcuno che si procuri il Whisky Incendiario».

«A quello ci penso io» si offrì James. Sembrava completamente un’altra persona rispetto agli ultimi giorni. «Fred andrà a prendere qualche cassa di Burrobirra ai Tre Manici di Scopa».

«Ai Tre Manici di Scopa? Ma… non potrebbe finire nei guai? Insomma… Madama Rosmerta potrebbe dirlo a qualcuno…» suggerì Ben, suscitando la risata del resto dei ragazzi nello spogliatoio.

«Ma non sei mai venuto a una festa post-partita, McLaggen?»

«Bè, i-io… sì, certo».

«Allora saprai benissimo che non abbiamo mai avuto problemi» rispose James, passandogli un braccio sopra le spalle e trascinandolo fuori dagli spogliatoi, seguito da Evan e David.

«Ci vediamo questa sera!» si ricordò di gridare quest’ultimo prima di girare l’angolo.

Rose sospirò, impegnata a ripiegare con cura la divisa da Quidditch. A volte Ben si rivelava fin troppo innocente. Scosse leggermente la testa e si concentrò sulla conversazione tra le due giocatrici rimaste.

«…comunque quel passaggio all’inizio della partita è stato grandioso» stava dicendo Alice, sinceramente colpita.

«Avrei dovuto essere più precisa, ci mancava poco che a Ben non scivolasse la Pluffa dalle mani».

«Forza Linton, per una volta accetta un complimento…»

Debbie rise arricciando il nasino all’insù. Rose non aveva mai notato fino a quel momento quanto fosse bella oggettivamente, con i lunghi capelli color ebano e la pelle diafana. «Diciamo che me la sono cavata…», concesse, dirigendosi verso la porta, «ci vediamo dopo». E anche lei sparì alla vista, lasciandosi dietro un pesante silenzio colmo di dubbi e parole non dette.

«Bene», esordì Alice, sedendosi sulla panca accanto a Rose, «siamo sole. Ora puoi dirmi cosa è successo».

Rose avvertì un pizzicore agli occhi: capì che se avesse raccontato tutto sarebbe scoppiata a piangere. «Non è…»

«Non provarci. Ti conosco Rose, è accaduto qualcosa in campo… forse con James?»

Rose respirò a fondo, maledicendosi mentalmente non appena avvertì le lacrime bagnarle le guance. Ormai non aveva più senso fare finta di nulla. Alice aggrottò le sopracciglia, sorpresa.

«Lui mi ha… mi ha chiesto scusa, per tutta la storia dell’appuntamento. Mi ha detto che non avrebbe mai dovuto chiederci una cosa del genere» spiegò Rose, le lacrime che man mano aumentavano. «Mi sento uno… schifo… insomma, gli ho chiesto di rubare dalle scorte di un professore senza pensarci neanche due volte. E poi il bigliettino… se qualcosa va storto, non me lo potrei mai perdonare… non so che cavolo mi sia preso… non era da me, insomma… non sono una persona cattiva, vero? Non sono così, giusto Alice?»

Rose cominciò a singhiozzare, sfregandosi le mani sulle guance nel vano tentativo di asciugarle. «Non va bene nulla… se Penelope scoprisse che dietro al bigliettino ci siamo noi, James non mi perdonerebbe mai. E poi è da quando abbiamo scoperto di quella Georgiana che non abbiamo fatto progressi sul medaglione… e ti ho trattata malissimo prima, davvero non so cosa mi fosse preso. I-io non sono così, so di non essere così, giusto?»

Alice intrappolò i polsi di Rose in una presa ferrea e li spostò dalle guance ormai rosse.

«Calmati Rosie, ora calmati… va tutto bene, ok? Sei un essere umano, tutti commettiamo degli errori, stupidi o gravi che siano» affermò Alice abbracciando l’amica. «Non sono gli errori a definire chi siamo, è la nostra reazione a essi che lo fa. A volte sei troppo dura con te stessa… l’importante è che tu ti sia accorta di aver sbagliato. Ormai quel che è fatto è fatto, è inutile stare a rimuginarci sopra».

Rose annuì, i singhiozzi che iniziavano a diminuire. «Forse è meglio che questa sera non venga alla festa…».

«No, ascoltami Rose», la interruppe Alice, «non devi sentirti in colpa. Tutto questo è stato anche a causa mia, non avrei dovuto permettere che tutta la faccenda del bigliettino accadesse. E non angosciarti per il medaglione, non si tratta di una questione di vita o di morte; se scopriamo dell’altro ben venga, altrimenti lasceremo perdere».

A Rose venne subito in mente il lancinante dolore al petto provocato dal medaglione che aveva avvertito sul treno, quasi due mesi prima. Scacciò subito il pensiero, stringendo la presa attorno al torace dell’amica e accorgendosi che dai suoi occhi non scendevano più lacrime. «Non sei arrabbiata con me?» domandò titubante.

Alice scosse semplicemente la testa con un sorriso. «Non eccessivamente».

«Grazie», riuscì solamente a sussurrare Rose, sinceramente sollevata, «non so che cosa farei senza di te Alice».

L’amica rispose con una risata divertita. «Su con il morale. Questo è il tuo periodo dell’anno preferito, cavolo, non ti ho mai vista così depressa. Manca poco ad Halloween… e abbiamo vinto la partita, per Merlino! Ci sono così tante cose per cui essere grati nella vita, non ti sembra?»

Le due ragazze sistemarono le scope nello sgabuzzino, si misero in spalla i mantelli neri e uscirono dagli spogliatoi. Alice prese Rose sottobraccio chiudendosi la porta alle spalle.

«Sai cosa? Ci godremo il resto della giornata… e questa sera ci mettiamo in tiro e ci divertiamo alla festa» affermò visibilmente soddisfatta. Rose non riuscì a contenere il sorriso spontaneo che le attraversò il volto nel vedere i tentativi dell’amica di risollevarle il morale.

Arrivate al castello trovarono la Sala Grande mezza vuota. La partita aveva occupato tutta la mattinata, e il miscuglio di emozioni contrastanti si propagava ancora per il castello. La maggior parte degli studenti aveva già mangiato, James compreso, risparmiando a Rose l’ennesima ondata di sensi di colpa e permettendo alle due ragazze di chiacchierare in pace. Di Samantha e Isabel non c’era neanche l’ombra. Alice si riempì il piatto quattro volte, reduce da una mancata colazione e da uno sforzo fisico non indifferente, mentre Rose cercò di contenersi un po’ di più.

«Mh, ne mangerei a quintali di questo pollo» commentò Alice con trasporto, aggiungendo altre due cosce di pollo al mucchietto già consistente.

Rose rise di gusto, tentando di ignorare la persistente sensazione di ansia che le torturava la mente. Le preoccupazioni riguardo l’appuntamento improvvisato di James e Penelope non erano sparite con le lacrime. Il giorno successivo avrebbe rivelato la verità. Niente intoppi e Rose avrebbe potuto lasciarsi quella spinosa situazione alle spalle; qualche imprevisto e la storia non sarebbe di certo finita lì. Il suo filo di pensieri fu interrotto da una persona che si sedette rumorosamente accanto a lei. Rose notò lo stemma di Serpeverde sulla divisa e la frangia spettinata color caramello. Millie.

“…ma non sprecate tempo ad avanzare voi stesse l’invito di Potter, ci rimarrebbe solamente male. Penny detesta le persone che si nascondono dietro agli altri…”

«Mildred» pronunciò Alice maliziosamente. Il fatto che avesse la bocca piena rese la scena quasi comica.

«Paciock, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così?», esclamò Millie irritata. «Ero venuta a farvi i complimenti, ma vista la tua voglia di scherzare…»

«I complimenti?»

«Per la partita» precisò Millie, abbandonando in un attimo il cipiglio infastidito e mostrando l’entusiasmo da fan sfegatata di Quidditch qual era. «Quando non vi ho viste a colazione mi sono preoccupata, ma ve la siete giocata alla grande… e quella finta! Quella verso la fine… è stata eccezionale. Persino Scorpius ha dovuto ammetterlo» concluse, girandosi per guardare Rose dritto negli occhi. Quest’ultima li abbassò, incapace di sostenere le iridi scure dell’amica neanche per pochi secondi. I sensi di colpa tornarono come un fiume in piena.

«Sì… eccezionale…» ripeté debolmente, infilzando controvoglia una patata arrosto.

Millie sembrò non accorgersi del suo malumore, perché continuò a chiacchierare tranquillamente del più e del meno con Alice. Rose fissò inerme il vuotò, spiluccando il cibo con la forchetta, fino a quando Millie non pose una specifica domanda. «Ah, non è che per caso avete visto Penelope? So che si è rifugiata in Biblioteca a studiare al posto di guardare la partita, ma ora non la trovo da nessuna parte».

Alice osservò di sottecchi la reazione di Rose, che non tardò ad arrivare. La forchetta che la ragazza teneva in mano sfregò contro il piatto, producendo un rumore tremendo che fece sussultare Millie. Alice si affrettò a rispondere.

«Penelope? No, non l’abbiamo vista».

«Cavolo, chissà dove si sarà cacciata…» commentò Millie pensierosa. Rose socchiuse gli occhi, pregando Merlino che la conversazione finisse lì.

«Ma per l’appuntamento? L’uscita a Hogsmeade è domani. Penelope non mi ha accennato nulla negli ultimi giorni, e di un appuntamento con James Potter me ne avrebbe parlato subito».

«Tutto a posto, assolutamente…», rispose Alice troppo in fretta, «… non c’è neanche bisogno che tu ne parli con lei».

Rose alzò gli occhi al cielo, in un unico, finale gesto di disperazione. Millie fece scorrere lo sguardo tra le Grifondoro, le sopracciglia aggrottate.

«Che cosa avete combinato, voi due?»

Rose e Alice si scambiarono una lunga, significativa occhiata. Se non avessero parlato loro, Millie avrebbe chiesto sicuramente spiegazioni a Penelope, con conseguenze imprevedibili. Tanto valeva tentare di salvare il salvabile. Così Alice raccontò la storia, tralasciando però i dettagli più compromettenti.

«Siete matte» constatò semplicemente Millie. «Sapete quanto ci resterebbe male Penny se scoprisse che in realtà siete voi le responsabili del bigliettino? Mi sembrava di avervi avvisate… perché cavolo non avete detto a James che aveva campo libero?»

Rose si morse il labbro inferiore. Non poteva rivelare che la causa di tutto era il suo stupido orgoglio. “Sai, non volevo darla vinta a mio cugino così facilmente, non dopo la sua minaccia di raccontare a tutta la scuola della pozione che io e Alice abbiamo preparato illegalmente in un bagno”. Non prometteva nulla di buono.

«Sappiamo di aver sbagliato, però devi promettere che non dirai nulla a Penelope o a nessun altro».

«Capito… non tirerò fuori l’argomento “appuntamento”, ma lo faccio solo per il suo bene. Se Penny nominasse il bigliettino a James, quello sì che sarebbe un bel casino… anche se mi sembra abbastanza improbabile, è troppo timida per farlo» ipotizzò Millie pensierosa. «Potreste comunque parlarne con James. Non si arrabbierebbe, vero?»

Alice strinse le labbra, portandosi alla bocca il calice e bevendo un lungo sorso. «Non lo so… è rischioso: James è imprevedibile e potrebbe chiedere spiegazioni. Credo che in situazioni incerte come questa la soluzione migliore sia sperare che tutto vada per il meglio».

Rose annuì debolmente, sollevata di poter contare su un’altra persona di cui si fidava. Il pomeriggio passò lento e noioso, ma con lo scorrere delle ore l’umore di Rose migliorò notevolmente. Lei e Alice fecero una lunga passeggiata al limitare della Foresta Proibita, ammirando le foglie dai colori autunnali che ornavano gli alberi del parco del castello. Poi si sedettero sulla riva del Lago Nero, che rifletteva le nuvole grigie che avevano coperto il cielo terso di quella mattina. Strette nei pesanti mantelli e con il viso nascosto dalle sciarpe di lana, si misero a studiare Trasfigurazione.

«Forse domani non dovremmo andare a Hogsmeade» dichiarò Rose a un certo punto. Stava fissando la stessa pagina da parecchi minuti, chiaro segno che qualcosa le stava passando per la mente.

«Prima la festa, ora Hogsmeade…»

«Dico sul serio, è meglio rimanere al castello. Non potremmo fare a meno di pedinare James e Penelope per accertarci che tutto fili liscio».

«E anche se fosse? Non vedo dove sia il problema».

«Se ci scoprisse, James si infurierebbe. E stiamo già rischiando troppo nella situazione in cui ci ho cacciate… è meglio non peggiorare le cose».

Alice puntò lo sguardo sui rami aggrovigliati e ormai quasi interamente spogli del Platano Picchiatore che si intravedevano in lontananza.

«Magari possiamo impegnarci a non pedinarli» suggerì speranzosa. «Senti, non dobbiamo per forza rinunciare a tutto. Conosco James come le mie tasche, sicuramente porterà Penelope da Madama Piediburro ed eviterà i posti più affollati. Quindi basta che ci sbrighiamo a uscire dal castello prima delle due e ci barrichiamo per tutto il pomeriggio ai Tre Manici di Scopa».

«E cosa cambierebbe dalla mia idea? Resteremmo comunque bloccate in un luogo per un tempo relativamente lungo».

«Non voglio rimanere al castello mentre tutti vanno a divertirsi. Ai Tre Manici ci sono i ragazzi, litri di Burrobirra e gli Zuccotti di Zucca appena fatti» spiegò Alice con fare ovvio. Non trovando argomentazioni migliori, Rose decise di non controbattere. Probabilmente svagarsi un po’ le avrebbe fatto solamente bene.

Entrata in Sala Grande quella sera si ritrovò a osservare con perplessità il tavolo dei Serpeverde, dove Millie era misteriosamente seduta a parecchi metri di distanza da Penelope. Tralasciando quel dettaglio e le numerose domande di Samantha e Isabel sul perché lei e Alice avessero saltato la colazione, la cena trascorse tranquilla. Prima che la festa dei Grifondoro iniziasse, Alice costrinse l’amica a salire in Dormitorio per cambiarsi, convinta che una sana dose di autostima l’avrebbe fatta sentire ancora meglio. Rose decise per una gonna nera a balze e un maglione di lana giallo, rifiutando categoricamente il mascara che Alice continuava a sventolarle davanti alla faccia.

«Almeno fatti fare una treccia» pregò Alice disperata.

Rose rispose con un’alzata di occhi al cielo, ma si sedette sul letto e le permise di acconciarle i capelli. Quando tornarono in Sala Comune, le ragazze trovarono la festa al suo culmine e furono subito acclamate da grida e applausi. C’erano tutti gli studenti di Grifondoro dal quarto anno in su: se qualcuno più piccolo avesse provato a intrufolarsi, sarebbe stato spedito nel proprio Dormitorio senza tanti giri di parole. James era in piedi su un tavolo, con la camicia sbottonata per metà e un bicchiere di una bevanda che sicuramente non era Burrobirra in mano. Continuava a chiedere i brindisi più disparati: al Quidditch, a Hogwarts, alla McGranitt, al Boccino d’Oro, a Madama Rosmerta… quando vide Rose, si schiarì la voce e sollevò il bicchiere ancora più in alto, rischiando di perdere l’equilibrio.

«A Rose, la cugina migliore che chiunque possa mai desiderare».

Il brindisi ricevette in risposta un’acclamazione generale. A Rose sembrò invece di sprofondare nel pavimento. Una sensazione opprimente allo stomaco la informò del repentino ritorno dei sensi di colpa. Si guardò intorno, impaziente di trovare una distrazione, fino a quando non vide un Ben dall’aria sbarazzina circondato da quattro ragazze. Quattro belle ragazze. E su uno dei divanetti rossi poco distanti, con l’immancabile Isabel al suo fianco, c’era Samantha che le fulminava ripetutamente con lo sguardo. Rose non perse tempo a prendere Alice per mano e a trascinarla dalle amiche.

«Sam, come…»

«Non è un buon momento, Rose» si intromise Isabel, la mano appoggiata sulla schiena di Samantha in un gesto di conforto.

«… certo, ora che è nella squadra è circondato da ragazze… c’era da aspettarselo, i giocatori di Quidditch piacciono a tutte…» sussurrava concitata quest’ultima mentre si torturava una ciocca di capelli. Rose la osservò aggrottando le sopracciglia.

«Mi dispiace, posso fare qualcosa…»

«Sto ancora aspettando una vera risposta alle domande che ti ho posto a cena, Rosie» affermò Isabel con una chiara nota d’irritazione nella voce. «In questo periodo tu e Alice sparite spesso, non trovi? Io e Sam abbiamo smesso di preoccuparci, ormai».

Rose fece inavvertitamente un passo indietro, colta alla sprovvista. Alice la trascinò poco distante, non prima di aver scoccato un’occhiata interrogativa a Isabel.

«Tranquilla, provo a parlarci io. Tu vai a prendere qualcosa da bere» disse, accennando al tavolo delle bevande.

Rose seguì il consiglio e si fece largo tra la gente cercando di non spintonare nessuno. Il tavolo delle bevande si trovava vicino all’entrata della Sala Comune, dove erano esibite numerose bottiglie. Burrobirra, Acquaviola, rum di ribes rosso, sciroppo di ciliegia, succo di zucca, Whisky Incendiario… ce n’era per tutti i gusti. Tra le varie persone che affollavano il tavolo, Rose riconobbe Debbie. Aveva i lunghi capelli lasciati sciolti e si stava versando in un bicchiere di plastica una buona dose di Acquaviola.

«Debbie».

«Rose! Ti stai godendo i momenti di gloria?» esclamò entusiasta. Rose notò che parecchi ragazzi lì vicino, tra cui con sua grande sorpresa anche Evan, stavano adocchiando l’amica incuriositi e affascinati.

«Più o meno» sussurrò poco convinta.

«Non dire così… cos’è quella faccia da funerale? Forza, so io quello che ti ci vuole» rispose Debbie, afferrando la bottiglia di Whisky Incendiario.

«Oh, non credo sia il caso…»

«Per le mutande di Merlino Weasley, prova a buttarti. Senti, io devo andare…» aggiunse, sollevandosi in punta di piedi e salutando qualcuno con la mano, «… fai come vuoi».

Rose rimase da sola ancora una volta, con un bicchiere vuoto in una mano e il Whisky Incendiario nell’altra. Osservò quest’ultimo come se fosse uno strano animale che non aveva mai visto prima; di solito alle feste si accontentava di un po’ di succo di zucca. “Cosa c’è di male se ne provo solo un goccio?” pensò, avvicinando la bottiglia e leggendo distrattamente l’etichetta. Ci voleva proprio qualcosa che avesse il potere di distrarla e di sollevarle il morale, dopo la giornata intensa che aveva vissuto. Così riempì per un quarto il bicchiere di Whisky ambrato e lo annusò con circospezione, guadagnandosi qualche sguardo stranito e divertito. Ne bevve un sorso, avvertendo il liquido scorrerle per la gola, e arricciò il naso in una smorfia disgustata non appena l’amaro le invase la bocca. Una sensazione di calore iniziò a propagarsi dal suo stomaco. Visibilmente soddisfatta s’intrufolò di nuovo tra la folla alla ricerca di Alice, sorseggiando di tanto in tanto il Whisky. La trovò impegnata in un’accesa discussione con Isabel, così decise saggiamente di allontanarsi senza farsi vedere. Si appostò in un angolino vuoto poco distante e si mise ad osservare gli amici che intravedeva nella confusione generale. Mentre di Samantha non sembrava esserci più traccia – Rose ipotizzò che potesse essersi rifugiata in Dormitorio – Ben era stato raggiunto da altre tre ragazze e aveva tutta l’aria di sentirsi a disagio. Dall’altra parte della sala Rose intravide la chioma rossa di Hugo, fermo nella sua stessa identica posizione, che spiccava tra la folla. Alzò un braccio per attirare la sua attenzione, ricevendo un sorriso sorpreso e sincero come risposta. Rimase imbambolata a riflettere su quanto suo fratello fosse cresciuto negli ultimi tempi finché qualcuno non le toccò la spalla, riscuotendola dai suoi pensieri. Alzando lo sguardo si ritrovò davanti un ragazzo, forse del quinto anno, che esibiva un’espressione vagamente scocciata.

«Sei tu Rose Weasley?» chiese senza giri di parole.

«Chi me lo chiede?»

«Sei Rose Weasley sì o no?!» insistette il ragazzo con tono infastidito.

«Sì, sono io! Sono Rose Weasley» rispose allora Rose sulla difensiva. Cosa diavolo poteva mai volere da lei?

«C’è qualcuno che ti aspetta fuori dalla Sala Comune» aggiunse il ragazzo, l’espressione meno scocciata.

«Qualcuno? E chi sarebbe questo qualcuno?»

«Scorpius. Scorpius Malfoy».







Angolo autrice

Ta dannn! Cosa ne pensate del "colpo di scena" finale? Lo so, sono un po' cattiva.
Ma cosa diavolo ci fa Scorpius Malfoy fuori dalla Sala Comune dei Grifondoro, per di più in attesa di Rose? E chi lo sa ;)
In questo capitolo Rose è un po' depressa e, diciamocelo, se l'è anche cercata. Alice, santa Alice, mi ricorda troppo la mia migliore amica. Sempre a tirarmi fuori dai casini.
E James, alla fine un lato umano ce l'ha anche lui. Forse persino più di molti altri. Resta solo da vedere cosa succederà nella prima gita a Hogsmeade dell'anno.
Al prossimo capitolo,
ChiarainWonderland


 

 

 

   
 
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