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Autore: ChiarainWonderland    31/12/2019    1 recensioni
Rose Weasley potrebbe passare come una semplice adolescente con i tipici problemi di un adolescente nella media. La scoperta di particolari oggetti di antiquariato, però, potrebbe stravolgere le carte in tavola e rivelare antichi segreti celati per lungo tempo. Se ci aggiungiamo una leale migliore amica, una famiglia non proprio tra le righe, un nemico che non è poi un vero e proprio nemico, un cugino impiccione e una famosa scuola di magia e stregoneria, le cose non possono fare altro che peggiorare.
* * *
"Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso."
"Ad un certo punto una bancarella di un venditore ambulante attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO UNDICESIMO

INCONTRI INATTESI


Il vivace fuoco crepitante del camino di pietra diffondeva bagliori a tratti sinistri per tutto il perimetro della Sala Comune dei Grifondoro. Rose lo osservava tremolare rapita, arricciando il naso agli scoppiettii incessanti dei ceppi di legno. Lei e Alice si erano tuffate sul comodo divano cremisi subito dopo cena, e non l’avevano abbandonato fino a quel momento; l’avanzare delle ore aveva portato via gli altri studenti, che si erano rifugiati nei Dormitori, lasciando la sala a completa disposizione delle due ragazze. Tutt’intorno al divano giacevano scatole e carte stropicciate di vari dolciumi. Rose studiò con espressione vagamente disgustata l’ennesima Cioccorana che aveva scartato, acchiappandola prima che potesse balzare sul pavimento e lanciando uno sguardo ad Alice, impegnata a masticare una Bacchetta di Liquirizia. Non aveva idea di come il suo stomaco fosse ancora in grado di sopportare tutto quello zucchero, dopo la torta al cioccolato della cena e gli Zuccotti di Zucca del pomeriggio a Hogsmeade. La verità era che non riusciva a smettere di mangiare: i pensieri che turbinavano nella sua testa si placavano leggermente, sovrastati dall’avvolgente sapore del cioccolato. C’era solo un ricordo che continuava imperterrito a opprimerle il cuore, immune a qualunque tentativo di distrazione.

«Strano? No, tu non capisci. In tutta la mia vita non ho mai visto Scorpius Malfoy fare un complimento a qualcuno, è fin troppo orgoglioso. Il fatto che ne abbia concesso uno proprio a te è inspiegabile…»

«Rosie, ti posso fare una domanda?» chiese all’improvviso Alice. Rose si alzò a sedere e invitò con un cenno del capo l’amica ad andare avanti, il flusso di pensieri ormai interrotto.

«Secondo te piacerò mai a Potter?»

Rose strabuzzò gli occhi, non aspettandosi un’uscita del genere. Che cosa avrebbe potuto rispondere? L’istinto la portava a negare senza un attimo di esitazione: Albus aveva tutta l’aria di essere in paradiso ogni volta in cui era con la fidanzata, e a dirla tutta Alice non era neanche il suo tipo. Lo sguardo carico di sensi di colpa che suo cugino aveva lanciato ad Alice ai Tre Manici di Scopa rappresentava ancora un enigma, ma avrebbe potuto significare qualsiasi cosa. Oppure non significava nulla. Da vera amica avrebbe dovuto esprimere la sua sincera opinione, ma non se la sentiva di infrangere così brutalmente le speranze – già piuttosto fievoli – di Alice. In mancanza di idee geniali, decise di evitare la domanda con un’altra.

«Perché me lo chiedi?»

«Non lo so… pensavo…»

Rose si esibì in un’occhiata poco convinta, portandosi davanti alla faccia la figurina che aveva trovato nella confezione della Cioccorana. Gregory il Viscido. “Miseriaccia, ne ho già tre di lui”. «E a che pensavi, esattamente?»

«A Diana. So che mi sono lamentata di lei per almeno tre ore, ma cercavo solo di farmela odiare. Per principio, capisci? La verità è che… non ho alcun motivo per odiarla».

«Be’, sta con il ragazzo che ti piace da anni. Magari non è una ragione valida per giustificare l’odio, ma un’innocente antipatia è più che lecita direi».

«In effetti… sta di fatto che, per quanto le sue domande siano spesso risultate forzate, questo pomeriggio è stata l’unica che ha cercato di intrattenere un minimo di conversazione con me, mentre tu e Millie eravate in bagno».

«Davvero?»

Alice annuì debolmente. «Capisco perché piaccia a Potter. Da quanto ho visto è carina, educata, gentile e Serpeverde. Possibile che non abbia neanche un difetto?»

«Ovvio che ce li ha… ma tu ci hai parlato per meno di dieci minuti. Non puoi pretendere di aver già individuato i suoi pregi e vizi».

«Lo so… ma sembrava una ragazza così… sofisticata. Se mi impegnassi sarei anche io molto raffinata».

«Certo, soprattutto con le dita impiastricciate di liquirizia» commentò Rose con un sorriso furbo.

Lo sguardo di Alice scattò verso le sue mani, che sfregò ripetutamente sul divano nel vano tentativo di pulirle. «Per tutte le Mandragole di mio padre…»

Rose scoppiò in una risata e si sdraiò di nuovo, appoggiando la testa sulle gambe dell’amica e passandosi una mano tra i capelli crespi a causa dell’umidità tipica di fine ottobre. Il rumore di uno scatto e uno scricchiolio familiare la fecero ammutolire. Era il ritratto della Signora Grassa che si apriva. Rose si alzò in un attimo, lo sguardo che saettava verso il passaggio che era effettivamente aperto, ma da cui non era entrato nessuno. La luce soffusa della Sala Comune illuminava di striscio il corridoio buio e deserto. Alice si portò istintivamente una mano alla tasca della felpa, dove era custodita la bacchetta, e si alzò dal divano. Il ritratto si richiuse di nuovo con un tonfo secco, facendo sussultare le due ragazze che tirarono fuori le bacchette e le puntarono… verso il nulla.

«Se questo è uno scherzo non è divertente!» proferì Alice con voce incerta.

A un certo punto l’aria si mosse, come spostata da qualcosa, e dal nulla apparve James con la bacchetta in una mano e una vecchia pergamena nell’altra. Una pergamena che Rose conosceva molto bene.

«James!» esclamarono all’unisono le due Grifondoro, abbassando le bacchette. Il ragazzo si esibì in un sorriso enorme, avvicinandosi di qualche passo e ripiegando con cura il Mantello dell’Invisibilità.

«Cosa hai… come… aspetta, dov’eri a cena?» chiese Rose esterrefatta, l’improvvisa consapevolezza che la investì in pieno. Era davvero rimasta così concentrata sui suoi problemi da non accorgersi di quel cruciale dettaglio?

«Oh Rosie, vieni qui!» esplose James, per poi abbracciare la cugina di slancio. Rose si immobilizzò, confusa, dando delle leggere pacche sull’ampia schiena del ragazzo.

«Ma che diavolo…»

«Alice! Senza di voi nulla di tutto questo sarebbe stato possibile» dichiarò James. Circondò Alice in una morsa e la sollevò da terra, provocandole una risata spontanea.

Il volto di Rose s’illuminò. «Devo quindi dedurre che oggi sia andato tutto bene con Penelope?»

«Bene?! È stato il giorno migliore della mia vita! Non ho mai conosciuto una ragazza del genere e…» si bloccò, lo sguardo puntato sulle confezioni vuote che giacevano abbandonate sul tappeto. «Quanti dolci vi siete mangiate?»

«Non provare a cambiare argomento!» sbottò Rose concitata, trascinando il cugino sul divano. «Raccontaci tutto».

E così James confidò di come lui e Penelope si fossero incontrati nella Sala d’Ingresso all’orario prestabilito, e di come la Serpeverde fosse splendente anche in un semplice cappotto a quadri. I due si erano poi rifugiati da Madama Piediburro, dove avevano parlato senza interruzione per tre ore, e avevano raggiunto la Stamberga Strillante, permettendo a James di sfoggiare le sue incredibili doti di narratore di storie dell’orrore.

«Sul serio? Spiriti maligni e vampiri vagabondi?»

«Dovevi vederla, Rosie… era spaventata a morte!»

«Ma di solito le conquisti così le ragazze?» domandò Alice, diabolicamente ironica.

James le rivolse un’occhiataccia. «Diciamo che ho i miei metodi».

«Penelope ti ha per caso accennato qualcosa riguardo a… bigliettini o cose del genere?» si arrischiò a chiedere Rose, cauta.

«Bigliettini? Non mi sembra, perché?»

«Nulla d’importante, tranquillo. E dopo cosa è successo? Perché sei tornato solo adesso?»

«Be’… da Madama Piediburro Penelope mi ha detto che adora osservare il cielo notturno, così mentre tornavamo al castello mi è venuta un idea geniale. Le ho chiesto di aspettarmi nella Sala d’Ingresso e sono corso in Dormitorio, ho preso la Mappa e il Mantello e sono ritornato da lei. L’ho portata fino al prato davanti al Lago Nero, dove siamo rimasti ad ammirare il tramonto e poi le stelle. Per fortuna che il tempo si è rasserenato…».

«Wow» commentò Rose, stupita, «non pensavo potessi essere così romantico».

«Aspetta un momento, come facevi ad avere la Mappa e il Mantello? Non appartengono ai tuoi fratelli?» suggerì Alice.

«Ovvio, infatti avevo già previsto tutto. Ci ho parlato questa mattina e me li sono fatti prestare, per arrivare preparato in caso di evenienze come questa. Con Lily non ci sono stati problemi, ma con Albus… ho dovuto pagare un caro prezzo».

«Avresti dovuto prevederlo. Dopotutto è un Serpeverde».

«Hai ragione, ma n’è valsa la pena. Ho riportato Penelope sana e salva davanti alla Sala Comune dei Serpeverde, ed è questo quello che conta. Ah, e la prossima volta le chiederò di uscire a Hogsmeade davanti a tutta la Sala Grande» concluse, sopprimendo uno sbadiglio e ricevendo un segno di approvazione dalle due ragazze. «Sono stanco morto, vado a letto. A  proposito, dovreste farlo anche voi, domani è lunedì».

Rose annuì convinta; ora che sapeva della buona riuscita dell’appuntamento sentiva il cuore più leggero, la mente libera da almeno metà dei pensieri che l’avevano tormentata incessantemente. Osservò il cugino trascinarsi sulle scale e salire un gradino alla volta, prima che un enigma a cui non aveva ancora trovato risposta le balenò nella testa.

«James, mi sono sempre chiesta… come mai il Mantello e la Mappa sono di Lily e Albus?»

«È una lunga storia» rivelò James, lo sguardo divertito. Con un sorriso enigmatico salì altri due scalini, girò l’angolo e sparì.

 

*    *    *

«Psst, Weasley».

Rose alzò gli occhi al cielo, seccata, sistemandosi nervosamente i capelli dietro un orecchio e continuando a scrivere imperterrita sul rotolo di pergamena.

«Weasley, mi senti?»

«Che c’è!?»

«Weasley, Belby! Vi siete accorti che questa è una verifica di Trasfigurazione e non un lavoro di gruppo?» tuonò il professor Avory dalla cattedra con cipiglio minaccioso. Rose avvertì le proprie guance andare a fuoco: raramente le accadeva di essere richiamata da un professore. Se solo quel figlio di Troll di Belby avesse almeno letto il paragrafo sulla Trasfigurazione umana…

«Mancano solo pochi minuti allo scadere del tempo, vi consiglio di sbrigarvi» annunciò il professore con la profonda voce baritonale. Batteva l’indice sulla sinuosa clessidra lì accanto, la cui sabbia era ormai quasi completamente scivolata verso il basso. Rose si morse le labbra e cercò di aggiungere il maggior numero possibile di informazioni alla risposta dell’ultima domanda. La mano che doleva in maniera quasi insopportabile era difficile da ignorare, ma al termine della prova si potè ritenere generalmente soddisfatta. Raggunse Alice in fondo alla classe, non prima di aver incrociato lo sguardo celeste con quello scuro di Isabel, ancora seduta al suo banco e impegnata a rimettere in ordine la borsa. Ovviamente ad Alice non sfuggì il dettaglio.

«Quand’è che parleremo con lei e Samantha?» bisbigliò concitata non appena uscirono dall’aula. «È mercoledì, Rosie! È da quattro giorni che ci ignoriamo a vicenda! Sono sicura che non sono neanche più arrabbiate con noi e che si tratti solo di una questione di orgoglio. Ho visto lo sguardo che ti ha lanciato Isa prima, e non ho intravisto altro che tristezza».

«L’ho visto anch’io… e non sai quanto mi è costato andare dritta per la mia strada. Quanto vorrei risolvere anche questa storia, ora che con James è tutto a posto».

«Allora perché non andiamo da loro e la risolviamo, una volta per tutte? È diventato imbarazzante stare in Dormitorio senza che nessuno spiccichi una parola».

«Non è così semplice, Alice… non possiamo ancora parlare del medaglione. Finiremmo solo per mentire di nuovo, e tutto si ripeterebbe».

«E per questo dovremmo evitarle fino a quando non scopriremo qualcosa in più? Ci sono altre soluzioni, come cercare di organizzarci meglio e passare più tempo con loro».

Rose ci pensò su, lo sguardo che vagava per il corridoio poco affollato. «Potrebbe essere un’idea» concesse, continuando imperterrita a camminare, «ma ora andiamo in bagno? Non credo di riuscire a resistere ancora a lungo».

«Ci sei appena andata un’ora fa!»

«È l’ansia post-verifica», commentò Rose distratta, per poi trascinare l’amica nel primo corridoio a destra, «e poi abbiamo un’ora buca, quindi possiamo fare con calma».

Alice sbuffò, ma non oppose resistenza. «A proposito di idee e del medaglione, credo che il tuo piano abbia bisogno di qualche perfezionamento».

Rose aggrottò le sopracciglia, perplessa. Si ricordava bene di quando, due giorni prima, aveva raccontato della sua trovata ad Alice. Era già sul punto di parlargliene ai Tre Manici di Scopa, durante la gita a Hogsmeade, ma l’arrivo di certi Serpeverde indesiderati aveva brutalmente interrotto la loro conversazione. Rose sospirò, tentando di isolare qualunque pensiero che fosse anche solo collegato a Malfoy in un angolo remoto del suo subconscio.

«Perfezionamento? Del tipo?» borbottò. Il piano consisteva nel trascrivere gli strani simboli del medaglione su una pergamena e portarli dalla professoressa Nerivir, amata insegnante di Antiche Rune di Rose, alla disperata ricerca di risposte e con la scusa di averli trovati su un libro della Biblioteca. Ora, Rose era consapevole che si trattasse di un’idea azzardata, che necessitava di una pianificazione precisa e che avrebbe comportato dei rischi, ma almeno era qualcosa.

«Per esempio, credo che non convenga mostrare alla Nerivir l’intero messaggio, nel caso in cui il suo significato fosse qualcosa di… compromettente» ipotizzò Alice.

Rose dovette riflettere pochi secondi per capire che l’amica avesse ragione. Annuì piano, meditabonda, varcando l’arco di pietra che separava il corridoio dagli ampi bagni, prima di udire un debole suono. Sembrava qualcuno che piangeva.

«…vedrai che si sistemerà tutto…» continuava a sussurrare una voce femminile calda, accogliente e a Rose molto familiare, anche se non riusciva a intravederne la proprietaria.

«No! Non capisci? Non mi perdonerà mai… ho rovinato tutto…» rispose una seconda voce altrettanto familiare, più acuta della precedente e rotta dal pianto.

Le due Grifondoro si scambiarono uno sguardo, poi Rose si apprestò a compiere i pochi passi che la separavano dal cubicolo da cui provenivano tutti quei rumori. Non appena ci sbirciò dentro, spalancò gli occhi dalla sorpresa: sua cugina Molly era seduta con la schiena contro la parete, il viso rigato dalle lacrime appoggiato sulle ginocchia, mentre Dominique le era accovacciata accanto e le accarezzava la schiena con una mano in un gesto di conforto. Quest’ultima si alzò di scatto, come un bambino colto a rubare caramelle.

«Rose! Alice!»

«Dominique?» se ne uscì Rose in tutta risposta. Anche in una situazione del genere non potè fare a meno di osservare il folgorante aspetto esteriore della cugina di cui, sotto sotto, era sempre stata un po’ invidiosa. Si trattava di un’invidia lieve e innocente; d’altronde, non conosceva anima viva – e anche morta, in effetti – che non avesse dimostrato anche solo una sottle gelosia per la pelle perfetta e i liscissimi capelli biondi di Dominique.

«V-va tutto bene?» si azzardò a chiedere Alice, titubante. Dominique lanciò un’occhiata allarmata a Molly, che si alzò lentamente asciugandosi le guance con il dorso della mano. Balbettò qualcosa riguardo ad alcuni impegni a cui stava facendo tardi e sfrecciò fuori dai bagni con i capelli rossi, così simili a quelli di Rose, che volteggiavano nell’aria. Dominique sospirò, spolverandosi la divisa di Corvonero e apprestandosi a seguirla.

«Aspetta, Dominique!» esclamò Rose, afferrando la cugina per un polso prima che scappasse via. «Che cosa è successo?»

«Ha litigato con Lorcan» si limitò a rivelare la bionda, come se quella risposta bastasse a spiegare la situazione. Si liberò con delicatezza dalla presa di Rose e sparì nel corridoio.

«Be’» pronunciò Alice, «questa non me l’aspettavo».

Rose non potè fare altro che concordare. Le tornò alla mente l’immagine di Molly e Lorcan che chiacchieravano spensierati davanti al treno, l’ormai lontano primo di settembre. Erano migliori amici da anni, e Lorcan sembrava essere stato l’unico, oltre a Dominique, in grado di scalfire lo spesso strato di timidezza e riservatezza che portava al cuore di Molly. Il fatto che avessero litigato era quasi destabilizzante.

«Forse dovremmo seguirle…»

«No, saremmo solo di peso. Molly aveva palesemente bisogno di stare da sola, o comunque con qualcuno che sappia come consolarla» dichiarò Alice sicura. «Noi abbiamo un intero piano da perfezionare».

Uscite dai bagni, le ragazze occuparono l’ora buca a confabulare riguardo al medaglione e all’attuazione dell’idea di Rose e a studiare per la prova teorica di Difesa contro le Arti Oscure del giorno seguente. Il resto delle lezioni trascorse in un’anonima attesa del tanto agognato allenamento del pomeriggio, il primo dopo la partita. Le due ore di Erbologia rappresentarono l’ultimo ostacolo alla libertà. Oltre a prendere appunti sulle qualità della Mimbulus Mimbletonia, Rose fu costretta a dover svegliare cinque volte Alice dai suoi sonnelini fuori orario, il tutto sotto lo sguardo di disapprovazione del professor Paciock. Alice se la cavò con dieci punti in meno a Grifondoro e con un discorsetto a fine lezione che le fece arrivare in ritardo agli allenamenti.

«Per tutti i Folletti della Gringott!» esplose Alice a un certo punto, mentre lei e Rose correvano a perdifiato giù dalla collina che portava al campo di Quidditch, i capelli frustati dal vento. «Lui lo sapeva! Sapeva benissimo che avevamo un allenamento… ma no, teniamo la mia indisciplinata figlia altri venti minuti in classe per tentare di trasmetterle un minimo di moralità, tanto non ha altro di meglio da fare nella vita».

«Certo che anche tu avresti potuto evitare di addormentarti cinque volte di fila mentre spiegava…»

«Non è colpa mia se avevo sonno! Credo di aver esagerato con il cibo a pranzo, mi succede sempre quando mangio troppo».

Rose si limitò a un’occhiata poco convinta e risparmiò il fiato per la corsa. Arrivate all’enorme stadio circolare, le due Grifondoro si infilarono nell’entrata secondaria che portava agli spogliatoi, prima che la loro attenzione fosse attirata da un miscuglio di voci lontane.

«Non dirmi che sono già in campo!» sbottò Alice disperata correndo a controllare.

Rose aggrottò le sopracciglia, perplessa, avvicinandosi alla porta degli spogliatoi e appoggiandoci l’orecchio. Anche da fuori riusciva a sentire la voce determinata di James che stava concludendo il suo tipico discorso post-partita. Ma allora, se la squadra di Grifondoro era ancora lì dentro…

«Alice aspetta!» esclamò a gran voce. Percorse lo stretto corridoio fino all’entrata che dava sul campo, fermandosi a due passi da Alice e maledicendosi da sola non appena si rese conto di chi aveva davanti. L’intera squadra di Serpeverde, grondante di sudore e intirizzita dal freddo, le osservava incuriosita e altezzosa. Albus, davanti a tutti, teneva gli occhi smeraldini fissi su Alice. Rose tentò invano di indirizzare lo sguardo in quella direzione, consapevole che alla destra del cugino si stagliasse una figura che avrebbe volentieri evitato come la peste. Malfoy era lì, con la scopa sottobraccio e i capelli scompigliati dal vento, che la squadrava. Le guance, solitamente candide, erano colorate da un tiepido rossore dovuto alla fatica appena affrontata. Rose si stupì nel constatare di come negli occhi grigi del ragazzo non ci fosse più traccia della rabbia che aveva scorto a Hogsmeade. Tutto quello che era rimasto era una gelida, indecifrabile indifferenza.

«Bene bene… Weasley e Paciock. Ansiose di mettere piede in campo, a quanto vedo» proferì Lance Vaisey, settimo anno e Capitano, facendosi largo tra gli altri giocatori.

Rose aprì la bocca per controbattere, ma non ne uscì alcun suono. Lei e Alice rimasero immobili a fissare i Serpeverde per attimi che parvero interminabili, finchè una voce non le salvò come un faro salva le navi in balia di una tempesta.

«Problemi, Vaisey?»

Rose si girò di scatto, sollevata. James era pochi passi dietro di lei, seguito dal resto della squadra di Grifondoro, e guardava torvo il capitano avversario. Tra i due era sempre intercorsa una profonda rivalità sportiva, ma Rose era quasi sicura che non si sopportassero anche fuori dal campo.

«Nessuno, Potter» rispose Vaisey con aria innocente.

«Ottimo, perché credo sia arrivato il momento che voi Serpi vi rintaniate nei vostri spogliatoi… non vorrei che vi beccaste un raffreddore, con questo tempo».

Il tipico ghigno malizioso che esibiva Vaisey si spense, sostituito da un’espressione indifferente. «Ti piacerebbe» si limitò a replicare, incamminandosi nel corridoio con la sua squadra. Rose si appiattì contro il muro per lasciarli passare; avvertì il cuore perdere un battito non appena Malfoy le sfiorò involontariamente la spalla, senza degnarla più di uno sguardo.

«Siete in ritardo…» dichiarò James impassibile, girandosi di nuovo verso Rose e Alice non appena i Serpeverde sparirono alla vista, «…ancora».

«Abbiamo avuto un imprev-»

«Avete perso il mio discorso, e sapete quanto è importante. Abbiamo discusso delle nuove tattiche che potremmo adottare per la prossima partita, che per vostra informazione è contro i Serpeverde».

«Lo sappiamo. Scusa James, è stata colpa mia» disse Alice abbattuta.

James la fissò qualche istante, poi si sciolse in un sorriso e fece un cenno con la testa verso gli spogliatoi dei Grifondoro. «Andate a mettervi le divise e fatevi trovare in campo entro due minuti» concesse.

Le due ragazze annuirono e percorsero a ritroso il corridoio. Un attimo prima di entrare negli spogliatoi, l’attenzione di Rose fu attirata dalla porta sulla parete opposta. Si fermò a osservarla, consapevole che dall’altra parte ci fosse la squadra verde e argento.

«Weasley, ci sei?» la richiamò Alice, riscuotendola dai suoi pensieri.

«Mh? Oh, arrivo…»

«Promettimi che non parleremo di quello che è appena successo».

«Era l’ultima delle mie intenzioni».

Alice riuscì a rimanere zitta solo per qualche istante. «Ma da quando si allenano prima di noi il mercoledì? Possibile che nessuno di loro avesse lezione?»

«Malfoy e Albus non frequentano il corso di Erbologia, quindi avevano due ore libere. Per quanto riguarda il resto, ne so meno di te».

Gli allenamenti si rivelarono faticosi, complici il vento che ululava indomito e la ferrea intransigenza di James, causa la prospettiva della partita contro i Serpeverde programmata per dicembre. Rose sperava di non dover sopportare la severità del cugino per i due mesi successivi.

«No Rosie, in questo schema la Pluffa devi passarla prima a Debbie e poi a Ben! È già la seconda volta che fai esattamente il contrario!» urlava James, in bilico sulla scopa.

«Che cosa? Questo non è il primo schema?»

«È il secondo» rispose James, avvicinandosi. «Passi la Pluffa a Debbie, te la ripassa, la lanci a Ben che tira nell’anello sinistro».

Rose annuì e ripetè l’ordine svariate volte sotto lo sguardo apprensivo del cugino. «Senti, Rose… se hai bisogno di cinque minuti di pausa, sai… per staccare un attimo, basta dirmelo».

«Non ho bisogno di una pausa!» sentenziò Rose infervorata. Si allontanò di scatto da James e si esibì in un sospiro irritato: non riusciva a concentrarsi sull’allenamento. La sua mente era altrove, trasportata davanti alla porta dello spogliatoio della squadra avversaria, dove c’era Malfoy. L’occhiata che il ragazzo le aveva rivolto poco prima continuava a tormentarla; Rose preferiva di gran lunga l’aria maliziosa e strafottente di quando la prendeva in giro, o l’espressione furibonda di quando litigavano fin quasi a lanciarsi fatture a vicenda. Ma quell’indifferenza, quella totale mancanza di emozioni che aveva dimostrato non appena l’aveva vista, non le era piaciuta. Non le era piaciuta per niente.









Angolo autrice
Ehilà,
sono tornata con l'ultimo capitolo del 2019 (fa abbastanza strano dirlo).
Prima di tutto auguro a tutti un felice anno nuovo e buone feste, anche se ormai siamo già a metà vacanze *piange disperata*
Passando al capitolo, Rose e Alice iniziano a organizzare un nuovo piano e hanno parercchi incontri a sorpresa.
La storia con James e Penelope si è davvero conclusa con un lieto fine con tanto di coniglietti e arcobaleni, oppure ci saranno altri imprevisti?
Be', è presto per dirlo.
E con Scorpius e Albus le nostre Grifondoro hanno un po' di conti in sospeso... Per esempio, cosa ci sarà dietro l'indifferenza di Scorpius?
Non dimentichiamoci di Samantha e Isabel, con cui Rose e Alice dovranno trovare il modo di parlare, e della povera Molly.
Ci vediamo al prossimo capitolo (e al prossimo decennio, che inizia letteralmente da domani... Non sono pronta per il 2020).
ChiarainWonderland

 

 

 

 

   
 
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