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Autore: koopafreak    31/12/2019    2 recensioni
Troppa curiosità spinge l'uccellino nella rete. Se è stato un boo con un paio di scheletri nell'armadio a tesserla, sarà premura dello spettro accertarsi che non voli tanto lontano.
[Seguito de "Danse Macabre"]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Luigi, Nuovo personaggio, Re Boo
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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nose

Personaggi: Re Boo, Luigi, Mr. L, Re Spaventù, Malberta Crisantemi, Ectopatra, Capitan Spiritato, Altri personaggi, OC.
Genere: Dark, Introspettivo, Sentimentale.
Pairing: Shonen-ai, Crack pairing.
Note: Tematiche delicate.

On the nose


« Non osar dimenticare un’altra volta a chi devi lealtà, chérie. »

Ombretta si rattrappì sotto lo sguardo tagliente, coprendosi mortificata il musetto con le braccine corte: un impulso che proprio le era impossibile sopprimere, desiderando sciogliersi come un grumo di cera.

« Soltanto io ho il potere di decidere quali segreti restano tra le pareti di questa casa. »

La fantasmina annuì, sottomessa.

« E, soprattutto, chi vi resta. »

Un singhiozzo patetico scosse il corpicino fluttuante, a conferma che l'avvertimento fosse stato recepito.

« Sarà meglio che se ne torni al lavoro, ora » le intimò con calma sibillina, ritraendo gli artigli dietro un velo di magnanimità.

L’ordine venne prontamente eseguito e il re rimase da solo con la sua irritazione. Un odioso, recidivo effetto collaterale vincolato al dono dell’immortalità era la noia. Quando il volubile Re Boo cadeva nella trappola del tedio, qualcuno finiva inevitabilmente nel mirino dei suoi tormenti. In questo caso, lo spettro non dovette nemmeno scomodarsi dalla confortevole poltroncina o richiamare la cameriera insolente per stringere tra le grinfie la prossima vittima: gli bastò sfilarsi la spilla preziosa dallo jabot e aprirla, rivelando così il prigioniero nella piccola cornice all'interno.

« Mr. L » pronunciò allegro il nome ormai obliterato dalle pagine di storia del Regno dei Funghi. « Quoi de neuf nel tuo limbo buio e desolato? » Si adagiò contro il morbido schienale e distese le gambe sul poggiapiedi, adocchiando soddisfatto i resti piagnucolanti del baldo e arrogante alter-ego reciso dall’anima di Luigi. « Pauvre petit Monsieur L, che non ha nessuno che si preoccupa per lui. In tutti questi anni mai ho sentito una voce chiedersi “Che fine avrà fatto quel Mr. L? Sembrava un tipo in gamba”. »

Il condannato dovette schermarsi gli occhi, battendo più volte le palpebre per difendersi dalla luce bruciante dopo tanto tempo nelle tenebre. « Farò tutto quello che vuoi » gemette colui che un tempo ostentava la forza di ribaltare l’ordine del cosmo, stremato da anni di totale deprivazione sensoriale che gli avevano impresso cicatrici irreversibili sulla sua integrità mentale. « Sarò tutto quello che vuoi. »

Re Boo storse la bocca seccato, concludendo che persino stavolta la musica non si sarebbe distinta dalla solita litania di suppliche e lamenti. Lo spettro fece per riporre deluso il monile.

« Non chiuderlo! » latrò l’alter-ego. « Potrei esserti utile! »

« Ho già abbastanza comparse tra i piedi » sospirò l’aguzzino, vagamente infastidito dalla mancanza di contegno dell’interlocutore ridotto a una maschera di moccio, lacrime e bava. « E scommetto che ti ritorcerai contro di me alla prima occasione. Non vedo dunque saggezza nell’allevare una serpe in seno. »

« Uccidimi! » lo implorò il derelitto. « Non è vita, questa! Meglio farla finita. »

Le pupille fosforiche del sovrano restarono per un lungo momento sospese a contemplare il volto sfigurato dall’afflizione, così identico a quello dell’adorato Luigi. In effetti, lo scaltro boo aveva stabilito già da un po’ quale sorte riservare al sosia, al quale qualche altro annetto di “rieducazione” avrebbe giovato. « No, caro L » fece infine dopo aver lasciato scorrere una manciata di secondi per fingere di considerare la supplica, affilando le labbra in un ghigno terribile. « No, ti preferisco così. »

« Io volevo soltanto la luce » singhiozzò il condannato, incapace di sostenere oltre l’angoscia che lo divorava a corrispondere quegli occhi diabolici. « Volevo soltanto restare alla luce. »

« Sai, in fondo, ti compatisco. La tua sventura è stata venire al mondo in un corpo che già apparteneva a me. Se ti fossi chiamato Mr. M, oggi saresti in una posizione certamente meno scomoda. » Il gesto caritatevole di toglierlo di mezzo non gliel’avrebbe mai concesso. Non era diventato re dei non-morti buttando via le sue risorse, e Mr. L poteva servirgli al momento opportuno. « Oh be’, quel dommage. » Ebbe quasi richiuso il gioiello, ma esitò all’ultimo istante, l’ennesima burla crudele, permettendo a un sottilissimo spiraglio di luce di carezzare il volto cadaverico del suo prigioniero. « Per Luigi hai cessato di esistere anni or sono, tuttavia, se ti scoprisse in queste condizioni, immagino che una seconda chance te la concederebbe. » Stentò a ricacciare una risata nell’individuare un briciolo di speranza affiorare dietro la minuscola fessura. « Sappiamo entrambi però che sarebbe un atto di misericordia che da lui non meriti. » La spilla si richiuse con un leggero clic a mozzare i lamenti e fu risistemata al suo posto.

La noia si ripropose a rosicchiare tenace il cervello che il fantasma più non possedeva. Lo spettro poteva certamente trovarsi di meglio da fare, disponendo di risorse innumerevoli, ma non c’era altro luogo al momento nel quale desiderava trovarsi più che in quel salottino, ad attendere il rientro del suo prediletto. Di rado questi si attardava tanto, ma era capitato qualche volta di essersi assentato un giorno o due in più rispetto al solito. D’altronde aveva bisogno dei suoi spazi e di tempo per riflettere, e Re Boo non lo tratteneva: Luigi alla fine tornava sempre. Tuttavia, il fantasma aveva maturato l’amara certezza che tali passeggiate solitarie costituissero inoltre un’occasione per sgattaiolare nel Regno dei Funghi a dare una sbirciata al parentado dal quale tuttora egli stentava a staccarsi.

Oltre un decennio di duri progressi gettati alle piante piranha nel giro di un’unica sera, quando la sicurezza della loro dimora era stata profanata non dall’occhio indagatore di Rosalinda né da una spia ben addestrata, ma da nientedimeno che una ragazzina miope e malaticcia. Il fantasma non imputava la colpa al buon Luigi, ma a se stesso: lui si era permesso infatti di abbassare la guardia, si era stoltamente cullato nella certezza di aver scampato il peggio e così non aveva inviato i suoi messi a monitorare la situazione. Il risultato di tale leggerezza li omaggiava regolarmente della propria compagnia come se la casa ormai le appartenesse. Da quella malaugurata sera, i pellegrinaggi esistenziali del suo protégé non solo erano ricominciati, ma si stavano ripetendo con allarmante frequenza.

Lucilla aveva riaperto nello zio uno squarcio che Re Boo faticosamente stava cercando di suturare. La pulzella stava risucchiando indietro il nostalgico Luigi nel mondo luminoso che più non gli apparteneva e allontanandolo dall’incantevole oscurità ad egli destinata. Lei era il fatale inciampo di percorso, la sconfitta più bruciante incassata dal lugubre monarca ora obbligato a mandare giù il rospo ad ogni irruzione di cortesia, alla vista della faccia del suo principe accendersi come un albero di Natale non appena gli occhi speranzosi individuavano la ficcanaso. A dispetto dell’istinto naturale, il fantasma doveva stare attento a non tradirsi e far buon viso a cattivo gioco.

La sera della prima intrusione di una sfilza a seguire, quando lo sguardo della marmocchia appena materializzata e quello del monarca si erano incrociati, quest’ultimo non aveva potuto reprimere l’odio più feroce per quel rigurgito di vita palpitante che aveva osato inquinare il suo salotto; per fortuna la ragazzina non parve aver preso nota del passo falso e, in fin dei conti, Re Boo la considerava più tollerabile dei suoi coetanei volgarotti e chiassosi, anche se lo spettro talvolta fantasticava di avvinghiare le dita intorno al gracile collo…

Il flusso di pensieri venne bruscamente interrotto al rumore anelato della chiave che girava nella serratura, ad annunciare la presenza di un Luigi ancora schiavo dell’abitudine e della buona educazione di aprire una porta prima di passarci attraverso. Tanta era la gioia di Re Boo nel rivedere il suo spirito adorato che la casetta intera vibrò come scossa da un terremoto.

« Mon prince ténébreux » lo accolse giulivo fluttuandogli incontro per portare le loro fronti delicatamente a congiungersi. « Bentornato. La tua mancanza mi ha straziato. » Il sovrano abbassò le palpebre con aria beata e si tramutò in un candido persiano.

« Non mi sono reso conto di essere stato via tanto a lungo. » Luigi ricambiò il saluto cingendo il muso del micione con entrambe le mani guantate e chiuse gli occhi a sua volta. Emise un riso divertito percependo una forza sollevarlo dolcemente da terra per condurlo all’interno dell’abitazione. La porta si richiuse alle sue spalle.

« Ogni giorno senza vederti è un’agonia » sospirò il gattone facendo rombare la gola in fusa festose, girando poi su se stesso a mostrare il ventre tondeggiante mentre gli tracciava intorno languidi cerchi. « Ogni minuto una lama a lacerarmi l’anima. » Arricciò la lunga coda vaporosa e dilatò le pupille in un’espressione implorante.  « Ogni rintocco dell’orologio uno spillo nel mio povero cuore. »

Il fantasma più giovane osservò ammaliato il manto innaturalmente soffice e luminoso nel quale Re Boo sapeva mutare il proprio ectoplasma, sfoggiando una maestria ineguagliata da qualsiasi altro: comandava persino a ciascun pelo di ondulare, emulando la danza delicata di un vento leggero.

« Mi sei più caro di tutti i pipistrelli in tutte le grotte del mondo » continuò a ricoprirlo di lusinghe il sovrano. « Sei la marcia funebre delle mie esequie. » Riassunse infine la forma originale di boo, seppur dalla stazza ben maggiore rispetto a quella dei suoi sudditi, con la voluminosa corona sul capo come ornamento e simbolo del suo status, gli si parò dinnanzi e mormorò sommesso: « Senza di te, questa dimora e ogni altra mia magione sono soltanto vuote carcasse ».

Luigi increspò le labbra rosee in un sorriso intenerito e il dolore che si portava dentro si smorzò un poco al conforto che gli fosse rimasto qualcuno al mondo a riservargli tante premure, oltre al fido Poltercucciolo ai suoi piedi. « Anche tu mi sei mancato. » Fece scorrere un palmo sulla fronte glabra del suo amico e protettore prima di poggiarvi di nuovo la propria, permettendo alle loro anime di sfiorarsi ancora. La casa tremò una seconda volta.

Dopo un breve momento Luigi si ritrasse pudicamente e Re Boo, malvolentieri, lasciò che interrompesse il contatto. A stento il monarca riusciva a controllarsi quando l’anima candida e invitante del giovane si esponeva per concedergli un microscopico assaggio, una carezza, un bacino; bramava insinuarvisi fino al più intimo recesso incontaminato, esplorane ogni piega solo a lui dischiusa centimetro per centimetro, marcarla come sua e di nessun altro. Luigi era molto attento a testare le reazioni del suo spasimante, a capire fin dove spingersi per tenerlo sulla corda e ciascuna quantità di contatto elargita era accuratamente dosata: a volte veniva concessa una goccia di più, altre una di meno a sconvolgere lo struggimento famelico del re. Si trattava di una sfida e al contempo una tortura dal quale quest’ultimo disperatamente dipendeva, schiavo di una smania costante che lo distoglieva da qualsiasi altro appetito e che non gli dava pace.

« Che cosa desideri fare? » Re Boo domò i sensi in subbuglio e riacquisì aspetto antropomorfo, camminando nelle lucide scarpe in vernice mentre illustrava le opzioni ricreative della giornata: « Passeggiare nel labirinto di Meride? Esplorare i fondali del triangolo delle Bermuda? Visitare le catacombe di Parigi? ». Esattamente come Luigi aveva abbandonato la sua vecchia immagine e adottato uno stile più raffinato, il sovrano aveva deciso di rimodernare il guardaroba e passare a un look con meno fronzoli, pur mantenendo alcuni dettagli rétro come lo jabot e il panciotto. Anche l’acconciatura era stata rivista, accorciata e pettinata compostamente all’indietro. « Oppure vogliamo onorare la promessa fatta al caro vecchio Vlad di andare a prendere un tè al suo castello? Mi ha scritto righe appassionate su un concime organico di produzione locale che egli definisce portentoso. I suoi giardini sono i più rigogliosi di tutta la Romania. »

« Spaventù ci ha invitati per due calici di vino e un torneo amichevole » fu la controproposta.

L’entusiasmo di Re Boo si ridusse visibilmente, giacché quest’ultimo non nascondeva una certa intolleranza per il suddetto spostato che monarca si professava e che tuttavia mai lo era stato, né in vita né tantomeno dopo. « Bene, cedo a te il piacere del torneo mentre io mi occuperò del vino, se devo ancora assistere alla buffonata di quel mentecatto che si pavoneggia a cavallo di un’armatura vuota. Per non parlare di quando ci si mette a battibeccare. » Di fatto il destriero dello stravagante Spaventù altro non era che un involucro di ferraglia senz’anima e che tuttavia l’amorevole proprietario trattava come se fosse dotato di intelletto e senso dell’umorismo.

« Non minimizzare il caratterino di Incitatus » ridacchiò Luigi. « Spaventù mi ha raccontato che lo avrebbe nominato capitano della guardia reale, se fosse vissuto più a lungo. »

« Dubito che Spaventù abbia mai posseduto un cavallo, o una gallina. » La corona che l’impostore indossava fieramente era una copia di puro ectoplasma e il castello da egli infestato era appartenuto a un’altra dinastia reale ben più nota di quella dell’attuale abusivo. La fortezza sperduta e ormai fatiscente non aveva destato l’interesse di alcun boo sano di mente e Spaventù ne era stato il solo inquilino e padrone indiscusso per decenni, o addirittura secoli interi, che innegabilmente non avevano aiutato la sua salute psichica già sfavorita in partenza.

« Proverai a non mortificarlo come l’ultima volta? Non vorrai provocargli un’altra crisi. » L’ammonimento fu accompagnato da un’occhiata di critica.

« Mi ha accusato di essere ingiusto nei confronti di quella lattina vuota perché la stavo ignorando » obiettò stizzito il colpevole, perseguitato dal ricordo molesto di loro quattro seduti a tavola: Re Boo, Luigi, Spaventù e Incitatus, compostamente sistemato proprio accanto all’ospite meno indulgente che era stato costretto a tacere di fronte all’imperdonabile spreco di pregiatissimo vino per riempire anche il quarto calice. Spaventù aveva addirittura girato in direzione del collega la testa cigolante del rispettabile equino per agevolare la conversazione. « Mi vergogno che venga associato alla mia corte. È quasi imbarazzante quanto quel troglodita di Ug che da morto si è convinto di essere lo stesso dinosauro che lo ha divorato. »

« È eccentrico, ma innocuo. » Luigi si era incaponito nell’impresa di convincere Spaventù a trasferirsi in un rifugio più dignitoso, tuttavia il re travicello sembrava inamovibile. Né la garanzia di uno stile di vita migliore né quella di nuove amicizie e cavalieri da sfidare avevano avuto successo, ma il fantasmologo era ben deciso a non lasciare lo spettro testardo nell’autoesilio. « Gli occorre solo un ambiente più sano e stimolante » insistette con convinzione, sostenendo lo sguardo penetrante del monarca.

A dispetto delle antipatie, lungi da Re Boo rifiutarsi di assecondare i buoni propositi del suo prediletto che tanto si prodigava per la comunità dei non-vivi, dalla quale era sempre più amato e benvoluto, esattamente come si era prodigato in passato per quella dei vivi senza ricevere la meritata considerazione. Se poi ciò lo aiutava a tenere mente e cuore lontani dalla famiglia, meglio ancora. « Vorresti salvarli proprio tutti. » Gli cinse piano il mento tra l’indice e il pollice per affondare le pupille luccicanti negli occhi cerulei: una imitazione di ectoplasma modellata a soffocare dietro di essa la luce dell’anima valorosa del giovane. « Ti avverto però, mon précieux, di non riporre troppe speranze in alcuni, perché per loro potrebbe già esser tardi. »

« Non è mai troppo tardi » rispose determinato Luigi stringendo la mano nella sua. I lineamenti erano distesi in un’espressione serena e fiduciosa. « E se non posso aiutarli a riscattarsi, posso almeno intervenire affinché non rimangano abbandonati a se stessi. » Neppure la morte aveva potuto estinguere la scintilla di bontà che ardeva tenace nel profondo dell’ex paladino del Regno dei Funghi, grazie ai cui sforzi un numero di spiriti in costante aumento preferiva unirsi alle schiere di Re Boo. Si era sparsa ormai la voce tra i fantasmi del nuovo favorito del sovrano, dedito ad assistere i più deboli e in difficoltà, e il suo mecenate si accaparrava di giorno in giorno prestigio e possedimenti in ogni dove.

Il lugubre signore tentennò in preda a un'emozione e una commozione quali di rado aveva provato (cioè ogni volta che il timido Luigi lo sorprendeva con una tenerezza) e dovette soffocare l’impulso di guardarsi imbambolato la mano stretta; fu grato di non avere più una goccia di sangue in corpo a confluirgli nelle guance. Un sorriso sghembo gli sollevò il lato sinistro del labbro. « Considerato che non vi sia modo di depennare questa mission de sauvetage dall’agenda di oggi, penso che mi avvantaggerò con il vino. » Schioccò le dita e Ombretta fu rapida a consegnargliene una coppa che venne svuotata in un solo glug. « Naturalmente starà a noi fornire bottiglie e calici anche stavolta, immagino. »

« Portiamoci Poltercucciolo » suggerì il fantasma più giovane, udendo gli uggiolii affranti del canide che mal tollerava la solitudine. « Non credo che a Spaventù darà fastidio. »

« Dovremmo preoccuparci piuttosto di ricevere l’autorizzazione dal capitano della guardia reale. »

« Poltercucciolo è ben addestrato e conosce le buone maniere. » Se Luigi aveva seriamente colto il sarcasmo di Re Boo, non concesse a questi la soddisfazione. Si chinò su un ginocchio per vezzeggiare con vocina infantile il fedele cagnolino che reagì estasiato alle coccole. « Incitatus lo accetterebbe di sicuro, anzi, rimarrebbe talmente impressionato da nominarlo tenente. »

 

I resti smembrati del temerario Incitatus giacevano sparsi per la spoglia sala, insieme all’armatura che Spaventù aveva l’abitudine di indossare prima di scagliarsi in battaglia; alcune piastre si erano ammaccate e deformate a causa degli urti subiti. Tracce del brutale scontro consumatosi di recente erano visibili ovunque sulle pareti e sul pavimento: vetri in frantumi, tessuti dilaniati e mobilia distrutta.

Per la prima volta in morte sua, il docile canide ringhiò.

« Spero non vi dispiaccia, Sire. » Le labbra vermiglie della dama spettrale si arcuarono in un sorriso malizioso che, abbinato agli occhi di ambra infuocata, divenne assolutamente terrificante. « Le vostre visite si sono talmente diradate, e noi non vedevamo l’ora di fare la conoscenza del nuovo arrivato del quale siete così geloso. » Accoccolato tra un braccio esangue e il seducente décolleté stava un Poltermicio a tre code, intento a ricambiare l’ostilità del cucciolo con gelida imperturbabilità e una parvenza di vago disgusto.

« D’altronde, sembra che ormai preferiate la compagnia dei reietti alla nostra » aggiunse l’unico elemento maschile del trio di intrusi, rivolgendo uno sguardo di disprezzo al misero Spaventù ormai regredito alla condizione originaria di boo per via dello choc e rintanato tremante dietro un tavolo ribaltato e rosicchiato dai tarli.

« Sono stato molto impegnato » rispose atono il monarca, permettendo infine al portale alle sue spalle di richiudersi con un sibilo sottile. La fuga non era un’opzione da calcolare.

« Chiaro » fece la seconda donna, rivolgendo un’occhiata eloquente all’accompagnatore del signore oscuro.

« Visto che siamo in sede di presentazioni… » Re Boo ruotò elegantemente il polso in direzione del suo prediletto. « Vi trovate al cospetto di Luigi Mario, cavaliere del Regno dei Funghi… »

« Il cacciatore di fantasmi?! » proruppe incredulo il grosso spettro selachimorfo con file di denti taglienti e minutamente seghettati. L’orbita destra, quella scoperta dalla benda, si accese come un tizzone ardente.

« Ex cacciatore di fantasmi » lo corresse il sovrano, indurendo lo sguardo per essere stato interrotto.

« Curioso che un sacco di carne che ci odiava tanto ora razzoli in mezzo a noi così volentieri » commentò l’altro con sospetto, tratto in inganno dall’abilità di Luigi di simulare aspetto vivo, prima di identificarsi con un abbozzo di inchino, senza recidere il contatto visivo. « Capitan Giacomo Sperone, Terrore dei sette mari e mezzo, Diavolo degli abissi, ormai noto con il nome di Spiritato, per ovvi motivi. » L’uncino che aveva al posto di una pinna pettorale luccicò sinistramente alla luce soffusa delle torce.

« Molti hanno incontrato il Game Over per sua mano » precisò Re Boo.

« Ectopatra Serpentiti VII » si presentò la donna in vesti esotiche, senza chinarsi. « Detta anche la Velenosa o l’Incantatrice delle sabbie, ultima Regina della XVIII dinastia sarasiana. » Avvolto intorno al capo aveva un sinuoso diadema a forma di cobra a testimoniare la carica dichiarata.

« Moltissimi hanno incontrato il Game Over per sua mano. »

Lo spettro ignoto levitò adagio dinnanzi a Luigi, senza degnare di considerazione il ringhio di avvertimento da parte di Poltercucciolo, e distese con grazia un arto cadaverico. « Contessa Malberta Crisantemi » disse soltanto con voce bassa e carezzevole come le fusa di un felino. Il Poltermicio era intento a scrutare il giovane coi suoi occhi glaciali, immobile nella presa della padrona.

« Innumerevoli hanno incontrato il Game Over per sua mano. »

Luigi, aggrappato al proprio autocontrollo a dispetto della tensione circostante, corrispose lo sguardo inquisitore della dama ed eseguì una composta riverenza, avvicinando alle labbra il dorso della mano offerta per sfiorarlo appena. Con un guizzo repentino, il gatto mosse una zampa artigliata e incise tre solchi profondi sul volto del giovane che trasalì, caduto nel tranello: sebbene questi si coprì prontamente la faccia con un palmo, l’assenza di una singola stilla di sangue versata era incontrovertibile. Poltercucciolo scattò adirato, ma la donna scivolò via per ristabilire le distanze, facendo scorrere il bordo dell’abito sul pavimento.

« È un nostro simile! » esclamò Capitan Spiritato, onestamente stupito, poi, compreso infine di essere stato regalmente preso per i fondelli, si alterò. « Che scherzo è questo? »

Re Boo avanzò di un passo verso i tre intrusi che si erano compattati in un punto dello squallido salone. « Mi costringi a scusarmi per la tua condotta, astuta Malberta. » Le pupille iridescenti baluginarono minacciose nelle fosche cavità orbitali.

Il sorriso sul volto della dama era svanito e i lineamenti spigolosi irrigiditi in un ritratto di risentito contegno. « Perché tenerci all’oscuro dell’identità del vostro favorito? Noi, i più vicini alla corona, non abbiamo forse diritto di sapere per primi a chi avete concesso tale importanza, anziché racimolare i pettegolezzi di corte? » Il Poltermicio saltò a terra per leccarsi le unghie che un minuto prima aveva piantato in faccia al giovane deceduto, ignorando con sdegno i latrati iracondi di Poltercucciolo paratosi di fronte al suo padrone.

« Mia cara, preferisco tenere le faccende private alla portata di meno orecchie possibile. Ad ogni modo, a tempo debito, avrei permesso alla notizia di circolare liberamente e organizzato questo incontro in una sede appropriata » garantì lo spettro re. « Luigi si sta ancora accostumando al nostro stile di vita. »

« Sua Misteriosità desiderava solamente godersi un po’ di intimità col nuovo gioiellino » ridacchiò la bella Ectopatra con tono suadente, incrociando le braccia adornate da vistosi bracciali. « Riconosco che ha buon gusto. » La spettrale regina e probabile antenata di Daisy sembrava l’unica positivamente intrigata dall’inaspettato risvolto, come una casalinga alla visione del suo dating-show preferito.

« Tanto disturbo per il nuovo trastullo del re? » sbuffò il gigantesco squalo, irritato per aver involontariamente recitato la parte del paparazzo della situazione. « Mi sarei volentieri risparmiato l’attesa in questa sudicia topaia. »

« Sbagli, Capitano. » Sebbene il tono di voce fosse rimasto subdolamente piatto, gli occhi del lugubre sovrano ribollivano intimidatori. « Luigi è molto di più e, d’ora in avanti, ti rivolgerai a lui per nome, col garbo che gli si conviene. »

« Il mio garbo, come il mio rispetto, non sono privilegi vincolati al talamo reale, Maestade. Se li vuole, » si rivolse al diretto interessato, « se li deve guadagnare ». Spiritato drizzò la schiena con fierezza. « Non tratterò coi guanti di velluto l’ultimo arrivato solo perché è entrato nelle grazie del re, men che meno un novellino fresco di dipartita che fino a pochi anni fa si fregiava del titolo di cacciatore di fantasmi. Buffa la sorte, no? »

Luigi si interpose, affiancandosi nuovamente al suo protettore. « Faccio ammenda ogni giorno per i torti del passato. Non potrò mai cancellare quello che ho fatto, e comprendo la vostra diffidenza. » Gettò infine la maschera: le unghiate inflitte dal Poltermicio si rimarginarono all’istante, il naturale pallore dell’ectoplasma affiorò a coprire ogni centimetro di pelle, baffi e capelli e i falsi bulbi oculari si smaterializzarono, rimpiazzati da finestre luminose. « Intendo meritarmi la vostra fiducia dimostrandovi di non essere più colui che un tempo terrorizzava la comunità fantasma. »

« Bando alle ciance! » Spiritato si spazientì e rivendicò il degno scontro che era venuto a cercare. « Se quanto detto dal nostro sovrano corrisponde a verità, se sei davvero un pretendente al trono… » Puntò l’uncino affilato contro l’avversario, lanciando ufficialmente la sfida. « Allora provami sul campo di esserne all’altezza! »

« Come siete ruvido, Capitano » sospirò l’avvenente sarasiana, avvezza al temperamento ruggente del collega. A differenza dei due compagni, la placida Ectopatra era stata mossa da semplice curiosità e non sembrava interessata alla battaglia.

« Spiritato ha ragione » convenne invece Malberta, sistemandosi la stola di pelliccia intorno alle spalle scoperte. Un’ira trattenuta saettava negli occhi ambrati. « Non accetterò a testa bassa che un ragazzino ambizioso mi calpesti, nemmeno se si tratta del favorito di Vostra Oscurità. Se costui un giorno sarà nella posizione di dare ordini, dovrà prima oltrepassare me. » Come se avesse risposto a un comando silente, l’infido Poltermicio divenne improvvisamente aggressivo: si drizzò su tutte e quattro le zampe, incurvò il dorso, puntando lo sguardo affilato sul colpevole della frustrazione nella sua amata padrona, e soffiò.

Poltercucciolo ringhiò di rimando.

L’avversario si tramutò in una pantera mostruosa, col torace tozzo e gli artigli anteriori lunghi come falcetti, e produsse un ruggito che scosse la stanza.

Il cagnolino si trovò obbligato a rivedere le sue scelte di vita, ammutolendo incerto.

I tre comandanti risero divertiti. « Un inizio promettente » schernì Spiritato. « Voglio proprio vedere se riuscirai a offrirmi un ballo più decente di quel delirante grumo di feccia là dietro. » Indicò lo sfortunato Spiritù con un cenno del capo.

Luigi serrò i pugni, avendo finalmente individuato il responsabile. « Sei stato tu? »

« Oh, mea culpa. La cosa va contro i tuoi nobilissimi ideali di recupero e reinserimento sociale delle pecorelle smarrite. » Il giovane sfrontato ridusse a piedi la distanza tra loro e il capitano fece altrettanto, nuotando adagio nell’aria, sino a incrociarsi a metà strada.

« Non c’era bisogno di infierire fino a questo punto » disse Luigi col mento in su, coperto dall’ombra imponente del carcarodonte intento a squadrarlo dall’alto scettico con l’unico occhio esposto.

« È stato lui ad attaccare per primo » furono le parole a scivolare tra le file di denti acuminati. « Mi sono semplicemente difeso. » Lo scempio tutt’intorno e il ghigno crudele stridettero orribilmente con la spiegazione.

« Allora non sareste dovuti entrare. »

La Poltersciabola si accovacciò agitando le code sinuose e fece vibrare il petto in un ringhio cupo, bramosa di conficcare di nuovo gli artigli in quel visino accigliato.

« Ci butterai fuori tu? Vorrei che ci provassi » continuò implacabile Spiritato, deciso a graffiare nervi scoperti. « Perché ti interessi tanto a quelli come lui? Sono fallimenti che non sarebbero dovuti rinascere, sgorbi, malriusciti. Ci fanno soltanto un favore a restarsene alla larga. La verità è che ti importa di loro quanto ne importa a me. Lo fai unicamente per te stesso: una recita per gratificare il tuo ego. O forse c’è qualcosa in loro, incompresi e abbandonati, che ti ricorda proprio te? Se è così, raderò al suolo questo rudere sino alle fondamenta con immenso piacere. »

Luigi avvertì un’onda di gelo pervaderlo, un furore sepolto nel profondo e ridestato sgorgò dalla voragine che si portava dentro e si espanse in ogni fibra della sua anima. Non poté contenerlo. Lo lasciò uscire. Impregnò l’aria circostante. Riempì la sala intera. Si insinuò fra le crepe nella pietra. Le torce si estinsero una dopo l'altra e l'oscurità inghiottì i presenti.

Re Boo, rimasto in secondo piano ad osservare attento l’evolvere della scena, sorrise. Schioccò le dita e fiamme bluastre comparvero al posto del fuoco naturale a rischiarare l’ambiente con la loro luce sottilissima.

L’atmosfera era radicalmente cambiata, a partire dalle espressioni dei comandanti che avevano infine rivalutato le capacità del loro opponente e assunto posizione di guardia, compresa l'inquieta Ectopatra al sentore dell’aura oscura irradiata dal giovane. Spiritato era addirittura arretrato di qualche metro per evitare di esserne investito. Malberta fu la prima a riscuotersi infuriata e con l’indice teso sibilò l’ordine al suo animaletto; curiosamente, i tratti del viso si erano affilati insieme alle unghie smaltate, svelando un aspetto stregonesco sotto la facciata di ectoplasma e make-up.

La Poltersciabola si avvicinò spavalda all’obiettivo, ma venne prontamente intercettata dal leale Poltercucciolo che si piazzò accanto al padrone, tornato in sua difesa malgrado l’apparente svantaggio fisico. Il felino indugiò un attimo, assottigliò le palpebre, seccato dal flaccido tentativo di rivalsa, e fece infine per prepararsi ad attaccare. D’improvviso, in reazione al contatto con Luigi, il corpo del canide si gonfiò e acquistò in pochi istanti la mole possente di un orso. Le tre teste zannute del Poltercerbero ringhiarono all’unisono, ribadendo il messaggio forte e chiaro.

La Poltersciabola accantonò umilmente la strategia di un assalto frontale.

« Accetto la sfida, » dichiarò calmo Luigi, la cui voce suonò distorta, grave, terribilmente simile a quella dello spettro re, « ma non qui ». Si diresse verso l’angolino nel quale Spaventù aveva trovato provvisorio rifugio e si calò su un ginocchio per constatare da vicino l’entità dei danni sofferti, mentre ciascuna testa di Poltercerbero si accertava torva che i seccatori sarebbero rimasti al loro posto per il tempo necessario.

« Incitatus… » mormorò con sguardo perso il boo, stringendo la testa metallica separata dal resto della corazza come un soldato che sorregge il corpo di un caro amico caduto sotto le armi.

« Non preoccuparti, lo faremo tornare come nuovo. » Lo consolò dolcemente. « Gli faremo forgiare un’armatura più bella e resistente, degna di un campione. Sarà l’invidia di tutti i cavalieri di corte. » Si rialzò per rivolgere un’occhiata a Re Boo che annuì in segno d’intesa, compiaciuto oltre le aspettative.

Il sovrano si preparò dunque a spostare i competitori su un campo di battaglia più adatto. Si leccò le labbra, ansioso di godersi i frutti di anni di rigoroso addestramento personalmente impartito. Gli farà bene sfogarsi un po’.


Nota d’autrice:

Nel Medioevo i cavalli venivano distinti non in razze ma in base alla loro funzione:

  • il destriero era il cavallo da guerra e da giostra (torneo medievale), adibito alla cavalleria pesante, così chiamato perché veniva condotto con la mano destra da uno scudiero affinché il cavaliere potesse inforcarlo al momento della battaglia, di mole considerevole e andatura lenta, addestrato con grande cura a sopportare il peso dell'armatura, il rumore e l’odore del sangue;
  • il corsiero era il cavallo portato alla corsa (c. da lancia) e ad andature sostenute, veniva utilizzato spesso nei tornei per la sua mole comunque considerevole e anch’esso doveva essere forte e robusto per essere adoperato in battaglia;
  • il palafreno, detto anche "cavallo da posta", era per antonomasia il cavallo adibito per i viaggi, le parate e l'uso quotidiano, in grado di percorrere lunghi percorsi con un peso moderato in groppa, veloce nel trotto per essere utilizzato anche durante per la caccia;
  • il ronzino e il somiero erano cavalli di poco pregio, resistenti e di indole tranquilla, usati per il trasporto notevole di bagagli, carri e attrezzature personali del signore.

 

Malberta Crisantemi, Poltermicio, Capitan Spiritato, Ectopatra, Re Spaventù [Luigi’s Mansion 3] © Nintendo

Poltercerbero © koopafreak

  
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