Premetto che questa è la mia primissima fanfiction e nonostante sia una grandissima fan di stargate molte cose potrebbero risultare inesatte. Aggiungo anche che io non capisco assolutamente nulla di tecnologia o computer o fisica, quindi se compariranno strafalcioni o complete idiozie non ridete troppo né prendetevela. Godetevi la storia.
I personaggi non mi appartengono e questa storia è scritta senza scopo di lucro
I capitolo:
“Porc…
perché tutte a me? Dio!”
“Mi sta
dicendo che finalmente è riuscito a trovare
Atlantide?” il professor Sorni si
tolse gli occhiali ed iniziò a ripulirli di nuovo, per la
terza volta, lo
faceva sempre quando era nervoso. I suoi occhietti miopi si puntarono
in quelli
del giovane dottor Daniel Jackson. Sorni aveva collaborato da lontano
al
progetto Stargate, era stato il consigliere di Jackson, ma in
realtà non aveva
mai lasciato la scrivania della sua Università dove
insegnava archeologia.
Jackson, nonostante tutte le cose che aveva visto in dieci anni di
missioni
extramondo, era eccitato come un bambino: “Sì,
professore. Ho trovato l’ottavo
simbolo e, come avevamo ipotizzato, è in un’altra
galassia, Pegaso per la
precisione.” La temperatura nel piccolo studio affollato di
carte e piccoli
oggetti antichi aumentò. “Dunque quello che le sto
chiedendo è solo di venire
per un po’ con me in Antartide per qualche giorno, per vedere
come vanno le
cose. Lì valuterà lei se entrare nella squadra.
Venga a dare un’occhiata è ora
che i suoi sforzi siano ricompensati.” Il professore
aggrottò la sua fronte già
precocemente segnata da profonde rughe. Nei suoi sessantacinque anni di
vita la
sua ipocondria galoppante e la forte paura dei cambiamenti lo avevano
sempre
frenato e ancora adesso, nonostante la voglia di far parte nella
più importante
missione dell’umanità dove solo lui avrebbe
rappresentato l’Italia, le sue
fobie lo frenavano. Daniel sapeva tutto questo, ma era anche
consapevole che
forse solo lui superava Sorni in conoscenze, e lui non poteva far parte
della
missione Atlantis, l’SG1 richiedeva ancora la sua presenza.
“Professore,
oltretutto lei ha anche il gene degli Antichi. Abbiamo bisogno di
chiunque lo
possegga. Professore solo una prova, se non se la sente poi
nominerò qualcun
altro. Ma la prego venga in Antartide, sono sicuro che una volta
là non riuscirà
a dirmi di no” Combattuto dalla sua curiosità di
scienziato e le sue paure da
uomo, il professore fissò lo strano marchingegno che aveva
davanti. La sera
prima aveva impiegato un’ora per concentrarsi
sufficientemente per attivare il
congegno degli antichi col suo gene. Una cosa rara, e preziosa se si
voleva
fare una spedizione per contattare la civiltà che aveva
costruito gli stargate.
L’oggetto era stato ritrovato in Antartide nella base degli
Antichi, scoperta
fortuitamente l’anno prima dall’SG1. Dalle scritte
che lo ricoprivano si era
rivelato un piccolo database dove erano conservate la lingua e alcune
conoscenze base, ma non si poteva sapere quanto era conservato
perché nessuno
alla base né il professore Sorni era riuscito a mantenere la
concentrazione
tanto da far scaricare il materiale nella mente della persona che lo
attivava.
Questo si pensava dovesse fare, almeno secondo Rodney McKay la mente
più
brillante (e presuntuosa) nel campo fisico e tecnologico. Doveva essere
come
una scatola del tempo per quando gli esseri sulla Terra sarebbero stati
pronti
a ricordare il popolo più importante che fosse mai vissuto
dopo che questi
erano ascesi. Avevano già incontrato qualcosa di simile e
Jack quasi ci aveva
lasciato le penne, ma questo doveva essere molto più
contenuto e sopportabile
la mente umana.
“Devo dire
che la cosa mi alletta parecchio, dottore. Sono molto onorato che
pensando alle
persone più preparate tra tutto il mondo abbia scelto
proprio me. Ma devo
ancora pensarci. Potrebbe darmi una settimana?” Daniel
rinunciò e con un
sospiro annuì, se non fosse riuscito a convincere Sorni
sarebbe stato costretto
a mettere qualcun altro al suo posto e sinceramente non sapeva chi.
“Adesso mi
aggiorni su come vanno le cose da voi” Stava per farlo quando
sentì un forte
rumore di qualcosa che cadeva fuori dalla porta ed una voce che diceva:
“Porc…
perché tutte a me? Dio!” Daniel che capiva
perfettamente l‘italiano insieme ad
altre ventidue lingue, rimase sorpreso che ci fosse qualcuno fuori e
soprattutto del linguaggio non certo accademico. Era l’ora di
pranzo e aveva
scelto proprio un momento in cui era certo che non ci fosse nessuno,
ovvero un
giorno di agosto inoltrato. Si girò con aria interrogativa
verso il professore “Oh,
tranquillo Jackson. È la Satriani, una mia studentessa che
mi fa da segretaria
dal momento che la mia è andata in maternità.
Geniale, ma un po’ imbranata, ma
ha una grande testa, anche se a volte sembra uscita da
chissà quale epoca.
Forse se fosse stata più vecchia e avesse già
finito gli studi avrebbe potuto
portare lei. Nonostante abbia finito solo il primo anno promette bene,
peccato.
Ma adesso nasconda il suo giocattolo” Jackson prontamente se
lo infilò in
tasca, dopotutto non era più grande di un telefono
cellulare. Pochi secondi
dopo si sentì bussare alla porta: “Scusi
professore, qui ci sono i fogli che mi
aveva chiesto. Mi scusi non sapevo che avesse ospiti”. Era
una ragazza mora,
con la coda di cavallo, maglietta raffigurante wolverine e jeans
lunghi,
nonostante il caldo. Non proprio magra, anzi più rotondetta
che secca, il
classico corpo mediterraneo da matrona romana, pensò Daniel
anche se non così
abbondante. Le piacque, il modo impacciato della ragazza, gli ricordava
lui una
ventina di anni prima, prima di passare dieci anni nell’SG1.
Aveva un che di
casual, di fuori dagli schemi ed assolutamente fuori moda. Posò le carte
sulla scrivania e poi si girò
per andarsene, ma esitò combattuta dalla sua naturale
timidezza. Alla fine fece
un profondo respiro ed in un inglese reso zoppicante
dall’agitazione chiese a
Daniel diventando del colore dei pomodori maturi:
“Le…lei è il professor
Jackson, vero? Quello della teoria della comunione delle
razze?” Daniel si
aggiustò gli occhiali sul volto simpatico e fece un sorriso
rassicurante: “Sì
sono io fa piace sapere di essere letti anche all’estero.
Molto piacere
conoscerla”.
Si alzò per
stringerle la mano ma appena si avvicinò il
“cellulare” che aveva in tasca
iniziò a scaldarsi a tal punto da bruciarlo. Fu un movimento
istintivo che lo
portò a mettersi la mano in tasca e lanciare
l’oggetto incandescente il più
lontano da sé. Ma questo una volta a terra iniziò
ad emanare luce e scaldarsi
ancora di più fino a lasciare una bruciatura nel prezioso
tappeto persiano.
Tutto questo non era durato che qualche secondo, non abbastanza da far
allontanare la povera ragazza che guardava con gli occhi spalancati
l’oggetto e
troppo pochi anche per farla spostare fuori dalla traiettoria del
raggio di
luce che la investì.
Si alzò a
fatica dal pavimento e vide davanti a sé il dottor Jackson
che la guardava
inginocchiato davanti a lei e Sorni che le stava versando un
po’ del suo
famigerato brandy che nascondeva nello stipo del suo armadio. Daniel le
passò
il bicchiere da cui lei bevve un sorso: “Cosa, diavolo,
è successo?” Una fitta
lancinante le perforò il cervello ma come era venuta se ne
andò via, non senza
averla lasciata senza fiato. Iniziò a tempestarli di
domande, ma invece di
risponderle i due la guardavano sorpresi. Il primo a parlare fu Sorni:
“Jackson,
sono pazzo o anche a lei questo sembra Antico?” Daniel
annuì: “Sì incredibile,
mi sono solo avvicinato e lei è riuscita a scaricare le
informazioni, senza
neanche concentrarsi- le prese il viso tra le mani- adesso
ascoltami…” Vedendo
il suo viso terrorizzato chiese a Sorni come si chiamasse di nome:
“Alice” “Alice,
ascoltami. Concentrati, separa i dati, ci puoi riuscire,
tranquilla” La
ragazza, gli fissò gli occhi, e piano piano si
calmò. Il respiro le tornò
normale e fu aiutata a sedere sulla poltrona di pelle in uno degli
angoli dello
studio. Jackson prese una sedia e la trascinò davanti a lei:
“Adesso riesci a
distinguere le idee che hai in testa?- e al suo cenno di assenso
continuò- sai
che cosa ti è successo?” la ragazza fece un
profondo respiro: “Sì so che
cos’è
il Tremigal” “Si chiama così?
Tremigal?” “Sì, si chiama
così dal nome del suo
inventore. La conoscenza che era contenuta nel Tremigal è
dentro di me, adesso.”
“Hai tutta la conoscenza degli Antichi?” Sorni si
asciugava con il fazzoletto
la fronte imperlata di sudore. La ragazza scosse la testa:
“No, è…come posso
dire…come se fosse un libro delle elementari,
c’è un pezzo della loro storia e
della loro lingua. L’avete trovato a Spirmit, cioè
in Antartide? Cosa diavolo
sta succedendo, ho conoscenze di un popolo che viaggia per lo spazio,
ma non ha
senso. Cosa diavolo sta succedendo?”
Sorni si chinò per raccogliere il Tremigal
ormai inutile avendo portato
a termine il suo compito. “Sei nei pasticci piccola Satriani,
ecco che succede”