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Autore: meilunye    04/01/2020    1 recensioni
{ Minamisawa Atsushi/Doug McArthur x Kurama Norihito/Michael Ballzack }
Il suo era amore sincero o solo possessività? Gli era impossibile distinguerli, anzi spesso e volentieri gli sembrava persino di odiarlo dal più profondo del cuore per il modo in cui lo faceva soffrire di proposito. Eppure, per quanto fosse bugiardo, effimero e sbagliato, quel rapporto gli apparteneva.
E questo vano senso di possesso era l’unica ragione per cui si trascinava dietro quel patetico siparietto.

{ Scritta usando i prompt del Writober 2019 di Fanwriter.it (combinando il #4 della pumpINK (Champagne) e il #29 della pumpFIC (Fake Boyfriend). }
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kurama Norihito, Minamisawa Atsushi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II

« Quello è pazzo ».

Hamano nascose il viso dietro a uno dei maglioncini esposti, in modo che solo Hayami potesse vederlo alzare gli occhi al cielo. « L’hai già detto almeno mille volte », disse, « Abbiamo capito ».

« No, non avete capito », Kurama smise di torturare il polsino di una camicia appesa e si tamburellò con un dito sulla tempia, per enfatizzare il concetto. « Quello. È. Pazzo ».

Hayami sollevò lo sguardo dalle proprie scarpe e incrociò il suo. Rannicchiato sulla poltroncina al centro della corsia, sembrava persino più minuto del solito. « Invece io trovo che sia stato carino... », si azzardò a dire, per poi aggiungere: « Quasi! », prima di essere spennato vivo.

Kurama, come da copione, lo fulminò con un’occhiataccia. « Carino? », ripeté, « “Carino”, hai detto? Cosa c’è di carino in uno stalker che ti chiama alle tre di notte solo per invitarti a una stupida cena? ».

Hayami si strinse nelle spalle. « Magari è la sua maniera di scusarsi visto che ti dà sempre buca ».

Hamano annuì con un cenno del capo, concorde. « Dopotutto », non perse l’occasione per rincarare la dose, « Non è normale che due fidanzati siano emozionati all’idea di uscire assieme? ».

Kurama, intento a ispezionare l’ennesima camicia bianca, ne strinse le maniche fra le dita con tanta forza da rischiare di strappare la cucitura. Rimise la gruccia al suo posto con uno scatto. « Sapete benissimo che non siamo una coppia », ricordò. Loro due erano gli unici a conoscere tutti i dettagli di quella finta relazione, in quanto suoi migliori (e, beh, unici) amici. « Vorrà solo impressionare qualcuno ».

Hayami si sistemò gli occhiali sul naso. « Tipo? », chiese.

Fu il turno di Kurama di fare spallucce. « E che ne so?! », sbottò, « Ci sarà un ritrovo di qualche nostra fan? Un ex compagno del liceo? Una sua ammiratrice di cui vuole liberarsi? Oppure vuole solo far vedere che è schifosamente ricco ».

I suoi amici si guardarono, poco convinti.

« Adesso sei tu quello che inizia a sembrare pazzo, però », commentò Hamano, scuotendo la testa.

« Già », convenne Hayami, « Secondo me, vuole farti una proposta seria ».

Quelle parole così sincere dette a bruciapelo fecero strozzare Kurama con la sua stessa saliva. Tossì per qualche secondo, Hamano che gli assestava forti pacche sulle spalle per aiutarlo, e tutti i clienti del negozio si voltarono a squadrarli come avvoltoi.

« Che?! », riuscì soltanto a formulare, con voce strozzata.

Hamano si trovò costretto a concordare con il suo amico. « A dire il vero, mi sorprende che non l’abbia ancora fatto », disse.

Kurama scosse la testa in modo frenetico. « Terra chiama Hamano? », protestò, « Perché dovrebbe dichiararmi i suoi sentimenti se di fatto non prova niente per me? E questo l’ha dimostrato ampiamente, non potete negarlo ».

La sua spiegazione non persuase Hayami. « Però, scherzi a parte, non ti sembra strano che fosse tanto agitato? », osservò, « Se non è la prima volta che ti invita a cena, non avrebbe alcun motivo di sentirsi così ».

« Tu sei sempre agitato, eppure non c’è quasi mai una ragione logica per esserlo », fu la risposta secca di Kurama.

Hayami spalancò la bocca per l’offesa, la sua indignazione palpabile persino attraverso le spesse lenti a fondo di bottiglia. Fu Hamano a intervenire per calmare le acque, temendo potesse esplodere un litigio da un momento all’altro. « Okay, su questo ha ragione », ammise, « Ma Minamisawa non mi sembra il tipo, sai? Sicuramente sta tramando qualcosa ».

Kurama negò ancora. Tornò a concentrarsi sulla trafila di camicie identiche, allineate sull’appendiabiti in perfetto ordine come piccoli soldati bianchi.

« Vi sbagliate », disse, troncando di netto la conversazione.

Non aveva la minima idea di cosa fare. Erano entrati in quel negozio ore prima, alla ricerca dei famosi “vestiti eleganti” che gli aveva raccomandato Minamisawa e che lui, vista la sua inesistente vita sociale, non possedeva affatto. Tutto ciò che indossava per le foto scattate assieme al suo presunto fidanzato gli era stato imprestato da lui o da Hikaru, senza eccezioni.

Quindi si ritrovava alla deriva - non solo era così inesperto di moda da non sapere neppure cosa potesse essere definito “elegante”, ma non riusciva neppure a convincersi a comprare un solo capo. Tutto gli sembrava così… fuori luogo e inadatto a lui. « In ogni caso, io odio la moda. L’ho mai detto? », si lamentò.

Hamano ridacchiò con sarcasmo. « Più o meno ogni giorno da quando “state insieme” », si assicurò di mimare le virgolette con le dita in modo da evitare ogni possibile correzione o rimprovero da parte di Kurama.

« Forse posso darvi una mano io? », giunse da lontano la voce della loro salvatrice.

Una commessa si avvicinò con un sorriso smagliante, e mai in vita sua Hamano fu felice di accettare l’aiuto altrui come in quell’infinito pomeriggio.


Fissava il suo riflesso nello specchio da un’eternità.

La persona che gli stava di fronte non gli sembrava un’immagine di se stesso, quanto piuttosto un perfetto estraneo di cui ignorava del tutto l’identità.

Quello non poteva essere lui. Non con quei capelli pettinati alla perfezione, invece del suo solito cespuglio indomabile, o con quel completo elegante che lo stringeva dappertutto, al posto delle comode felpe che tanto adorava indossare quotidianamente.

Doveva essere impazzito del tutto per conciarsi in modo così assurdo solo perché glielo aveva chiesto Minamisawa. “I sentimenti ti trasformano davvero in un idiota”, pensò, odiandosi all’istante per essere così debole.

Trovò finalmente le forze di uscire dal bagno. Aprì la porta e, al primo passo che osò muovere all’interno della sua camera da letto, venne investito da un fischio di approvazione di Hamano.

« Wow », commentò, « Dici di non tenere affatto a Minamisawa e ai vostri finti appuntamenti, però ti sei messo in ghingheri sul serio, eh? ».

« Taci », rispose Kurama in un tono talmente furioso da sembrare una minaccia di omicidio.

Prima che chiunque potesse aggiungere altro, da lontano suonò il campanello. Era giunto il momento. Il patibolo lo aspettava.

Raggiunse l’ingresso con i suoi due amici al seguito, immaginando di ritrovarsi davanti un brutto muso e degli insopportabili capelli viola. Invece, un signore dall’aria attempata si inchinò sulla sua soglia, con esagerata formalità.

Le certezze di Kurama vennero spazzate via in un soffio, peggio di un castello di carte in equilibrio precario. « Ma che accidenti... », provò a dire, prima che l’uomo scattasse di nuovo in piedi come una molla.

« Il suo servizio di taxi limousine è arrivato, signor Kurama », lo interruppe.

Kurama colse l’opportunità per osservarlo meglio. Era agghindato come un maggiordomo di classe, e nonostante i pochi capelli sulla nuca aveva un aspetto infinitamente più distinto di quanto fosse riuscito a ottenere lui con ore e ore di spazzola, pettine e gel. Sembrava balzato fuori da un libro di favole.

Un attimo… taxi limousine?!

« Ci dev’essere un errore », disse Kurama, lanciando un’occhiata carica di terrore ai suoi amici rimasti all’interno, « Io non ho ordinato nessun... ».

« Lo so », gli tolse ancora la parola lo sconosciuto, « Sono qui su richiesta del signor Minamisawa Atsushi ».

Seguì un minuto di silenzio, in cui il cervello di Kurama andò in black out totale. Gli sembrava di essere stato catapultato in un romanzo rosa, in cui la protagonista povera si innamora del ricco principe, si sposano e hanno una vita piena di figli stupendi, cagnolini e campi da golf privati.

« Signor Kurama? », l’autista richiamò la sua attenzione, picchiettando con l’indice sull’orologio da polso. « Mi scusi, la prego di salire, siamo in ritardo ».

« Oh, certo », mormorò Kurama d’istinto, senza pensare a cosa stesse per succedere. Salutò i suoi amici con un cenno della mano, lasciandoli da soli in casa sua, e salì sulla limousine. L’uomo gli aprì persino la portiera per farlo accomodare meglio, poi salì a bordo e partirono in un baleno.

Come dire, era piuttosto… figo. Ecco, “figo” era l’unica parola che gli venisse in mente, anche se in fondo al suo animo una voce insistente gli ricordava la cifra astronomica che Minamisawa doveva aver speso per offrirgli quel servizio.

Per quale motivo, poi? Anche la vanità di un narciso come lui avrà avuto un limite, giusto? A quanto pareva no, era un abisso senza fondo.

Il viaggio non fu meno imbarazzante del previsto. Benché viaggiare in limousine lo facesse sentire un signore, da soli non c’era alcun gusto. Era come restare chiusi in una stanza, però su quattro ruote.

Arrivarono dopo pochi minuti e Kurama scese da solo, senza aspettare aiuto. Il mezzo ripartì immediatamente, abbandonandolo sulla soglia del ristorante. Alzò gli occhi verso l’insegna, e il dubbio che già covava dentro di sé trovò conferma - era il più costoso e lussuoso dell’intera città. Lo sospettava, ma vederlo dal vivo era una pugnalata al petto.

Come avrebbe fatto a pagare la propria cena? Avrebbe mangiato il minimo indispensabile e pregato di non spendere l’intera eredità della sua discendenza in una sola serata. Non aveva altra scelta.

Mosse qualche passo incerto sulla piazzola. Le risate degli ospiti seduti nel dehors del locale riecheggiavano tutt’intorno a lui, tingendo l’atmosfera di un’ilarità che tanto stonava con il silenzio in cui era stato immerso fino ad allora.

« Eccoti, finalmente ».

Kurama si voltò di scatto. Minamisawa era in piedi di fronte a lui, completamente trasformato. Dovette trattenersi dall’esplodere in un attacco isterico come facevano le ragazzine in presenza del ragazzo più attraente dell’istituto.

Se di solito era bello, in quel momento era semplicemente stupendo. I vestiti eleganti (fortunatamente simili a quelli che aveva scelto lui) gli calzavano a dir poco a pennello, e i capelli erano stati acconciati con la stessa cura che vi avrebbe dedicato un modello di fama mondiale.

E Kurama non era mai stato innamorato come adesso, fermo nel bel mezzo della strada, mentre lo fissava a bocca aperta incapace di controllare le palpitazioni del proprio cuore.

Doveva sforzarsi di mantenere un po’ di contegno. Abbassò di scatto lo sguardo, puntandolo a terra, e deglutì con fermezza. « S-sì », mormorò.

La mano di Minamisawa entrò nel suo campo visivo e cercò la sua, stringendola con una delicatezza insolita. « Andiamo, allora », lo invitò, iniziando a trascinarlo verso il locale. C’era qualcosa nel suo tocco che gli trasmetteva sicurezza, e forse fu proprio per questo che Kurama si lasciò condurre e lo seguì senza battere ciglio.

Un cameriere li accolse all’ingresso, e non appena Minamisawa comunicò il nome con cui aveva prenotato, li accompagnò al tavolo.

Kurama prese posto a sedere, cercando di sollevare la sedia con quanta più attenzione possibile per non emettere il benché minimo rumore. L’atmosfera era già abbastanza pesante senza che attirasse su di sé attenzioni indesiderate.

« Allora, dimmi », esordì Minamisawa, interrompendo i suoi pensieri. « Ti piace? ». Anche lui si era accomodato in silenzio, rapido come un fulmine, e sul suo viso era ancora stampato quel mezzo sorriso affascinante che negli anni mieteva decine di vittime.

Kurama teneva lo sguardo basso, incapace di sostenere il suo. « Potrei forse dirti di no? », borbottò.

Era ovvio che gli piacesse, il problema era che si sentiva come un pesce fuor d’acqua. Non era fatto per quel genere di ambienti, ed era stupito che Minamisawa non se ne rendesse conto. Però, per il resto, non poteva certo dire che il locale fosse brutto, non ci avrebbe creduto nemmeno lui.

Il ragazzo dai capelli viola si fece pensieroso. Non era il tipo da dare troppo peso alle cose, ma per una volta sembrava intento a riflettere sul serio. « Io speravo di farti una bella sorpresa... », disse.

Quel piccolo bagliore di tristezza nelle sue iridi fu il colpo di grazia per il cuore innamorato di Kurama. Non era da lui scusarsi per una frase indelicata, e non lo avrebbe fatto neppure sotto tortura, quindi poteva solo cercare di salvare la situazione in corner. « N-non è che non mi piaccia... », provò a spiegare, « È che è troppo lussuoso. Lo sai che i posti così non fanno per me! ».

Il volto di Minamisawa mutò completamente, mentre il suo sorriso si faceva più ampio e sincero. Forse era solo la sua mente che si divertiva a giocargli brutti scherzi quella sera, fatto sta che quell’espressione sciolse Kurama come un pupazzo di neve al sole.

Il cuore gli batteva talmente forte da minacciare di scappare via dal suo petto. Come sarebbe sopravvissuto fino al ritorno a casa, se quelle erano le premesse?

« Ti ci abituerai, vedrai », disse Minamisawa, « Tu sii te stesso ». Appoggiò una mano sulla sua, come poco prima, e prese ad accarezzarla con movimenti circolari, dolcemente.

Kurama la ritrasse di scatto e la appoggiò sulle ginocchia, lontano dalla sua portata. Che gli prendeva?

« Fosse facile », disse, « Conciato in questo modo, poi ».

Se il suo gesto schivo lo aveva ferito, beh, Minamisawa fu un ottimo attore, perché non lo diede a vedere minimamente. Il suo sorriso rimase intatto, immutabile nonostante tutto. « Stai molto bene con questi vestiti! », cambiò argomento. « Li hai comprati apposta per me? ».

Per me. Per me. Aveva detto proprio per me, invece di “per l’occasione” o un qualsiasi equivalente. Sembrava lo facesse apposta, come se avesse capito quanto fosse sensibile quella sera e lo stesse stuzzicando di proposito.

« M-ma va’... », mormorò Kurama, « Non è poi così importante... ».

Non udì la risposta alla sua frase, perché qualcosa attirò la sua attenzione. Un brusio insistente dall’area sinistra del locale, che in effetti aveva già sentito da diversi minuti, ma che solo ora era riuscito a mettere a fuoco. A un tavolo lontano, alcune ragazze si bisbigliavano frasi all’orecchio a vicenda, gli occhi puntati su di loro.

Quando stava per convincersi che fosse solo una coincidenza, riuscì a captare una parola chiave: “Minamisawa”.

Kurama strinse i pugni. Giusto, per un momento aveva osato dimenticare il vero motivo per cui erano lì. Si era illuso di essere a un vero appuntamento con un ragazzo che lo amava, che qualche attenzione dedicata a lui fosse vera e non una bugia per accalappiare seguaci.

Che idiota. Si faceva schifo da solo per essersi costruito un simile castello in aria su ciò che sapeva essere un campo minato.

Giunse il cameriere con la carta dei vini, pronto a ricevere la loro ordinazione. Kurama non proferì parola, in parte perché non si intendeva assolutamente dell’argomento e non avrebbe saputo da dove iniziare a scegliere; in parte perché era furioso per i sussurri incessanti che ora sentiva tutt’intorno a lui, come una minaccia che lo aveva accerchiato.

Minamisawa non sembrava rendersi conto di ciò che stava accadendo nella sua mente, e si accinse a scegliere al posto suo. « Champagne, per piacere », disse, « Per festeggiare ».

Il cameriere annuì con un cenno del capo e si congedò, inchinandosi.

Kurama guardò il suo finto fidanzato con lo sguardo carico di perplessità. « Champagne? », ripetè.

Minamisawa alzò le spalle, come se avesse detto un’ovvietà. « Esatto », disse, « Champagne ».

« Perché, cosa stiamo festeggiando? », chiese Kurama, sempre più confuso.

Il sorriso di Minamisawa si trasformò in un ghigno furbo. Ecco, con quell’espressione era più simile al bugiardo manipolatore che conosceva lui.

« Quello lo vedrai », fu la risposta enigmatica, « È una sorpresa ».

Che accidenti stava tramando, quello lì? La cosa non gli piaceva affatto, aveva un brutto presentimento. « Comunque, a me lo champagne non piace neppure ».

Minamisawa non smise di ghignare, ma una punta di irritazione era decisamente comparsa nella sua voce. « E allora ordina tu, la prossima volta », disse semplicemente.

Kurama si imbronciò e lasciò perdere la conversazione. Sì, aveva ragione, se avesse avuto delle preferenze avrebbe potuto dirglielo prima che ordinasse, e questo lo sapeva… ammetterlo era un altro paio di maniche.

Il cameriere tornò e, dopo le dovute cerimonie che a Kurama parevano inutili ciance persino quando le vedeva fare nei programmi TV, versò lo champagne appena stappato nei loro calici.

Appena sparì, diretto in cucina, al loro tavolo permase il silenzio più totale.

Kurama continuava a strattonare con le dita il colletto della camicia. Era stretto, lo soffocava in una morsa terribile, e la tensione non lo aiutava di certo a sentirsi meglio.

Minamisawa notò il suo disagio e sorrise ancora, prima di assaggiare un piccolo sorso di vino. Di sicuro non capiva la reale ragione del comportamento di Kurama. Anzi, conoscendolo pensava che fosse semplicemente in imbarazzo o, chissà, accecato dalla sua sfavillante bellezza.

Cosa assolutamente vera, ma non il motivo per cui si sentiva così male.

Anche Kurama bevve qualche goccia, alla disperata ricerca di una scusa per smettere di sforzarsi di trovare un argomento di conversazione.

« Spero ti piaccia la carne », disse di nuovo Minamisawa all’improvviso, « Perché ho ordinato un bel menù ».

Kurama per poco non si strozzò con lo champagne. « Hai ordinato tu?! », quasi gridò.

« Sì, quando ho prenotato », fu la risposta carica di nonchalance, come se non si stesse parlando di chissà quante migliaia di yen. « Non preoccuparti, ho scelto piatti di qualità, puoi fidarti ».

Era esattamente quello il problema! « Non è questo il punto! », esclamò. Magari avesse scelto cose da due soldi, almeno non gli avrebbe generato un immenso debito nei suoi confronti. Chissà quando sarebbe stato in grado di ripagarlo, santo cielo, avrebbe potuto ricattarlo con estrema facilità fino alla fine dei tempi…

« Uhm... », Minamisawa sembrava perplesso. « E allora che c’è che non va? ».

Kurama aprì la bocca per rispondergli, però si pentì subito. No, non pot

eva confessare la verità. Ammettere di avere difficoltà economiche di fronte a un tipo chic come lui sarebbe stata un’umiliazione insostenibile.

Abbassò il capo, rosso in viso. Meglio lasciar perdere.

« Non preoccuparti », lo sorprese ancora una volta Minamisawa, « Ho già pagato io, ovvio ».

Come aveva fatto a leggergli nel pensiero in quel modo? Come poteva capirlo tanto bene senza conoscerlo affatto?! Era un vero mistero.

A parte questo, il pensiero che qualcuno potesse aver speso una simile cifra per lui, senza neppure consultarlo prima, lo faceva infuriare molto di più del trovarsi indebitato involontariamente. « Scherzi?! », reagì, sconvolto.

« No », rispose secco Minamisawa, con quel sorrisetto che tanto adorava e odiava al tempo stesso.

Kurama boccheggiò come un pesce fuor d’acqua. « P-Perché?! », balbettò, « Non potrò mai ripagarti! ».

Aveva alzato il tono di voce a tal punto da attirare su di sé le occhiate irritate di diversi ospiti del ristorante. Preso dalla foga, si era scordato in che luogo raffinato si trovasse. Probabilmente il rumore più forte che quella gente avesse mai sentito in vita loro era lo scontro del cucchiaino contro le pareti della tazza di tè. « Non è giusto », mormorò.

« Non importa ». La serenità sul viso di Minamisawa si fece persino più abbagliante. Era impossibile capire se fosse sincero o stesse imbastendo ad arte una commedia teatrale, però trasmetteva innegabilmente sicurezza. « È normale che un fidanzato offra la cena alla sua dolce metà, se occorre, no? ».

Ok, adesso Kurama non sapeva se sentirsi onorato o preso in giro.

Punto primo, detestava ricevere regali, specie se costosi. Era contro il suo orgoglio, come accettare la propria debolezza, sebbene solo in ambito economico. E oltretutto, perché si stava sbilanciando a tal punto, quella sera?

Troppe smancerie, troppe parole dolci, troppi riferimenti al loro essere fidanzati… Aveva accettato di apparire in pubblico come una coppia, ma non c’era alcun bisogno di rivolgergli quelle frasi. La gente poteva soltanto vederli e non sentirli, quindi a che pro fingere così tanto?

Prima che potesse esporgli i propri dubbi, il cameriere ritornò trionfalmente e non vi fu più l’occasione di chiacchierare. I piatti occuparono l’intera superficie del tavolo, in un modo che solo aveva visto accadere negli all you can eat, ma in una versione più snob e meno abbondante.

Doveva ammetterlo, era tutto così buono da fargli dimenticare ogni cosa. Kurama si tuffò sul cibo, assaporando quella qualità che difficilmente poteva (e voleva) concedersi di solito, e la voglia di sollevare questioni svanì.

L’unica cosa che non accennava a lasciarlo, però, era quel senso opprimente di disagio che lo aveva accompagnato sin dalla mattina.

Il locale era enorme. La gente aveva smesso di fissarli. La carne era a dir poco divina. Tutto sommato, si era abituato a indossare quei vestiti scomodi. Intravide il proprio riflesso nel calice dello champagne, e si trovò grazioso con quell’acconciatura. Eppure, non riusciva a calmarsi.

Non si aspettava che Minamisawa, chiuso com’era nel suo piccolo mondo perfetto, se ne accorgesse. Dovette ricredersi, quando si sentì domandare di punto in bianco: « Perché sei così a disagio? ».

Era scocciato? Era preoccupato? Kurama non riusciva a capirlo. Sapeva solo che era giunto il momento di vuotare il sacco.

« È che... », si grattò la testa, come se quel gesto potesse ispirargli le parole migliori da dire. « Insomma, non c’è bisogno di fare tutto questo per un motivo tanto futile ».

Minamisawa corrugò la fronte. « Come, prego? », chiese.

Kurama sapeva di essere una frana nello spiegarsi, si aspettava una richiesta di delucidazioni, per quanto fosse complicato esprimere ciò che si agitava nel suo cervello. Meglio abbandonare il tentativo di sembrare formale e utilizzare il linguaggio diretto che più gli si confaceva. « Sarò schietto, okay? », annunciò, prima di prendere un respiro profondo. « Non mi inviti mai da nessuna parte, a meno che lo scopo non sia impressionare qualcuno. Scattiamo foto per compiacere le tue fan, ci teniamo la mano per strada per attirare l’attenzione, e cose del genere. E fin qui ci sto, ma ha senso spingere così tanto i miei limiti giusto per impressionare qualcuno? ». Fu più semplice del previsto.

Minamisawa non rispose. Lo fissava, chiaramente confuso.

Magari si è offeso perché ho fatto centro”, si ritrovò a pensare Kurama.

Per la prima volta, aveva il coltello dal lato del manico, e l’occasione con i fiocchi di rovesciargli dritto sul viso tutto ciò che si teneva dentro da mesi.

Non poteva non approfittarne.

« Ho indovinato, vero? », chiese di nuovo, « Per questo non rispondi ».

Minamisawa scosse la testa, poco convinto. « No, io non... », provò a dire.

Kurama non gliene lasciò il tempo. « Su, sputa il rospo », infierì, « Chi è? Quella coppia di signori dall’aria distinta, sono tuoi sponsor per caso? O forse quelle ragazze laggiù, ti interessano o ti conoscono? Chi fra loro è il tuo obiettivo? Indicamelo, se ne hai il coraggio ».

Ormai stava mettendo parole in riga senza un senso logico, non prestando attenzione a ciò che stava dicendo o al volume della propria voce. Lo stavano sentendo tutti? Bene, così il mondo avrebbe saputo che razza di bugiardo approfittatore era l’idolo delle folle Minamisawa Atsushi.

« Anzi », aggiunse, non ancora soddisfatto. « Dato che i signorini per bene come te non possono indicare, magari mandami un sms nel cuore della notte per dirmi chi è, tanto non frega niente a nessuno se mi sveglierai, dico bene? ».

Adesso Minamisawa si stava decisamente scaldando. Da una parte, Kurama sapeva di avere torto marcio. Le premesse erano giuste, ma le stava deliberatamente contornando di paranoie e accuse infondate per il mero gusto di farlo.

« Ti giuro che non ho idea di cosa tu stia dicendo », rispose Minamisawa. « Si può sapere perché devi sempre trasformare tutto in una lite? ».

« Non ti credo », ribatté secco Kurama. « Sei un bravo attore, ma ho smesso di fidarmi di te ».

Minamisawa ripose la forchetta sul tovagliolo con ben poca grazia. « Non ti fidi di me? », ripeté, « Ah, davvero? ».

« No che non mi fido! », sbottò Kurama. Scattò in piedi in un gesto istintivo, senza accorgersene fin quando non notò gli sguardi concentrati su di sé per l’ennesima volta. Chissà che grasse risate si stava facendo alle sue spalle quel branco di ricchi snob.

Si rimise a sedere, imponendosi di riportare la calma entro i confini del buonsenso. « Come posso fidarmi di uno stronzo che mi ha proposto di portare avanti una relazione finta solo per aumentare la propria fama, prendendosi gioco dei miei sentimenti per tutto questo tempo? Dovrei accettare che tu abbia iniziato improvvisamente a tenere a me solo perché mi hai portato a cena fuori in un bel locale? ».

« Stai prendendo un granchio, Kurama », la luce ferita nelle sue iridi lo sorprese. Si aspettava che tutto finisse in rissa, come nei film d’azione, invece che in modo così... patetico. « Non nego di essere stato meschino nei tuoi confronti, ma non c’è nessun doppio fine in questa serata. Semmai il contrario, e... ».

« Non ti credo », Kurama ripeté, interrompendolo. « Negli ultimi mesi non hai fatto un fico secco per me. Nemmeno mi aiuti a rialzarmi dopo avermi forzato in posizioni assurde per le tue foto! Nemmeno ti degni di stare cinque minuti in più con me e Hikaru dopo averci fatti uscire apposta! Come potrei crederti?! ».

Minamisawa sbatté il pugno sulla tovaglia. Un gesto che mai e poi mai si sarebbe aspettato di vedere compiere da lui. « Davvero non capisci il motivo per cui ti ho invitato qui? », sbottò, « Il motivo per cui ero così agitato al telefono? Il motivo di tutta questa attenzione per i dettagli? ».

« No, non lo capisco! », ammise Kurama. Ci aveva pensato, riflettuto, aveva rigirato la questione migliaia di volte nella sua testa, ma non era giunto a nessuna dannatissima conclusione logica. « Per me rimani un mistero, e per giunta uno di quelli che nemmeno voglio risolvere... ».

Non riuscì a terminare il proprio sproloquio, perché Minamisawa si sporse sul tavolo come un razzo e, dopo averlo afferrato in malo modo per il colletto della camicia, lo baciò. Lì, al centro del ristorante, nel bel mezzo della folla. E la cosa pareva non importargli affatto.

Ecco, così si scioglieva la maschera di perfetto gentiluomo. Prima ancora di realizzare cosa significasse quel gesto, in quell’istante Kurama si accorse di quanto solo lui lo conoscesse sul serio. Solamente lui sapeva com’era il suo animo - non certo la statua di cera che tutti conoscevano. La verità era in quel bacio, nei suoi movimenti così grezzi e violenti. Non c’era alcuna eleganza nel tocco delle loro labbra, soltanto frustrazione, e forse anche un po’ di possessività.

Nelle sue fantasie, Kurama era sicuro che si sarebbe sentito in un altro modo, al dare o ricevere il suo primo bacio. Aveva persino rinunciato all’idea di poter accedere un giorno alle labbra di Minamisawa o, a dire il vero, a quelle di chiunque altro. E pensava che, giunto il momento, gli sarebbe esploso il cuore per la troppa emozione, che gli avrebbero sudato le mani, che si sarebbe sentito svenire al suolo.

Invece, niente di tutto ciò avvenne. Sentiva che quel bacio gli spettava, che fosse quasi una ricompensa dopo una serie di infinite fatiche, e sentiva quanto fosse giusto. Deludente, non come previsto, però gli bastava.

Un piccolo atto del genere non poteva certo cancellare tutti gli errori e le sofferenze che Minamisawa gli aveva inflitto fino ad allora. Chissà, la ferita forse non si sarebbe mai rimarginata. Ciononostante, poteva essere un inizio.

L’insignificante, e al contempo fondamentale, primo passo di un lungo cammino verso la demolizione completa delle bugie che riempivano il loro rapporto.

Quando si separarono, il volto di Minamisawa era a dir poco in fiamme. Aveva il respiro affannoso, e qualche ciuffo viola ribelle era riuscito a sfuggire all’oceano di gel.

« Ora ti è più chiaro?! », sbottò.

Kurama non perse l’occasione di stuzzicarlo. « Forse », disse.

Minamisawa si passò una mano fra i capelli, al limite dell’esasperazione. Era nervoso e sorpreso al punto da non riuscire a trovare le cose da dire, ed era molto strano che accadesse a lui e non a Kurama. « Hai mandato all’aria tutti i piani, santo cielo », disse, « Sei sempre così irruento, così rapido ad arrivare alle conclusioni più errate, così… così dannatamente grezzo ».

Kurama si sistemò il colletto della camicia che era stato aggredito nella colluttazione. « Ehi », lo richiamò, « Adesso non mi insultare ».

Minamisawa scosse la testa. « È la verità! », esclamò, « Mi lasci senza parole, te lo giuro ».

Sollevò i gomiti e scivolò lentamente verso il suo posto. Entrambi riuscivano a percepire l’indignazione delle persone accanto a loro. Avevano speso fior di quattrini per sedersi a un tavolo accanto a due giovani rumorosi, irrequieti e che per giunta si scambiavano effusioni. E a mente lucida, era assurdo che avessero avuto un tale coraggio. Erano due teste calde senza speranza.

Minamisawa diede un colpetto di tosse per schiarirsi la gola. « Quello che avrei voluto chiederti », disse, con apparentemente più controllo rispetto a pochi istanti prima, « E magari avrei voluto baciarti dopo aver sentito la tua risposta, era... ».

I loro sguardi si incontrarono, e Kurama lesse nei suoi occhi una serietà mai vista in vita sua. Pareva sul punto di fargli un annuncio di vitale importanza. Di fronte a questo, il suo cuore non poté non accelerare il proprio battito.

« Vuoi smettere di fingere? », arrivò la domanda.

Kurama non rispose. Si prese lunghi, eterni minuti di silenzio per valutare la proposta, tutte le sue implicazioni e il sacrificio che doveva rappresentare per Minamisawa l’abbassare il proprio orgoglio a tal punto, e organizzare tutto ciò.

« Perché non rispondi? », lo esortò Minamisawa, « Così mi metti ansia ». Si grattò la nuca con un gesto nervoso, prova che per una volta non stesse mentendo.

Fu il turno di Kurama di sporgersi e baciarlo di nuovo. Così, a bruciapelo. Una piccola vendetta, minuscola ma così ricca di soddisfazione da straripare.

« Questo conta come risposta? », disse poi con un ghigno.

Minamisawa lo guardò con aria di sfida.

Sì, non c’era altro modo in cui potesse andare la loro vera relazione se non come una gara. Un’eterna lotta fra rivali di uguale forza, potenza e soprattutto con la stessa testa dura. « Forse », rispose, imitando la sua frase di prima.

Kurama gli rivolse un’espressione soddisfatta. Sarebbe stata una bellissima competizione, se lo sentiva.

« E comunque », aggiunse alla fine, « Questo champagne non è neppure frizzante ».





Note
Sono un po' amareggiata perché questo capitolo non mi è uscito esattamente come lo avevo immaginato. Però ho gettato la spugna dopo averlo riscritto e rimaneggiato mille volte, quindi... eccolo qui ;v; Spero non sia stata una lettura troppo spiacevole ahahah
   
 
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