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Autore: ChiarainWonderland    28/03/2020    2 recensioni
Rose Weasley potrebbe passare come una semplice adolescente con i tipici problemi di un adolescente nella media. La scoperta di particolari oggetti di antiquariato, però, potrebbe stravolgere le carte in tavola e rivelare antichi segreti celati per lungo tempo. Se ci aggiungiamo una leale migliore amica, una famiglia non proprio tra le righe, un nemico che non è poi un vero e proprio nemico, un cugino impiccione e una famosa scuola di magia e stregoneria, le cose non possono fare altro che peggiorare.
* * *
"Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso."
"Ad un certo punto una bancarella di un venditore ambulante attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO QUATTORDICESIMO

IL LUMACLUB


La Biblioteca era deserta il sabato pomeriggio. La sola presenza costante era costituita da Madama Wells che, come un fantasma indiscreto, si aggirava di tanto in tanto tra gli immensi scaffali all’instancabile ricerca di trasgressori alle leggi sacre di quel luogo. Ogni mezz’ora non si risparmiava di controllare le uniche due studentesse che rompevano il silenzio tombale con i loro borbottii, accampate in uno dei tavoli da quelle che sembravano ore.

«Siete sicure di non aver bisogno di una mano, ragazze?»

Rose si girò di scatto, esibendosi nel miglior sorriso innocente di cui era capace. «No signora, ma grazie per l’interessamento!»

Madama Wells assottigliò gli occhi in un’espressione sospetta, ma si allontanò. Alice chiuse con un tonfo secco un volume e Rose si ritrovò catapultata in un ricordo simile, quando all’inizio dell’anno lei e l’amica consultavano libri per placare la loro sete disperata di informazioni sul medaglione. Non avrebbe mai immaginato che la stessa situazione potesse ripresentarsi soltanto qualche mese dopo, con l’unica differenza che, quella volta, l’oggetto delle sue domande era una lince.

«Niente. Anche in quest’enciclopedia non c’è assolutamente niente di non ordinario sulle linci» mormorò Alice, salendo la scala a pioli per riporre il libro appena consultato al suo posto.

«È la quinta questo pomeriggio. Non credo che qualche enciclopedia sia in grado di rispondere alle nostre domande».

«E allora cosa proponi di fare?»

«Potremmo cambiare tattica» suggerì Rose. L’ultima volta che aveva adottato quella strategia si era imbattuta nella Pozione Aguzzaingegno e aveva ottenuto risultati concreti. «Magari iniziare a leggere qualche libro di Storia della Magia, non so… lince potrebbe rappresentare un messaggio segreto. Non ti ricordi quello che ha detto la Nerivir? “Queste rune venivano utilizzate anche in Inghilterra da ristrette minoranze, principalmente per messaggi in codice”».

«Hai ragione, ma se si tratta davvero di un messaggio in codice, allora sarà molto difficile venirne a capo».

«Lo so. Per questo settimana prossima verremo ancora qui a continuare con le nostre ricerche».

Alice buttò indietro la testa, portandosi una mano alla fronte in una posa colma di disperazione. «Basta solo che non mi trascini qui di sabato un’altra volta».

«Va bene, va bene…»

«Sono seria Rosie, non credo che ci convenga venire di sabato. Madama Wells inizia a insospettirsi veramente: siamo sempre rinchiuse qui agli orari più disparati per cercare solo Merlino sa cosa. Almeno durante la settimana ci sono altre persone e quella bibliotecaria malfidata non si concentra esclusivamente su di noi».

Quasi avesse sentito qualcuno nominarla, Madama Wells riapparve da dietro uno scaffale con un fruscio della lunga veste di velluto rossa. Il sorriso tirato di Alice la fece scappare di nuovo pochi istanti dopo.

«Concordo, niente sabato» bisbigliò Rose, chinando la testa sulle pagine consunte che stava esaminando. Le ragazze stettero in un silenzio confortevole per qualche minuto; ogni tanto l’equilibrio che si era creato veniva interrotto da una mano che riportava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, o da uno sbuffo annoiato che si propagava in ogni angolo della Biblioteca.

«Non è ora che ti prepari per la cena?» domandò a un tratto Alice, girando distrattamente una pagina del libro che aveva sotto al naso.

«Mh?»

«La cenetta del Lumaclub».

«Ah… non credo».

Alice sollevò le sopracciglia. «Non mi sembri molto entusiasta».

«Ma davvero?» sibilò Rose ironica, chiudendo la copertina del volume con foga, «non l’avrei mai detto».

Un angolo della bocca di Alice si sollevò in uno scatto fulmineo, ma il suo volto si oscurò all’improvviso, come se un pensiero funesto le avesse rubato il solito luccichio dagli occhi castani. «Quindi… Albus ci sarà».

I lineamenti di Rose si addolcirono. «Da quello che ha detto Lily, sembrerebbe di sì. Non mi stupisce che sia stato invitato anche se non frequenta più Pozioni».

«Secondo te…» iniziò Alice incerta, «…Malfoy gli ha veramente raccontato della mia cotta per lui?»

Rose sospirò. Avevano già affrontato quel discorso, ma a quanto pareva la speranza di Alice era più tenace di un’erbaccia ben radicata. «Ti ho detto come la penso. Malfoy e Albus sono migliori amici da tanto tempo, e mi sembra logico che si confidino certe cose».

«Magari potresti cercare di scoprirlo alla cena» buttò lì Alice, ammirandosi strategicamente le unghie.

«Cosa?»

«Sai benissimo cosa, se Albus lo sa veramente».

«Alice, sai che in questo periodo non ci parliamo neanche…» rispose Rose, ma s’interruppe non appena vide l’espressione implorante dell’amica.

«Oh, ti pregooo! Non riesco più a vivere con un dubbio del genere! È come se in un angolo della mia mente avessi questa fiamma che ogni tanto arriva fino al cuore».

«E queste metafore degne di Beda il Bardo da dove le tiri fuori? Comunque va bene, ti prometto che ci proverò» si arrese Rose, tentando di celare la nota scettica che aveva assunto la sua voce. Voleva già parlare con il cugino per risolvere i loro problemi, non per complicarli.

Alice sorrise riconoscente, dondolandosi sulle gambe posteriori della sedia. «Chissà perché Lumacorno non invita mai James. So che Lily è ancora troppo piccola, ma il maggiore dei Potter costituirebbe una valida aggiunta alla sua collezione».

«Fidati, Lumacorno ci ha provato eccome, ma si è dovuto arrendere all’evidenza. James riesce sempre a scampare alla tortura: o è in punizione, o trova una valida scusa per declinare l’invito».

«È furbo quel ragazzo» commentò Alice, per poi continuare con curata noncuranza, «Malfoy, invece, è mai stato invitato?»

 Rose avvertì le proprie unghie conficcarsi nei palmi delle mani, ma la sua risposta fu anticipata dal pendolo della scuola, che segnò lo scoccare della mezz’ora e causò il movimento di uno stormo di cornacchie appollaiate sui davanzali delle finestre lì vicino.

«Le sette e mezza».

«Oh-oh, qualcuno è in ritardo» cantilenò Alice, osservando divertita l’amica mentre rimetteva a casaccio negli scaffali i libri consultati e la costringeva ad alzarsi dalla sedia. Madama Wells riapparve da dietro l’angolo, attirata dall’odore di regole infrante e sacri tomi profanati.

«Che cosa credi di fare, Weasley?!» sbottò indignata, «sai quanto mi costa tenere ordinati tutti questi libri? Tu stai annullando i miei sforzi in pochi miseri secondi!»

«Mi scusi Madama Wells, mi scusi tanto, ma abbiamo fretta di andare» dichiarò Rose, incamminandosi verso l’uscita con Alice alle calcagna e Madama Wells che sibilava minacce di espulsione.

«Quindi ora saremmo bandite a vita dalla Biblioteca. Mossa decisamente astuta, Weasley» commentò Alice in tono solenne.

«Tanto entro settimana prossima le passa. Sai com’è fatta, devi solo dare alla rabbia il tempo necessario per sbollire».

In men che non si dica le due ragazze percorsero i corridoi e salirono le rampe di scale che le separavano dalla Sala Comune. La Signora Grassa lanciò un’occhiata di fuoco ad Alice, ma aprì il passaggio non appena le venne detta la parola d’ordine. La Sala Comune era quasi deserta, ma Rose non si stupì: in Sala Grande la cena doveva già essere iniziata da un pezzo. Le uniche eccezioni erano costituite da Isabel e Samantha, nel bel mezzo di una partita a scacchi davanti al fuoco crepitante del camino.

«Ma che ci fate ancora qui?» esclamò Alice stupita.

«Vi stavamo aspettando. Quanto vi ha trattenuto tuo padre? Avevate detto che la punizione durava due ore».

Rose rimase smarrita per qualche istante, poi si ricordò della scusa che lei e Alice avevano inventato per giustificare la loro assenza del pomeriggio: una punizione gentilmente offerta dal professor Paciock, a causa di un loro comportamento scorretto nei corridoi del castello. Sentì un’improvvisa vampata di vergogna inondarle il petto; le sue amiche l’aspettavano leali, mentre lei come ringraziamento mentiva così spudoratamente. Cacciò il pensiero in un angolo remoto della sua mente, ripetendosi che al momento giusto le avrebbe messe al corrente di tutto.

«Sì Isabel, ma a quanto pare mio padre adora complicarmi la vita» continuò Alice con una logica inoppugnabile.

«Non capisco come abbiate fatto a investire Paciock nel bel mezzo del corridoio facendolo cadere a terra».

«Slancio affettivo» se ne uscì Rose, scatenando l’ilarità delle compagne.

«Tu non hai una cenetta intima in programma?» domandò Samantha.

«Miseriaccia! Sono ancora in tempo a restarmene in Dormitorio facendo finta di avere la spruzzolosi».

«Eh no, signorinella» intervenne Alice, acciuffando Rose per un braccio e trascinandola verso le scale, «gli impegni presi vanno mantenuti, e poi devi rubare un po’ di giovani cuori».

«Sì, quello di Lumacorno».

Un quarto d’ora dopo, Rose si ritrovò di nuovo nella Sala Comune vestita di tutto punto, con le tre amiche che la squadravano soddisfatte. Le collant nere le causavano un leggero prurito, ma l’abito che indossava era di un delizioso celeste che faceva risaltare il colore dei suoi capelli, e le arrivava appena sopra le ginocchia. Si ritenne fortunata, ricordando con un brivido l’argentata – e parecchio striminzita - gonna che le aveva proposto Samantha.

«Oh Rosie, sei adorabile».

«Adorabile un corno, Isabel!» esclamò Alice. «È una vera bomba!»

«Secondo me avremmo dovuto lasciarle i capelli sciolti» sentenziò Samantha, accennando allo chignon dell’amica da cui sfuggivano alcune ciocche ribelli.

«Io, invece, credo che sia perfetta così com’è» rispose Alice, e si avvicinò a Rose per lisciarle affettuosamente le spalle. «Forza, è ora di andare, altrimenti la principessa farà tardi al ballo e alle tre fate madrine non rimarrà nulla da mangiare per cena».

«Cos’è una fata madrina?»

«Non frequenti Babbanologia, Isabel, non capiresti».

Le Grifondoro si affrettarono a defilarsi dalla Sala Comune e a inoltrarsi nel cuore del castello, fino a raggiungere la Sala d’Ingresso. Si fermarono esattamente al centro. Da una parte si stagliava l’enorme entrata della Sala Grande, da dove fuoriuscivano le chiacchiere degli studenti, dall’altra la silenziosa rampa di scale che avrebbe condotto Rose al patibolo.

«Be’, buona fortuna» pronunciò Samantha, per poi allontanarsi seguita da Isabel. Alice si congedò con un occhiolino e uno sguardo eloquente e lasciò l’amica al suo destino. Rose rimase immobile a fissare il vuoto per interminabili istanti, chiedendosi se ritornarsene in Dormitorio e buttarsi sul letto rappresentasse una valida alternativa. Il sonoro scoccare dell’ora la riscosse. Le otto.

“Vado o non vado. Vado o non vado. Vado o non…”

E alla fine ci andò. Rivolse alla Sala Grande un’ultima occhiata rassegnata e s’incamminò verso le scale. L’ufficio di Lumacorno si trovava al quinto piano, alla fine di un corridoio secondario. Rose rischiava di perdersi quasi ogni volta, se non fosse stato per l’arazzo di Wilfur lo Sgraziato che indicava con il dito la giusta strada. La porta di quercia a due battenti che la separava dalla destinazione si stagliava accanto a un’ampia finestra a volta, e la fievole luce lunare proiettava la sua ombra sulle lastre di pietra del pavimento. Rose si avvicinò titubante, appoggiandoci sopra la mano, e uno dei due battenti si aprì con un cigolio. La porta era aperta.

«Con permesso…» sussurrò, anche se consapevole che nessuno le avrebbe risposto. L’ufficio era enorme, ma deserto. Rose non si stupì: sapeva di essere in ritardo, e che le abituali cenette a cui era costretta a partecipare dall’anno prima si tenevano in una stanza separata. Così si addentrò nella sala, spostando lo sguardo dai divanetti davanti al camino al mobile da esposizione con decine di fotografie di studenti che avevano vissuto tra le mura del castello prima di lei.  In bella mostra sul terzo scaffale, un’immagine incorniciata più grande delle altre ritraeva una persona familiare. Suo zio Harry, fasciato in un abito da cerimonia piuttosto elegante, se ne stava rigido accanto a un Lumacorno entusiasta e le restituiva un sorriso tirato. Non doveva avere più della sua età. Rose sorrise a sua volta, rivolgendo l’attenzione verso la porta anonima a pochi passi di distanza. Non perse tempo e l’aprì.

«Signorina Weasley! Ero quasi convinto che non ci raggiungesse più» tuonò bonario Lumacorno dall’ampia sedia che riempiva per intero. Al centro della stanza un tavolo di legno circolare e riccamente intagliato era occupato da un manipolo di studenti, che immediatamente si girarono a osservare la nuova arrivata. Gli antipasti erano già sui piatti dorati.

«I-io… mi scusi, non…»

«Non si preoccupi, non si preoccupi! Venga, le abbiamo riservato un posticino».

Rose s’incammino a testa bassa verso l’unica sedia libera, avvertendo gli occhi di tutti puntati su di lei come fiamme che le lambivano la schiena. Non appena prese posto si accorse che il suo vicino era niente di meno che Ben McLaggen.

«Ben, non pensavo che anche tu fossi stato invitato!» sussurrò, sollevata di avere un amico al suo fianco ma allo stesso tempo perplessa. Non lo aveva mai visto a un evento del Lumaclub, e per un buon motivo: il ragazzo non era di certo una cima in Pozioni.

«Rose, sei bellissima questa sera» bisbigliò di rimando Ben con un occhiolino complice.

Rose alzò lo sguardo con un sorrisetto impacciato e si ritrovò a fissare il volto imperscrutabile di Albus, seduto esattamente di fronte a lei. Gli concesse un’occhiata incerta e si mise a osservare uno a uno gli altri invitati. C’erano Aidan Cavendish e Geraldine Macnair di Serpeverde, Celia Marshal di Corvonero e i due fratelli Finch-Fletchley di Tassorosso.

«Ottimo, dov’eravamo rimasti? Ah sì, la signorina Marshal ci stava raccontando della brillante promozione di suo padre al Ministero. Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici, non è così?»

«Sì, signore. È a capo del Quartier Generale degli Obliviatori».

«Splendide notizie, davvero. E lei signorina Macnair, come sta sua madre? Ha nuovi progetti in via di realizzazione?»

Rose sbuffò forte, ma riuscì a camuffarlo per un colpo di tosse. Aletha Macnair era famosa in tutta la Gran Bretagna per le sue formidabili creme di bellezza che, a detta delle sue clienti, ringiovanivano la pelle meglio di una Pozione Antirughe. “Dalla pelle che si ritrova” pensò Rose, “sua figlia se ne mette almeno venti, di creme”.

«Per ora no, signore. Si sta godendo la tenuta che lei e mio padre hanno appena acquistato nello Wiltshire» rispose la Macnair con voce melliflua, sfiorando lo smeraldo che pendeva dalla sua vistosa – e quasi certamente costosa – collana. Rose la paragonò al sottile ciondolo che indossava, che a confronto sembrava un anonimo filo di metallo, e abbassò gli occhi sulle ostriche e i gamberetti ancora intatti nel piatto.

«Ah, lo Wiltshire, ci ero andato per una conferenza sugli antichi siti magici a Stonehenge. Posto incantevole, soprattutto la Valle di Salisbury».

Agli antipasti proseguirono altre due portate, che videro Lumacorno cimentarsi in un vivace discorso sul Decreto di Tutela dei Centauri con i Finch-Fletchley, Albus prodigarsi in interminabili scuse per cui fosse stato costretto ad abbandonare Pozioni, e Cavendish lodare l’esemplare carriera dello zio al San Mungo. Fu solo con l’arrivo del pudding al cioccolato che il professore si concentrò sui due Grifondoro dall’altra parte del tavolo.

«Quando ho saputo della sua ammissione come Cacciatore nella squadra di Quidditch, signor McLaggen, devo confessare di averne dubitato, ma appena l’ho vista volare… oh sì, ho captato subito del talento grezzo. Io ho occhio per queste cose, sa…»

Ben rischiò d’ingozzarsi con il pudding. Rose si diede dell’idiota per non aver capito subito il motivo dell’improvvisa presenza dell’amico al Lumaclub. Ben era entrato nella squadra e aveva dimostrato di sapersela cavare egregiamente con la Pluffa. Lumacorno era con tutta probabilità a corto di ex-studenti che gli procuravano biglietti gratis per le partite, decidendo quindi di attivare la ricerca di candidati nel settore. Il fatto che Cormac McLaggen, il padre di Ben, fosse un pezzo grosso dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia non peggiorava di certo la situazione.

«La ringrazio per le sue parole, signore. Significano molto per me».

«Niente ringraziamenti, ragazzo mio, sto solo dicendo la verità!» esclamò Lumacorno, che era già passato a un tono più informale. «Ma dimmi, come mai sei entrato in squadra solo quest’anno? Non hai mai partecipato alle selezioni? Di certo, un giocatore abile come te non avrebbe mai potuto passare inosservato…»

«In realtà mi ero presentato per il ruolo di Battitore, al secondo anno. Joey Jenkins dei Cannoni di Chudley era il mio idolo e volevo a tutti i costi essere come lui, solo che non riuscivo nemmeno a tenere in mano la mazza. La delusione di essere scartato fu tale che non salii più su una scopa fino alla scorsa estate, quando iniziai a giocare partite amichevoli con i miei amici. Fu in quel momento che capii quale fosse il ruolo adatto a me».

«Storia davvero affascinante. Di certo non avrai problemi ad avere successo se sceglierai di continuare a giocare… ma parlando di giovani talenti del Quidditch» continuò Lumacorno, e Rose avvertì il proprio corpo irrigidirsi sotto gli sguardi dei compagni, «signorina Weasley! Mi aiuti a ricordare, in che anno è entrata a far parte della squadra?»

Rose sospirò, sollevata. Meglio parlare di Quidditch piuttosto che decantare lodi e inni sugli innumerevoli successi dei suoi genitori. «Al terzo, signore. Ho fatto i provini con la mia amica Alice, siamo state scelte insieme».

«La figlia del professor Paciock, giusto. E una di voi due ha già un’idea di voler intraprendere questa carriera, in futuro?».

«Temo di no, signore. Adoro il Quidditch, ma…».

«Per tutte le cavallette, è un vero peccato! Anche se la capisco, ovviamente, con i suoi voti un futuro da giocatrice professionista pare quasi sprecato. Di sicuro la prenderebbero ovunque, al Ministero, con una buona parola…»

«Oh, non credo che lavorerò per il Ministero».

Lumacorno si zittì. Rose alzò lo sguardo, notando con stupore il sorriso furbo e mal trattenuto di Albus. I suoi occhi s’incontrarono con quelli smeraldini del cugino per un attimo, prima che lui li abbassasse sulle posate abbandonate nel piatto.

«Allora cosa vorrebbe fare dopo il diploma, signorina Weasley?» ripartì all’attacco Lumacorno, le mani appoggiate sull’enorme pancia rotonda.

«Ancora non lo so, signore. Vedrò con il tempo cosa il fato ha in serbo per me».

«Ah, il fato. Personalmente, trovo che venga preso eccessivamente alla lettera».

E dopo quell’opinione non richiesta, Lumacorno cominciò a esporre la tesi che aveva presentato all’ultimo Consiglio dei Pozionisti. La cena finì poco dopo, non appena uno dei Finch-Fletchley ingurgitò l’ultima cucchiaiata della terza porzione di pudding. Gli studenti si riversarono fuori dalla saletta e nell’ufficio, dove furono invitati a trattenersi per bere qualcosa.

«Niente alcolici, ragazzi, o gli altri professori mi uccideranno» specificò Lumacorno, «ma niente paura! Ho del succo di ciliegia, dell’Acquaviola, un po’ di succo di zucca…»

Rose si concesse di buon grado un calice di succo di ciliegia, dopo aver visto Albus fare lo stesso. Sapeva che il momento di parlargli era sempre più vicino. Iniziò a gironzolare per la stanza insieme a Ben, decisa a evitare altre chiacchiere inutili e curiosa di scoprire gli artefatti che Lumacorno adorava collezionare.

«Sono sempre così, gli incontri del Lumaclub?»

«Più o meno sì, tranne la festa di Natale. Lì vengono invitate anche persone importanti in confidenza con Lumacorno, e devi portarci qualcuno come ospite».

«Devo portarci qualcuno? E a chi dovrei chiederlo?»

«Con tutte le ragazze che ti gironzolano intorno in questo periodo, Ben, non credo sarà un problema trovarne una» commentò Rose distrattamente, gli occhi celesti fissi su un oggetto in particolare. Una clessidra bellissima, decorata da serpenti verde smeraldo che si arrampicavano sul vetro liscio e celavano in parte la sabbia che scorreva piano al suo interno. Aveva di sicuro un grande valore.

«Se lo dici tu. Guarda, Lumacorno sta salutando tutti, mi sa che è ora di andare» la riscosse Ben.

In men che non si dica Lumacorno spedì tutti gli studenti fuori dall’ufficio e socchiuse il portone, lasciando uno spiraglio grande abbastanza da far passare la sua testa. «Vi conviene ritornare nelle vostre Sale Comuni, ragazzi miei, tra poco scatta il coprifuoco. Organizzerò presto un altro evento, quindi… occhio al mio gufo!» esclamò. Il portone si chiuse completamente con un rumore sordo. Gli otto ragazzi s’incamminarono insieme fino all’arazzo di Wilfur lo Sgraziato, dove le strade per raggiungere le varie Sale Comuni si sarebbero divise.

«Be’, io vi saluto. Rose, McLaggen, ci vediamo lunedì a lezione» esordì Celia, prendendo il corridoio a destra che l’avrebbe portata alla torre di Corvonero. I fratelli Finch-Fletchley si dileguarono subito dopo.

«Torniamo in Sala Comune?» chiese Ben, ma Rose scosse la testa. Aveva adocchiato Albus parlottare in un angolo con Cavendish e la Macnair. Quella era l’occasione giusta per confrontarsi con lui.

«Tu vai, io devo fare una cosa».

Ben sembrò capire, perché le strinse una spalla in segno di saluto e sparì. Rose aspettò finché il cugino non incrociò il suo sguardo. Cercò di trasmettergli la necessità di parlargli e, con suo enorme sollievo, Albus fece un cenno ai suoi amici, che se ne andarono, e si avvicinò a lei. Erano soli.

«Ciao» proferì Rose cauta. Solo in quella frazione di secondo, ad avercelo davanti agli occhi senza altra gente intorno, comprese quanto le fosse mancato realmente.

«Ciao» borbottò titubante Albus. I suoi occhi erano privi di rabbia. Era un buon segno.

«Come va?»

L’espressione di Albus cambiò in un istante. Dove prima c’era una propensione all’ascolto e al dialogo si era eretto un muro invalicabile. Rose si maledisse mentalmente per aver parlato troppo presto. «“Come va?” Davvero non sai fare di meglio?» sibilò il ragazzo, appoggiandosi al muro.

“Calma, devi stare calma. Sei qui per risolvere la situazione, non per complicarla” si disse Rose con un bel respiro. «Perché» mormorò, «cosa avrei dovuto dire?»

«Non so, magari mi aspettavo delle scuse».

«Delle scuse… se mi informi su cosa ho fatto di sbagliato, magari potrei anche soddisfare le tue aspettative».

«Cosa hai fatto di…!?» iniziò Albus, e si passò la mano tra gli scompigliati capelli corvini. «È da mesi che non mi parli, che infrangi le regole, che vai in giro di notte per il castello, che passi ore e ore in Biblioteca a fare chissà cosa! E poi mi chiedi che hai fatto di sbagliato?»

«Io non ti parlo? Non mi sembra ci siano stati tentativi di contatto da parte tua. E poi, come fai a sapere che passo tanto tempo in Biblioteca? Ah, ho capito, ora tu e Malfoy usate la Mappa per controllarmi anche di giorno» rispose Rose, pur con tono pacato.

Albus si passò una mano sulla fronte. «Io cerco solo di fare ciò che ritengo giusto».

«Allora andate pure a dire alla McGranitt delle mie gite notturne, tu e Malfoy, se proprio lo ritenete giusto».

«Non credi che se l’avessimo voluto fare, l’avremmo già fatto?»

Rose aprì la bocca, spiazzata, ma non ne uscì alcun suono. Albus ne approfittò per avvicinarsi ancora di più alla cugina, abbassandosi per fissarla negli occhi. «Che cosa ci facevate di notte tu e Alice nell’ufficio di Madama Wells, un mese fa?»

Rose avvertì il cuore saltare un battito. Era come se sentisse le parole di Malfoy rimbombarle nella mente.

«Oh Weasley, magari si trattasse solo delle Cucine…»

Quella era la conferma che la subdola frecciatina di Malfoy, mormorata la sera della vittoria sui Corvonero e attutita dai rumori dei festeggiamenti in Sala Comune, celava davvero un’insinuazione ben più fondata. I due Serpeverde lo sapevano. Sapevano della loro avventura in Biblioteca. Lei e Alice si erano lasciate cullare da un senso di tranquillità, quella fatidica notte, non appena avevano visto la Mappa chiusa tra le mani di Albus. Erano troppo emozionate dalla scoperta di Georgiana Harris per ragionare a mente lucida e capire che la realtà non era sempre quella che appariva.

«N-non sono… affari tuoi» balbettò. Doveva escogitare un modo per cambiare argomento nel minor tempo possibile. Albus ridusse gli occhi verdi a due fessure; era chiaro che fosse scettico. Rose si morse il labbro fino a quando non avvertì il sapore metallico del sangue sfiorarle la lingua.

«Io credo di sì, invece».

«Be’, credi male. Non c’è nulla di cui ti devi preoccupare, Albus» lo rabbonì Rose, fissandolo dritto negli occhi nel tentativo di trasmettergli sincerità, per quanto falsa potesse essere in realtà. «Io e Alice non stiamo facendo nulla di illegale» concluse con un piccolo sorriso.

Albus si scostò di scatto, girandosi verso il corridoio che lo avrebbe portato nei Sotterranei. «Ora devo andare, Scorpius mi aspetta in Sala Comune» l’avvisò, incamminandosi un passo dopo l’altro. «È meglio che torni nella tua, a proposito, o sarò costretto a toglierti dei punti». Lo sguardo implorante di Rose non servì a farlo tornare indietro. La ragazza rimase ferma immobile a guardarlo andare via e quasi non si accorse delle parole che la raggiunsero prima che il cugino svoltasse l’angolo.

«Scoprirò cosa stai combinando, Rose, in un modo o nell’altro».









Angolo autrice
Ehilà, sono tornata con un altro capitolo.
Rose e Alice hanno iniziato le ricerche per quello che appare come un enorme punto di domanda.
Come ci si aspettava, non basterà qualche libro in Biblioteca. Magari l'unica soluzione è un'idea geniale o, chi lo sa, un colpo di fortuna.
E poi la cena al Lumaclub! Spero di essere riuscita a rendere bene l'atmosfera.
La bellissima clessidra che attira l'attenzione di Rose è ovviamente presa da HP e il Principe Mezzosangue (dal film, non mi ricordo se viene citata anche nei libri ma andrò a controllare).
Invece la foto di Harry e Lumacorno, bonus a chi indovina a quale momento fa riferimento! (anche se dovrebbe essere abbastanza facile).
Detto questo, ci vediamo alla prossima.
ChiarainWonderland

 

   
 
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