Hermione
ricordava quel viso, quel viso per cui aveva provato terrore, quel viso di
paura, quel viso con le mani che credeva potessero ucciderla.
Hermione guarda
il suo viso ora, quel viso già visto in un sogno lontano, quel viso tenuto in
memoria fra tanti per farlo tornare.
L’inizio della
passione ha della musica in sé, e lei teneva rinchiuso nel petto quel delicato
suono di violini.
Si scambiarono i
nomi, i simboli d’identità decisi da altri, mentre lei lo guardava timidamente
negli occhi cadendoci dentro.
La sera
mangiavano l’uno di fronte all’altro, senza parlarsi, senza avere contatti.
Nessuno notava la
tensione che c’era fra loro.
Nessuno udì il
soave canto di violini.
Lei si ritrovò
affascinata dalla sue mani. Bianche, morbide.
Si chiese come
sarebbe stato toccarle, come sarebbe stato sentirle sui fianchi.
La notte non
riuscì a dormire.
Nascevano
proiezioni di una vita nuova nel suo cinema privato.
Si chiedeva se
lui stesse dormendo.
Se per caso
avesse pensato qualcosa di lei. Chissà cosa. Chissà se la sua mente aveva
sfiorato quella di lei impercettibilmente.
Accese la luce.
Illuminò il
sonoro di voci portate dall’alto.
Nella stanza
sopra la sua, Remus e Tonks dividevano la camera. Vedendoli aveva percepito la
loro felicità insieme.
Iniziò ad ascoltare
rubando un’intimità fatta di lamenti soffocati pieni di passione.
Alle loro voci
sovrappose mentalmente quella sua e di Sirius, cercando di addormentarsi per
portare tutto nel sogno.
Non ci riuscì,
qualcosa non la faceva dormire, qualcosa che spingeva da dentro il suo petto
per uscire. Era quell’inconfondibile melodia di violini, la teneva sveglia, non
la lasciava sprofondare nei sogni.
Hermione si alzò
dal suo letto, passeggiò in eterni corridoi vuoti, solo per vedere quello che
vedeva lui ogni giorno.
Voleva assaggiare
la vita del suo tormento, quasi sperasse che potesse essere un vaccino per
quell’amore lontano che scorgeva fra i germogli.