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Autore: Yuphie_96    11/05/2020    2 recensioni
~ Seguito di 'Il Portiere ha Fatto Goal', che a sua volta è il seguito di 'Non Senti la Mancanza?' ~
In questa storia vediamo le vicende della famiglia Wakabayashi/Ozora.
Tsubasa e Genzo riusciranno a stare dietro al frutto del loro amore o sarà più facile, per loro, giocare una partita di calcio?
Essere genitori non è semplice, ma non lo è neanche essere l'erede di due calciatori famosi!
Riusciranno, tutti e tre, a sopravvivere a quella partita piena di sorprese che è la vita?
Genere: Comico, Omegaverse, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
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Angolino della Robh: Buona serata a tutti e buon inizio settimana ~♥.
Sono tornata a rompervi le balle con un nuovo aggiornamento, stavolta (a mio dire) tutto da ridere! u.u
Voglio iniziare con il dire che io adoro Rivaul, seriamente, appena l'ho visto nel rewacth della serie Forever mi è entrato di diritto nella lista dei pargoli insieme a Santana, quindi non potevo non farlo comparire nella fict, vista la sh- L'AMICIZIA, sì, l'amicizia e la rivalità con Tsu u.u''' (*suda freddo sotto lo sguardo attento di Serè che la conosce fin troppo bene*).
Solo io me lo immagino versione fratello maggiore con Tsubasa in braccio e Santana e Natureza attaccati alle gambe versione mignon?... Sì?... Ho problemi più seri di quanto immaginassi, allora O.o.
Comunque, ritornando al capitolo, andando a spulciare su Rivaul ho scoperto di conseguenza che ha moglie e ben due piccini... qui mi è sorto il solito problema... come cippendal si chiama la moglie?! ç.ç Siccome, anche qui, com'è successo con la madre di Karl, non ho trovato niente... l'ho inventato di sana pianta, andando a cercare dei nomi femminili brasiliani, devo dire che a me piace, spero piaccia anche a voi ç.ç *incrocia le dita*.
Questo era l'unico appunto che dovevo fare sul capitolo, ma già che ci sono vi parlo un attimo anche di Hime, c'è un balzo temporale di due anni qui quindi la piccola ormai ha tre anni, sta crescendo e siccome io sono una pippa (ma proprio pippa) nel disegnare, per immaginarmela ho usato un prestavolto come ho fatto altre volte per altre OC, se volete andare a vederla (se vi viene la curiosità), cercate semplicemente Dia Kurosawa di Love Live Sunshine e la troverete, per me è semplicemente perfetta per il ruolo u.u.
Mi raccomando, tenete ben a mente il nome perchè in futuro mi/vi servirà u.u. 
Detto questo, vi lascio al capitolo augurandovi, come sempre, una buona lettura ~♥.


Ps: Ti voglio tanto bene Serè ♥.
Non c'entra una cippa con il capitolo, ma visto che legge sempre e che in questo periodo è giù, glielo dico anche qui ~♥.


I momenti prima delle partite erano quelli che piacevano di più a Rivaul.
Come i suoi compagni, iniziava a sentire quel filo di adrenalina – che sarebbe scoppiata una volta sceso in campo – scorrergli nelle vene ma riusciva comunque a mantenere la concentrazione, schemi di gioco e qualità avversarie gli tornavano in mente senza alcun sforzo, li ripassava fino all’istante prima di mettere piede sul manto verde.
Lo faceva ad ogni partita.

Tranne quella.

I giocatori del Barcellona erano arrivati da poco allo stadio dove si sarebbe disputata la partita contro il Valencia, la partita si sarebbe tenuta nel pomeriggio, quindi avevano tutto il tempo per potersi cambiare con calma e per poter parlare di alcuni schemi nuovi, che avrebbero introdotto in quella partita.
Rivaul, però, non era tranquillo come al solito e non perché fosse preoccupato per il pericolo che rappresentava Santana, no, lui era preoccupato per Tsubasa.
L’omega aveva chiamato il mister dicendo che avrebbe fatto tardi e di dirigersi, quindi, allo stadio senza di lui.
Era un fatto inusuale e strano se si parlava del centrocampista, e Rivaul sentiva che forse c’era qualcosa che non andava, così uscì dallo spogliatoio – approfittando del fatto che mancasse ancora un po’ al momento di scendere in campo – e lo chiamò sul cellulare per chiedergli dove fosse.
Tsubasa, fortunatamente, gli rispose quasi subito dicendogli che si trovava al chiosco vicino allo stadio.
Il brasiliano alzò il sopracciglio interrogativamente, cosa ci faceva lì?

La risposta a quella domanda furono due occhi verde smeraldo.

“Alla materna hanno avuto problemi con delle tubature scoppiate e la babysitter ha avuto un contrattempo all’ultimo, ho provato a cercarne altre ma niente, ho dovuto portarla con me”
Spiegò Ozora portando una forchettata di broccoli alla bocca della figlia, che girò la testolina schifata, mentre l’asso del Barcellona – che li aveva raggiunti dopo la chiamata – si sedeva vicino a loro con un piccolo sorriso in volto.
Ecco spiegato il motivo del ritardo, pensò Rivaul portando una mano ad accarezzare i capelli neri di Hime, che arricciò il nasino mentre mangiava il suo tramezzino con il pollo.
“Sai già a chi lasciarla durante la partita? Posso chiamare mia moglie se hai bisogno, manca ancora un po’ e dovrebbe fare in tempo”
“Ti ringrazio ma ho già risolto, starà sugli spalti con Pinto… sempre se finisce i broccoli”
Aggiunse Tsubasa, tentando ancora d’imboccare la bambina che si girò ostinatamente dall’altra parte, facendo sospirare la madre e ridacchiare Rivaul – ci era passato anche lui con i suoi figli e non lo invidiava per niente -.
“Andiamo Hime, hai promesso a papà di mangiare sempre le verdure, sarà triste di sapere che non stai mantenendo la promessa, sai?”
Disse a quel punto il centrocampista, sapendo che tasti toccare con la figlia.
Hime infatti sussultò e si girò di scatto verso la madre, guardandolo spaventata.
“Papà… triste?”
“Sì, il papà sarà molto triste”
La bambina indugiò ancora qualche istante, guardando male il contenitore di broccoli che Tsubasa aveva portato nel suo pranzo al sacco, ma alla fine cedette e si lasciò imboccare, facendo una faccia schifata mentre masticava.
“Papà adesso contento?”
Chiese poi Hime, dopo aver mandato giù il boccone con molta fatica.
“Certo, papà sarà contentissimo di sapere che stai mantenendo la promessa”
Le sorrise Tsubasa, facendo sorridere di rimando anche la sua principessa che continuò a farsi imboccare, non senza fare smorfie ovviamente.
Anche Rivaul stava sorridendo mentre osservava quella scena famigliare senza intromettersi, osservava e ricordava.


Tsubasa era tornato a Barcellona allo scadere dei due anni previsti e aveva detto al mister che era seriamente intenzionato a tornare a giocare.
Il mister aveva accolto quella notizia con un leggero sorriso in volto – non poteva nascondere di aver avuto paura di perdere un giocatore forte e abile come lo era Tsubasa -, al contrario dei suoi compagni che lo accolsero di nuovo nella squadra abbracciandolo entusiasti.
C’era ben poco da festeggiare, però.
Il centrocampista aveva affrontato una gravidanza ed era stato fermo per ben due anni, il suo stato fisico… il medico gli disse che non era – ovviamente – come due anni prima solo per non dirgli che era messo davvero male, nonostante avesse ripreso ad allenarsi seriamente dopo la fine dei mondiali, non poteva tornare a giocare subito, era impensabile, doveva ritornare in forma prima.
Ma quello era solo uno dei due problemi, il più facile da risolvere tra l’altro.
Il secondo problema era rappresentato dalla piccola principessa.
Hime sarebbe rimasta con Tsubasa – Wakabayashi li avrebbe raggiunti ad ogni giorno libero - ma l’omega non poteva portarla con sé durante i severi allenamenti che lo avrebbero aspettato da quel momento in poi, così aveva dovuto iscriverla in un nido – Genzo si era dovuto mettere l’anima in pace – che l’avrebbe tenuta per la maggior parte della giornata, lasciandolo libero di concentrarsi unicamente sugli allenamenti.
… Andò male già il primo giorno…
La bambina all’inizio sembrò tranquilla e contenta del nuovo ambiente, ma dopo un’oretta di gioco iniziò a ricercare la figura – fino a quel momento onnipresente – della madre, non trovandolo, scoppiò in un pianto disperato che si calmò solo quando Tsubasa – avvertito dalle educatrici – andò da lei nella pausa pranzo, per poi ricominciare ancora più forte quando lo vide andare via per tornare agli allenamenti pomeridiani.
Questa scena si ripeté per un’intera settimana, nonostante fosse intervenuto anche Genzo – la sera parlava con la figlia al telefono e la rassicurava, riuscendo a farla addormentare tranquilla, ma la mattina dopo si ricominciava sempre con un potente pianto -, all’ottavo giorno Rivaul vide Tsubasa arrivare agli allenamenti già sfinito, occhiaie messe in risalto dal volto pallido e gran mal di testa a coronare il tutto.
Decise, senza pensarci due volte, che era arrivato il momento di dargli una mano.
Quella sera andò con lui a riprendere la bambina e conobbe – finalmente – la piccola Hime, che non era poi messa meglio dalla madre, il visino era tutto segnato dalle continue lacrime e gli occhi erano rossi e gonfi, i singhiozzi le mozzavano il respiro e non riuscì a calmarsi del tutto anche quando fu tra le braccia della madre, ormai la paura di vederlo andare nuovamente via era radicata in lei.
Li portò entrambi a casa sua dove Hime… scoppiò a piangere ancora, spaventata dall’assalto che le fecero i due figli di Rivaul, presto sgridati da Raíssa che prese in mano la situazione, prese la piccola dalle braccia tremanti di Tsubasa – non convinto del tutto di lasciarle la figlia, visto come Hime stava piangendo – e la portò in un’altra stanza.
Nemmeno lo stesso asso del Barcellona seppe con precisione cosa disse la moglie alla piccola Wakabayashi, mentre lui preparava una grossa tazza di camomilla al compagno di squadra, ma dopo una mezzoretta le due fecero il loro ingresso nella sala, dove stavano lui e il centrocampista, mano nella mano e, soprattutto, tranquille.
Hime aveva smesso di piangere - Raíssa le aveva sciacquato il viso e poggiato sopra gli occhi un asciugamano bagnato con acqua fredda, per toglierle il gonfiore e il rossore - e mangiò tranquilla imboccata proprio dalla donna, finendo infine per addormentarsi dopo aver giocato un po’ con Ewell e il fratello.
Il giorno dopo Tsubasa non ricevette nessuna chiamata dalle educatrici, la sua principessa non pianse nemmeno una lacrima in tutta la giornata.
Raíssa aveva compiuto un miracolo e ne compì molti altri nei due anni che seguirono, aiutando Tsubasa in situazioni dove l’omega non sapeva proprio dove sbattere la testa.


Quando Hime finì tutti i suoi broccoli, Rivaul le accarezzò nuovamente i capelli, al contrario della moglie, lui non aveva saputo bene come aiutare il compagno di squadra nei momenti di bisogno perché… beh, aveva sempre avuto Raíssa al suo fianco quando sorgeva un problema con i loro figli, così aveva deciso semplicemente di stargli accanto quando aveva bisogno, facendo un po’ da ‘padre’ alla bambina che, purtroppo, non riusciva a vedere spesso il suo vero papà come avrebbero voluto lei e Tsubasa.
Come facevano i due – Ozora e Wakabayashi – a stare lontani per così tanto tempo, con una figlia di mezzo poi, ancora se lo chiedeva, il falco del Barcellona, lui non ce l’avrebbe fatta di sicuro.
Il centrocampista e l’asso aspettarono pazientemente che la bambina finisse anche la sua uva, poi si alzarono, e mentre Ozora sistemava le poche cose che aveva sul tavolo, Rivaul allungò una mano verso Hime, per iniziare ad incamminarsi con lei verso lo stadio.
La principessa guardò qualche istante quella mano tesa verso di lei che aveva afferrato tante volte, storse il nasino e andò ad aggrapparsi alla gamba della madre, lasciando il brasiliano sorpreso.
Era la prima volta che si rifiutava di dargli la mano…

Non notò l’occhiata torva che la bambina gli lanciò, semi nascosta contro la gamba di Tsubasa.

“Allora, ripetiamo le regole da seguire, uno…”
Disse Tsubasa, alzando il pollice.
“Hime stare tranquilla”
Disse la bambina, alzando il dito come la madre inginocchiato davanti a lei.
“Due?”
“Hime non disturba Pinto”
“Tre?”
“Hime ‘petta fine partita per vedere mamma”
“E quattro?”
“Hime non salta”
“E direi che questa è la più importante”
S’intromise Rivaul tra madre e figlia.
“Decisamente”
Concordò Pinto, sbiancando al ricordo della volta che, durante una partita, Hime aveva visto Tsubasa infortunarsi.
Spaventata, era scappata via dalla sorveglianza di Pinto per poter raggiungere la madre in campo, il modo più veloce che la bambina pensò per farlo, fu quello di saltare giù dagli spalti, l’urlo che aveva lanciato il calciatore quando aveva visto la figlia, in bilico in piedi e pronta a saltare, era risuonato in tutto lo stadio.
Per fortuna erano riusciti a fermarla prima che saltasse per davvero.
“Credo di aver perso almeno 10 anni di vita quella volta…”
Continuò Pinto mentre riprendeva colore in volto.
Da allora, era stato necessario introdurre una nuova regola a quelle che Ozora aveva imposto alla figlia, quando andava a vederlo allo stadio.
“Mai più Hime, promesso?”
Rincarò la dose Tsubasa, allungando il mignolo.
“Promesso!”
Giurò la bambina avvolgendo il dito della madre con il suo.
Entrambi si baciarono i pugni per chiudere il giuramento, poi la principessa si aggrappò alla sua mamma per salutarlo ancora.
“Mamma vinci!”
“Sì, vincerò per la mia principessa”
Le promise l’omega, riempendole di baci la guancia.
“E vola!”
Aggiunse Hime alzando le braccia al cielo, gli occhi illuminati dalla meraviglia.
Rivaul, dietro di loro, ridacchiò nascondendolo con una mano, aveva davvero una grande immaginazione la bambina a pensare che il centrocampista volasse ogni volta che compiva una rovesciata, faceva ridere poi che lo pensasse solo e unicamente della madre, quando vedeva lui fare la stessa rovesciata lo chiamava semplicemente salto alto.
Da lì si poteva capire quanto amasse Tsubasa.
Pensò il falco del Barcellona, vedendo il compagno di squadra ridere a sua volta e prometterle che avrebbe sicuramente volato.
“Dobbiamo andare adesso”
Avvisò l’omega mettendogli una mano sulla spalla, gli dispiaceva dover essere lui a separarli ma era giunto il momento di scendere in campo.
Tsubasa lasciò un ultimo bacio sul naso della figlia, facendola ridere, fece un occhiolino a Pinto e gli lasciò il suo bene più prezioso in custodia, allontanandosi infine con Rivaul.
“Bene, dobbiamo andare anche noi”
Disse Pinto avvicinandosi alla bambina per prenderle la mano, ma si bloccò osservandole il viso.
“Ehi, cos’è quel broncio? Ti manca già Tsubasa?”
Le chiese, prendendole la mano e iniziando a portarla sugli spalti.
Hime girò immediatamente la testa per non perdere di vista i due calciatori che si stavano allontanando, assottigliò lo sguardo verde smeraldo… mentre camminavano erano vicini…

“Mamma! Mamma! Mamma!”
Urlò Hime correndo incontro a Tsubasa, aggirando tutti gli altri giocatori che le intralciavano il percorso.
“Guardala come ci supera”
Rise Alaberdo, osservando la piccola correre spedita.
“Potrebbe diventare un’ ottima calciatrice, tu che ne dici Tsubasa?”
Continuò poi, rivolgendosi all’omega.
“Diventerà quello che vorrà, esattamente come ho fatto io”
Rispose tranquillo il centrocampista, accogliendo la figlia tra le braccia.
Come al solito, la sua principessa aveva fatto irruzione nello spogliatoio – almeno quella volta aveva fatto in tempo ad uscire dalle docce – e non poteva neanche riprenderla perché, effettivamente, Hime aveva rispettato la terza regola e aveva aspettato la fine della partita per raggiungerlo, ormai nessuno ci faceva neanche più caso, anzi si divertivano a mettersi davanti a lei e vederla superarli come Tsubasa superava gli avversari in campo.
Tale madre tale figlia, d’altronde.
“Ottima risposta”
Commentò Rivaul, vicino a lui, sorridendogli e accarezzando i lunghi capelli neri della bambina.
Bambina che si allontanò di scatto dal suo tocco per rifugiarsi nel petto della madre, non prima di aver mostrato al brasiliano la lingua.
“Ehi! Cos’è questa maleducazione?”
La riprese immediatamente l’omega, allontanandola per poterla guardare negli occhi.
“Non fa niente, tranquillo”
Sorrise Rivaul, iniziando a portare la mano che era rimasta in sospeso verso i capelli del compagno di squadra per scompigliarglieli, come faceva spesso.
Hime, a quell’azione, sgranò gli occhi e sussultò, ma si riprese subito, fece uno scatto e…

“Ha tentato di morderlo?!”
Chiese Genzo stupito e sconvolto, lasciando cadere il borsone sul pavimento tanto era scioccato.
“Già”
Confermò Tsubasa.
“Ma… ne sei sicuro?!”
“Sicurissimo, se non l’avessi sposata in tempo, Rivaul avrebbe tutta la mano segnata adesso”
Spiegò Ozora, stupito quanto lui dal comportamento della figlia.
Hime era sempre stata una bambina tranquilla – se non si contavano i suoi slanci verso la madre -, non aveva mai litigato con nessun altro bambino e aveva sempre obbedito ai suoi genitori, qualche volta avevano dovuto riprenderla ma non era mai stato necessario metterla in punizione.
Almeno fino a quel momento.
“Una settimana non è troppo?”
Mormorò il portiere, osservando preoccupato la porta chiusa della stanza della loro principessa.
“Per niente, ti rendi conto che avrebbe potuto ferirlo sul serio?”
Lo riprese Tsubasa, serio, per poi sospirare.
“Mi chiedo, piuttosto, perché questo cambiamento, Rivaul le è sempre stato simpatico ed ora, all’improvviso, dopo la partita contro il Valencia tenta addirittura di morderlo… a pranzo dobbiamo parlarle un po’”
Mormorò il centrocampista, incamminandosi verso la sala.
Genzo sussultò, Tsubasa non gli aveva detto che era successo dopo la partita contro il Valencia.
Loro due il giorno prima della partita avevano litigato appunto sul brasiliano – a Wakabayashi non piaceva come stava intorno alla sua famiglia e Ozora gli aveva risposto dandogli semplicemente del cretino, geloso per nulla – al telefono, sapeva che il centrocampista aveva il vivavoce in quel momento perché stava preparando la cena, quindi Hime aveva sicuramente ascoltato tutta la litigata visto che, mentre Tsubasa stava ai fornelli, lei tentava di dargli una mano apparecchiando le sue stoviglie giocattolo colorate – era ancora troppo piccola per maneggiare i piatti da grandi -.
Che Hime abbia tentato di aggredire il falco del Barcellona… perché aveva ascoltato le parole del suo papà contro di lui?
La porta della camera davanti a lui si socchiuse e, da uno spiraglio, gli occhi verdi dei due Wakabayashi s’incontrarono.
Padre e figlia restarono in silenzio ad osservarsi per un paio di minuti.
“Oggi pomeriggio ti porto a prendere il gelato”
Le bisbigliò a bassa voce, alzando in pollice in alto.
Hime sorrise e richiuse pian piano la porta.
Genzo la osservò, fiero e commosso di quello che aveva fatto per lui.
Quella era la sua bambina!


Quando Tsubasa scoprì il collegamento tra la litigata e il cambiamento della figlia, li fece scusare entrambi con Rivaul, in ginocchio, e Genzo – in aggiunta – dormì sul divano.
Hime gli lasciò Mambo per non farlo sentire troppo solo.
Quella era la sua bambina.




 

*
Tanto per farvelo sapere... Mambo 'esiste' davvero.
Nel senso, se andate a cercare Dia Kurosawa Koi Ni Naritai Aquarium, vi uscirà una card del gioco dove Dia tiene in braccio un peluche a forma di cucciolo di pinguino.
La mia genialata, eh?! U.U *fiera* (...*Serè le patta la testa per non dire niente*)

   
 
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