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Autore: Itachi95    16/05/2020    1 recensioni
Un ragazzo, segnato da una tragedia che gli ha lasciato una cicatrice indelebile, vive il presente carico di rabbia, odio e trepidazione per la vendetta che un giorno sa che compirà. La piccola e insignificante gilda in cui è entrato non è nient'altro che una copertura, un mezzo per raggiungere più velocemente il suo scopo. Ma un giorno un evento inaspettato sconvolge i suoi piani. I membri della gilda scomparsi sette anni prima riappaiono inaspettatamente. Riusciranno a eliminare l'odio e le tenebre dal cuore dell'ultimo arrivato e a mostrargli come dovrebbe essere veramente un membro di Fairy Tail? O saranno coinvolti nella sua vendetta e verranno travolti dalla sua furia.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Mirajane, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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11. TRAGEDIA
 
Nel torpore e nella quiete del sonno la prima cosa che risvegliò i sensi di Krono fu un insolito odore di bruciato.
Aprì gli occhi e vide il soffitto della sua stanza, dalla poca luce capì subito che il sole era calato da un po’, eppure una strana luce illuminava il soffitto.
Si tirò su e si diresse alla finestra.
La sua stanza era al piano terra e dava su una delle vie del paese, quindi poteva vedere quello che stava succedendo senza problema.
Lo spettacolo che vide lo lasciò basito.
Molte case del paese erano in fiamme, per strada si potevano vedere anche dei cadaveri e man mano che i sensi si risvegliavano udì anche degli spari in lontananza.
Corse subito verso la cassapanca che si trovava attaccata alla pediera del letto la aprì e prese una maglietta, dato che era ancora a torso nudo, si infilò le scarpe e si diresse verso la porta.
«Ma guarda un po’ qui che abbiamo!».
Si bloccò nel sentire una voce che non aveva mai sentito provenire dalla finestra.
Si volto e vide due persone che non aveva mai visto. Due brutti ceffi.
«Il master ha fatto bene a ordinarci di fare un altro giro per questa via, a quanto pare è sopravvissuto qualcuno».
“Master? Sopravvissuto?”.
Krono era pietrificato, non riusciva a fare mente locale.
«Muahahah! Ma guardalo, sembra che stia per farsela sotto!».
«È solo un moccioso, che ti aspettavi. Su dai, finiscilo in fretta. Voglio tornare dal gruppo. Il master ha detto che se trova qualche bella figa ce la lascia per divertirci un po’».
«Sei insaziabile», l’uomo mise una mano dietro la schiena e tirò fuori una pistola, «non ti sei appena fatto quella donna morta, solo dieci minuti fa».
«Era un cadavere, lurida testa di cazzo! La prossima volta aspetta a sparare non puoi premere il grilletto appena vedi un’ombra muoversi, ci saremmo potuti divertire entrambi. Era un bel pezzo di gnocca e me la sono dovuta fare da morta!».
«Qual è il problema scusa, era ancora calda, no?».
Punto la pistola contro Krono.
«Addio moccioso di merda».
Bang!
Krono vide uno schizzo di sangue uscire dalla tempia dell’uomo che cadde.
«Ma che caz…bang!», il complice aveva fatto appena in tempo a voltarsi e un altro colpo lo prese in piena fronte, così forte da farlo volare per terra.
«Krono!», il ragazzo riconobbe la voce di sua madre che entrava di corsa dalla porta.
«Krono!». Vide suo padre che si affacciava dalla finestra.
«Meno male che stai bene», Rose trattenendo a stento le lacrime lo abbraccio forte.
Il ragazzo non oppose la minima resistenza a differenza delle altre volte in cui la madre manifestava il suo affetto, anzi si lasciò andare completamente, appoggiando il viso sulla sua spalla. Il suo profumo lo tranquillizzò.
«Avanti dobbiamo andarcene! Non abbiamo tempo da perdere!», li esortò Uranos con agitazione.
Rose prese il figlio per mano e si diresse verso la finestra, mise una mano sul bordo e scavalcò, ma Krono rimase fermo.
«Avanti Krono!», lo esortò il padre.
«Mi spiegate che sta succedendo? Chi erano quei tizi e perché il villaggio è in fiamme».
«Non c’è tempo adesso».
«Ehi!! Voi due!».
Una voce dal fondo della strada gli distrasse.
«Merda un’altra pattuglia».
 «Ci hanno visti», fece preoccupata Rose.
«Usciamo dall’altro lato», Uranos aspettò che la moglie tornasse dentro e poi la seguì.
Corsero dentro la casa, e si diressero verso l’ingresso principale. Uranos mise il viso fuori e osservò che non ci fosse nessuno.
«La strada è libera, andiamo».
Appena uscì la prima cosa che lo colpì fu una strana luminosità provenire dall’altro.
Alzò il viso e guardò il cielo. Un cielo limpido senza la più piccola nuvola, la luna era piena e gli sembro enorme.
Sapeva che l’estate era il periodo in cui si poteva vedere una luna più grossa rispetto agli altri periodi dell’anno. Ogni estate passava delle ore, durante la notte, steso sul tetto di casa a fissare la luna piena, che fin da piccolo aveva sempre avuto un grande fascino su di lui, ma mai prima di allora aveva visto una luna così grande.
«Su Krono, dobbiamo muoverci», gli disse suo padre sforzandosi di non urlare.
Mentre si muovevano per la strada attenti che non sbucasse fuori qualche minaccia Krono si rese conto che la strada era disseminata di cadaveri.
I corpi delle persone con cui fino a qualche giorno prima conversava, rideva e scherzava ora erano accasciati per terra di fronte alle loro case, con fori di proiettili e in mezzo al sangue. Alcuni avevano dei fucili a fianco segno che avevano provato a difendersi, altri invece non presentavano fori di proiettile ma lacerazioni da lame, altri invece bruciature o non avevano segni particolari, vuol dire che erano stati uccisi dalla magia.
Sentì la rabbia crescerli dentro e provò ad insistere.
«Allora potete dirmi cosa sta succedendo?».
«Siamo sotto attacco, da parte di una gilda oscura».
«Una gilda oscura?».
«Non penso nemmeno che sia del nostro paese. Forse viene dal regno di Fiore o forse dagli stati vicini».
«E perché diamine una gilda oscura dovrebbe attaccarci? Vogliono le nostre armi?».
«Inizialmente era quello che pensavamo, ma a quanto pare derubarci delle armi non è il loro obiettivo primario».
«E quale sarebbe?».
Uranos lanciò uno sguardo alla moglie che lo abbassò preoccupata.
Krono non aveva mai visto i suoi in uno stato di tale agitazione e la cosa lo innervosì ancora di più.
«Rispondimi!», dovette trattenersi per non gridare eppure il suo tono fu alto comunque.
«Cercano te», gli disse la madre con un filo di voce, prima di lasciarsi andare a un pianto silenzioso.
«Cosa?».
«Sono arrivati appena scesa la notte. Hanno fatto una grande confusione e man mano che la gente usciva di casa la facevano fuori, come fosse un tiro al bersaglio, non ci hanno dato nemmeno la possibilità di difenderci, vigliacchi», disse digrignando i denti per il nervoso.
Uranos riprese a camminare con Rose e Krono che gli andavano dietro: «noi eravamo a casa del capovillaggio, stavamo discutendo su come organizzare il tuo allenamento e li abbiamo assistito alla scena. Il master faceva domande su dove poteva trovare il devil slayer del villaggio».
«Il devil slayer? Ma allora sanno della mia esistenza, ma come cazzo è possibile? L’esistenza del villaggio di appartenenza del devil slayer dovrebbe essere sconosciuta a tutti, anche tra i devil slayer in pochi conoscono le ubicazioni di altri e comunque non di tutti, solo la famiglia di Rio dovrebbe esserne a conoscenza!».
«Ci devono aver rintracciato».
«E come avrebbero fatto degli esseri umani?».
«Non credo che siano stati loro. Io penso che loro siano solo dei burattini. A causa dell’agitazione non te ne sei accorto, vero? Ma ti ho insegnato a usare la magia per rilevare demoni nelle vicinanze, rilevando la loro oscurità».
Ancora prima che il padre avesse finito di parlare Krono stava già facendo la ricerca e quello che percepì gli fece raggelare il sangue.
«M-m-ma, qu-questo… non è il potere di un demone normale», in quel momento la paura aveva preso il sopravvento sulla rabbia.
«No, questo è il potere di un demone superiore», disse in tono grave.
«Allora è stato lui a trovarci, che abbia percepito la presenza della lacrima».
«Questo ora non ha importanza. La cosa più importante è metterti in salvo. Non sei assolutamente in grado di affrontare un avversario del genere, anche se riuscissi a trasformarti non avresti comunque speranza».
Le parole di Uranos erano vere e Krono lo sapeva.
Uranos vide un incrocio in lontananza e rallentò, doveva essere cauto, poteva esserci qualcuno nei paraggi.
«Per uscire prima dal villaggio dobbiamo muoverci verso ovest, prendiamo sempre le strade di sinistra, poi ci dirigeremo tra i boschi sulle montagne e aspetteremo fino a che non si faccia giorno».
Gli occhi di Krono erano puntati sulle schiene dei suoi genitori che lo precedevano, ma tutto d’un tratto, come se qualcuno lo avesse chiamato girò istintivamente la testa di lato.
Vide un ragazzo dall’altro lato della strada.
Si bloccò.
Per un momento si dimenticò di tutto: del villaggio, dell’attacco, del demone, dei suoi genitori persino della sua stessa vita.
Si avvicinò ad andatura lenta, come se fosse in trance.
Man mano che si avvicinava riusciva a mettere fuoco nuovi dettagli, in quella notte illuminata solo dalle fiamme e da una luna piena più grande del normale.
Era seduto per terra, appoggiato con la schiena sulla parete di una casa, un rivolo di sangue gli colava dal lato della bocca e dai fori di proiettile sul petto, lo sguardo basso e apatico con le pupille dilatate.
Sentì le gambe cedergli ma resistette, nonostante ciò una lacrima gli scese dall’occhio e rimase lì immobile a fissare il corpo di Xavier.
Si guardò intorno in preda all’agitazione e al panico come se cercasse qualcuno che lo consolasse o gli spiegasse perché stava succedendo, ma tutto ciò che trovò furono cadaveri e altro orrore.
Qualche metro più in là di dove si trovava Xavier Krono vide due figure stese a terra, abbracciate.
«No», disse con un filo di voce mentre tentava di obbligare le gambe a muoversi, dopo qualche metro però cedettero.
Si ritrovò per terra, si avvicinò a carponi e quando fu vicino alle due figure scoppio a piangere.
I corpi di Caesar e Althea erano immobili, anche sulla schiena di lui c’erano dei fori ma erano più larghi di quelli che c’erano sul corpo di Xavier. Lui doveva aveva cercato di proteggerla ma la potenza di fuoco dell’arma usata era tale che i proiettili li avevano trapassati entrambi. Caesar aveva gli occhi chiusi, ma la sua espressione mostrava terrore.
E Krono sapeva bene che quel terrore non era per la sua sorte ma per quella della sorella.   
Il burbero e arrogante Caesar, fin da piccoli lui era uno che si divertiva a provocare le persone e a fargli i dispetti, ma aveva sempre tenuto alla sorella.
Ora era lì, la stringeva per continuare a provare a tenerla al sicuro anche nella morte, così stretta da non lascare che si vedesse nemmeno il volto che era coperto da ciocche di capelli.
Rimase fermo immobile a osservare quell’immagine, si voltò per osservare anche Xavier, come se sperasse di non trovarlo più lì.
«Krono», lo chiamò la madre.
Non le rispose, si rimise in piedi ma non si mosse.
«Krono, dobbiamo andare. È pericoloso rimanere qua. Ricordati che è te che stanno cercando, dobbiamo riuscire a metterti in salvo».
«Guardati attorno!!», gridò.
«Le persone con cui sono cresciuto, siamo cresciuti! I nostri amici sono morti! Come fate a restare cosi calmi, cazzo!».
Rose distolse lo sguardo per non guardarlo.
«Ricorda l’addestramento, compartimentazione. Controlla il dolore, la rabbia e il senso di perdita, devi cercare di mantenerti calmo e lucido. Non devi lasciarti travolgere dalle emozioni, non ora, li piangerai più tardi», tentò invano di calmarlo Uranos.
«Vaffanculo alle emozioni! Loro cercavano me! Li hanno uccisi a causa mia! Io voglio fargliela pagare, porca troia! Hanno ucciso i miei amici! Hanno ucciso una bambina!!!».
«Cosa credi di poter fare nelle tue attuali condizioni, non sai nemmeno se sei in grado di trasformarti e anche se ci riuscissi non saresti in grado di controllare il tuo potere. Loro sono morti per te, se ora ti fai ammazzare il loro sacrificio sarà stato vano».
«Non me ne frega niente! Io voglio solo fargliela pag…schafff!».
Rose lo colpì in pieno volto con un fortissimo schiaffo, tanto che Krono perse perfino l’equilibrio, per poco non finì per terra.
«Come ti permetti di parlare in questo modo!», il suo volto era rigato dalle lacrime, non piangeva più ma gli occhi erano ancora lucidi anche se vi si leggeva rabbia oltre a tanta tristezza.
«Hai idea di cosa stia succedendo?! Il villaggio è perduto! Probabilmente siamo i soli sopravvissuti, quelle persone ci hanno attaccato solo perché vogliono te. Tutte le persone che vivevano qui sono sempre state pronte ad un’eventualità simile, fin da quando erano piccoli, sapevano che abitare nello stesso villaggio di un devil slayer avrebbe potuto comportare un rischio simile, ma lo hanno accettato e chi non l’ha fatto se ne è andato! Erano pronti a tutto se avesse significato proteggere chi per anni non aveva fatto altro che proteggere loro e i loro padri senza chiedere nulla in cambio!», le lacrime avevano ricominciato a scendere sul suo volto e la sua voce era rotta dal pianto.
«Quando è iniziato il massacro il capovillaggio si è sacrificato per permetterci di venire a cercarci si è consegnato per darci il tempo per prenderti e portarti al sicuro. Mentre venivamo da te lo stavano torturando per estorcergli informazioni e sono convita che l’abbiamo ucciso prima di riuscire a fargli uscire una parola!».
Si fermò qualche istante per riprendere fiato e gli lanciò uno sguardo così carico di sconforto e tristezza che tutta la rabbia dentro di lui svanì.
«Tutti loro sono morti o si sono sacrificati per te, perché credevano in te. Hanno avuto un destino sfortunato, orribile, ma sono certa che nessuno di loro ha pensato anche per un istante che la colpa fosse tua. Hanno creduto e hanno avuto fiducia che tu saresti diventato più forte e li avresti vendicati», gli si avvicinò e lo abbracciò, così forte come non faceva da quando era bambino.
«Ti prego, non dire mai più che non te ne frega niente dei sacrifici che le persone fanno per te».
«Va bene», si divincolò dall’abbraccio e si rivolse verso il padre, «andiamocene».
Uranos annuì e si affrettò per la strada, Rose si asciugò il volto con la manica e lo seguì.
Krono lanciò un ultimo sguardo ai corpi dei suoi amici: «…grazie per tutto… per i bei momenti passati insieme, per l’aiuto e il sostegno che mi avete sempre dato».
Si soffermò sulla chioma bionda di Althea e sorrise tristemente.
«Mi dispiace… meritavi un destino migliore», poi si voltò a guardare ancora i corpi dei suoi amici e di tutti quelli lì intorno, «tutti lo meritavate».
Si avviò.
Mentre camminava gli ritornarono alla mente tutte le richieste di matrimonio che la piccola Althea gli faceva sempre con quegli splendidi sorrisi e il suo atteggiamento così solare.
Strinse i denti allontanandosi senza voltarsi indietro e si affrettò a raggiungere i suoi.
Continuarono a muoversi, fino a quando in lontananza vedevano qualcuno della gilda oscura ed erano costretti a deviare percorso o a ritornare sui loro passi, la stessa situazione si ripetette un paio di volte finchè non arrivarono ad un altro incrocio.
«Bene, prendendo la strada di sinistra usciremo dal villaggio e saremo subito nel bosco, continuando dritti arriveremo sulle montagne in pochi minuti».
«Sopravvissuti!!», gridò un uomo.
Tutti e tre sobbalzarono per la sorpresa, alzarono lo sguardo e sul tetto della casa dall’altro lato della via videro un uomo che imbracciava un RPG.
«Correte! Ci sono delle persone, master!».
«Una sentinella!», fece Rose.
«Hai un lanciarazzi!».
Bang!
«Krono!», Uranos, prima di buttarsi in avanti, diede una spinta così forte alla moglie da farla volare contro il figlio che la prese e si getto all’indietro girandosi per proteggerla col proprio corpo.
Il razzo colpi il punto in cui si trovavano solo pochi istanti prima distruggendo il palazzo e facendone crollare una parte.
Krono sentì l’esplosione, seguita da rumore di macerie. Si alzò un gran polverone.
Uranos non perse tempo, balzò fuori dal polverone ed evocò una pistola mitragliatrice Glock 18 e fece fuoco.
La sentinella che era intenta a caricare un nuovo razzo nell’arma fu preso alla sprovvista e venne crivellato da una scarica di colpi. Cadde dal tetto ormai privo di vita.
«State bene!», gridò al figlio e alla moglie.
«Si», risposero i due all’unisono.
«Muoviamoci».
Uranos corse verso la via che portava al bosco e alle montagne, Rose gli era appena dietro e Krono distanziato da qualche passo, ma proprio mentre stava imboccando la via vide un assembramento di persone in fondo sulla strada opposta, la sua espressione di fece ancora più agitata.
Rose appena se ne accorse inspirò spaventata.
«Eccovi!», esultò l’uomo alla testa del gruppo.
Uranos si accorse che Krono stava emergendo in quel momento dal polverone e fu tempestivo, evocò un fucile e sparò una sfera nera verso il gruppo in avvicinamento.
Non appena la sfera toccò il terreno esplose creando una cortina fumogena.
«Svelti!», incalzò gli altri.
I tre imboccarono la strada e ad un cenno di Uranos Rose si fermò, concentrò l’energia magica, un cerchio magico marrone comparve sotto i suoi piedi e un muro di terra si alzò dietro di loro sbarrando la via. Era alto fin quasi ai tetti dei palazzi.
«Ottimo lavoro, tesoro».
«Grazie caro».
Continuarono la loro fuga, ormai Krono vedeva la foresta in fondo alla via ma ad un tratto percepì dei sibili. Alzò lo sguardo e vide dei razzi che volavano sopra le loro teste, ne contò quattro. I razzi si schiantarono contro i palazzi ai lati della strada facendogli crollare. Le macerie sbarrarono il percorso, creando una montagna di detriti.
«Nooo!», gridò il padre.
«E ora che facciamo?», chiese Krono allarmato.
Uranos si guardò intorno, non c’erano vie laterali.
«Lancio un’occhiata a Rose che lo guardò molto seriamente e poi annuì.
Baaam! Crash!
Dai rumori la parete di terra era sul punto di crollare.
«Di qua», Uranos fece cenno di seguirlo e si porto ai margini della strada, vicino alle pietre e ai detriti che ostruivano il passaggio. La parte anteriore del palazzo era crollata insieme al tetto, ma le pareti interne erano ancor in piedi.
«Questa era la casa di un mio amico, dovrebbe esserci un seminterrato».
Evocò un fucile e sparò una sfera di energia contro una grossa pietra facendola esplodere, rivelando così una finestra rettangolare al livello della strada.
Diede un calcio rompendo il vetro.
Uranos si rivolse al figlio: «ecco, entra qua, devi nasconderti, noi li terremo occupati ma tu devi approfittarne per scappare, allontanati il più possibile».
Krono lo guardò scioccato.
«Ma sei impazzito?! Vuoi che vi lasci qui a morire mentre mi metto in salvo?! Scordatelo!».
«È la cosa migliore, sono certo che non ti hanno visto prima, eri ancora in mezzo al polverone dell’esplosione, hanno visto solo noi due».
«Se combattiamo tutti insieme ce la faremo».
«Abbiamo contro un’intera gilda», insistette Rose.
«E se poi compare il demone cosa potremmo fare?».
«Mi trasformerò».
Craaack! Sbaam! Crock!
«Non ne sei in grado. Tuo nonno ci ha messo tre giorni per riuscirci e ha mantenuto la trasformazione solo per dieci minuti».
«Primo ce la fatta. Lui voleva proteggere i suoi cari e ci è riuscito, posso farcela!».
«Tu non sei come lui, nessuno lo è!».
«Ce la farò!».
Sbaaam!
«Krono!!».
«Nooo!!», Krono cadde sulle ginocchia, «n-n-non, posso, non posso, lasciar morire anche voi. Non potete…sigh…non potete chiedermi di farlo».
«Krono», la voce di Rose era calma e decisa, «lo so che ti stiamo chiedendo molto. Nessun genitore, in nessuna famiglia normale dovrebbe chiedere una simile cosa al proprio figlio. Ma tu lo sai bene, noi non siamo una famiglia normale».
«Tu ora sei un devil slayer», continuò Uranos, «hai dei doveri e delle responsabilità, prima verso la razza umana, che verso la tua famiglia. Ricorda il tuo giuramento: tu sei la guardia che veglia sugli uomini e lo scudo che protegge i deboli. Finchè il demone che ha orchestrato tutto questo non sarà morto l’umanità non sarà al sicuro. Tu devi sopravvivere, diventare più forte, punirai gli uomini che hanno distrutto il nostro villaggio e ucciso la nostra gente, poi un giorno troverai quel demone e lo ucciderai, vendicandoci tutti».
«M-ma i-i-iio».
«Lo so, quello che ti aspetta è un compito arduo e il mio unico rimpianto è che non sarò lì a darti l’auto che ti avevo promesso ma considerando le tua abilità sono convinto che tu possa farcela».
Craaaash!
«Non abbiamo più tempo!», li avvisò Rose.
Uranos lo abbracciò, non si ricordava l’ultima volta che l’aveva abbracciato.
«Addio Krono».
La madre lo strinse forte, si trattenne a stento ma non pianse.
«Ti volgiamo bene».
«Anch’io», riuscì a dire trattenendo le lacrime.
Si accucciò e poi si gettò dentro il seminterrato.
Uranos e Rose si portarono al centro della strada e li attesero.
Krono sapeva che doveva scapare, ma attese un momento, voleva vederli un’ultima volta.
I suoi genitori se ne stavano fermi in mezzo alla strada, ad aspettare la morte, erano coscienti che non se la sarebbero cavata eppure non c’era paura nei loro sguardi ma solo determinazione.
Fece per andarsene quando senti una voce.
«Finalmente siamo riusciti a bloccavi!», un uomo di grossa stazza, muscolo e con gli addominali scolpiti e avanzava a capo di un folto gruppo di persone che lo seguiva. Se ne stava a torso nudo, per mettere in mostra il fisico scolpito o forse perché usava una particolare magia.
«Ci siete voi?», chiese Rose.
«Oh, ma che maleducato, abbiamo avuto l’ardire di attaccare un villaggio, distruggerlo e saccheggiarlo e non ci siamo nemmeno presentati. Non si fa così ragazzi, non vi ho insegnato le buone maniere?!», fece in tono spavaldo.
I suoi compagni iniziarono a ridere.
«Bisogna rimediare subito», si portò una mano sul petto e fece un leggero inchino, «io mi chiamo Gustav, sono il master di questa gilda oscura, Demon’s Hand».
“Demon’s Hand”?
«Voi siete gli ultimi sopravvissuti, non ce ne sono altri. Prima dell’attacco ho lasciato dei miei uomini nei dintorni del villaggio, in modo che se qualcuno avesse cercato di svignarsela sarebbe andato lo stesso in contro alla morte», disse rivolgendosi ad Uranos, ma poi tornò a guardare sua madre.
«Ma sai che ora che ti guardo meglio non sei affatto male. Stasera mi sono già abbastanza divertito ma credo di poterci dare ancora dentro. Ti andrebbe di divertirti un po’ prima di morir…».
«Non voglio perdere tempo con un pupazzo come te», lo azzittì Uranos.
«Che cosa hai detto?», fece Gustav innervosito.
«Voglio parlare col tuo padrone, col demone che tira i fili dietro le quinte. È lui che vi ha assoldati, non è vero? Avanti fatti vedere demone!».
«Se pensi di essere nella condizione di…».
«Ecco qualcuno di interessante», fece una voce profonda, proveniente dalle spalle di Gustav, che appena la udì abbassò lo sguardo e si fece da parte, così come tutti i suoi uomini.
Si aprivano, ordinatamente, disponendosi su due lati per far passare un uomo, o meglio un demone che avanzava lentamente e si fermò appena qualche passo davanti a Gustav.
Appariva come un uomo con la pelle abbronzata e di costituzione muscolosa. Aveva i capelli marroni scuri, gli occhi blu e portava il pizzetto. Il viso era squadrato, con una mascella pronunciata. Portava una felpa gialla a collo altro con la zip, sopra c’erano delle figure nere simmetriche e pantaloni neri. Aveva degli stivali e dei guanti che arrivavano sotto al ginocchio e al gomito e lì c’erano attaccate delle piume gialle. Infine, la schiena era coperta da un mantello di piume nere che gli arrivava ai fianchi. Sul dorso della mano aveva un tatuaggio col simbolo di due chiavi rovesciate.
Krono si portò una mano davanti alla bocca, sentiva le ginocchia tremargli, ma non era paura. Alla vista di quel demone la paura non era la sensazione che lo stava dominando, in quel momento ciò lo invadeva era un cupo e orribile senso di oppressione.
«Allora demone, qual è il tuo obiettivo? Cosa vuoi da questo villaggio?».
«Mi piace il tuo sangue freddo, umano. Bando ai convenevoli, penso che tu sappia il motivo per cui sono qui. Se sei stato in grado di individuarmi allora devi essere l’uomo che cerco».
«Io mi chiamo Uranos Darkstar».
Nel sentire quel nome il demone sgranò gli occhi.
«Dalla tua reazione ne deduco che tu stessi cercando proprio me».
«Esatto, bravo, non sopporto gli umani che mi fanno perdere tempo perdendosi in inutili giri di parole. Quindi dimmi dove di trova la lacrima col potere del demone».
Uranos si indicò il petto: «è qui dentro, sei arrivato tardi, la cerimonia è stata eseguita da poco».
«Ma davvero? Peccato, da quello che so, vuoi devil slayer avete bisogno di tempo prima di essere in grado di rilasciare il potere demoniaco. Peccato davvero, mi sarebbe piaciuto combattere contro il Demon Lord, tra tutti i devil slayer si dice che fosse il migliore», parlava lentamente e in maniera calma eppure questo atteggiamento non fece altro che agitare ulteriormente Krono.
«Va bene, facciamola finita, il mio compito è eliminare tutti i devil slayer che possiedono il potere dei demoni. Tu sarai il primo, rallegrati, ho scelto proprio la tua famiglia, come la prima che sarà eliminata dalle mie mani. Dovresti sentirti onorato, questo solo perché rispettavo la forza del tuo potere».
«Come sei venuto a conoscenza di tutte queste informazioni? Soprattutto sul mio nome, quello del Demon Lord e di questo villaggio?».
«Non vedo proprio che motivo avrei per dare delle spiegazioni ad un morto».
«Bene allora», Uranos materializzò una pistola a doppietta e nello stesso instante Rose si abbassò e poggiò le mani sul terreno, un cerchio magico comparve sul terreno attorno al corpo di Malphas e subito dopo degli spuntoni di terra sbucarono.
Crock, crack.
Appena gli spuntoni collisero col corpo del demone andarono in frantumi sbriciolandosi, cose se si fossero scontrati con un blocco di pietra.
«Non male come idea, ma una magia di questo livello è inutile contro il sottoscritto».
Uranos puntò l’arma contro il nemico e fece fuoco, una sfera di energia venne sparata.
Il demone non si scompose minimamente, uno scudo di materializzò dal nulla esattamente davanti a lui. La sfera di energia esplose contro lo scudo, ma senza danneggiarlo.
Snap.
Scioccò le dita e delle catene sbucarono dal terreno avvolgendosi attorno al corpo di Rose che lanciò un grido di dolore.
«Rose!», gridò Uranos.
«Non distrarti», in mano al demone era comparsa una frusta che vibrò colpendolo in faccia e mandandolo al terreno.
Uranos però si rialzò subito, non si era portato nemmeno la mano sulla faccia, dove ora c’era uno sfregio verticale sanguinante, per non mollare la presa sulla pistola.
«Le catene attorno al corpo di tua moglie si stringono ogni secondo di più, ti conviene muoverti», gli disse sorridendogli.
Uranos puntò nuovamente l’arma contro il demone.
«Sai bene che è inutile, perché ci riprovi?».  
Tutt’intorno a Malphas comparvero delle armi: pistole e fucili, tutte puntate contro di lui. Perfino Gustav indietreggio, per paura di rimanere coinvolto.
«Vediamo, se il tuo scudo ti proteggerà questa volta», appena finì di parlare le armi fecero fuoco.
Il demone evocò un'altra frusta nell’altra mano e prese ad agitarle così velocemente che divennero invisibili, le sfere e i bolidi di energia sparati dalle armi iniziarono ad esplodere uno dopo l’altro, ne venivano distrutti più di quanti ne venissero sparati e appena si furono esauriti le fruste colpirono le armi che vennero tagliate e fatte a fette come se fossero fatte di pane.
Uranos era rimasto di sasso di fronte alle abilità del suo avversario, che ne approfittò, gli avvolse una frusta attorno al braccio per attirarlo a sé e assestargli una fortissima ginocchiata nello stomaco.
Nonostante la distanza a cui si trovava a Krono parve di sentire il rumore delle costole che si incrinavano e si rompevano.
Uranos vomitò un fiotto di sangue e poi Malphas lo gettò via, a pochi passì dalla moglie.
«No!», urlo Rose disperata.
«Sta zitta, brutta troia!», Gustav gli si gettò addosso e le sferrò un pugno nello stomaco che le fece perdere il fiato, seguito da un montante sotto il mento che nonostante le catene che la avvolgevano la mandò per terra.
«Non intervenire, umano, qui ci penso io. Non voglio ripeterlo», disse il demone, visibilmente infastidito da quella azione.
Gustav rendendosi contro di quello che aveva fatto, sbiancò: «m-m-ma certo, padrone».
Krono osservava la scena impietrito, sapeva che i suoi gli avevano ordinato di scappare, ma le sue gambe non ne volevano sapere di muoversi, era come se fossero inchiodate a terra.
“Primo è riuscito a risvegliare il potere per proteggere la sua famiglia. Io devo fare lo stesso”.
Strinse i pugni provando a richiamare il potere demoniaco, ma nulla.
Chiuse gli occhi si sforzò ma ancora non successe nulla. Alzò lo sguardo per controllare la situazione.
Rose non riusciva a muoversi, guardava il demone in faccia, facendo il possibile per sostenere il suo sguardo, ma la soggezione che esercitava su di lei era troppo forte.
Il demone sorrise, un ghigno di compiacimento: «mi piacciono gli sguardi degli esseri umani quanto i loro sforzi vengono vanificati».
Nel frattempo, Uranos si riprese, era steso faccia a terra, provò a rialzarsi ma il corpo non rispose subito e scivolò nuovamente sbattendo il viso per terra. Riuscì ad alzare lo sguardo per poter guardare il nemico.  
«Mi piaci umano, malgrado tua abbia capito chi hai di fronte, mantieni una sguardo fiero e deciso, non leggo paura nei tuoi occhi».
«La cosa più importante per un guerriero è riconoscere l’avvicinarsi della morte e dominare la paura».
«Khahahah, bella frase!», tirò la frusta che era ancora avvolta attorno al braccio Uranos, questa si mosse come se fosse stata percorsa da corrente.
Crack.
Uranos lanciò un urlo.
Il suo braccio si era piegato in modo anormale.
«Khahahahah! Bene ora addio anche al tuo braccio buono!».
Crock, crack.
Continuava a stringere la frusta per rompere anche quel poco che era rimasto integro, ma Uranos strinse i denti resistendo al dolore.
Si avvicinò alla sua vittima.
«Ora smettila!», gli gridò Rose.
Il demone si girò di scatto verso di lei, le si avvicinò, la tirò su afferrando le catene e poi la colpì con un pugno così forte che la mandò a sbattere contro le macerie che bloccavano la strada.
Krono vide il sangue della madre schizzare.
«Non permetterti mai più stupida donna, io sono un demone non prendo ordini da te», disse a denti stretti furente di rabbia.
Snap.
Ad un altro schiocco di dita le catene attorno al corpo di Rose ricominciarono a stringersi.
Tornò a rivolgersi a Uranos, con un piede lo rivoltò a pancia in su.
«Voi umani non solo avete avuto il coraggio di opporvi a noi demoni e combatterci, ma lo fate anche usando i nostri poteri, i poteri che ci avete sottratto», l’atteggiamento tranquillo che aveva tenuto fino a poco prima era del tutto scomparso, ora sembrava un vero demone assetato di sangue. Diede un pestone così forte sul ginocchio di Uranos che il polpaccio e il piede di alzarono.
Stavolta il padre di Krono non riuscì a non urlare dal dolore.
Krono provò ancora una volta a rilasciare il potere.
Cling.
Sentiva le catene stringersi attorno al corpo di sua madre.
Ma ancora nulla.
Crock.
Sentiva le ossa del padre rompersi e il rumore era come se dai timpani gli arrivasse al cervello come una scossa.
Ma nulla, solo il suo battito cardiaco era accelerato talmente tanto che il cuore avrebbe potuto schizzarli fuori dal petto da un momento all’altro.
Crack.
Sentiva le costole della madre rompersi a causa delle catene mentre boccheggiava in cerca di ossigeno.
Ma a dispetto di tutti i suoi sforzi non succedeva niente. Sentiva le lacrime scendergli sul volto.
“Perché non ci riesco”?
Crack.
Cominciò a tirarsi dei pugni nello stomaco in preda alla disperazione.
Crock.
Suo padre lanciò un altro grido straziante.
Krono si colpì ancora più forte, tanto da rigurgitare della saliva mista a bile.
Crack.
“Perché il potere non si attiva”?
«Smettila», riuscì a dire sua madre con un filo di voce, col poco fiato rimasto in gola.
Bang.
Un cupo silenzio seguì il rumore dello sparo.
Krono alzò lo sguardo e vide il corpo della madre immobile, con la schiena appoggiata alle macerie guardare fisso nel vuoto, con un buco rosso in fronte da cui usciva sangue.
«Roooooose!», gridò suo padre.
«Schifosa troia, l’ha fatto di nuovo», il demone teneva in mano una pistola.
Si avvicinò al corpo della donna, da cui le catene erano scomparse, l’afferrò e la lanciò verso il marito, in modo che gli fosse proprio davanti.
Uranos guardava il corpo senza vita della moglie, era steso per terra con gli arti piegati in modo innaturale, impossibilitato a muoversi, impossibilitato anche a strisciare verso di lei.
Clack.
Il demone gli puntò contro la pistola.
Krono osservava la scena sotto shock, non riusciva a pensare a niente, il corpo era bloccato, come se fosse congelato.
«Addio, Demon Lord…bang!».
Il bossolo rilasciato dalla pistola in seguito allo sparo cadde per terra.
Per il ragazzo la scena si svolse come al rallentatore.
«Bene, questo era il primo», gettò la pistola a Gustav e si voltò allontanandosi.
«Io qua ho finito, potete fare quello che volete con questo villaggio, raderlo al suolo, bruciarlo o saccheggiarlo, la scelta è vostra, a me non interessa», disse a Gustav.
«La ringrazio padrone», fece un leggero inchino mentre il demone li passava davanti.
I membri della gilda si aprirono nuovamente per lasciar passare il demone che dopo qualche metro svanì nel nulla.  
Krono fissava i corpi dei sui genitori, immobili, uno a fianco all’altra.
Gustav si avvicinò.
«Muahahah… adesso non fai più l’arrogante, eh… stuuump», diede un calcio al corpo di Uranos.
«Eh?! Allora?! …Thud!».
Sthud! Sthud! Sthud!
Krono ascoltava quei suoni impassibile.
Le lacrime continuavano a scendere copiose dai suoi occhi.
Ad ogni suono che udiva qualcosa dentro di lui si spezzava. La pelle li formicolava, si sentiva come se gli stessero stritolando la testa e torcendo lo stomaco, sentiva dolore.
Del fumo nero iniziò a fuoriuscire dal suo corpo.
Tutum tutum.
Il cuore riprese a battergli forte. Ma era diverso da prima, era come se ogni tanto perdesse un battito per poi riprendere, era colme ricevere dei colpi sul petto ad intervalli regolari.
Percepì una scossa nel cervello che lo costrinse a portarsi le mani alle tempie, dovette farsi forza per non cadere sulle ginocchia.
“Che cos’è questo dolore”?!
Il fumo si fece più denso, trasformandosi in un’aura nera.
Fzzt… zzt… zzt.
Delle saette nere di materializzarono nell’aura attorno al suo corpo.
“Che cos’è questa scossa che percorre la mia fronte, che attraversa il mio corpo dalla testa ai piedi”?!
Tirò su la testa.
“Questa è rabbia”!
Guardò i corpi senza vita dei genitori.
“È un pianto di collera… tutum…un grido muto… tutum, contro chi mi ha portato via tutto…”.
L’aura nera divenne ancora più densa e crebbe avvolgendo tutto il suo corpo.
“E ora mi vendicherò”.
Whooooom!
Whaaaam!
L’edificio esplose.
Gustav e tutta la sua gilda sobbalzarono per la sorpresa.     
Un demone vestito in pelle e alto circa due metri era comparso dalle macerie, avvolto in un’aura demoniaca nera.
Aveva le pupille rosse, a forma di fessura verticale, come quelle dei serpenti.
«Ghaaa», emetteva uno strano suono dalla bocca lasciata aperta, dal cui lato scendeva un rivolo di saliva.
«Ma tu chi caz…slash!», Gustav non fece nemmeno in tempo a rendersi conto di quello che stava succedendo che si ritrovò quattro sfregi sul petto, un getto di sangue schizzò fuori dal suo corpo e dalla forza dell’impatto volò all’indietro di qualche metro, sbattendo la schiena sul terreno.
Il Demon Lord non lo degnò nemmeno di uno sguardo, era già passato oltre, ora se ne stava davanti a tutti gli uomini della gilda Demon’s Hand.
«Hai ucciso il master!».
«Deve pagarla!».
Prese ad avanzare lentamente.
Nel frattempo, otto individui erano in aria sopra di lui, impugnavano delle spade, ed erano pronti a farlo a fette.
«Muori!», gli gridarono.
Il demone si incurvò leggermente portando gli avambracci incrociati davanti al viso, l’energia demoniaca di concentrò negli artigli di metallo e poi alzò le braccia e le abbassò, tracciando nell’aria delle lame nere di energia.
Un attimo dopo i corpi degli uomini sopra di lui vennero tranciati in mille pezzi, disintegrandosi.
Il Demon Lord prese ad avanzare tranquillamente verso le sue prede in mezzo ad una pioggia di sangue.
Tutta la gilda rimase senza fiato.
«Ma quello non è umano!».
«Ma che cosa è allora?!».
«Quello… è un demone!».
Appena capirono chi avevano davanti il terrore si diffuse fra loro e scapparono.
Il demone fece un balzo e si portò immediatamente in mezzo al gruppo di testa, atterrò sopra un uomo che venne letteralmente spappolato, accumulò nuovamente l’energia negli artigli e attaccò.
I corpi degli uomini che lo circondavano vennero fatti a pezzi, getti di sangue, pezzi di interiora: budella e organi volarono in tutte le direzioni.
«Bastardo!», un uomo con una spada gli saltò addosso, vibrò un fendente sulla fronte del demone, appena la spada colpì la sua fronte si spezzò.
Immediatamente il Demon Lord afferrò la testa dell’uomo, coprendogliela con la sua mano, l’occhio rimasto scoperto nello spazio tra indice e pollice mostrava terrore e panico.
L’uomo stringeva le mani sul suo braccio mentre i piedi continuavano a muoversi in tutte le direzioni.
Slash!
Un colpo di artigli sul ventre dell’uomo aprì uno squarcio dal quale uscì un fiotto di sangue seguito da budella e altre interiora. Le gambe dell’uomo di fermarono, rimasero a penzolare. L’uomo emetteva dei suoni di lamento, anche se si sentivano solo dei rumori sordi.
Crock.
Il demone aumentò la stretta sul cranio dell’uomo.
I versi dell’uomo si fecero più forti.
Crock, crack.
Le sue gambe ripresero a muoversi.
Gli angoli della bocca del demone di piegarono all’insù in un ghigno sadico mentre fissava la paura nell’occhio della sua vittima.
Crack.
Il demone strinse la presa, spappolando il cranio dell’uomo, il bulbo oculare schizzò fuori dall’orbita e cadde per terra.
Gettò il corpo dell’uomo ai margini della strada, poi si lanciò all’inseguimento delle altre prede.
Molti erano rimasti lì a osservare la scena, forse avevano capito che per loro era ormai arrivata la fine e non v’era modo di sfuggirle, altri invece erano scappati, da soli o in piccoli gruppi, sperando di sfuggire alla bestia, ma nei minuti successivi vennero tutti trucidati dal primo all’ultimo.
Nei minuti successivi, in quel villaggio, in una notte di inizio estate, illuminata da una grande luna piena, si sentirono solo grida di uomini e suoni di carne che viene lacerata o spappolata.    
   
 
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