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Autore: ChiarainWonderland    17/05/2020    1 recensioni
Rose Weasley potrebbe passare come una semplice adolescente con i tipici problemi di un adolescente nella media. La scoperta di particolari oggetti di antiquariato, però, potrebbe stravolgere le carte in tavola e rivelare antichi segreti celati per lungo tempo. Se ci aggiungiamo una leale migliore amica, una famiglia non proprio tra le righe, un nemico che non è poi un vero e proprio nemico, un cugino impiccione e una famosa scuola di magia e stregoneria, le cose non possono fare altro che peggiorare.
* * *
"Rose sapeva di non potersi ritenere la figlia migliore del mondo. Per quanto somigliasse a sua madre, alcune cose erano proprietà esclusiva del suo carattere, procrastinamento cronico incluso."
"Ad un certo punto una bancarella di un venditore ambulante attirò l'attenzione di Rose, che si avvicinò per osservare le cianfrusaglie esposte. C'erano vecchi orologi incantati, vari oggetti di antiquariato, fotografie magiche di persone vissute secoli prima e molto altro ancora."
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO SEDICESIMO

DI RIUNIONI E URAGANI DISTRUTTIVI


East Hampshire, 17 settembre 1969

L’alto soffitto marmoreo del salone sembrava risplendere, illuminato dalle migliaia di fiammelle provenienti dalle candele del lampadario. Il pavimento era stato tirato a lucido con cura quasi maniacale dagli Elfi Domestici. Ogni granello di polvere era stato spazzato via dai soprammobili. L’argenteria, talmente lustra da specchiare perfettamente chiunque la osservasse, era esibita sulla mensola sopra all’enorme camino. Vassoi incantati volteggiavano tra gli ospiti, portando cibi, bevande e calici di cristallo sempre pronti per essere riempiti. Georgiana, appostata in un angolo isolato del salone, riuscì appena in tempo ad afferrare un Bonbon Esplosivo mentre il vassoio le sfrecciava davanti. Si mise in bocca la caramella, assaporandone il delizioso sapore al mirtillo, per poi rimproverarsi da sola: era dall’inizio della riunione che mangiava dolci. Non che avesse altre consolazioni. Aveva estremo bisogno di energie per affrontare suo padre e i suoi amici. Una mano andò spontaneamente a stringere il medaglione dalla pietra turchese che le pendeva dal collo, regalo del padre per il suo diciannovesimo compleanno. Si ricordò, come sempre, della prima volta in cui l’aveva indossato: un repentino ma acuto dolore le aveva invaso il torace, così improvviso da toglierle il fiato, e una paura selvaggia le aveva attanagliato le viscere. I blandi tentativi di suo padre di tranquillizzarla non avevano funzionato. Le aveva detto che era una cosa normale, che succedeva solo la prima volta… e almeno su quello aveva ragione. Georgiana era certa, tuttavia, che non si sarebbe mai abituata alla gelida sensazione che le procurava il metallo a diretto contatto con la pelle.

«Georgiana… tesoro, ma dove sei andata a cacciarti? Vieni, tuo padre ti sta cercando».

A chiamarla era stata una signora sulla sessantina. Portava un elegantissimo abito viola scuro, troppo stretto di almeno due taglie, e i capelli grigi erano raccolti in uno chignon decorato con piume e perle. Al collo, immancabile, il medaglione. Georgiana la vedeva spesso alle riunioni, anche se il ricordo più vivido che aveva di lei la riportava indietro al funerale di sua madre. Se non si sbagliava – e di solito non sbagliava mai – quella donna si era rivelata piuttosto invadente.

«Mio padre…?»

«Sì, sì! Vuole che partecipi alla conversazione!» la interruppe la donna, afferrandola per un polso e guidandola attraverso il salone.

“Magnifico” pensò Georgiana. Cercò di divincolarsi dalla stretta d’acciaio che le intrappolava il polso, ma senza successo. Dopo pochi altri tentativi, si limitò a lanciare sguardi supplicanti agli altri ospiti e ad abbassare leggermente la testa ogni volta che un vassoio le passava troppo vicino. Ad un certo punto riuscì a intravedere un gruppo di uomini con lunghi mantelli neri, tra cui suo padre, che parlavano concitati tra di loro. Più si avvicinava, più coglieva stralci della conversazione.

«…la lettera con data e orario della riunione non mi è arrivata, Claudius…»

«Impossibile, Tiberius le recapita sempre al solito indirizzo! A meno che… ah, quel gufo è troppo vecchio. È già accaduto che abbia perso delle lettere per strada».

«Be’, allora dovresti sostituirlo. Stiamo pur parlando di lettere che non devono essere intercettate da nessuno».

«Sì, hai ragione… comunque, come hai fatto a venire a conoscenza della data?»


«Non l’ho saputo. Per fortuna qualche ora fa ero ancora in ufficio e ho visto il medaglione che s’illuminava, così sono corso subito…»

«Signori!» esclamò la donna senza alcun riguardo, trascinando Georgiana accanto a sé, «guardate chi ho trovato nascosta in un angolo!»

«Georgiana» proferì asciutto suo padre. Il tono di voce era piatto, ma quello sguardo, Georgiana l’avrebbe riconosciuto tra mille. Era consapevole che avrebbe ricevuto un rimprovero, non appena gli ospiti se ne fossero andati.

«Scusatemi, io stavo…» iniziò, rendendosi conto di non avere idea di come continuare e decidendo quindi di cambiare approccio. «Padre, desideravi vedermi?»

«Certamente! Vorrei che prendessi parte alla conversazione. È fondamentale che tu, come nostro futuro, sappia come vanno le cose nel mondo dei maghi».

Ecco spiegato il motivo per cui suo padre aveva richiesto la sua presenza. Voleva coinvolgerla, inserirla tra le sue conoscenze, presentarla alle persone importanti. Georgiana cercò di trattenere il sospiro spontaneo che le era salito alle labbra. Già all’inizio della riunione aveva dovuto svolgere un compito talmente delicato da essere solitamente riservato a suo padre: controllare che gli ospiti combaciassero perfettamente con i nomi scritti sulla Lista, e che ognuno di essi portasse il medaglione. E ora era addirittura costretta a partecipare a discorsi di cui non le importava nulla. La serata stava proseguendo di male in peggio.

«Ma io so cosa succede nel mondo magico… ogni giorno Tiberius mi porta una nuova edizione della Gazzetta del Profeta, ho l’abbonamento».

«Ah! La Gazzetta del Profeta!» esplose un uomo basso e tarchiato sulla destra – un certo Fawley, se Georgiana ricordava bene – scoppiando in una risata incredibilmente acuta e venendo subito imitato da tutti gli altri. Georgiana aggrottò le sopracciglia, confusa. Nessuno si prese la briga di chiarirle la situazione.

«Ma dimmi, Georgiana» esordì un signore dai tratti anonimi, ancora scosso dalle risate, «hai frequentato Hogwarts, non è vero? A quale Casa appartenevi?»

«Tassorosso» dichiarò Georgiana con fierezza, ignorando il cipiglio infastidito di suo padre che scomparve rapidamente così com’era arrivato. Tra i suoi interlocutori serpeggiò un vento di perplessità che spazzò via ogni espressione divertita.

«Tassorosso? Devi essere la prima da molto tempo. Di solito i membri della tua famiglia vengono sempre smistati a…»

«Serpeverde, sì. Devo ammettere, invero, che ero rimasto molto sorpreso non appena ero venuto a conoscenza del risultato dello Smistamento di mia figlia. Nonostante ciò, Georgiana ha dimostrato con il tempo di possedere un senso di giudizio di gran lunga più sviluppato rispetto ad altri componenti della famiglia appartenenti alla Nobile Casa dei Serpeverde».

Georgiana lanciò un’occhiata circospetta al padre, notando come l’attenzione dei presenti non fosse più rivolta verso di lei. L’argomento della conversazione era cambiato.

«Non ti starai per caso riferendo a quel tuo lontano nipote, vero Claudius?» chiese il signore dai tratti anonimi. «Quello che si dice abbia a che fare con…»

«Lord Voldemort, precisamente. Grazie alle mie fonti, sono quasi certo che mio nipote sia entrato a far parte dei cosiddetti Mangiamorte, e non solo lui. Altri membri della mia estesa e antica stirpe hanno seguito le sue orme».

La menzione del mago oscuro fu accompagnata da un numero indefinito di sospiri terrorizzati. Georgiana sapeva l’identità del nipote – per lei cugino – nominato dal padre. Osservò l’espressione di quest’ultimo passare dal disdegno al timore con crescente curiosità. L’atmosfera si era d’un tratto congelata, come se un Dissennatore fosse appena entrato nel salone.

«Tu credi… credi che scoppierà una guerra, Claudius?» sussurrò un signore allampanato con una calvizie incipiente che non aveva ancora aperto bocca.

«Oh, sì. È questione di poco tempo prima che la situazione sfugga al controllo del Ministero. Dobbiamo rimanere nell’ombra in modo da non correre rischi».

«Ah, non è forse quello che facciamo da secoli? Rimanere nell’ombra? Agire in segreto?» insinuò quello che appariva come il più giovane tra i presenti. Scoppiò in una risata guardando speranzoso gli altri, forse nel tentativo di smorzare l’atmosfera. Nessuno lo imitò.

«Potremmo provare a stringere accordi con… con Tu-Sai-Chi… magari potrebbe portare benefici…»

«Se ti fossi degnato di informarti un minimo su Voldemort, Baldwin, sapresti che non ha alleati ma solo servitori, e io non intendo servire nessuno. Nemmeno se questo nessuno si rivela essere il più temuto e pericoloso mago oscuro della storia».

Georgiana si ritrovò per la prima volta a concordare su un’opinione detta dal padre. Spostò la sua attenzione verso gli interlocutori, aspettandosi di trovare un assenso generale, quando l’unica reazione fu una serie di sguardi titubanti.

«Claudius… non credi che…»

«No, non credo. Voldemort prima o poi incontrerà la sua fine, Ewart, proprio come ogni altro mago oscuro prima di lui. So che i tempi sono poco propizi e che il futuro appare più che mai incerto. Ma vi posso assicurare, signori, finché potremo contare su persone leali» rispose con tono definitivo Claudius, e Georgiana si accorse che quegli occhi così simili ai suoi la fissavano imperscrutabili, «che il nostro momento arriverà. Arriverà di sicuro».

Georgiana dovette distogliere lo sguardo. Avvertì un senso di oppressione stringerle il torace in una morsa. Non poteva biasimare il cugino per essersi rifugiato tra i ranghi di Voldemort, quando nella sua famiglia le cose non erano poi tanto diverse.

 

*   *   *

Hogwarts, 12 novembre 2022

L’alto soffitto incantato della Sala Grande lasciava presagire una giornata limpida, sgombra dalle nuvole tipiche di novembre. Timidi raggi del sole illuminavano i quattro tavoli imbanditi per la colazione, dove i pochi studenti rimasti si sbrigavano a defilarsi per arrivare in orario a lezione. Rose alzò lo sguardo con una smorfia: la luce che filtrava dalle enormi finestre era talmente bianca da risultare accecante. Sbuffò, persa nella consapevolezza che il cielo non si abbinava al suo umore, e intinse un biscotto con tale forza che il tè fuoriuscì per metà dalla tazza.

«Ma che… Weasley, per le mutande di Merlino!» esclamò con poca grazia Alice. Alcune gocce di tè bollenti le erano finite su una mano.

Per tutta risposta Rose brontolò qualcosa d’indistinto. Lanciò uno sguardo ai biscotti ripieni che giacevano intoccati sul piatto. Il solo pensiero di mangiarli le procurava la nausea. Si strofinò una mano sugli occhi, consapevole delle occhiaie che li incorniciavano, e si costrinse a finire il succo di zucca rimasto nel calice. Non avrebbe resistito metà mattinata a stomaco vuoto.

«Stavo pensando che potremmo approfittare dell’ora buca per ripassare Pozioni… o preferisci occuparla a fare ricerche sul medaglione in Biblioteca? Samantha e Isabel hanno lezione, quindi abbiamo via libera per un po’» borbottò Alice.

Rose sospirò pesantemente, biascicando qualcosa simile a “Pozioni”.  Alice si accigliò, le calde iridi castane velate da incredulità. «Non dirmi che sei ancora arrabbiata per quello che è successo ieri a Difesa…»

Rose si esibì in uno scatto fulmineo per scoccare un’occhiata di avvertimento all’amica, ma nel mentre colpì la tazzina con la mano. Il poco tè rimasto s’insinuò nelle fessure del legno. La tazzina rotolò fino a sparire oltre il bordo del tavolo, e per tutta la Sala Grande si propagò un rumore di ceramica rotta che fece voltare la testa agli studenti che, come le due Grifondoro, stavano per godersi un’ora buca. Rose strinse seccata le labbra e tirò fuori la bacchetta, pronta a rimediare al danno, quando qualcuno la precedette.

«Reparo!» cantilenò una voce soavemente ironica, e la tazzina si ricompose sul tavolo un pezzo alla volta.

«Millie, cosa ci fai qui?» esclamò Alice, talmente sorpresa da non utilizzare il nome di battesimo dell’amica. «Lasci Penelope Nott da sola per stare con noi?»

Rose spostò l’attenzione verso il tavolo dei Serpeverde e, in effetti, Penelope era da sola a leggere uno dei suoi immancabili libri.

«Se la caverà» decretò Millie, «e poi, c’è più bisogno di me qui».

«Davvero?» se ne uscì Rose nel tono più sarcastico che fu in grado di produrre.

«Sai Weasley, non so se l’hai notato, ma la tua aura negativa invade tutto ciò che ti circonda».

«La mia aura negativa

«Precisamente. È già tanto che non stia per arrivare un uragano distruttivo…»

«Senti, Montague, se c’è proprio un giorno in cui non devi fare la spiritosa con me, quel giorno è oggi» dichiarò Rose, e già si stava alzando dal tavolo quando la mano di Millie le agguantò un polso.

«Aspetta! Sei sempre la solita precipitosa. Ho delle novità sul duello di ieri, e su Zabini».

«Su Zabini? Ma se avevi una faccia più sorpresa della mia!» affermò Alice con un sorriso furbo.

Millie roteò gli occhi con fare ovvio. «Certo che ero sorpresa, d’altronde Zabini non ha mai dimostrato quel genere di talento! Ma al contrario di voi due, ieri sera ho avuto la possibilità di dilettarmi con qualche ricerca. Non indovinerete mai cosa ho scoperto…»

Rose distolse lo sguardo. L’ultima cosa che desiderava in quel momento era l’ennesimo pretesto per parlare del suo fallimento più clamoroso. Il Desolante che le aveva assegnato la Douglas dopo averla aiutata a rialzarsi da terra bruciava come una ferita aperta. Si ricordò di come si fosse sentita spaesata, quasi come se il suo corpo non le appartenesse più, e di come le voci le fossero arrivate ovattate anche dopo essere uscita per andare in Infermeria a farsi controllare il braccio. Ricordò le iridi colme di dispiacere di Alice, l’occhiata di compassione di Samantha, l’espressione incredula di Millie. E ancora gli occhi smeraldini di Albus, incapaci di celare il sottile velo di preoccupazione che li attraversava. Lo sguardo impassibile di Malfoy, che la seguiva mentre si allontanava. La soddisfazione stampata sul volto di Zabini, anche se era sicura di aver intravisto del senso di colpa prima di chiudersi la porta dell’aula alle spalle.

«…e quindi Zabini si tratteneva per Nott?»

La voce di Alice districò la mente di Rose dai suoi pensieri, riportandola alla conversazione con Millie. «Ehm… cosa?»

«Non stavi ascoltando?!» esclamò Millie seccata. «Come ho già detto, ieri sera ero molto curiosa di scoprire come mai Zabini si fosse rivelato all’improvviso una specie di maestro dei duelli. Ho immaginato che tuo cugino, Scorpius e Richard sapessero più di quello che davano a vedere perché, insomma, sono i migliori amici di Zabini. Così ho beccato Al mentre era da solo in Sala Comune…»

«Perché proprio Potter? Perché non sei andata a parlare con Zabini stesso?» chiese immediatamente Alice.

Millie le riservò un’occhiata maliziosa. «Sempre interessata ad Albus, a quanto vedo. Comunque» continuò, ignorando le proteste di Alice, «con Nott e Zabini non sono così in confidenza, e per quanto riguarda Scorpius, è il meno ingenuo in questo aspetto».

«In che senso?» volle sapere Rose, improvvisamente interessata.

«Diciamo che è molto riservato riguardo agli affari privati delle persone a lui vicine. Dov’ero arrivata? Ah sì… sono andata da Al e ho cercato di convincerlo a vuotare il sacco. Ci è voluto un po’ ma alla fine mi ha detto tutto».

«E quindi?» insistette Rose.

Millie sorrise e restò zitta ancora per qualche istante, in un palese tentativo di pausa a effetto. «E quindi, Zabini è davvero un fenomeno nei duelli! Ti ricordi che stava sempre in coppia con Nott? Be’, un motivo c’era. Nott nei duelli fa pena, e Zabini lo aiutava fingendo di non essere un granché, in modo che l’amico potesse ottenere almeno un Accettabile».

«Ora che ci penso, ieri Nott era contro di te e ha fatto particolarmente schifo!» proferì Alice, emozionata come se avesse appena risolto un’indagine investigativa.

«Allora Zabini si penalizzava apposta per aiutare un amico?» domandò Rose scettica.

«Quello che facevi di solito tu per me».

«No Alice, io non dovevo nascondere le mie capacità per permetterti di avere un voto più alto, semplicemente perché non le ho. Noi collaboravamo per mantenere la media».

«Sì, quello che volete» s’intromise Millie, «sta di fatto che ieri Zabini deve averne approfittato per mostrare le sue doti brillanti, anche se ha un po’ esagerato…»

«Esagerato? Mi ha quasi rotto un braccio!» esplose Rose, sollevando l’arto ancora dolorante e guadagnandosi gli sguardi allarmati dei pochi compagni lì accanto.

«Sì, be’… pensa al lato positivo, almeno non è riuscito a prendere Eccezionale».

«La Douglas non è una che passa da voti bassi a voti alti così all’improvviso. Hai visto che faccia aveva messo su? Era più esterrefatta di tutti noi messi insieme» affermò Alice.

Rose annuì distrattamente, immersa nelle sue riflessioni. Quindi Malfoy sapeva a cosa stava per andare incontro nell’affrontare Zabini. Era per questo che l’aveva osservata senza distogliere lo sguardo? Solamente per godersi tutto lo spettacolo? Non ne aveva idea, anche se era certa di una cosa. Malfoy non avrebbe smesso di ignorarla.

«Be’, come dice il detto babbano: è inutile piangere sul latte versato».

«Giusto, Mildred ha ragione. Rosie, non stavamo per andare a ripassare Pozioni?»

Ma lo studio non fu in grado di distogliere Rose dagli avvenimenti del giorno precedente, e nemmeno le tre ore di lezione che seguirono. Anche se molti dubbi che le frullavano in testa avevano trovato una risposta e la rabbia si era placata, il suo umore non era migliorato. L’umiliazione era rimasta; ripensandoci, doveva essere apparsa ridicola mentre schivava alla meno peggio le fatture di Zabini. Per non parlare della paura che l’aveva attanagliata mentre percorreva i corridoi che la separavano dall’Infermeria: un braccio rotto, per quanto facile da sistemare, equivaleva al divieto ferreo di Madama Chips di partecipare agli allenamenti per almeno una settimana – a meno di un mese dalla partita contro Serpeverde, per di più. Era stato un sollievo quando l’infermiera l’aveva tranquillizzata, assicurandole che si trattava solo di una bella botta. Una botta che le avrebbe comunque precluso il Quidditch per quel pomeriggio.

A pranzo la situazione non migliorò. Consapevole che James non avrebbe creduto a una rovinosa caduta dalle scale, Rose fu costretta a raccontargli del duello per giustificare l’assenza agli allenamenti che si sarebbero svolti da lì a qualche ora. La reazione che ottenne fu alquanto prevedibile.

«Che cosa?! MA IO LO AMMAZZO!»

«No… James… io… non…» balbettava Rose, mentre cercava di trattenere James per un braccio. Per quanto ce l’avesse ancora con Zabini (e con i Serpeverde in generale), aveva deciso di mantenere il sangue freddo per l’interesse della squadra. E l’interesse della squadra sicuramente non comprendeva l’ennesimo motivo che alimentasse la competizione – già accanita – tra le due Case.

«Lo sapevo! Lo sapevo! Stanno tentando di sabotarci! C’è dietro un complotto!»

«Calmati, James» s’intromise Debbie Linton, seduta poco distante, «Zabini non fa neanche parte della loro squadra. Perché mai avrebbe il desiderio di sabotare la nostra?»

«Perché gliel’ha chiesto mio fratello, naturalmente! Non capisci? Il fatto che Zabini non giochi a Quidditch rende il tutto meno sospetto!»

«James… James, calmati» riuscì a scandire Rose con voce ferma, e il cugino smise riluttante di divincolarsi. «Era solo una prova di Difesa. Non c’è nient’altro dietro. Da domani sarò di nuovo in campo, ma tu devi promettermi che non causerai guai con i Serpeverde. Non ne vale la pena».

James aprì la bocca un paio di volte per ribattere, poi prese un bel respiro e i tratti del volto si distesero in una calma misurata. «Va bene» concesse, «ma se un altro membro della squadra si fa male per colpa loro, giuro che una chiacchieratina a Vaisey non me la toglie nessuno».

«Se dobbiamo essere sinceri, non è stato propriamente Zabini a far male a Rose. Le ha lanciato un Incarceramus e lei è caduta male».

«Grazie, Sam» sibilò Rose a denti stretti, ma decise di approfittare della schiettezza dell’amica per rabbonire del tutto il cugino. «Vedi? Non c’è da preoccuparsi, e soprattutto non c’è alcun complotto segreto».

James non replicò, preferendo lanciare un’occhiata fulminante al tavolo dei Serpeverde. Rose non si sarebbe stupita se uno degli studenti fosse finito arrosto. Ora capiva cosa intendeva Millie, quella mattina, quando parlava della sua aura negativa e di uragani distruttivi…

Con il termine delle lezioni pomeridiane, Rose e Alice tornarono in Dormitorio per completare il tema sugli Incantesimi Evanescenti per il professor Avory e la mappa celeste delle Lune di Saturno per la professoressa Sinistra. Rose era concentrata a descrivere le caratteristiche di Iperione quando gli occhi le ricaddero su qualcosa che sporgeva da sotto al suo letto.

«Ma che diavolo…?»

Si alzò ignorando lo sguardo perplesso di Alice, s’inginocchiò davanti al letto e tirò fuori quello che si rivelò essere un libro di medie dimensioni. In copertina, a caratteri sbiaditi, spiccava il titolo: “Guida completa alle rune scandinave”.

«Miseriaccia… me n’ero dimenticata, tra le ricerche in Biblioteca, i duelli e tutto il resto! È da una settimana che è lì sotto».

La testa di Alice spuntò da dietro il volume di Trasfigurazione. «Tu sei pazza… se Isabel o Samantha lo trovavano?»

«Avrei detto che lo stavo usando per una ricerca» rispose semplicemente Rose con un vago gesto della mano, «ne capiscono meno di un Troll, di Antiche Rune. Be’, mi conviene riportarlo alla Nerivir, prima di dimenticarmene un’altra volta. Tanto a quest’ora non ci sono lezioni».

Alice raggiunse l’amica con un balzo. «Forza allora, tra un quarto d’ora devo essere in campo. Ti accompagno fino a un certo punto».

Le due ragazze si separarono in un corridoio del quinto piano. Rose rimase a fissare Alice che correva per arrivare in orario agli allenamenti con una punta di invidia. Poi spostò lo sguardo verso le ampie finestre a volta, dove si apriva una veduta mozzafiato dello stadio che peggiorò di nuovo il suo umore. Un rumore di passi la riscosse.

«E ora che cosa ti sei dimenticata…?»

Ma non era Alice quella che camminava a passo spedito verso di lei in tenuta da Quidditch verde e argento. Albus Potter, i capelli più scarmigliati del solito e la fronte imperlata di sudore, si fermò a due passi di distanza, il volto contratto dalla sorpresa.

«Rose?» proferì, e i suoi occhi indugiarono un secondo di troppo sul libro in una domanda tacita.

Rose strinse maggiormente il volume tra le braccia, scattando sulla difensiva. Non ci volle molto per capire che l’idea di nasconderlo e fare finta di nulla era da scartare a priori. “Svegliati Rose, è solo un innocuo libro. Non stai mica girando per i corridoi con una Caccabomba”. Si ricordò della conversazione con Alice in Dormitorio, e decise di usufruirne a proprio vantaggio.

«Me l’ha prestato la mia professoressa di Antiche Rune per una ricerca e sto andando a restituirlo. Non c’è scritto nulla di illegale, non è maledetto e non mette in pericolo la vita di altri studenti» dichiarò con tono di sfida.

Albus indietreggiò di un passo, chiaramente preso in contropiede. «I-io… non… Rose, non stavo insinuando nulla…»

«Piuttosto tu cosa ci fai qui al quinto piano?» scandì Rose, pentendosi subito della stupidità della domanda. Come se il cugino non avesse il permesso di andarsene dove più gli pareva.

Ora fu il turno di Albus di scattare sulla difensiva. «Be’, si dà il caso che Pucey si sia beccato un Bolide in piena faccia e che ora si trovi incosciente in Infermeria. Sto andando a chiamare Lumacorno, credo che la situazione non sia delle migliori…»

Rose abbassò gli occhi. Lumacorno era il Direttore di Serpeverde. Il suo ufficio si trovava al quinto piano. I conti tornavano.

«Aspetta un attimo» obiettò Albus, «gli allenamenti di Grifondoro non iniziano adesso? Perché non sei in campo?»

Rose rimase immobile a fissare il vuoto per una frazione di secondo. Poi la rabbia esplose di nuovo dentro di lei, come un uragano distruttivo.

«Oh, ci sarei eccome in campo, se non fosse stato per il tuo amico! Ieri è riuscito a conciarmi proprio bene il braccio!» esclamò, superando Albus senza dargli il tempo di rispondere.

Raggiunse in tre minuti la destinazione e bussò con foga, ma non ottenne risposta. Dopo qualche altro tentativo, si accorse che l’aula non era chiusa a chiave. Entrò senza pensarci due volte, trovandosi davanti la stanza completamente vuota. Spostò l’attenzione sulla porta che conduceva all’ufficio della professoressa; probabilmente la Nerivir si trovava lì. Parlarci era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare in quel momento. Si fece strada tra i banchi, sbatté “Guida completa alle rune scandinave” sulla cattedra e si precipitò fuori, stufa del giornata, ignara del motivo per cui lei e Albus dovessero litigare ogni singola volta in cui si vedevano, ma soprattutto consapevole che in quel caso la colpa era sua.








Angolo autrice
Ehilà! Sono tornata prima del solito con un nuovo capitolo!
Prima di tutto, la parte di Georgiana fino ad ora è stata una delle scene più complicate da scrivere.
Quando si ha un mistero per le mani, bisogna dare degli indizi ai lettori, ma senza esagerare (a proposito, se leggete attentamente quella parte ci sono un sacco di nuove informazioni). Non immagino quindi quanto sia difficile mettere in piedi una trama molto più articolata della mia, come in molte fanfiction che ho letto, oppure nella saga di Harry Potter, dove addirittura ti ritrovi dettagli che erano stati introdotti a libri di distanza. Non posso fare altro se non congratularmi con la Rowling e con tutti gli autori in questo sito.
Tornando al capitolo e a Rose, be', non credo ci sia bisogno di soffermarsi sul motivo per cui il titolo sia "Riunioni e uragani distruttivi". Rose è fatta così, può essere razionale finchè vuole, ma quando si arrabbia... ricordiamoci che è pur sempre figlia di Ron e Hermione (e chi ha letto i libri saprà che a Hogwarts metà del tempo lo passavano a litigare). E il povero Albus si è trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato e ha dovuto subirsi la rabbia della cugina. Prometto però che i loro litigi non dureranno ancora a lungo ;)
Fatemi sapere cosa ne pensate e alla prossima,
ChiarainWonderland


 

   
 
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