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Autore: Helmwige    20/05/2020    2 recensioni
SPOILER TROS
Storia ambientata alla fine di Episodio IX, subito dopo la morte dell'Imperatore. Rey torna su Ajan Kloss dai suoi amici, cercando di raccogliere le fila della sua vecchia vita. Ma non è così semplice, ora che ha perso quasi tutto. Dovrà affrontare verità amare, solitudine e disillusioni, con la speranza che prima o poi ciò che è morto torni a vivere.
Una Reylo un po' diversa dal solito.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Finn, Poe Dameron, Rey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Troverai un modo per vivere senza di me.
Troverai un modo per vivere la vita di entrambi.
Paullina Simons
 
Se c’era una cosa che aveva sempre amato, era il profumo del sole che lasciava la sabbia, quell’odore nostalgico e dolciastro che impregnava l’aria e riempiva la testa di ricordi e il cuore di malinconia. Fin da bambina aveva associato quell’aroma alla conclusione delle stancanti giornate lavorative e all’arrivo della frescura della notte, del riposo e dei sogni nascosti tra le stelle.
Adorava sentire la terra rilasciare il calore intrappolato durante il giorno, lentamente, come chi si dilunga a salutare la persona amata pur sapendo che la rivedrà a breve.
Quando era giunta su Tatooine la prima volta, Rey aveva scoperto che lì i tramonti erano ancor più nostalgici di quelli su Jakku. Forse era per quella foschia arancione che intorbidiva l’orizzonte, o per la feroce malinconia che l’aggrediva, facendole percepire il peso dell’ennesimo giorno fra tanti che scivolava dietro le dune.
La vecchiaia aveva iniziato ad appesantire tutto, perfino quell’arrivederci che aveva sempre amato. Da qualche anno ormai la sua vita era diventata monotona. Le giornate avevano preso il vizio di allungarsi a dismisura, troppo per i suoi gusti. Sentiva che le energie avevano iniziato ad abbandonarla, dandole la penosa sensazione di essersi infiacchita, svuotata.
Ma, paradossalmente, la sua impazienza cresceva a dismisura, assumendo tratti quasi adolescenziali e facendo a pugni con la saggezza e la maturità degli anni.
Rey aveva come la sensazione che la sua testa si stesse alleggerendo sempre di più, minacciando di staccarsi dal collo da un momento all’altro e di librarsi libera nell’aria. E il cuore, dal canto suo, si abbandonava ai ricordi.
Aveva avuto una bella vita, Rey.
Certo, non era stata semplice. Dopo gli eventi di Ilum, aveva dovuto lottare con tutta se stessa per non ricadere nel vecchio pozzo nero che già una volta l’aveva inghiottita. Non era stato facile resistere all’amarezza e alla schiacciante solitudine che, di tanto in tanto, bussava insistentemente alla sua porta, ricordandole che era lì ad attenderla. Quella stessa solitudine che per un attimo aveva creduto davvero di poter eludere e sconfiggere definitivamente con qualche goccia di sangue.
Ma Rey non l’aveva fatta rientrare nella sua vita. L’aveva lasciata lì, dietro l’uscio, intravvedendo la sua ombra attraverso la fessura sotto la porta. Aveva sopportato quella presenza notte dopo notte, con il malsano terrore che potesse infiltrarsi prepotentemente nella sua stanza. Ma non era successo, non aveva ceduto. E alla fine la solitudine se ne era andata.
La voragine che le si era aperta nel cuore subito dopo la vittoria su Exegol si era finalmente richiusa, rimarginandosi. Il dolore si era spento pian piano, come la brace di un falò soffocato dalla cenere. Le era rimasta solo una cicatrice frastagliata e per decenni non le aveva più dato fastidio.
Ed era stato davvero un bene, altrimenti non sarebbe mai riuscita a realizzare neanche metà dei progetti che aveva abilmente concluso.
Ben aveva avuto ragione: mantenere la pace nella Galassia liberata non era stato facile come ottenerla.
Alla sconfitta del nemico comune, molti Sistemi avevano richiesto l’indipendenza politica ed economica. La nascente Repubblica inizialmente si era rivelata esile e indifesa, troppo debole e ingenua per affrontare la corruzione e il scetticismo che la minacciavano. I suoi sostenitori, tuttavia, avevano continuato a lottare con la stessa veemenza di sempre, riunendosi nelle sedute di governo, legiferando e discutendo a gran voce nuovi trattati per il commercio fra i Sistemi. Molte erano state le dispute tra i rappresentanti dei diversi Pianeti, e spesso il malcontento era stato tale da far temere nuovi conflitti armati. Ma il buonsenso, la calma e la pazienza avevano dato i loro frutti e, seppur con alti e bassi, la Repubblica era cresciuta sana e forte.
La politica, però, non era mai stata il punto forte di Rey. Presto si era fatta da parte, lasciando spazio a coloro che ne sapevano più di lei.
Finn, ad esempio, aveva scoperto di avere una certa bravura come mediatore. Con il passare del tempo, aveva imparato a mantenere sempre la calma nelle situazioni più tese e si era rivelato particolarmente portato nel mediare tra parti in conflitto. Si era stabilito a Coruscant, che si era riconfermato Centro Galattico, e aveva sposato una nativa. Anche se era stato strappato alla sua famiglia quand’era ancora in fasce, Finn aveva dimostrato da subito un’innata capacità genitoriale e ora, con i suoi ottant’anni sulle spalle, aveva numerosi nipotini al seguito.
Poe, invece, era rimasto la solita testa calda, troppo impulsivo per riuscire a trattare con i vari rappresentanti dei Pianeti. Aveva comprato da un mercante di Chandrila un caccia nero come la pece e aveva messo su una sorta di accademia per giovani piloti. Non si era subito calato facilmente nei panni dell’insegnante, ma con l’esperienza si era confermato un ottimo istruttore di volo. Da qualche anno era tornato sul suo pianeta natale, Yavin 4. Rey se lo immaginava passare le giornate all’ombra del piccolo Uneti, l’albero sensibile alla Forza che Luke Skywalker gli aveva regalato quando era ancora un neonato.
Rey aveva seguito all’incirca le orme di Poe. Aveva setacciato la Galassia in lungo e in largo, alla ricerca di giovani force user. Avere dei padawan, non sempre obbedienti e diligenti, l’aveva messa a dura prova, ma il desiderio di aiutarli a trovare la propria strada l’aveva convinta a fare del suo meglio.
Per decenni, la Jedi aveva passato ogni singola giornata ad osservare le proprie energie fluire nei suoi giovani allievi. Li aveva guardati caricarsi di insegnamenti ed esperienze, mentre lei si riempiva di memorie. Rivedeva i propri ricordi e si beava di come ogni cosa avesse seguito il proprio cammino.
Eppure, anche se gli ultimi tasselli della sua esistenza sembravano andare al loro posto, un nuovo senso di vuoto l’aveva invasa nel vedere tutti i suoi padawan terminare l’addestramento e avviarsi verso le proprie strade. Le avevano ricordato ciò che aveva perso, quello a cui sia lei che Ben avevano rinunciato. Di lì a poco la vecchia ferita aveva ricominciato a dolerle.  La pelle si era fatta sempre più sottile e arrossata finché non si era di nuovo lacerata in due.
Dal nulla, quell’assenza che pensava di aver eluso una volta per tutte era tornata a farle visita… perché le persone non smettono mai di mancarci. A volte pensiamo di esserci abituati alla separazione, ma è solo per un attimo. Ci rimangono dentro, sotto la pelle, e quando meno ce lo aspettiamo tornano a stringerci il petto, come a rivendicarci.
Così si era sentita Rey.
Aveva percepito le dita di Ben graffiarle il cuore, con insistenza, finché dai ricordi non era riemersa una frase, rimasta intrappolata nelle labirintiche grotte di Ilum. Proprio quella frase che Rey aveva tentato di ignorare a lungo, seppellendola dentro di sé. Aveva aspettato per decenni il momento più propizio per uscire… e alla fine la sua pazienza era stata premiata. La voragine che le si era riaperta all’altezza del cuore aveva fatto filtrare luce sufficiente per illuminarla, e ora l’eco risuonava incessantemente nella sua testa, come un mantra.
Ti aspetterò dove il sole incontra il sole.
E così, nel giro di qualche settimana, era approdata a Tatooine, il pianeta che aveva dato i natali alla stirpe degli Skywalker.
Era stato un po’ come tornare a casa.
La sua pelle, ormai resa sottile e rugosa dal tempo, aveva immediatamente riconosciuto il caldo secco del deserto e la violenza dei raggi solari.
Si era inginocchiata, esitante, respirando a pieni polmoni l’odore della sabbia. Se ne era riempita la mani e aveva osservato i granelli scivolare dalle dita con espressione sognante.
Poi aveva visitato la vecchia casa di Anakin, dove Luke aveva vissuto fino alla maggiore età. L’aveva ripulita e messa in ordine quel tanto che bastava per avere un posto sicuro dove dormire e mangiare.
Spesso riceveva le visite dei Java e ogni tanto anche quelle – meno gradite – dei predoni tusken. Trattava con loro, comprava i pezzi di ricambio di cui aveva bisogno e confondeva la mente ai sabbipodi quando la situazione si metteva male.
Ma, soprattutto, Rey aspettava.
Si sedeva per terra e guardava l’orizzonte, fiduciosa, mentre i due soli, Tatoo I e Tatoo II, proiettavano ombre sbilenche sulla sabbia.
Trascorreva ogni sera nella stessa posizione, fissando il tramonto aranciato con insistenza fino a farsi lacrimare gli occhi. Sapeva, sentiva, che sarebbe arrivato, e anche se per settimane aveva atteso inutilmente, non si era scoraggiata. Continuava  a sedere immobile, con le gambe incrociate e la schiena indolenzita, fiduciosa.
Così si trovava anche ora.
Le pupille, ormai stanche e acquose per gli anni, accarezzavano le dune in lontananza che, a contrasto con il crepuscolo, apparivano scure, quasi nere. I due soli, l’uno di fianco all’altro, la osservavano da lontano. I loro contorni apparivano sfuocati, resi indefiniti dalla calura che si preparava ad abbandonare il deserto.
Alla fine, dopo interminabili sere passate ad aspettare, comparve. La sua sagoma azzurrognola si stagliò contro l’orizzonte, luminosa come un astro.
Il cuore di Rey iniziò a tamburellare nervosamente. Le sembrò di essere tornata giovane, appena ventenne. La saggezza e la calma della vecchiaia sparirono, inghiottite da una felicità irruenta e frenetica.
Si alzò a fatica. Le gambe, tremanti per l’emozione, la sostennero a stento.
Ben avanzava verso di lei.
La prima cosa che Rey notò fu l’assenza del mantello. Gli abiti non erano più scuri, come quelli che aveva indossato fino all’ultima volta che lo aveva visto; ora erano chiari, come quelli di Luke.
Si fermò a meno di un metro da lei. Gli occhi sorridevano, illuminandogli il volto sereno e felice. Non erano scuri come lei li ricordava, bensì ambrati.
Rey alzò le mani verso il viso di lui, ma nel vederle le lasciò a mezz’aria, stupita. Non portavano più i segni del tempo, la pelle era di nuovo liscia ed elastica, molto più pallida e luminosa di quanto ricordasse. Il suo corpo era tornato giovane: le gambe erano di nuovo tornite, i muscoli solidi e resistenti. Non sentiva più le articolazioni arrugginite, né le membra affaticate.
Travolta dal dubbio, si voltò, già conscia di quello che avrebbe visto.
Il suo corpo, vecchio e raggrinzito, era disteso sulla sabbia. Lo guardò dissolversi nel nulla, così come era svanito quello del giovane Solo tanti anni prima.
Il suo sguardo tornò a posarsi su quello di Ben. Le dita gli accarezzarono esitanti il viso, le guance, le labbra, il naso, come per assicurarsi che fosse davvero lui. Ma non avrebbe potuto scambiarlo con nessun altro al mondo.
Nel timore che l’elettricità la facesse esplodere da un momento all’altro, si staccò da lui. Ma Ben, tutt’altro che intimorito, l’afferrò. L’attirò contro di sé, con il sorriso soddisfatto di chi, dopo aver aspettato per tutta la vita, riesce finalmente a raggiungere la meritata felicità.
“Vieni, andiamo a casa.”
E così, mano nella mano, si avviarono verso l’eternità.
 



 



Dubitavo che sarei riuscita ad arrivare fino alla fine! Questa è la prima storia che porto a termine, escludendo le one-shot. Per questo motivo, mi sembra doveroso fare dei ringraziamenti.
Innanzitutto, vorrei ringraziare il mio ragazzo, che si è sorbito controvoglia tutti i capitoli. Non è un lettore appassionato, anzi, all’inizio ho dovuto “minacciarlo” per farglieli leggere e per avere un parere maschile. E, soprattutto, ha sopportato i miei numerosissimi film mentali su Adam Driver per mesi e mesi. È l’incarnazione della pazienza.
Menzione speciale per la ragazza che ha pazientemente revisionato ogni singolo capitolo (o quasi) prima della pubblicazione e ha passato gli ultimi mesi a discutere con me di Reylo, Star Wars, film, libri e scrittura. Se siamo giunti fino alla fine, il merito è prevalentemente suo, del suo innato umorismo e della capacità di resistere ai miei sproloqui senza lanciarmi maledizioni. Spero di incontrarti un giorno, giovane Skywalker, nonché di vedere presto il tuo romanzo nelle librerie!
E poi, naturalmente, un grazie infinite a tutti coloro che hanno letto fino a qui, a chi ha seguito in silenzio ma con dedizione e a chi ha speso il suo tempo per scrivermi cosa ne pensava. Grazie, grazie, grazie!
Che la Forza sia con voi, sempre.
Helmwige

 
  
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