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Autore: Yuphie_96    15/06/2020    2 recensioni
~ Seguito di 'Il Portiere ha Fatto Goal', che a sua volta è il seguito di 'Non Senti la Mancanza?' ~
In questa storia vediamo le vicende della famiglia Wakabayashi/Ozora.
Tsubasa e Genzo riusciranno a stare dietro al frutto del loro amore o sarà più facile, per loro, giocare una partita di calcio?
Essere genitori non è semplice, ma non lo è neanche essere l'erede di due calciatori famosi!
Riusciranno, tutti e tre, a sopravvivere a quella partita piena di sorprese che è la vita?
Genere: Comico, Omegaverse, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji, Nuovo personaggio, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: Mpreg
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Angolino della Robh: Oh buonasera!~♥ *Si mette in posa*
L'avete aspettato! (?) L'avete attesso! (?) Ed eccolo qui! Il capitolo dove Karl e Hime hanno un primo contatto! *Serè stappa champagne e il tappo va a finire chissà dove*
Dunque, avete dovuto attendere una settimana in più del previsto (sono una cattiva autrice, lo so u.u) per leggerlo, ma vi prometto... o almeno spero... che non deluderà la vostre aspettative! U.u ... A meno che non vi aspettate dello zinghi zinghi, in quel caso mi dispiace ma non succede, neanche accennato, è solo un primo contatto xD, primo contatto che, comunque, porterà delle conseguenze!
Quali saranno? Genzo ucciderà Karl? Se non lo farà lui, ci penserà Tsubasa a scatenare la sua ira funesta sul Kaiserino? Io avrei più paura della seconda (i tipi tranquilli sono sempre quelli più pericolosi u.u), ma leggete per scoprire belli miei, leggete per scoprire u.u .
Comunque non mi trattengo oltre (anche perchè sospetto che, caso contrario, mi mandereste molto volentieri di nuovo a fanciullo xD), e vi lascio al capitolo atteso augurandovi, come sempre, buona lettura ~♥


Ps: mi sono accorta che nel capitolo non lo menziono, ma il secondo genere di Karl è quello di beta, alzi la manina chi se lo aspettava alpha u.u .



 

Sfuggente.
Se Genzo avesse dovuto descrivere il Kaiser biondo di Germania in quei giorni, era quello l’unico aggettivo che gli veniva in mente: sfuggente, appena gli si avvicinava al mattino – prima di iniziare gli allenamenti -,  per poter fare due chiacchere, Karl inventava sempre la solita scusa di dover andare a parlare con il padre dei nuovi allenamenti della giornata, nella pausa pranzo il biondo – dopo che lo aveva invitato un paio di volte a pranzo da lui e Hime – non si faceva trovare in giro, e durante gli allenamenti raramente lo guardava in faccia, riusciva a scambiarci qualche parola giusto quando era il momento di tornare a casa.
Il portiere non riusciva a capire quell’atteggiamento, dopo averci pensato a lungo era arrivato alla conclusione di non avergli fatto nulla di male, era stato proprio Schneider ad insistere tanto negli anni per farlo trasferire a Monaco, quindi, perché adesso che era lì, lo evitava come se avesse la peste?
Non riusciva a darsi una risposta da solo, così aveva provato a chiedere prima a Levin e poi a Sho, ma anche lo svedese e il cinese non sapevano dare una spiegazione al comportamento del biondo tedesco.
Ne aveva parlato con Tsubasa e il compagno gli aveva suggerito di non darci peso, magari Karl aveva qualche problema personale per la testa, non insistere era la cosa migliore da fare per il momento, se l’attaccante avesse avuto bisogno, sapeva di poter contare su di lui e quindi si sarebbe riavvicinato da solo, Genzo decise di seguire quel consiglio e lasciò in pace l’amico.

Amico che si chiedeva come riuscire a guardarlo ancora in faccia, visto che continuava a pensare all’odore e agli occhi verde smeraldo di sua figlia…

 
“Rimanete in posa ancora un attimo ragazze, ferme così… perfette!”
Esclamò la fotografa scattando velocemente varie foto alle due modelle in posa.
“Okay, rilassatevi pure adesso”
A quelle parole Hime lasciò andare un grosso respiro e si sgranchì un attimo.
“Certo che sei proprio adorabile con il broncio”
Ridacchiò Anja, guardando la foto che aveva scattato con la macchina fotografica che aveva tenuto in mano durante gli scatti.
“Smettila di prendermi in giro”
Borbottò la piccola Wakabayashi, assumendo un’espressione simile a quella che aveva tenuto fino a qualche istante prima nelle foto per la pubblicità.
La loro prima pubblicità insieme.
Hime era stata entusiasta di quel lavoro, appena le era stato comunicato,  era uscita spesso con Anja, nei giorni seguenti la bizzarra uscita della bionda,  e le si era avvicinata molto, trovando in lei un’amica simile ad Artemisia – le avrebbe fatte incontrare, un giorno -.
Purtroppo per lei, la tedesca e la spagnola avevano in comune anche la voglia di prenderla – teneramente, a detta loro – in giro.
“Guarda che belle guanciotte rosse ~♥”
Cantilenò la bionda, scattandole una nuova foto.
“Anja!”
“Andiamo Anja, lascia respirare Hime”
Disse Irina, la fotografa, sorridendo bonariamente.
“Non è colpa mia, è lei che mi istiga!”
In risposta all’amica, Hime le fece una piccola linguaccia che fece scoppiare a ridere tutti i collaboratori presenti sul set, loro comprese.
Aveva avuto paura, la piccola Wakabayashi, di non trovarsi bene con i colleghi con cui avrebbe lavorato da lì in avanti, ma per fortuna erano state tutte paure infondate, fin dal primo set a cui aveva partecipato lì a Monaco – a Genzo era venuto mezzo infarto quando si era ritrovato la figlia vestita da sposa su un cartellone pubblicitario – erano stati tutti gentili e disponibili con lei, professionali quando il lavoro lo richiedeva, rilassati e pronti a ridere insieme quando giungeva la pausa, tutto questo collegato all’entusiasmo che provava Hime quando lavorava, l’aveva aiutata a ricreare l’atmosfera che si creava sempre sul lavoro a Barcellona.
“Dai, venite a dare un’occhiata alle foto”
Incitò loro Irina, le due le andarono vicino e quella iniziò a far passare gli scatti sulla macchina fotografica.
Per quel lavoro dovevano sponsorizzare una nuova marca emergente con la loro nuova collezione autunnale, per l’occasione, Hime indossava una camicia bianca, coperta da un maglioncino a maniche lunghe nero, coperto a sua volta da una giacca rossa chiusa con dettagli bianchi, una gonna rossa e delle collant nere, Anja portava lo stesso completo ma con colori diversi – il maglioncino era rosso, la giacca bianca aperta con dettagli neri e gonna sempre nera con tema scozzese, le collant nere le arrivavano poco sotto la gonna, al contrario di quelle dell’amica che le coprivano tutte le gambe -, tra i capelli portavano entrambe un fermaglio a forma di foglia rossa.
“Credo che questa sia la migliore, che ne dite?”
La fotografa fermò la macchina fotografica sulla foto che ritraeva le ragazze nell’ultima posa ricreata: Hime guardava Anja con un leggero broncio e Anja pungolava una guancia a Hime con l’indice, scattando una foto con la mano libera.
“E’ molto bella”
Si complimentò la giapponese sorridendo, oltre che bella era anche divertente, ma soprattutto, metteva ben in mostra i loro vestiti.
“Tu che ne pensi, Anja?”
Chiese, poi, girandosi verso l’amica.
Amica che trovò con lo sguardo perso nel vuoto, leggermente lucido.
“Anja?”
Chiamò ancora, perdendo leggermente il sorriso e toccandole piano il braccio.
“Cos- oh, sì… sì, è bellissima! Sei adorabile qui, Hime!”
Si capiva da lontano un miglio che quell’entusiasmo era forzato.
“Stai bene?”
Le chiese Hime, iniziando a preoccuparsi.
Aveva distolto lo sguardo da lei giusto qualche minuto per guardare le foto, cosa le era successo in quei pochi minuti per farla passare dalla solita, esuberante e divertente Anja a quella Anja che forzava un sorriso sul volto?
“Certamente”
Replicò la bionda, facendole un leggero occhiolino.
Ma un conto era dirlo, un altro dimostrarlo.
La piccola Wakabayashi la tenne d’occhio durante i seguenti scatti e notò che diventava sempre più strana: tremava leggermente, si guardava intorno impaurita e si scostava quando qualcuno le si avvicinava troppo.
Queste reazioni da parte della tedesca trasformarono l’atmosfera lavorativa da leggera e tranquilla a confusa e pesante, per tentare di aiutare la bionda, Irina decise di anticipare la pausa pranzo e Hime ne approfittò per fare quattro passi con l’amica, magari così sarebbe anche riuscita a capire cosa le stava succedendo.
“Se ti senti male posso continuare da sola, non credo che Irina si arrabbierà e alla direttrice possiamo spiegare che non ti sei sentita bene”
Le mormorò piano, camminando di fianco a lei con i loro pranzi al sacco in mano.
Anja scosse leggermente la testa negativamente e la giapponese la guardò preoccupata.
“Ne sei sicura? Non credo che tu possa continuare”
La tedesca scosse nuovamente il capo, facendo sospirare l’altra.
Forse poteva provare a farla distrarre in qualche modo, pensò – allora - Hime, guardandosi intorno, i suoi occhi verde smeraldo s’illuminarono quando intravide una struttura che le stava diventando famigliare.
“Guarda! Quello è il campo d’allenamento del Bayern Monaco! Mio padre dovrebbe essere lì adesso, chissà se possiamo mangiare in-“
“…Hime…”
La piccola Wakabayashi fece giusto in tempo a girarsi che vide l’amica crollare sulle ginocchia e raggomitolarsi su sé stessa, tremante.
“Anja! Che ti succede?! Stai male?! Devo chiamare qualcuno?!”
Nello stesso momento che le poneva quelle domande, un’improvvisa folata di vento le diede le risposte che stava cercando, i pranzi le caddero dalle mani e gli occhi le si sgranarono, mentre un forte ed avvolgente odore dolce iniziava ad espandersi intorno a loro.
Anja era appena entrata in calore.

Karl sospirò, passandosi una mano tra i capelli biondi e aprendo con l’altra la macchina, per non incrociare Genzo neanche per sbaglio, aveva dovuto aspettare che il portiere tornasse a casa per la pausa pranzo rinchiuso nell’ufficio di suo padre – neanche fosse tornato ad avere 4 anni -, così era finito per essere l’ultimo ad uscire.
“Da quando è così chiacchierone con Levin? Questa me la paga, oh se me la paga, glielo dirò a Tsubasa, spero lo faccia dormire sul divano per un mese”
Borbottò sistemando il borsone degli allenamenti sui sedili posteriori, chiuse la portiera e andò ad aprire quella che dava sul posto del guidatore, stava per sedervisi quando le sue orecchie captarono delle urla.
Alzò lo sguardo limpido e guardò intorno a sé, non c’era nessuno oltre a lui nel parcheggio… magari era stata la sua immaginazione, d’altronde era parecchio stressato in quel periodo tra allenamenti, partite, portieri da evitare e ragazzine a cui cercava in tutti i modi di non pensare.
Fece in tempo a mettere un piede dentro l’autovettura che sentì di nuovo quelle urla, stavolta ravvicinate, alzò nuovamente gli occhi azzurri e stavolta intravide una figura famigliare in avvicinamento.
… No, quel giorno i Wakabayashi non gli avrebbero lasciato tregua…

“Che succede?”
“Dov’è papà?!”
Si chiesero a vicenda, in contemporanea, Karl e Hime quando quest’ultima giunse davanti a lui.
“E’ andato via mezz’ora fa”
La informò il calciatore, vedendola lasciarsi andare a quella che supponeva essere un’imprecazione in portoghese.
“Che sta succedendo Hime?”
Le chiese nuovamente, gettando un occhio critico alla biondina che la giapponese teneva in spalla.
La ragazza stava visibilmente tremando, aveva il viso completamente arrossato seminascosto nei capelli neri dell’altra - gli occhi liquidi lasciavano cadere qualche lacrima -, e stringeva il più forte possibile le spalle della piccola Wakabayashi, la quale non era messa poi molto meglio, adesso che lo notava, anche Hime stava tremando seppur in maniera più lieve, le gote erano talmente rosse che potevano tranquillamente fare a concorrenza con la maglia della sua squadra, e aveva un fiatone troppo grosso per lo sforzo che aveva fatto correndo.
“Anja… Anja è in calore!”
Riuscì a dire Hime, cercando di riprendere fiato.
Stavolta fu Karl a lasciarsi andare a un’imprecazione.
“Non ha dei soppressori con sé? Hai controllato?”
Le chiese, poi, alternando lo sguardo preoccupato da lei alla bionda in spalla e avvicinandosi di qualche passo.
“S-Sì… non li ha, mi… mi ha detto che è in anticipo qui-quindi non li ha nella borsa…”
Mormorò la ragazza, ansimando e tremando leggermente più forte di prima.
Non doveva essere facile per la giovane alpha resistere all’odore che stava emanando l’omega, il Kaiser si rese conto di dover pensare in fretta a una soluzione prima che la situazione diventasse ingestibile per Hime e che perdesse il controllo.
“In infermeria… in infermeria dovrebbe esserci ancora il nostro medico, è un beta, non so se ha dei soppressori ma possiamo provare”
“E’… E’ tanto lon-lontana?”
“Abbastanza, credi di riuscire a farcela?”
Mentre poneva quella domanda, Schneider si era già sporto verso di lei per prenderle Anja dalle spalle, ma Hime si allontanò – d’istinto - di alcuni passi, sistemandosi meglio l’amica addosso.
“Sbri-sbrighiamoci!”
Sibilò l’alpha stringendo i denti.
“Per di qua, andiamo!”
Karl le indicò la strada, iniziando a correre con lei dopo aver soppesato la situazione un istante.
Non era un bene che la piccola Wakabayashi iniziasse a reagire in quel modo, avrebbe dovuto insistere nell’allontanarle così che la mente di Hime potesse iniziare a tornare più lucida, ma aveva scelto di dare la priorità al luogo in cui si trovavano.
Erano fuori, all’aria aperta, dove l’odore intossicante di Anja veniva trasportato dal vento, qualunque alpha avrebbe potuto sentirlo e avvicinarsi di conseguenza, ovviamente senza buone intenzioni.
Dovevano prima portarla al sicuro, all’interno dell’edificio, ci sarebbe stato tempo per preoccuparsi delle reazioni della giapponese.

Reazioni che Karl si rese conto di aver sottovaluto solo quando provò nuovamente a separarle, una volta giunti in infermeria.
“Hime…”
Chiamò con calma, facendo un passo verso di lei, la quale ne fece uno indietro di conseguenza.
“Se non ti allontani da lei, starete male entrambe”
Provò a dirle il medico, ricevendo un ringhio in risposta.
Il calciatore provò nuovamente ad avvicinarsi ma la ragazza indietreggiò fino quasi raggiungere la porta, stringendo la presa sulle gambe dell’amica che mugolò qualcosa di non comprensibile tra i suoi capelli neri.
“Fidati di me, posso farla stare meglio”
“Posso farlo anch’io!”
Urlò Hime al medico, guardandolo con odio.
“No, non puoi e lo sai”
Le disse Karl duramente, attirando lo sguardo smeraldo sulla sua persona.
“Pensaci bene, Hime, tu vuoi aiutare la tua amica, per questo sei corsa fino a qui, no? Adesso il medico può aiutarla, devi solo lasciarla andare”
“Ma-!”
“Hime”
La bloccò prima che potesse continuare a parlare, colto da un’improvvisa idea.
“Pensa a Tsubasa”
Le suggerì, facendola sussultare.
Tsubasa… Tsubasa Ozora… la sua mamma… la sua mamma che affrontava tutto con il sorriso,  la sua mamma che era forte davanti a lei ma fragile tra le braccia di suo padre, la sua mamma che volava durante le partite di calcio… la sua mamma che era un’omega proprio come Anja.
Chiuse gli occhi, Hime, e li strinse, cercando di concentrarsi sul centrocampista.
Era a lui che aveva pensato quando aveva avvolto la bionda nella sua giacca per cercare di coprire il suo odore da omega in calore con il suo da alpha più prepotente, a lui aveva pensato Hime mentre correva verso il campo degli allenamenti - dove sperava di poter incrociare il padre a cui chiedere aiuto -, il suo viso l’aveva aiutata a tenersi concentrata sulla corsa e il pensiero di essere sempre riuscita a non lasciarsi influenzare né dal suo odore, né da quello di Ai, di Yayoi, di Yoshiko, e di tutti gli altri omega che aveva incrociato nella sua giovane vita, aveva fatto leva sul suo orgoglio, grazie all’immagine degli omega a lei così cari, durante la corsa era riuscita a resistere all’odore di Anja.
Adesso poteva lasciarla andare, DOVEVA lasciarla andare, poteva farlo.
Era Hime Wakabayashi, figlia di Tsubasa Ozora e Genzo Wakabayashi.
Poteva vincere quella partita contro la sua stessa natura.
Poteva e ci sarebbe riuscita!
La principessa riaprì pian piano gli occhi verde smeraldo e osservò l’attaccante davanti a lei con determinazione, Karl si azzardò a fare un passo nella sua direzione e questa volta Hime gli andò in contro, facendolo sorridere leggermente.
Velocemente, Schneider fece un cenno al medico e insieme corsero dalla ragazza, che iniziò pian piano ad allentare la presa sulle gambe dell’amica, il biondo l’aiutò nel procedimento prendendole i polsi così che il medico poté prendere Anja in braccio e allontanarla dall’alpha.
“Siamo fortunati che ho qui dei soppressori che prende mio figlio”
Borbottò l’uomo, poggiando la bionda sul lettino e correndo a prendere la pastiglia che teneva insieme alle altre, nel cassetto della sua scrivania.
Aveva ragione, pensò Karl, erano stati fortunati, avrebbe potuto finire molto male quella situazione, ma le dea bendata era stata dalla loro parte e così non era successo, grazie al cielo.
Menomale che era finita… almeno, pensava che fosse finita visto che Anja aveva appena bevuto il soppressore… allora perché sentiva Hime tremare molto più forte di prima?
Si girò a guardarla e sgranò gli occhi.
Sulle mani della ragazza – a cui stava ancora tenendo i polsi – era colato del lubrificante dell’omega, e adesso lei se le stava osservando con gli occhi sempre più persi, inspirando forte l’odore intossicante che proveniva da esse.
Non poté evitare di imprecare nuovamente, il Kaiser, quando si rese conto che adesso era la piccola Wakabayashi che rischiava di entrare in calore.

La porta degli spogliatoi fu aperta con un calcio che la fece sbattere contro il muro.
Karl entrò velocemente dentro la stanza e con altrettanta velocità si diresse verso le docce, arrivato lì, entrò dentro un box, girò la manopola verso l’acqua fredda e l’aprì con forza.
L’acqua gelida lo travolse e con lui, anche la ragazza che teneva malamente sulla spalla – non una presa molto comoda per lei, ma il calciatore non ci aveva pensato, quando l’aveva afferrata ed era corso fuori dall’infermeria -, che gridò, agitando la gambe contro il suo  stomaco.
Il biondo la lasciò, rimettendola in posizione eretta davanti a lui, Hime cercò di togliersi da sotto il getto gelido ma Karl fu più veloce, le mise le mani sulle spalle e poggiò la fronte contro la sua.
“Hime! Hime, guardami… guardami, respira con me”
Le mormorò immergendo gli occhi azzurri nei suoi verde smeraldo.
Ma quel verde rimase liquido, perso, vedeva il suo azzurro ma non lo vedeva e il suo respiro continuò a restare affannato, Schneider allora la spinse di più sotto il getto d’acqua, sperando almeno quello l’aiutasse un poco a calmarsi.
Purtroppo, il medico era sprovvisto di soppressori per alpha siccome nessuno della squadra ne aveva mai avuto bisogno, quindi Karl era stato costretto  a prendere Hime e a trovare un’alternativa che non comprendesse il lasciarsi andare al piacere con lei.
L’alternativa, però, non sembrava star funzionando.
La ragazza sembrava sempre più presa dal fuoco che le scorreva nelle vene, e lui non poteva permettere che quel fuoco si scatenasse del tutto, altrimenti sarebbe stata la fine… certo, gli sarebbe piaciuto fare sesso con lei, sarebbe stato un bugiardo a dire che non ci aveva mai pensato in quei giorni e poteva sempre giustificarsi con la scusa che, se non l’avesse fatto con lui, Hime sarebbe tornata a cercare Anja… ma non poteva.
Non poteva fare questo a lei e a Genzo.
Non poteva.
Si ripeté mentalmente, portando una mano sulla sua schiena e l’altra sulla nuca, tra i lunghi capelli neri, se la strinse forte contro il petto e – lentamente – si lasciò cadere a terra, sedendosi sulle piastrelle, portandola con sé.
“Respira con me Hime, respira… tranquilla…”
Bisbigliò al suo orecchio, accarezzandole la testa.
La piccola Wakabayashi si lasciò stringere da quel corpo forte e caldo, chiuse gli occhi per godersi meglio quelle carezze sulla testa – erano, da sempre, il suo punto debole – e il battito frenetico del suo cuore impazzito iniziò a rimbombarle nelle orecchie.
Forte.
Il cuore batteva forte e veloce.
Non riusciva a calmarlo, non riusciva a dargli un freno come le chiedeva quella voce che le sussurrava all’orecchio, e non riusciva neanche a calmare il fuoco che continuava a divampare, violento, dentro di lei, accendendo tutto il suo corpo di un calore che non credeva di aver mai provato prima, in vita sua.
Lo sentiva che strisciava nelle vene, trasportato dal sangue, le era arrivato alla testa, annebbiandola, le era arrivato al seno, rendendolo sensibile, le era arrivato al basso ventre, stringendolo in una dolce e dolorosa morsa, che chiedeva solo di essere allentata.
Era certa che l’avrebbe arsa completamente, trascinandola in un lento e lungo delirio… quando lo sentì.
Un secondo battito si aggiunse al suo, nelle sue orecchie.
Era forte, ma calmo… tranquillo…
“Respira con me”
Le ripeté la voce del Kaiser.
Hime ci provò… e si stupì nel constatare che ci riusciva, poteva respirare con lui.
Seguì il suo ritmo, allora, inspirò ed espirò con lui.
Inspirò ed espirò.
Inspirò ed espirò.
Inspirò ed espirò.
Il cuore impazzito iniziò finalmente a calmarsi, adattandosi al ritmo di quello che sentiva nell’orecchio.
Un forte odore di pino le solleticò le narici, lo inspirò con forza prima di staccare il volto da quel petto accogliente per poter guardare in viso il calciatore che la stava stringendo, proteggendola in parte dall’acqua gelida che ancora scorreva su di loro.
Il verde smeraldo si perse nell’azzurro limpido.

“Hime!”
Urlò Genzo, spalancando la porta degli spogliatoi.
Gli occhi cercarono immediatamente la figura della figlia e la trovarono seduta davanti al suo armadietto, bagnata fradicia e tremante, coperta a malapena dall’asciugamano che Karl le aveva messo sulle spalle.
“Principessa”
La chiamò correndo ad abbracciarla preoccupato, sentendola spingersi  contro il suo petto – cercando un rifugio, esattamente come faceva da bambina -, le lasciò un bacio sulla fronte.
“Ti ringrazio, Schneider”
Disse, poi, il portiere, portando la sua attenzione sul compagno di squadra, appoggiato di schiena agli armadietti.
L’attaccante gli annuì continuando ad asciugarsi i capelli con un altro asciugamano, era stato lui a chiamarlo, una volta uscito dalle docce con Hime – lei aveva chiamato Irina e le aveva spiegato tutto quello che era successo, così che potesse passare a prendere Anja -.
“Davvero Karl… grazie”
Disse di nuovo Wakabayashi, serio, non voleva immaginare cosa sarebbe potuto accadere se non ci fosse stato lui ad aiutare le due ragazze.
Il Kaiser si abbassò l’asciugamano sulle spalle e gli fece l’occhiolino, sorridendo.
“Ci vediamo domani agli allenamenti, Genzo… oggi pomeriggio è meglio se stai a casa”
Il portiere annuì e, abbracciando la figlia per le spalle, si diresse con lei verso l’uscita.
Hime girò leggermente la testa per guardare indietro.
L’azzurro e il verde si fusero ancora.


*
Vi lascio nuovamente i nomi dei set per andare a cercare i vestiti di Hime e Anja ^^ ~♥

Vestito che Genzo vede sul cartellone pubblicitario:
Dia Kurosawa Wedding Set versione idolizzata

Vestito della pubblicità in coppia:
Dia Kurosawa e Mari Ohara Fall Leaves Set versione non idolizzata
Scrivendo entrambi i nomi insieme troverete la carta unita delle due, è da quella che ho preso la posizione per la fotografia che ha scattato loro Irina ^^


   
 
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