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Autore: Maura85    13/05/2005    5 recensioni
Questa fic l'ho scritta circa un po' di tempo fa fa mentre studiavo il personaggio di Sesshomaru e la sua relazione con Rin
E' solo un introspezione di ciò che i due devono aver provato durante quell'episodio, niente di troppo speciale... però lo posto, chissà che a qualcuno non piaccia, anche se è una cosa molto grezza... in fondo era un esperimento!^^'
Come al solito, mi fa piacere sapere cosa ne pensate ;)
Gli altri capitoli li posto dopo, ora vado a pranzo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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4.

Il ragazzino stava per colpire con il fendente finale. Aveva quasi tentato di ribellarsi alla scheggia che aveva conficcata nella schiena, e che lo controllava come i fili muovono un burattino, ma tutto era stato inutile. Il suo disperato bisogno di fermarsi, di non compiere anche quell’omicidio, finora avevano reso inefficace la sua mira, salvando la bambina chiacchierona. Ma ora che era a terra, svenuta, niente e nessuno gli avrebbe permesso di sbagliare ancora.
Alzò l’arma…
Frush.
Fu allora che Sesshomaru apparve alle sue spalle. Quando vide la sua protetta a terra, incosciente, quasi ebbe la sensazione che il mondo vorticasse esclusivamente attorno a lei: era… morta? No. Focalizzò le pupille così simili a quelle di una serpe sul quel piccolo petto, registrando quasi con sollievo una regolare attività respiratoria.
Rin stava bene. Cioè, era stata rapita e forse maltrattata dai suoi nemici, ma almeno era viva.
Gli occhi quasi rifrangenti salirono lentamente, soffermandosi sul moccioso: un servitore di Naraku, che osava puntare un’arma contro Rin. Il mezzo spettro gli era scappato… ma questo no, questo lo avrebbe ammazzato piano piano, con ricercata lentezza, godendo dei suoi urli.
E l’assurdità delle sue preoccupazioni per una bambina in contrasto con la voglia di uccidere un suo coetaneo non gli passò neanche per la mente: era un demone, lui, non un filosofo.
Il ragazzino (Kohaku? Lo avevano chiamato così?) si alzò, lasciando momentaneamente perdere Rin. Fissò Sesshomaru come pochi avevano osato farlo – e neanche uno era sopravvissuto per raccontarlo – preparando con attenzione la sua primitiva arma. Patetico. Quasi ridicolo, se il Principe dei Demoni avesse avuto voglia di ridere.
“Ooh… vuoi batterti con me?” preparò di nuovo gli artigli, anche se per questo sarebbe stato sufficiente un semplice morso, oh sì, lì dove la carne era più tenera e le arterie pulsavano… ma finirlo subito non sarebbe stato abbastanza appagante…
Rin emise un debole verso, quasi mormorando qualcosa nel sonno; questo suono così beatamente ingenuo, così deliziosamente candido, deliziò il fine udito di Sesshomaru.
Il ragazzino stava per scattare… stava per finire direttamente tra le sue zanne… Eccolo che partiva in una corsa folle, puntando verso di lui una sottospecie di falce mal affilata.
E fu allora che quell’impiccione di suo fratello, che senza dire ne ai ne bai saltò davanti a lui, rubandogli la preda! Evidentemente doveva avere un qualche legame con il moccioso: meglio così, sarebbero morti entrambi. Aveva giusto voglia di squartare…
L’umana che gli era sempre accanto corse da Rin, la prese in braccio.
Già.
Era una cosa cui non aveva pensato. Correre da Rin, abbracciarla, e controllare se stesse bene. Beh, in fondo era ovvio che certe smancerie non passassero per la testa di un demone; eppure fissò con malcelata gelosia quella ragazza.
“Va tutto bene!” gridò infine. “Sta bene, è solo svenuta!”
“Hai sentito, Sesshomaru? Lascia stare Kohaku.” Inuyasha quasi gonfiò il petto, come fanno certi tacchini per risultare più temibili. Ma a poco servirono le sue parole:
“Io posso anche lasciarlo stare: è quel bambino che cerca la morte.”
E in effetti il piccolo Kohaku già si era ripreso dal placcaggio del mezzo spettro, e di nuovo tentò di attaccare il Principe dei Demoni.
Che cosa ridicola! Che aveva mai fatto per ridursi a duellare con un ragazzino malnutrito? Inuyasha di nuovo aveva tentato di impedire un loro scontro, ma questa volta il Principe dei Demoni era effettivamente stufo. Lo afferrò per il collo, con rabbia, stringendo gustosamente quel flebile corpo.
Era davvero magro, così simile… così simile a Rin. Senza accorgersene, si ritrovò a cercare un contatto con gli occhi del moccioso. Per avere una sorpresa: non solo mancavano della solita scintilla che nello sguardo della bambina appariva perenne… erano vuoti. Occhi di fantoccio, occhi di creatura perduta e disperata.
Lo stesso sguardo che aveva visto nel cadavere di Rin. Le stesse pupille prive di vita che avevano mosso in lui il bisogno di riportarla di qua, e di tenersela stretta. E per cosa poi? Una bambina non può girare beatamente con il Principe dei Demoni, è più che logico che i numerosi nemici approfittino di quel punto debole!
Tutto ciò che era accaduto a Rin era interamente colpa sua.
Con disgusto, lasciò andare il ragazzino, voltandosi verso la bambina, stretta con fare materno da quella ragazza. Forse… forse era lì il suo posto. Sarebbe stata mille volte più felice accanto a dei normali umani, e non avrebbe più corso il rischio di essere rapita da nessuno.
Proprio in quel momento, lei scelse di riprendere conoscenza. Non le importò di capire dov’era o cosa era successo, non le importò di sapere chi la teneva in braccio e perché: l’unica cosa che le sembrò degna di nota fu la sua presenza.
“Ah! Signor Sesshomaru!” Quasi lottò per liberarsi il più velocemente possibile da chi l’aveva soccorsa, per precipitarsi da lui… e poi notò l’altro ragazzino.
“Kohaku…” Come sempre, il demone seppe interpretare facilmente la sua espressione: amicizia. Rin provava un senso di amicizia per quel bambino, eppure mai avrebbero potuto correre o giocare assieme: erano due bambini al seguito di due demoni, e la loro esistenza non sarebbe mai stata normale.
Kohaku si alzò, sguardo diffidente negli occhi, sguardo di animale spaventato, e corse via.
La bambina, turbata da quel comportamento, si voltò verso tutti quegli adulti che la circondavano, come in cerca di una risposta. Ma la realtà era che una spiegazione accettabile non esisteva.
“Sesshomaru… grazie per aver risparmiato Kohaku…” la voce dell’umana compagna di Inuyasha non riuscì nemmeno a scalfire la complessa rete di riflessioni che il demone stava elaborando.
“Quel ragazzino voleva essere ucciso da me.” proruppe con rabbia, nuovamente certo di essere usato per un qualche sordido scopo di Naraku. Era solo per questo che l’aveva risparmiato. Sì. Non per pietà o per la sua somiglianza con Rin. Solo per orgoglio.
Rin… tenendoti con me ti porto solo infelicità? Isolamento dagli altri umani, costrizione a condividere le giornate con un demone che fa di tutto per allontanarti ma contemporaneamente avvicinarti? Non so cosa sia giusto o cosa sia sbagliato, è un concetto che mai per me ha avuto un significato… eppure ora mi ritrovo a chiedermi cosa sia giusto per te.
E’ giunto il momento di prendere una decisione. Ma non è il Principe dei Demoni ad avere il diritto di farlo.
Si voltò, borbottando qualcosa sul fatto di non aver mai permesso a nessuno di usarlo. Non da nessun ordine alla bambina, semplicemente si allontana nella notte.
E’ questione di qualche secondo prima che avverta un concitato scalpiccio prima dietro di lui, poi al suo fianco. Hai fatto la tua scelta, Rin?
“Addio!” urla lei, rivolta al suo fratellastro e alla ragazza. Abbandona tutti quegli esseri umani, per seguire il Principe dei Demoni…
**
“Da oggi sarà Jaken a procurare del cibo per te.” il servitore nemmeno provò a ribellarsi, limitandosi a sbuffare rassegnato. Ma perché mai il Signor Sesshomaru si ostinava a portarsi dietro quella marmocchia?
“Oh no… Signor Sesshomaru mi dispiace tanto di essere stata rapita, le assicuro che non accadrà più!” Rin scosse il capo con decisione. Non voleva certo apparire a quella grande e magnifica creatura come un peso, oh no! “E’ arrabbiato con me, vero?”
“Jaken… va’ a cercare del cibo.” Sesshomaru, seduto su un masso, non degnò di uno sguardo la bambina.
“Sì, mio Signore!” partì di corsa, lasciandoli soli in quella buia radura, illuminati solo da un allegro fuocherello.
Una lacrima corse giù per una guancia di Rin: aveva deluso il Signor Sesshomaru. Lui non l’avrebbe più voluta con sé. Non poteva certo sapere che quella paura - identica, solo con le parti invertite - era la stessa che qualche ora prima aveva premuto come in una morsa l’animo del demone.
“Non sono adirato con te, Rin.” parole che stranamente uscirono meno dure del solito. Pensavo anzi che fossi tu in collera, dato che sei stata rapita perché ti ho lasciata sola… ma non potrai mai odiarmi, vero? La tua ammirazione e il tuo affetto sono così sconfinati…
Una violetta appena colta viene sventolata davanti al naso del demone. Con curiosità la accetta.
“Grazie per avermi salvata, Signor Sesshomaru. Non ho avuto mai paura, sapevo che lei sarebbe venuto.” tacque un attimo, come riflettendo. “Beh, sì un po’ di paura l’ho avuta.”
Sesshomaru rigirò quella violetta sconvolta di essere stretta tra le dita del Principe dei Demoni. Ricordi affiorarono alla sua mente, ricordi di occhi vuoti e privi di vita.
“Torna vicino al fuoco, Rin. La notte è fredda.”
  
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