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Autore: Maki Tsune    11/08/2020    0 recensioni
Quale storia si potrebbe raccontare se i personaggi di Miraculous avessero vissuto nel periodo di fine 1800 proprio durante la costruzione della Tour Eiffel e dell'Esposizione Universale? Questa storia mostra i personaggi non più adolescenti ma nella prima fase adulta, (20-25 anni) che affrontano la vita e le difficoltà senza miraculous magici ma comunque con maschere, mistero, amicizia e amore.
Genere: Comico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Marinette si era alzata presto quella mattina. Era talmente entusiasta nel poter creare un vestito per Alya che non riuscì nemmeno a dormire bene.

Prese il quaderno con gli schizzi e guardò il disegno che aveva fatto per l’amica. Un corsetto a maniche corte a sbuffo con una fantasia a quadri bianco e arancione con un pizzico di indaco; una gonna lunga azzurra, ballerine bianche con un po’ di nero sui bordi.

“Non vedo l’ora di iniziare. Prima però devo capire se ho tutto l’occorrente.” Iniziò a guardare tra le sue stoffe la quantità e se avesse tutto il necessario. Ormai conosceva bene le misure di Alya, l’ha usata come modella più di una volta.

Però si rese conto che non aveva tutta la stoffa per la fantasia a quadri. “Accidenti dovrò comprarla.” Controllò anche per il vestito da coccinella e da volpe che doveva rifare. “Ecco, per l’appunto. Devo comprare anche gli accessori.” Guardò l’orario ma i negozi erano ancora chiusi. “Vorrà dire che farò colazione e poi mi avvierò a piedi. In questo modo posso controllare i borghi parigini.”

E così fece.

Una volta scesa nella cucina, prese una pesca e dei dolcetti mangiando prima la frutta e poi si addolcì la bocca con i pasticcini del padre, mandando giù con del latte tiepido.

“Una colazione ottima.” Sorrise a se stessa.

Si preparò e uscì di casa a piedi, facendo una passeggiata in quella giornata poco nuvolosa.

Camminò con calma, in questo modo dava tempo ai negozianti di aprire in tranquillità e aveva la possibilità di guardare gli abitanti che si svegliavano con Parigi stessa.

Arrivò all’altezza della scuola di scherma, ignara che Adrien stava già facendo lezione, e osservò la struttura immensa. Si bloccò giù per le scale guardando il portone e sorrise al pensiero che Adrien facesse scherma in quel posto.

“Adrien...” sospirò innamorata.

“Marinette?”

Marinette si spaventò “Aah! Chi è?” si guardò attorno e rilassò il respiro. “Ah, sei tu Rose. Mi hai spaventata.”

“Perdonami, non volevo.” Sorrise raggiante.

“Figurati. Cosa ci fai qui a quest’ora?”

“Stavo giusto venendo da te, Marinette.”

“Da me? Perché?”

“Io e Juleka abbiamo partecipato a dei concorsi di canto e musica e, non ci crederai mai, ma ci hanno prese! Sono molto emozionata! Faremo parte di una orchestra e io del coro. È fantastico!”

“Oh caspita! Sono davvero felice per voi! Congratulazioni!”

“Grazie mille! Solo che io e Juleka non abbiamo degli abiti adatti e sai benissimo che per Juleka è complicato trovare dei vestiti che la rispecchiano. Così abbiamo pensato se potessi essere tu la creatrice dei nostri vestiti per queste occasioni! Ci farebbe davvero piacere. Hai un talento particolare e sai bene cosa ci piace. Sai qual è il nostro stile. Che ne dici?”

“Oh davvero? Caspita. Non me lo aspettavo. Sono… sono davvero contenta che abbiate pensato a me. Volentieri. Mi farebbe piacere. Giusto una curiosità, per quando vi servirebbero questi vestiti?”

Rose esitò un po’ prima di darle una risposta a fior di labbra. “Domani.”

“Cosa? Scusa credo di non aver sentito bene, ho capito domani. Eheh” ridacchiò nervosamente.

Rose la guardò con i suoi occhioni grandi e azzurri e le mani una sull’altra appoggiate al petto.

Il sorriso di Marinette sparì per un attimo. “Domani?”

Rose annuì.

Marinette chiuse gli occhi per un attimo pensando a quello che doveva fare. Poi li riaprì guardando Rose. “Ascolta, non voglio prometterti nulla. Non so se ce la farò, ma ci posso provare. Stavo giusto andando al negozio a comprare della stoffa, se vuoi puoi venire con me così puoi già scegliere il materiale per i vestiti. Che ne dici?”

“Volentieri! Oh merci beaucoup, Marinette! Sapevo che potevo contare su di te!” L’abbracciò e Marinette ne fu sorpresa, ricambiando l’abbraccio.

Rose si allontanò, mantenendo le mani sulle spalle di Marinette. “Perché non vieni nel pomeriggio a casa di Juleka? Ci incontriamo lì, così puoi già prendere le misure.”

“Nel pomeriggio? Ecco, io… se devo fare due vestiti, il pomeriggio mi servirà per intero, se non anche la notte.”

“Allora vieni prima di pranzo. Mangiamo tutte insieme da lei e poi inizi con i vestiti.”

“Sicura che a Juleka stia bene? Insomma, mi stai invitando a mangiare in una casa non tua….”

“Figurati! A Juleka farebbe molto piacere, specialmente se sei tu. Se vieni anche con Alya non ci sono problemi, ci divertiremo di più assieme.”

 

Marinette sorrise nel sentir pronunciare anche il nome di Alya.

Rose e Juleka erano una l’opposta dell’altra e sapevano benissimo come ci si sente ad essere derisi e sottovalutati. Apprezzavano Alya per la sua naturalezza e le dicevano sempre di non comportarsi con loro come se fosse una schiava. Che con loro poteva essere ciò che era.

Rose veniva vista come una bambina ingenua, nonostante l’età, una bambina sognatrice e romantica, con una esagerata passione per il rosa e per le cose belle. In più, per l’aspetto fisico l’associavano ad una bambola di porcellana, con quella pelle candida, i capelli corti biondi e gli occhi grandi azzurri.

Pensavano che non sarebbe mai cresciuta e per questa sua innocenza e ingenuità potesse finire nelle mani di un malcapitato qualunque. E le persone si diedero ragione quando la videro in compagnia di Juleka.

Juleka non era ben vista. A volte la paragonavano alla figlia di Dracula. La pelle così pallida, i capelli corvini e gli occhi chiari. Tra l’altro si vestita sempre di nero, con uno stile gotico e non usciva quasi mai. I capelli lunghi e lisci le coprivano il viso come se fosse un fantasma. Spesso la evitavano perché iniziarono a pensare che potesse portare sfortuna.

Fortunatamente Marinette non era come le altre persone. Aveva conosciuto Rose in un corso di disegno. Rose stava cercando una via d’espressione e provò con l’arte, ma ogni volta che disegnava canticchiava. Marinette si avvicinò a Rose, la conobbe meglio e le propose di fare canto visto che canticchiava e aveva una bella voce. Di conseguenza conobbe Juleka e strinse amicizia anche con lei, per stessa sorpresa di Juleka.

 

“Per pranzo, allora. Avverto i miei genitori e informerò Alya. Non garantisco per la sua presenza, ma glielo dirò senz’altro.”

“Ottimo!”

“Un’altra cosa, Rose. È la prima volta che vado a casa di Juleka, mi sai dire dove abita?”

“Certamente! Su una barca ormeggiata sulla Senna.”

“Una barca?” sorrise Marinette. “Non ci sono mai stata su una barca.”

“Allora sarà una giornata memorabile!”

 

Appena Rose pronunciò quelle parole, le porte della scuola di scherma si spalancarono con violenza e passarono due avversari in lotta.

Marinette e Rose si allontanarono, una dalla parte opposta dell’altra.

Marinette sentì un “Attention!” e guardò lo schermidore vestito di bianco. “Adrien?” sussurrò Marinette corrugando la fronte.

E lentamente si avvicinò ai due sfidanti, continuando a guardarli incantata ad una distanza non troppo lontana.

All’improvviso i due schermidori si toccarono con la punta del fioretto.

Chi aveva toccato per primo l’altro?

La sfida si bloccò e lo schermidore in rosso chiese “Chi ha fatto punto?” vide che l’arbitro stava arrivando correndo nella loro direzione e poi guardò Marinette che era vicino a loro. “Tu. Cosa hai visto? Chi ha segnato per primo?”

“S-segnato?”

Adrien si tolse la maschera e stava riprendendo fiato. Il viso sudato e i capelli leggermente bagnati.

Marinette rimase per un attimo a bocca aperta, incantata.

“Sì, segnato. Chi ha toccato l’altro per primo?” chiese ancora lo schermidore in rosso.

“Ah… ecco… è stato tutto così veloce. Non saprei… forse.. Adrien?”

Adrien guardò Marinette e la riconobbe. “Ne sei sicura?” domandò lui.

“No. Come ho detto siete stati veloci, come posso esserne sicura.”

“Chi? Chi ha vinto?” domandò l’insegnante D’argencourt. “Tu l’hai visto?” domandò a Marinette.

Lei esitò.

“Ho perso.” Disse lo schermidore in rosso con la maschera bassa.

“No, non è vero. Monsieur, sono sicuro che è stato lui a toccarmi per primo, sono io che ho perso.”

“No, non lo fare. La ragazza ha visto e ha detto che ho perso, perciò per onore all’accordo non posso partecipare.”

“Aha! Lo sapevo. Non puoi partecipare al mio corso, il numero è chiuso.”

Lo schermidore in rosso si tolse la maschera e rimasero tutti e tre sorpresi nel vedere che sotto quella maschera c’era una donna dai capelli scuri e corti.

“Una donna! E pensi che questo avrebbe portato prestigio alla mia scuola? Sarei diventato lo zimbello di tutti. A maggior ragione non parteciperai.”

“Cosa c’è di male se una donna fa sport da uomini? Sbaglio o ha tenuto testa al migliore della vostra classe?” domandò Marinette con rabbia cercando di difendere la nuova arrivata.

Parbleu. Non pretendo che una ragazzina capisca un discorso da uomini come lo sport.” Disse l’insegnante tornando dentro dalla sua classe.

“Come si permette...” sussurrò Marinette con enorme fastidio.

Adrien appoggiò la mano sulla spalla di Marinette e tutta la sua rabbia sfumò all’istante come vino in una padella.

“Non prendertela, non ha una visione ampia.”

“Ti ringrazio per avermi difesa, ma non c’era bisogno.” Intervenne la ragazza asiatica.

Marinette la guardò. “Mi dispiace davvero tanto. Non sapevo fosse così importante.”

“Non fa niente. In ogni caso non mi avrebbe accettata sapendo fossi una ragazza. Ma speravo davvero che mostrando le mie abilità avrebbe sorvolato sul mio aspetto fisico.” Lasciò cadere il fioretto e si allontanò.

“Aspetta. Tu hai davvero talento. Non andartene. Marinette non l’ha fatto apposta.” Disse Adrien.

“Certo che no.” Rispose lei. “Adrien?”

Lui si girò verso Marinette, che la vide raccogliere l’arma.

“Credo che questo dovresti ridargliela.”

Lui sorrise e annuì. Tenne sotto braccio il casco e nella mano il fioretto. Con l’altra mano libera prese la spada offerta da Marinette. “Ti ringrazio.” E Adrien seguì la nuova ragazza.

Marinette si rattristò un po’ e Rose si avvicinò lentamente a lei.

“Tutto bene?”

“Non credo proprio. Credo di aver combinato un casino come so fare di solito. E mi dispiace davvero tanto. Forse dovrei vedere come posso risolvere la questione. Ci vediamo più tardi Rose.”

“E con la stoffa come facciamo?”

“Hai detto che conosco i vostri gusti, quindi fidati di me. D’accord?”

D’accord. Se vuoi passo io da te, così andiamo insieme da Juleka.”

“Va bene. Come vuoi tu. À plus tard, Rose.”

À plus tard.

Marinette si diresse verso Adrien e la nuova arrivata. Vedendoli parlare, si nascose dietro un cespuglio che abbelliva il marciapiede, avvicinandosi pian piano di soppiatto e ascoltando la loro conversazione.

“Io sono alquanto sicuro che quel punto lo hai segnato tu. Marinette non conosce le regole della scherma, non è nemmeno sicura lei stessa di quello che ha visto.”

“Ti piace molto quella ragazza?”

“Se mi piace? Non la conosco molto, ma da quello che ho visto so che è una bella persona. È gentile, sempre disponibile con tutti e credo possa piacere anche a te se le darai una possibilità. Non l’ha fatto apposta. Ha anche dimostrato che voleva aiutarti. E dovresti riprendere la tua arma.”

La ragazza guardò la sua spada tra le mani del ragazzo, cui glielo stava offrendo.

“E a quale scopo?”

“Per una rivincita.”

“Rivincita?”

“Esatto. Dovrai darmi la possibilità di una rivincita, perché ammetto di essere stato sconfitto. Per una rivincita serve la stessa spada con cui mi hai battuto.”

La ragazza rimase a fissarlo per un attimo. Indecisa, allungò la mano verso la spada e su un dito aveva un anello con lo stemma di famiglia. Adrien se ne accorse e cercò di memorizzarlo per una futura ricerca.

La ragazza prese la spada e fece un lieve inchino in avanti.

“Accetto la spada e l’idea della rivincita.”

“E la mia amicizia?” domandò il giovane uomo. Adrien allungò la mano “A proposito, io sono Adrien.”

Lei sorrise e strinse la sua mano. “Kagami.”

“Bene, Kagami. Hai detto che sei arrivata di recente, che ne diresti di partecipare ad una festa? Potresti conoscere delle persone per iniziare ad ambientarti e magari faresti altre amicizie.”

“Una festa?”

“Sì. È per celebrare gli anniversari di alcuni eventi accaduti in Francia e ci saranno molte persone. Sarà alla mia villa alle 20. Domani. Ah, prima che mi dimentico, è una festa in maschera. Non so se ne hai qualcuno visto che sei arrivata da poco...”

“Non so come fate qui le feste in maschera e sinceramente non ho mai nemmeno partecipato ad una festa. Verrò volentieri. Villa Adrien?”

Lui sorrise. “Villa Agreste. Se vuoi, ti faccio venire a prendere o ti posso consigliare qualche negozio che vende dei vestiti pronti per tale occasione. Giusto per ambientarti un po’.”

Lei sorrise. “Non credo di avere un conducente inesperto. Essendo di Parigi credo sappia dove sia la Villa Agreste e i negozi di cui parli. Posso cavarmela da sola, ma ti ringrazio per i suggerimenti e l’aiuto.”

Adrien sorrise imbarazzato. “Hai ragione.”

“Per quanto riguarda i vestiti in maschera, come sono da queste parti?”

“Come vuoi tu. Ho visto tanti vestiti particolari che potrebbero rappresentare le persone. Scegli quello che più ti piace.”

“Quindi potrei venire anche come schermidore?”

Adrien sorrise divertito e cercò di mascherarlo notando che lei aveva posto una domanda seria. “Aha… Forse non è proprio l’abbigliamento adeguato, molte persone saranno vestite con abiti colorati e non vorrei che tu venga presa in giro o trovarti a disagio...” si trovò leggermente in difficoltà. Ancora più del solito.

Lei sorrise. “Credo di aver capito cosa intendi. Ti ringrazio Adrien. Ora me ne torno a casa. La mia carrozza mi sta aspettando dietro la scuola.”

“D’accordo. Vedrò di farti recapitare l’invito, in qualche modo...”

Lei annuì e sorrise andando via. Adrien andò dalla parte opposta tornando alla scuola per cambiarsi. Non incrociò Marinette perché lui camminò per strada e non sul marciapiede, ma lei lo vide andar via e rimase pensierosa. “Quale festa?”

Possibile che non era stata invitata? In effetti, come anche lui aveva detto, non la conosceva molto bene.

 

Si alzò da dietro il cespuglio e si diresse al negozio di tessuti. Aspettò pochi minuti prima dell’apertura e una volta all’interno, passò molto tempo e cercò il materiale che le serviva per i vestiti di Alya, Juleka e Rose e per i due vestiti in maschera. Comprò anche qualche accessorio e si diresse verso casa con delle scatole e a malapena riuscì a vedere dove andava.

Passò di nuovo davanti alla scuola di scherma e Adrien la vide in difficoltà.

Una volta che Adrien rientrò nella scuola, prima di andarsi a cambiare e andarsene, si mise a parlare con l’insegnante di quello che era successo ma non voleva sentire ragioni e per punizione per la sua insistenza gli diede degli esercizi in più da fare e se non li avesse eseguiti sarebbe stato cacciato. Adrien assecondò la richiesta in silenzio facendo i suoi esercizi nel mentre l’insegnante continuava la sua lezione con gli altri allievi.

La fine della lezione finì per tutti nello stesso tempo e Adrien si era andato a cambiare togliendosi un po’ di sudore con un asciugamano bagnato.

All’ingresso della scuola si stava sistemando la cravatta, quando vide Marinette che camminava lentamente e un po’ goffa con delle scatole una sull’altra che le coprivano parzialmente la visuale.

Lui sorrise divertito e si avvicinò a lei.

Bonjour, Marinette.”

Bonjour à toi… monsieur…?” Si girò appena e lo vide sorridere “Adrien...” sussurrò e arrossì.

“Mi permette di aiutarla?”

“Ah...vuole aiutare me? Perché?”

“Mi sembrate in difficoltà. Dove avete la carrozza?”

“Nessuna carrozza. Sono a piedi.”

Adrien alzò le sopracciglia. “Ah….uhm… posso sapere per quale motivo siete senza carrozza nonostante queste innumerevoli scatole?” Adrien prese quelle in alto e le ridiede la visuale sulla strada.

“In realtà non dovevano essere così tante, ma ho incontrato un’amica per strada, mi ha chiesto un favore e per questo si sono aggiunte delle scatole non previste quando sono uscita di casa.” Deglutì a stento. “Ah, per favore, potete darmi del tu. Se gradite.”

Lui sorrise. “Allora se gradisci, anche tu puoi darmi del tu.”

“Oh. Oui. Merci.”

Si sorrisero a vicenda e Marinette rimase un attimo incantata. Adrien la risvegliò. “E dove dobbiamo portare queste scatole? Dov’è casa tua?”

“Oh...certo… più avanti. Venga le faccio strada...”

“Che fine ha fatto il tu che ci siamo dati?”

“Oh, ha ragione… hai ragione… è la forza dell’abitudine. Ma davvero vuole camminare con me? Non saranno pesanti per lei? Ha appena finito di fare scherma giusto?”

Sorrise per aver ripreso a dargli del lei. “Non preoccuparti. Sono più che felice di fare una passeggiata, con queste carrozze è diventato più difficile camminare.”

“Sì… però sono utili. Ti portano da un punto all’altro in minor tempo rispetto al cammino. Specialmente è utile per chi è di fretta e indaffarato.”

Lui mantenne il sorriso. “Hai perfettamente ragione. Ne so qualcosa. Ma di recente hanno studiato una macchina che non ha bisogno di cavalli.”

“Davvero? E come fa a muoversi?”

“Tramite un motore. Sembra che l’evoluzione sia che da vapore ora vada a scoppio. Se ti interessa puoi venirlo a vedere all’Esposizione Universale. Tu ne fai parte?”

“Io? Oh no. Io non partecipo, ma i miei genitori sì. Anzi, la ringrazio ancora per il PASS, alla fine sono riuscita davvero a perderlo.” Strinse per labbra per l’imbarazzo.

Lui ridacchiò. “E non me ne capacito ancora. Ma sono felice che partecipiate. Tuo padre è un fornaio? Mi pare di averlo visto.”

“Sì è un fornaio e mia madre lo aiuta nell’attività.”

Camminarono lentamente e Marinette non sapeva cosa dire.

Il conducente di Adrien rimase fermò sul posto e allargò le braccia. Adrien gli fece segno con la testa di seguirlo con la carrozza mentre lui accompagnava Marinette a piedi.

Adrien guardò le scatole che aveva tra le mani e poi guardò quelle che portava la giovane donna alla sua sinistra.

Alcune scatole erano colorate a tinta unita. Una era rosa pastello, un altra azzurro tenue e anche una giallo chiaro, tutte le altre erano bianche e di vari altezze. Quella rosa e azzurra erano rettangolari e larghe, più grandi di tutte e per questo alla base. Poi sulla piramide che portava Marinette c’erano due scatole bianche. Una rettangolare ma più piccola rispetto quelle colorate e sopra essa un’altra scatola quadrata. Lui invece portava una scatola bianca e alta il doppio di quelle colorate, una gialla rettangolare molto più piccola e quattro scatole bianche quadrate. Apparentemente nessuna portava un logo del negozio, così si potevano riutilizzare per fare dei regali.

Marinette deconcentrò Adrien chiedendogli della nuova arrivata.

“Per la donna asiatica di prima, volevo sapere se potevo fare qualcosa per lei. Sono tremendamente dispiaciuta. Non volevo rattristarla.”

“Ah, parli di Kagami. Credo che le sia passata. Le ho offerto un nuovo incontro. Una rivincita. Me l’ha concessa e quindi non dovrebbero esserci più problemi. Perciò non preoccuparti per lei.”

“Se lo dici tu, vedrò di non pensarci più. In effetti ho tante altre cose per la mente.”

“Sei una persona indaffarata?”

“Ultimamente sì.” Ridacchiò. “Forse dovrei usare più spesso la carrozza.”

Ridacchiarono insieme per il ragionamento fatto prima.

Marinette intravide il padre a metà strada tra la casa e dove si trovavano, “Papi” lo chiamò e provò a far segno con la mano agitandola in aria, ma nel farlo rischiò di far cadere le scatole.

“Oh no. No ti prego, non cadete...” Marinette prese goffamente le sue scatole tra le braccia ma quella più piccola in alto le sfuggì. Adrien si piegò mantenendo l’equilibrio delle scatole con la mano e con l’altra afferrò la scatolina prima che toccasse terra. “Presa.” Disse in leggera difficoltà, ma le scatole erano contro il suo petto e non gli sfuggì nulla.

“Ah, grazie mille. Mi hai salvata. Sei perfetto come sempre. Cioè, perfetto il salvataggio... come sempre… hai salvato...la scatola...” il cuore di Marinette si agitò.

“Forse è meglio se anche questa scatolina la porto io.”

“Oh no, state...” notò l’occhiata e si rese conto del lei… “Uhm… stai portando già molto peso, lascia che quella la porti io. Mettetela qui sopra.” Era più forte di lei. Ogni tanto gli dava il tu quando se ne accorgeva, altre volte gli dava il lei in automatico.

Adrien guardò la scatola che vi era al di sotto e c’era un logo che riconobbe.

“Anche tu ti rifornisci da loro?” domandò Adrien.

Marinette guardò il logo sulla scatola. Un luna crescente. “Da midi-lune? Oui. Ma prendo solo qualche accessorio, il resto è troppo costoso per me.”

“Anche mio padre si rifornisce da loro. Per accessori come nastri colorati, lacci, accessori per capelli, spille e bottoni, cose di questo genere. Raramente prende i loro tessuti. Non li reputa tutti di buona qualità per i suoi lavori.”

“Davvero? Non lo sapevo. Per la qualità dei tessuti intendo, per gli accessori lo sapevo. Me ne ero resa conto.”

“Davvero?”

“Sì. Gabriel Agreste è il mio stilista preferito...” si rese conto che stava parlando con il figlio e si interruppe.

Lui sorrise. “Mi fa piacere. Se vuoi, se ti serve qualcosa, come qualche consiglio o hai domande per lui, posso vedere se riesco ad avere le risposte.”

“Cosa? Lo faresti davvero?”

“Certamente.”

“E perché dovresti farlo?”

“Oh beh… ci vuole per forza una spiegazione? Mi piace essere d’aiuto, quando posso.”

Marinette rimase senza parole e arrossì con il cuore che le batteva forte.

Il padre di Marinette si avvicinò alla figlia. “Ciao Marinette. Hai bisogno d’aiuto vero?”

“Ah, oui papi. Puoi prendere le scatole che ha Adrien, per favore? Così può tornare ai suoi impegni.”

“Oh Adrien. Che piacere rivederti, lascia che le prenda io queste scatole. Le porto dentro così ti liberi.”

Merci Monsieur.” Adrien diede le scatole al padre.

“Cosa ti fa credere che io abbia altri impegni?”

“Oh beh. Non è così?”

Lui annuì. “Sì è vero. Ma non ho problemi ad aiutarti. Marinette, se vuoi le porto io queste altre scatole a casa tua.” Si offrì ancora una volta il giovane uomo.

“Oh, per questi ce la faccio. Sono forte io, eheh.”

Adrien sorrise. “Come vuoi tu, allora. Ci vediamo in giro.”

“Sì, merci beaucoup.”

De rien.” Adrien si diresse verso la sua carrozza mentre il padre di Marinette si incamminò verso casa. Lei si bloccò sul posto vedendo Adrien andare via. “A-Adrien...”

Lui aveva un piede sul gradino della carrozza e si girò guardando la ragazza che aveva lasciato le scatole per terra ed era andato verso di lui. Mise una mano sulla spalla del ragazzo e gli diede un bacio sulla guancia alzandosi sulle punta dei piedi. “Grazie Adrien. Per tutto l’aiuto che mi hai dato fino ad oggi. Sei davvero un ragazzo dolce e gentile.”

Adrien venne preso alla sprovvista e rimase a guardarla per un attimo. “Ah. Non c’è di che.” Sorrise dolcemente “Spero di rivederti, Marinette.” Il cuore di lei sussultò a quelle parole e lui salì sulla carrozza salutandola con la mano e andò via. Giusto in tempo, perché il suo viso era diventato rosso.

Si rese conto del bacio che gli aveva dato e delle ultime parole che le frullavano nella testa.

“Oddio è successo davvero?” Si tirò un pizzicotto alla guancia in fiamme. “Ahi. Questo è un sì.”

Sprofondò nella vergogna. “Oddio che disastro. Non mi guarderà più in faccia. Quella frase era solo di circostanza. Sicuro. In realtà l’ho messo a disagio, non mi conosce nemmeno. Che figuraccia!” Prese le scatole da terra e le alzò fin sopra il viso mentendole sulle braccia. “Brava Marinette. Hai rovinato tutto prima ancora che accadesse. Sei senza speranze. Oddio, ma perché sono così maldestra?”

Arrivò a casa e portò le scatole in camera sua e poi nel suo studio. Si sciacquò il viso riprendendo il suo colorito roseo e respirò di nuovo. “Si vedrà quel che accadrà, non posso fasciarmi la testa adesso prima ancora di essere caduta. Anche se ho fatto davvero una caduta di stile….oh che vergogna! ….Va bene, ora basta. Ho altre cose più importanti da fare.”

 

Tornò giù, in cucina, e trovò la madre che stava preparando per il pranzo.

Mamon, per me non cucinare. Rose mi ha invitata a mangiare a casa di Juleka. Mi ha chiesto se posso fare un vestito per loro, quindi passerò un po’ di tempo da loro e prenderò le misure che mi servono per fare i vestiti.”

“Ti hanno messa a lavorare.” Sorrise la madre.

“Si può dire così. Non le farò pagare, sono mie amiche.”

“Marinette, tesoro mio, capisco il tuo punto di vista, ma i soldi per il materiale lo metti tu di tasca tua e passi anche delle ore per fare un vestito meraviglioso. Perché non le fai pagare, ma invece del prezzo pieno, le fai uno sconto?”

“Ammetto che è una bella idea, ma non so nemmeno se se lo possono permettere, anche a metà prezzo.”

“Come vuoi figlia mia. Ma ricordati che ogni lavoro ben fatto deve essere pagato. È frutto degli sforzi fatti, ricordatelo sempre.”

Mais oui. Merci Mamon. Ah, se passa Alya anche lei verrà con me.”

“Alya è sul retro. È arrivata mentre tu non c’eri.”

D’accord. Vado da lei.”

Attend. È arrivato un invito. Avverti Alya che domani dovete andare alla festa.”

“Cosa? Quale festa?”

La madre prese l’invito e lo porse alla figlia. Lei lo prese tra le mani e notò i due ballerini vestiti da gatto nero e coccinella. Se stava sprofondando nell’imbarazzo, ormai era finita sotto terra.

Che fosse un messaggio nascosto?

“Perché dobbiamo andare io e Alya? Questa volta potete andarci voi.”

“Non è possibile. C’è scritto nella nota, leggi bene.”

Marinette lesse la nota e sgranò gli occhi. Diede un bacio sulla guancia alla madre e uscì sul retro facendo visita ad Alya che si stava prendendo cura dei cavalli nella scuderia.

“Alya!” Marinette la chiamò e lei si spaventò.

“Marinette! Non farlo più! Venirmi alle spalle e farmi spaventare, che modi sono? Avrei potuto far del male al cavallo. O il cavallo a farsi male.”

Marinette rise e abbracciò l’amica. “Ho delle novità da dirti. Per prima cosa tu ed io pranzeremo da Juleka assieme a Rose. Per seconda cosa, non sai cos’è successo con Adrien. Per terza, domani c’è una festa a cui dobbiamo partecipare per forza.” Le mostrò l’invito.

“Cooosaa?? Aspetta un attimo. Parti dall’inizio, altrimenti non ci capisco nulla. Dai racconta!” Guardò l’invito sorpresa nel vedere i due ballerini e diede un’occhiata d’intesa a Marinette.

Marinette fece finta di nulla e le raccontò l’accaduto sia con Rose sia con Adrien e quando arrivò il momento, Rose andò a prendere Marinette con la carrozza e tutte e tre insieme si diressero sull’imbarcazione di Juleka.

   
 
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