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Autore: Scarlatta93    18/08/2009    0 recensioni
one-shot su un cucciolo, che in una notte di pioggia di perde ad osservare delle gocce su un vetro, rivedendo in esse un passato che lo ha condannato ad un'esistenza dolorosa. potete considerarla una sottospecie di appello contro l'abbandono degli animali ^^
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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§ Ricordi in lacrime piovane. §

 

Avvolto in una sporca coperta di feltro e nella sua corta pelliccia, il cucciolo contempla senza emozione il suo riflesso nel vetro, puntellato da una miriade di gocce piovane. Il loro scorrere si alterna lento e veloce, mentre colano lungo la superficie trasparente, attirando lo sguardo sempre più incuriosito dell’animale.

Non sono così lontane dall’apparire lacrime, quelle gocce, somigliano vagamente a quelle che vorrebbe versare lui, se ne avesse la possibilità.

Le catinelle che si abbattono lì sopra con violenza non smettono di scendere, deturpano il riflesso di chi vi si sta rispecchiando, sfumano i suoi contorni fino a farlo divenire tutt’uno con la stessa materia di cui è fatto quello strano specchio di ricordi.

Gli sembra non essere altro: una macchia indefinita sciolta in un quadro di ricordi. Un’opera malriuscita, disfatta come un acquerello sottoposto a continue pennellate d’acqua, finché queste non rubano l’intento iniziale e lo rovinano per sempre. Li rivede, il cucciolo, nelle tracce aguzze e tortuose che si lascia dietro la pioggia, intrise di amarezze e sofferenze, con le quali aveva fatto a braccetto per tutto quel tempo; con le quali aveva condiviso la solitudine, immancabile compagna che si era aggiunta alla diade.

In quella catapecchia dimenticata le memorie, s’imprimevano sul vetro, facendo pressione sopra di esso come dita di ghiaccio lunghe e affusolate, bramose solo di sfondare ciò che le separava dalla preda all’interno di quella che una volta doveva essere la capanna di un falegname.

Eppure lui il suo tocco lo avverte lo stesso, sente che lo trafigge come un affondo di spada, quasi a volergli ricordare che al passato non si sfugge, che le emozioni e le immagini sono indelebili, scolpite nella coscienza.

Tutto a un tratto si sente sporco. Cos’è in fondo lui? Solo un corpo intriso di feroci e luridi frammenti di memorie, conficcati in ogni sua parte, strappato precocemente dal caldo ventre peloso della madre, un relitto destinato a scomparire con un semplice gesto della mano.

Una mano.

Un sacco di plastica.

I suoi fratelli.

Il cucciolo uggiola. L’ennesima scheggia penetra nella sua testa, tuttavia, invece di acciambellarsi ancor di più, volge il musino bagnato verso la finestra e riprende a osservare il quadro bagnato di lacrime piovane.

Stranamente, gli danno conforto. Il lungo contemplare di quelle perle grigie, che al loro passaggio si disfano come fili di mille gomitoli, gli fanno pensare che ciò che le gocce si lasciano indietro, non tornerà mai più a ricongiungersi con chi aveva condiviso la caduta dal cielo.

Lasciarsi alle spalle tutto, rialzarsi sulle proprie zampe e ricominciare.

Gli intensi occhi marroni gli s’illuminano e per un attimo crede di intravedere qualcosa di diverso dal dolore che un destino crudele gli aveva riservato. Forse, anche per uno come lui c’è un barlume che porta il nome della speranza.

In effetti, una luce arriva, ma non è una luce soffusa e calda nella fitta trama dell’oscurità. È un lampo, al quale subito dopo si accompagna un assordante tuono, il quale impossibilita il cucciolo a non vedere altro se non un’esplosione di ricordi, impressi più visibili che mai sopra quel maledetto vetro, dispersi come coriandoli incolori sopra un carnevale mai avvenuto. Quella spaventosa immagine si avventa su di lui, lo sventra e lo priva dell’attaccamento alla vita che era riuscito a trovare, rigettandolo sulla coperta.

Il cucciolo si abbandona sopra di essa e chiude i piccoli occhi, pregando in una prima e ultima notte tranquilla, una sola notte nel mondo dei sogni.

 

***

 

Quando lo trovo, a malapena respira. Gli stenti se lo stanno portando via di minuto in minuto e se non fossi venuto a curiosare qui in giro non avrei mai sentito i suoi deboli uggiolii tormentati nel sonno. È accucciato sopra un vecchio straccio e non deve avere più di qualche mese.

Come ha fatto a sopravvivere, non lo so, ma in questo momento poco importa saperlo. Mi avvicino, allungo una mano sopra la sua testolina per accarezzarlo e rassicurarlo, ma come lo sfioro, il cucciolo si sveglia e comincia a ritrarsi, spaventato a morte dal mio gesto forse troppo avventato.

La fame e la debolezza non gli permettono di fare più di qualche piccolo passo, prima di ricadere goffamente a terra e lì rimanere, con gli occhi fissi sulla mia mano.

Frugo nella tasca, trovo la mia merenda e gli porgo docilmente la fetta di pane, cercando di guadagnarmi la sua fiducia e di farlo avvicinare.

Passano molti istanti, prima che la fame si conquisti la vittoria e ceda sotto la vista del cibo. L’animale vi si avventa sopra con voracità, abbandonando il timore che poco prima lo tratteneva.

Subito divora il tutto, poi riprende ad osservarmi, con una punta di intensa curiosità.

Nei suoi occhi leggo qualcosa che mi è sconosciuto, e basta solo riflettermi nelle sue profonde iridi marroni per intravedere un lungo sentiero segnato da infinite sofferenze, pesanti. Una creatura così piccola è stata in grado di sostenerle sino a questo momento?

- è tutto finito. Mai più si ripeterà quel che ti è accaduto. Mai più. Dimentica ogni cosa e vieni con me. – La mia voce esce calda e sicura, convinta ed è come se fosse stato qualcun altro a parlare per me. Mi sento stupido. Dopotutto è un cane, no? Eppure, sento di non potergli dire altre parole, se non quelle che ho pronunciato. 

Qualcosa sembra destarsi in lui e me ne stupisco. Mi aveva capito? No, impossibile. Però ha cominciato a correre verso di me, e fatico a percepire che è già tra le mie braccia, con la lingua umida che slitta ripetutamente sulle braccia.

Mentre assecondo le sue feste, il mio sguardo si posa su una finestra, solcata da numerosi rivoli d’acqua, cadaveri del temporale notturno e imbalsamati lì, sul vetro insozzato dallo sporco del tempo. Chissà per quanto ancora sarebbero rimasti lì...

Il cucciolo smette tutto d’un tratto e si volta, volgendosi esattamente dove sto guardando io.

- Non è un bello spettacolo, non è vero? – Domando, dando per scontato che mi stia davvero capendo.

In tutta risposta, si dimena e comincia ad abbaiare, vuole scendere. Ma non sembra avere paura, perché la coda sembra sul punto di staccarsi, da quanto si agita.

Sorrido.

- Che dici, gli diamo una bella ripulita? –

 

***

 

Il ragazzo ricorderà per sempre quell’incontro. Ogni volta che ci ripensa, si domanda come gli sia venuto in mente di lavare e pulire la finestra di una casa abbandonata. Alla fine fa ogni volta spallucce e si convince che ha fatto qualcosa di giusto. E lo ha fatto davvero.

Per il cucciolo…o meglio, per Sparx, ora davvero c’è qualcosa di nuovo. La speranza si è concretizzata, mentre il passato resta solo un incubo assorbito e imprigionato all’interno della stessa parola che lo rappresenta.

Ora sa finalmente di essere qualcosa per qualcuno, e questo gli basta per dare significato ad un’esistenza che inizialmente lo aveva condannato un destino diverso.

Ora sa che non sarà più prigioniero dei suoi ricordi. 

  
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