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Autore: Marco1989    01/12/2020    2 recensioni
Non conta il tuo passato, non contano i tuoi errori, non conta la vita che hai perso o quella che desideri, perché quando arriverà la tempesta potrai solo sperare di essere pronto ad affrontarla.
Sequel di 'A strange, new world', occorre aver letto la prima storia.
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Seamus Finnigan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A strange, new world'
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Salve a tutti, e parafrasando quello che direbbe Albus Silente: "Ai miei vecchi lettori, bentornati! A quelli nuovi, benvenuti!". Siamo di nuovo qui con la storia di Joshua Carter, alias Matteo Simoncini, alias "nonlosabeneneanchelui". So di aver detto, quando ho terminato la prima storia (che, come forse avrete visto, ho rititolato per abbinare il titolo a quella nuova), che avreste dovuto attendere un po' di tempo per vedere il seguito, volendolo pubblicare solo a scrittura completata, ma sinceramente mi sono reso conto di sentire la mancanza dei vostri feedback.

Ho quindi deciso di iniziare la pubblicazione di questa seconda parte della mia personale saga, anche se, poiché odio essere in ritardo, comunico da ora che la pubblicazione procederà a ritmo lento, almeno per il momento: un capitolo al mese, anche se mi riservo la possibilità di accelerare se mi renderò conto di riuscire a produrre nuovi capitoli più in fretta.

Voglio comunque lasciare aperta, diciamo, una scappatoia: prometto di anticipare la pubblicazione del capitolo successivo se il precedente raggiungerà le sette recensioni, quindi dipende tutto da voi!

Un'ultima cosa prima di passare al primo capitolo: vorrei avvisare gli eventuali nuovi lettori che per comprendere questa storia è necessario aver letto 'A strange, new world', quindi vi consiglio di andare a recuperarla. Detto questo, buona lettura!

 

1: IL SOGNO

Era il luogo più strano che avessi mai visto, tanto bello da essere innaturale: un grande prato verde, intervallato qua e là da piccoli alberi, che sembrava stendersi fino all’orizzonte in tutte le direzioni, il tutto sotto un cielo talmente azzurro da sembrare dipinto. La cosa più simile che avessi mai visto erano le campagne dell’Irlanda, che avevo visitato durante una gita con la scuola parecchi anni prima, ma sapevo che il paragone non poteva reggere: a parte il fatto che sapevo di non essermi recato in Irlanda, quel luogo trametteva una sensazione che nessun paese reale, ne ero convinto, poteva possedere. Avvertivo uno stato di assoluta pace, come mai ne avevo provata in vita mia. Mi guardai in giro, cercando di capire cosa dovevo fare, e allo stesso tempo come avessi fatto ad arrivare lì. Non ricordavo di aver fatto niente di strano, l’ultima cosa che ricordavo era di essermi coricato dopo cena, nella casa della mia ‘famiglia’ in Galles, dopo un giorno delle vacanze estive uguale a quelli delle sei settimane che lo avevano preceduto. Ricordavo il bacio sulla fronte di quella che ormai avevo iniziato a considerare mia madre e la sensazione ancora un po’ strana ma insolitamente piacevole che mi aveva trasmesso. Sei settimane nella vita familiare di Joshua Carter, di finte litigate con la ‘mia’ sorellina, di passeggiate tra le viuzze della cittadina natale del ragazzo del quale ormai da quasi nove mesi occupavo il corpo, pur senza riuscire a farmi dimenticare del tutto la vita di Matteo Simoncini, mi aveva tolto la maggior parte dei rimpianti che mi erano rimasti dopo che il misterioso incidente in auto del novembre precedente e l’ancora più misterioso ‘viaggio’ che avevo compiuto mi aveva trasportato nel mondo di Harry Potter, che fino a quel momento avevo conosciuto soltanto nei libri. Avevo ormai smesso di chiedermi come fosse potuto accadere, soprattutto da quando, poco prima della fine del mio primo, vero anno alla scuola di Hogwarts, avevo scoperto la ragione per la quale la misteriosa entità che mi aveva parlato tante volte nella mente, prima attraverso sensazioni e piccole premonizioni, poi con vere parole, aveva deciso di portarmi in un luogo che sarebbe dovuto esistere solo nella fantasia di una scrittrice inglese. Allo stesso modo, avevo smesso di chiedermi perché fossi ancora lì dopo aver fallito la mia ‘missione’: una parte di me si era aspettata per settimane di essere catapultata di nuovo nel mio mondo, ammesso che fosse rimasto qualcosa di me al quale tornare dopo il terribile schianto che aveva sancito l’inizio del mio viaggio, dopo che non ero riuscito a convincermi ad uccidere Peter Minus, il servo di Lord Voldemort, consentendogli sostanzialmente di scappare e, forse, di tornare dal suo padrone, ma non era accaduto. Dopo la mia avventura notturna nella foresta e sulla riva del lago, avevo vissuto la normale vita di un giovane mago di quasi quattordici anni. Fino a quel momento.

Per un istante mi attraversò la mente la terribile sensazione che, alla fine, avessi davvero compiuto il viaggio a ritroso, e che le mie peggiori paure si fossero concretizzate: quel luogo idilliaco sembrava realmente la rappresentazione del Paradiso. E se la Forza che mi aveva portato in quel mondo magico avesse infine deciso di rimandarmi indietro, senza però trovare un Matteo Simoncini vivente nel cui corpo la mia anima potesse ritornare? Era possibile che quello fosse l’Aldilà? Un brivido scosse il mio corpo. Mi abbassai in ginocchio, tastando l’erba e cercando di annusarne l’odore. Sia il tatto che l’olfatto sembravano essere appannati, quasi stessero funzionando al minimo delle loro capacità. Avevo già provato quella sensazione: era il modo nel quale i sensi parevano funzionare nei sogni. Poteva essere una fantasia onirica quella che stavo vivendo? Possibile, ma d’altro canto non avevo idea di come potesse sentirsi un’anima in Paradiso, quindi…

La figura apparve dal nulla, ad una decina di metri da me, per poi avviarsi lentamente nella mia direzione, in parte camminando, in parte quasi fluttuando. Il suo movimento ricordava in qualche modo quello dei Dissennatori, ma in realtà non avevo mai visto nulla di più differente dai neri demoni di Azkaban: avevo davanti una donna bellissima, apparentemente troppo bella per appartenere alla specie umana, dai lunghi capelli biondi come l’oro, vestita di una splendente tunica bianca. Tutta la sua figura sembrava emanare una luce eterea e soprannaturale. Sul volto dell’essere angelico era dipinto un sorriso sereno, e nella mia mente si fece strada una sorta di musica ultraterrena, dolcissima, che mi trasmise uno straordinario senso di pace, che fece scomparire in un istante il timore che l’apparizione della misteriosa donna ed il luogo sconosciuto aveva fatto calare sul mio animo.

L’apparizione si fermò a non più di un paio di metri da me, il suo sorriso sembrò allargarsi ulteriormente, poi parlò, con una voce argentina come il suono dell’acqua che sgorga da una fonte: “Non aver paura, Matteo. Nessuno ti farà del male”.

Rimasi per un istante sorpreso quando udii il nome che mi apparteneva dall’altra parte, poi nella mia mente si formò un collegamento: avevo già sentito quella voce, in un luogo molto più oscuro di quello nel quale ci trovavamo in quel momento. All’epoca, nonostante il suono altrettanto dolce e gentile, le sue parole erano state molto meno piacevoli, ed avevano cercato di spingermi a fare qualcosa di molto, molto brutto.

Cercai di parlare, ma le mie corde vocali sembravano faticare a connettersi con il cervello: “S…sei tu? Cioè…esisti veramente? Non sei solo nella mia testa, vero? Cioè…chi sei?”.

La donna continuò a sorridere: “Io sono colei che ha potuto gettare uno sguardo nel futuro. Il mio nome non è importante in questo momento, ma sì, esisto veramente. Puoi continuare a definirmi ‘Signora Voce’, se vuoi – il suo sorriso sembrò oscurarsi in parte, poi riprese a parlare – Purtroppo hai fallito, Matteo. Non sei riuscito a cambiare il destino, ed ora tutto diventa più difficile”.

Nella mia testa sembrava essersi fatta strada una sorta di nebbia. Faticavo anche solo a pensare: avevo davanti l’entità che tante volte mi aveva parlato durante i mesi precedenti, prima trasmettendomi soltanto dei suggerimenti, poi direttamente. Era colei che aveva cercato di convincermi ad uccidere Peter Minus!

Alla fine riuscii a spiccicare qualche parola, cercando la risposta ad una delle domande che maggiormente mi avevano attanagliato da quando mi ero svegliato ad Hogwarts: “Sei stata tu a portarmi in questo mondo, vero?”.

La figura mi fissò per qualche istante, sorridendo con la sua espressione eterea, poi disse: “Sì… e allo stesso tempo no”.

La sua risposta era talmente evasiva da lasciarmi a bocca aperta. La donna se ne dovette accorgere, perché per un istante il suo sorriso si accentuò, poi divenne improvvisamente più seria: “Come ti ho già detto, io ho potuto gettare uno sguardo alle cose che devono ancora accadere, ed ho visto guerra, ho visto distruzione…ho visto morte, tanta morte. Ho lanciato nel tempo e nello spazio una richiesta di aiuto, una possibilità di cambiare le cose, di deviare il corso del Fato verso una nuova direzione… e qualcosa ha risposto. Neanche io so chi… o cosa… abbia scelto di prestare orecchio alla mia supplica, se sia stata una delle divinità dei Babbani, l’energia che guida tutto e che i maghi definiscono semplicemente ‘Forze dell’Essere’ o qualcosa di ancora differente, ma mi è stata data una possibilità. Neanche io sapevo cosa sarebbe successo quando ho messo a disposizione la mia energia per compiere quello che speravo sarebbe stato un miracolo. Il drenaggio di forza è stato tale che quasi mi ha ucciso, e solo dopo ho scoperto che il risultato eri stato…tu – e mi indicò con un dito – Joshua Carter, un giovane, anonimo studente di Hogwarts, era divenuto qualcosa di unico nella storia del nostro mondo”.

La mia testa sembrava sul punto di scoppiare: non capita tutti i giorni di scoprire che sei stato prescelto da una Forza dai poteri divini per una missione, e se si aggiungeva la consapevolezza di averla fallita, ce n’era più che abbastanza per mandare in frantumi quanto restava della mia sanità mentale. Erano talmente tante le domande che avrei voluto fare alla donna, che non sapevo neanche da dove iniziare. Alla fine scelsi di partire da una di quelle che potevano considerarsi più innocue: “Quindi… da dove vengono gli strani poteri che ho? La percezione del futuro… la magia più potente rispetto ai miei compagni di scuola… sei stata tu?”.

L’entità scosse la testa: “Mio è solo il compito di sorvegliarti e guidarti. Ogni altra cosa è venuta da chi è molto più potente di me. Lo stesso vale – aggiunse, anticipando un dubbio che mi attanagliava fin dallo scontro con Nott – per l’istinto da guerriero che ogni tanto ti ha pervaso. So bene che te ne sei accorto, sono stata con te ogni momento durante gli ultimi mesi. Neanche a me è stato spiegato tutto, ma immagino che la combinazione tra poteri, istinto e quello che tu definivi ‘Senso di Ragno’ dovesse permetterti di eseguire meglio la tua missione, di farti essere nel posto giusto al momento giusto, di farti inserire nell’ingranaggio del destino un ostacolo che potesse indirizzarlo su una via differente. Purtroppo, non è bastato: il tuo spirito è stato più forte del condizionamento, il tuo modo di essere ti ha impedito di compiere un gesto che consideravi ingiusto, e purtroppo proprio quel gesto avrebbe impedito ad una intera catena di eventi di realizzarsi – scosse la testa, assumendo un’aria sconsolata – Non mi è permesso di dirti più di tanto, il futuro non può essere rivelato, lo avrai capito vedendo quanto fumose erano le tue percezioni, ma credo che tu abbia capito a cosa porterà la linea sulla quale il destino ora si trova”.

Il ricordo della profezia della Cooman mi provocò una violenta stretta di rimorso allo stomaco: sì, avevo capito fin troppo bene cosa sarebbe accaduto, a cosa avrebbe condotto la mia decisione di non abbattere Minus, quindi tutto il sangue che sarebbe scorso sarebbe stato anche sulle mie mani. Con voce sconfitta, domandai: “Quindi, ora cosa mi aspetta? Se ho fallito la missione, se non sono riuscito a cambiare il corso del Fato, perché sono ancora qui?”. Poi, benché fossi tutt’altro che certo che fosse quello che realmente volevo, aggiunsi in un sussurro: “Tu… tu potresti riportarmi indietro?”.

Assumendo un’aria vagamente afflitta che poco si addiceva al suo aspetto splendente, la donna rispose: “No, Matteo. Io non ho il potere di farti compiere il viaggio a ritroso. Come ti ho detto, io ho fornito solo l’energia necessaria per portarti qui, e questo mi ha quasi ucciso. Non fraintendermi, non esiterei a farlo di nuovo se potessi, ma non ne ho la facoltà: già la prima volta non avrei potuto fare nulla, se una forza superiore non me lo avesse concesso. Non so neppure – aggiunse, guardandomi con comprensione – se esiste ancora qualcosa dall’altra parte alla quale potresti tornare, non mi è permesso di vederlo”.

Un peso da una tonnellata sembrò calarmi sul cuore: se davvero era stata nella mia testa per tutto il tempo, doveva aver visto quale era la mia peggiore paura, e il fatto che neanche lei avesse una risposta al quesito che assillava le mie notti aveva inflitto un colpo devastante alle mie speranze.

Faticai enormemente a fare la domanda successiva, perché temevo terribilmente la risposta: “Ch…che cosa devo fare? Sono destinato… a sparire? A non esistere più né qui né dall’altra parte?”.

Il sorriso della donna tornò, almeno in parte: “No, non credo che le cose stiano così. Non so che cosa ti aspetti, ma il solo fatto che tu esista ancora nel mondo nel quale sei giunto lo scorso novembre mi fa pensare che per te esista ancora un ruolo, che la tua presenza possa rivelarsi determinante in un modo diverso. Si sta avvicinando una tempesta, e tu non potrai evitare di affrontarla: il tuo tentativo di catturare Minus non passerà inosservato, occhi interessati già stanno pensando se rivolgersi verso di te. Ti aspettano giorni difficili, ed arriveranno presto, quindi dovrai essere pronto. Ricorda, però: anche nei momenti più oscuri, la speranza rimane sempre, anche se trovarla può essere difficile.”.

Improvvisamente mi resi conto che qualcosa stava cambiando: i contorni eterei della donna stavano diventando meno definiti, e anche l’ambiente sembrava velarsi di una sorta di caligine bianca.

“Aspetta! Non andartene! Non lasciarmi!” urlai, con una punta di panico, mentre mi sentivo in qualche modo risucchiare lontano dalla donna.

“Non ti lascerò mai – disse la voce sempre più distante, e mentre qualcosa sembrava trascinarmi via da lei, vidi un ultimo, dolcissimo sorriso dipingersi sulle sue labbra: “Io ti resterò vicina, qualsiasi cosa accada. Buona fortuna, Matteo… o meglio, Joshua Carter!”.

  
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