Capitolo
38: Strane storie
“Coraggio,
Gal, è ora di alzarsi!”
dichiarò la ragazzina coi capelli d’argento al
ragazzino coi capelli rossi e il
casco da aviatore che stava ronfando nella macchina appartenente ai
coniugi
Weasley.
Gal
aprì lentamente gli occhi
per poi domandare a Delphini, ancora un po’ confuso:
“Eh? Cosa? Che ore sono?”
“Quasi
le nove del mattino.”
“Cioè
il cuore della notte…”
borbottò Gal, rigirandosi dall’altra parte e
chiudendo di nuovo gli occhi,
deciso a dormire ancora un po’, mentre l’altra
commentava: “Beh, per il resto
della Gran Bretagna, invece, è mattina da un
pezzo.”
“Non
per me… se permetti, io
sono un felice salmone.”
“Un
felice salmone?”
“Già…
i salmoni vanno
controcorrente, no?”
“Questo
è vero, devo
ammetterlo… mi sorprende che tu sappia una cosa del
genere…”
“L’ha
detto la pubblicità del
salmone affumicato in tv… ‘Il nostro salmone,
l’unico così buono che non si
agglomera alla massa, ma va sempre controcorrente, solo per il
palato’…”
“Dovevo
immaginarlo… in ogni
caso, alzati in piedi, siamo arrivati.”
“Ma
io voglio dormire…”
“Hai
dormito per tutto il
viaggio! Non dirmi che ieri sera sei andato a letto tardi!”
“Non
tanto tardi…”
“Scommetto
che il tuo ‘non
tanto tardi’ corrisponde alle due e mezza di notte.”
“Uffa,
volevo solo vedere le
lucciole nel bosco…”
“Forza,
fuori. Dobbiamo salire
sul treno.”
Vedendo
che il compagno non
aveva alcun interesse ad alzarsi, Delphini capì che per
farlo muovere avrebbe
dovuto giocare sporco.
Senza
pensarci due volte,
Delphini prese il casco da pilota sulla chioma rossa del compagno.
Immediatamente,
Gal si alzò
di scatto, sbattendo la testa contro il tettuccio della macchina.
Mentre
si massaggiava la
testa dolorante con entrambe le mani, con una smorfia di dolore,
Delphini
rimase un attimo in silenzio, prima di commentare: “Non so se
sei così goffo per
via di un dono di natura o perché ti piace farti
male…”
Con
una faccia che avrebbe
fatto trasalire chiunque, ma non Delphini, il rosso si riprese il suo
casco e
se lo rimise in testa.
“Finito
lo spettacolo?
Dobbiamo andare.” Sbottò, sempre più
seccata, Delphini, spostandosi per farlo
passare.
Una
volta che fu uscito, la
ragazzina chiuse la portiera, schiacciò un pulsante nella
chiave che aveva in
mano ed esclamò al nonno di Victoire, il quale, nel
frattempo, stava ammirando
con aria estasiata un normalissimo distributore automatico:
“Tutto fatto,
signor Weasley. Può venirsi a riprendere la
chiave.”
Subito,
il signor Weasley
parve risvegliarsi dal suo torpore e, non appena notò le
chiavi che la giovane
gli allungava, le prese subito e se le mise in tasche.
In
un lampo, i tre uscirono
dal parcheggio sotterraneo, solo per essere accolti da una pioggia
battente.
“Cavolo,
ringrazio il cielo
che non tocca a me fare lo Smistamento
quest’anno…” commentò Gal,
allungando la
mano per sentire la pioggia, mentre Delphini, tirando fuori dal suo
fidato
monospalla un ombrello, esclamava: “Beh, in ogni caso, io
sono armata.”
“Ehi,
non è che potresti
farti un po’ più in là? Così
posso entrarci anch’io.”
“Levatelo
dalla testa. Te
l’avevo detto, stamattina, di prenderlo.”
“Senti,
appena mi sveglio non
riesco a connettere niente, sono così assonnato che riesco
ad addormentarmi sul
pavimento!”
“Forse
non avresti di questi
problemi se andassi a dormire ad un orario
decente…”
“Non
ricominciare con la
predica, Delphi. Ho già mia madre e mio fratello che hanno
questo felice
compito…”
“Finiscila
di chiamarmi
Delphi.”
Dopo
poco tempo, i tre
raggiunsero il binario 9 ¾ e Delphini e Gal, dopo aver
salutato i coniugi
Weasley salirono sul treno, con l’obiettivo di raggiungere
gli altri.
“Puoi
precedermi, Gal? Io
vado un attimo in bagno.” Gli disse la ragazzina, mentre
l’altro ridacchiava:
“Tanto a prendertela con me e, poi, non vai in bagno prima di
partire?”
Per
tutta risposta, si beccò
uno scappellotto da parte della Serpeverde, la quale sibilò,
furiosa: “Quanto
sei scemo… vado solo a mettermi la divisa.”
“Eh?
Ma non siamo nemmeno partiti…”
Per
tutta risposta, Delphini
s’infilò nel bagno e sbatté la porta
parecchio forte, segno che era a dir poco
esasperata per quella conversazione.
“Ma
che ho detto? Boh… chi la
capisce quella, è bravo…”
borbottò Gal, allontanandosi, in cerca del suo
scompartimento.
Ad
un tratto, notò, in uno
scompartimento, da solo come al solito, Abel Nott, il quale si stava
sistemando
la cravatta verde e argento della sua divisa guardando il suo riflesso
dal
finestrino.
Ad
un tratto, Abel si
accorse, proprio da esso, che Gal lo stava fissando e, senza nemmeno
voltarsi,
ma continuando a sistemarsi, sbuffò: “Si
può sapere che cavolo vuoi, stavolta?
Nel caso non te ne fossi accorto, sono molto occupato.”
“Anche
tu indossi già la
divisa?”
“No,
brutto idiota. Sto solo
facendo le prove per una sfilata di moda…”
“Ma
voi Serpeverde avete
sempre quella lingua biforcuta e tagliente?”
“A
quanto pare è una dote
molto comune tra di noi… sai, ho sentito dire che, oltre il
fatto di essere un
rettilofono, Salazar Slytherin fosse conosciuto anche per il suo
sarcasmo e per
la sua grande capacità di rispondere per le rime…
probabilmente, questa è una
dote che cerca negli studenti della sua casa… dopotutto, ci
vuole una certa
dose di astuzia per sconfiggere un nemico a parole e non con i pugni, a
differenza di voi Grifondoro…”
“Quando
l’avrò capita te lo
farò sapere.”
“Oh,
non scomodarti… tanto,
non riusciresti mai a capirci qualcosa, nemmeno se ti aiutassero i tuoi
amichetti.”
“Sta
un po’ a sentire,
brutto…!” iniziò, furioso, Gal, ma,
prima che potesse dire o fare qualsiasi
cosa, la porta dello scompartimento si chiuse di scatto, proprio
davanti a lui.
“Che
diamine…?” sussurrò il
rosso, cercando di aprire la porta, ma si accorse, con sgomento, che
essa era
stata chiusa dall’interno.
Il
ragazzino cercò di aprire
la porta, ma fu tutto inutile.
Abbassò
lo sguardo, notando
una grossa mantide religiosa di fianco ai suoi piedi, e, per un attimo,
gli
parve di vedere due piedi con su delle scarpe babbane verdi con la
punta
bianca, dello stesso colore delle calze corte, dall’altra
parte del vetro ma,
prima che potesse vedere meglio di cosa si trattasse, i piedi sparirono.
Quando
alzò, finalmente, lo
sguardo, vide dall’altra parte della porta Abel Nott, il
quale stava facendo un
sorrisetto di trionfo.
“E
piantala di sghignazzare,
stupido Serpeverde!” sbottò, infastidito, Gal,
mentre Abel lo salutava con la
mano, senza smettere di sorridere: “Ciao, ciao,
tonto.”
Sbuffando
come una
locomotiva, Gal se ne andò, non prima di aver fatto una
linguaccia ad Abel.
Finalmente,
dopo aver
girovagato un po’, trovò lo scompartimento in cui
c’erano il cugino e tutti i
suoi amici.
“Ehilà,
salve a tutti!” esclamò,
con un gran sorriso, il giovane rosso e, subito, Teddy si
voltò, sorridendo:
“Finalmente ti sei svegliato, cominciavamo a
preoccuparci… temevo che avresti
perso il treno…”
“Perché,
è successo?”
“Sì,
al mio padrino e al
fratello del padre di Victorie. Quando facevano il secondo anno, non
sono
riusciti ad oltrepassare la barriera e l’hanno
perso.”
“Cavoli…
ma poi sono riusciti
ad arrivare a scuola?”
“Sì…
anche se hanno preso un
altro mezzo… molto particolare…”
“E
quale?”
“Una
Ford Anglia volante.” Rivelò
una voce femminile, all’improvviso.
Il
gruppo si girò e vide
Delphini, con già indosso la sua divisa di seconda mano, di
cui era orgogliosa,
entrare nello scompartimento.
“Beh,
hai indovinato. Usarono
proprio la vecchia macchina volante del signor
Weasley…” ammise, leggermente
imbarazzato, Teddy, mentre Gal, incredulo, domandava: “Cosa
sei, una veggente?
Come facevi a saperlo, se sono passati anni
dall’accaduto?”
“Esistono
i giornali,
sciocco.”
“I
giornali? E cosa centrano
con una macchina volante?”
“Credi
che una macchina che
voli in pieno giorno in una città piena zeppa di babbani non
venga notata?”
“Oh…
quindi si sono fatti
beccare?”
“Da
sei o sette babbani.”
“E
dove l’hai trovato un
giornale così vecchio?”
“In
una vecchia biblioteca a
Diagon Alley. Gli archivi di quei posti contengono un sacco di vecchi
articoli
di giornale. Sono molto utili se si vuole studiare la storia, senza
dover
rischiare ogni volta di morire di noia…”
“Non
credo che mi risponderai
mai se ti chiedo il motivo di quella tua visita là
dentro…”
“Acuta
osservazione.”
La
ragazzina, si sedette al
suo posto e tirò fuori dal suo zaino Asmodeus, il quale si
attorcigliò accanto
alla padrona come un cagnolino che voleva schiacciare un pisolino.
L’unica
che non fu affatto
contenta della sua presenza lì fu Victoire, la quale
lanciò al povero serpente
un’occhiataccia, mentre stringeva la sua amata coniglia che
aveva in braccio.
“Tienimi
lontano quel
mostro.” Dichiarò la ragazzina, mentre
l’altra, guardandola con aria di sfida,
rispondeva: “Nel caso tu non te ne fossi accorta, Asmodeus
è un serpente non un
mostro. Comunque, sta tranquilla. L’ho già
avvertito di stare alla larga dal
tuo roditore.”
“Non
è un roditore, è un
coniglio!”
“Beh,
fa sempre parte della
famiglia dei topi…”
Proprio
in quel momento,
Creamy sgusciò via dalle braccia di Victoire, cominciando a
correre come una
matta tra i posti, muovendo in continuazione il nasino per poi alzarsi
su due
zampe, come per provare ad arrampicarsi.
Teddy
lo guardò, sorridendo.
Creamy
era cresciuta molto
nelle ultime settimane… se prima, era grande come Tonks,
adesso sembrava una
pagnotta pelosa di color grigio.
“Ehi,
Vicky… se non sbaglio,
anche tu, adesso, hai una bacchetta…” fece notare
Gal e la bambina, tutta
orgogliosa, tirò fuori una bacchetta nera ed
esclamò: “Proprio così. Legno
d’ebano, dieci pollici, flessibile e nucleo di crine
d’unicorno. Olivander ha
detto che l’aveva preparata solo una settimana prima.
E’ stata la bacchetta più
veloce che abbia mai venduto in tutta la sua carriera.”
“Che
buffo… la mia bacchetta
è tutto il contrario…”
commentò Delphini tirando fuori dalla manica della
divisa la sua bacchetta di colore bianco, la quale, fino a quel
momento, era
stata legata al braccio con degli elastici, e si mise a fissarla,
sollevandola
in controluce “E’ stata la bacchetta che ha
impiegato più tempo nel venderla…
uno dei suoi primi lavori, oltre ad essere una delle più
difficili da
abbinare…”
“Di
sicuro, se voi due
combatteste, non avverrà mai il Prior Incantatio…
persino le vostre bacchette
non hanno niente in comune…” ridacchiò
Teddy, mentre il treno partiva.
Mentre
il treno viaggiava in
direzione della scuola, Oliver guardò Teddy e gli
domandò, incuriosito: “Senti…
ma come mai il tuo padrino e lo zio di Victoire non sono riusciti a
superare la
barriera?”
“Ah,
questo era perché un elfo
domestico di nome Dobby aveva bloccato la barriera per non far andare
lo zio
Harry ad Hogwarts, dato che c’era un complotto.”
Spiegò Teddy, mentre Gal
esclamava, allibito: “Cosa?! C’è
riuscito veramente?!”
“Forse
non lo sai, Gal, ma
gli elfi domestici sono molto potenti… la loro magia
è di gran lunga superiore
alla nostra e con molti meno limiti.” S’intromise
Delphini, mettendosi a
leggere un libro, mentre il rosso esclamava, stupefatto:
“Davvero?! Non lo
sapevo…”
“Questo
è perché, di solito,
essi non li usano senza il permesso del padrone e la gente li guarda
dall’alto
al basso… purtroppo, questo è il loro punto
debole… sono troppo fedeli…”
“Parli
come se avessi avuto a
che fare con un elfo domestico…”
Per
qualche istante, Delphini
alzò lo sguardo dal suo libro, per poi tornare a leggere in
silenzio.
“Però
Delphini ha ragione a
questo proposito…” ammise Oliver, mentre scartava
una caramella presa dalla sua
borsa “Se per sbaglio succede qualcosa al loro padrone o
vengono licenziati,
entrano in crisi e in depressione… è accaduto
anche all’elfa domestica della
zia Hepzi…”
“Intendi
quella parente di
tua madre invaghita del giovane commesso di ‘Magie
Sinister’, che poi l’ha
derubata?” domandò, incuriosito, Gal e il
ragazzino, con un sospiro, ammise:
“Proprio quella… come vi avevo già
detto, morì a causa di un incidente… vedete
la sua vecchia elfa domestica, Hokey, un giorno, mise per sbaglio nella
cioccolata serale della zia, un veleno letale e poco noto, al posto
dello
zucchero e, purtroppo, morì.”
“Ah,
sì… l’ho letto su un
vecchio giornale…” dichiarò,
inaspettatamente e con un tono molto interessato,
Delphini, smettendo di leggere il libro e alzando la testa.
Se
proprio doveva essere
sincera, fin da quando aveva letto quell’articolo sul
giornale, aveva avvertito
che ci fosse qualcosa di strano in quella storia…
Cosa
ci faceva un veleno poco
comune nella casa di una vecchia signora? Da dove veniva?
Dato
che era poco comune,
pochi lo vendevano sul mercato regolare… e, in quel caso,
avrebbero di certo
avvisato l’elfa domestica di fare attenzione e lei, anche se
vecchia, avrebbe
di certo fatto attenzione per non mettere in pericolo la sua
padrona…
No,
quel veleno veniva da
fuori… era stato un caso d’omicidio e davvero ben
congegnato, doveva
ammetterlo… chiunque fosse l’assassino doveva
essere un genio del male…
La
cosa più buffa era che
c’era arrivata lei, una ragazzina del secondo anno di
Hogwarts, e non i membri
del Ministero dell’epoca… non lo avrebbe mai
creduto possibile, ma, in quel
frangente, si erano dimostrati più stupidi di Gal e ce ne
voleva veramente!
Ma,
ovviamente, la
disgraziata morte di una vecchia e grassa signora non valeva nemmeno la
pena di
essere indagata a fondo… soprattutto, se era apparso fin da
subito un
colpevole…
Erano
proprio dei deficienti…
avevano lasciato in giro un assassino, senza assicurarlo alla
giustizia… di
certo, lei non si sarebbe di certo lasciata infinocchiare da queste
sciocchezze…
“La
sua elfa domestica l'ha
uccisa?! Ma è assurdo!” s’intromise,
incredulo, Gal e Oliver spiegò: “Si è
trattato solo di un semplice incidente, non intendeva ucciderla, ma
sapete, era
un po’ vecchia... poveraccia, nonostante la mia famiglia le
avesse permesso di
rimanere, è caduta in forte depressione ed è
morta di crepacuore pochi anni
dopo.”
“Cavoli,
quanto mi
dispiace...”
“Ma
la sapete una cosa strana?
Poco prima di morire, l'ha cercata nientemeno che Albus Silente in
persona!”
“Sul
serio?! E per quale
motivo?”
“Non
ne ho la più pallida idea... ha semplicemente detto
di volere qualcosa da lei allo zio Lapo e di lasciarlo solo con lei per
qualche
minuto, ma non ha specificato cosa volesse... e prima di andare, ha
detto di
seppellirla in un bel posto.”
Delphini
continuò a far finta di leggere il suo volume,
mentre, in realtà, ascoltava tutto con molta attenzione.
Se Albus
Silente era andato a cercare Hokey significava
che anche lui aveva capito come stavano le cose, ossia che
l’elfa era
innocente, ma, ormai, era troppo tardi per rimettere a posto la sua
reputazione, dato che ormai stava morendo… ma cosa voleva da
lei?
Non poteva
trattarsi di un oggetto, chiunque se ne
sarebbe accorto… ma, allora, di cosa si trattava?
Considerando il personaggio
enigmatico di Silente, era ovvio che doveva essere qualcosa di molto
importante
che nessuno se ne sarebbe accorto…
Con uno
sbuffo, tornò alla sua amata lettura.
In fondo, chi
era lei per svelare i suoi sospetti?
La vicenda
dell’assassinio mascherato da incidente della
parente di Oliver non la riguardava minimamente…
Nel
frattempo, Athena, la quale era seduta di fianco al
finestrino, continuava a guardare con molta attenzione il paesaggio,
finché non
sentì le palpebre diventarle sempre più pesanti,
finché non chiuse gli occhi.
“Maledizione!
Dov’è?! Dove diavolo è?!”
sbottò l’uomo
alto e magro coi capelli biondi, vestito di nero, perlustrando delle
casse di
legno vuote, mentre il suo compare alle sue spalle, borbottava,
incredulo: “Non
ne so niente, Dorian… ti assicuro che era lì! Non
riesco proprio a capire dove
sia finito…”
“Norman,
razza di cretino… come hai potuto perderlo, dopo
tutto la fatica che abbiamo fatto nel rubarlo alla madre e proprio
quando avevo
appena trovato qualcuno così stupido da
comprarlo?!”
“Qualcuno
deve avercelo rubato!”
“Rubato?!
Ma non dire sciocchezze! Chi diavolo sarebbe
così stupido da rubarlo?! Inoltre, sarebbe già
corso ad avvisare la Granger!”
“Magari
è uno che l’ha rubato senza nemmeno sapere di
cosa si tratta…”
“Rubato
senza nemmeno sapere di cosa si tratta?! Soltanto
un totale idiota non capirebbe subito di cosa si tratta!”
“Magari
si tratta di un Nato Babbano…”
“Invece
di sparare teorie senza senso, aiutami a trovare
quel maledettissimo uovo una volta per tutte!!!!”
Mentre i due
litigavano furiosamente, la giovane coi
capelli a caschetto biondi stava pensando, seduta su una cassa.
Ad un tratto,
sgranò gli occhi e, alzandosi in piedi,
esclamò: “Il ragazzino!”
Immediatamente,
gli altri due si misero a guardarla e
Norman, leggermente incredulo, domandò: “Di che
diavolo stai parlando,
Frannie?”
“Non
ricordi? Il ragazzino coi capelli biondi che è
uscito dal nostro covo, assieme al suo amico col mantello nero qualche
giorno
fa, poco prima che ci mandassi quel gufo! Deve averlo preso
lui!” esclamò la
donna, alzandosi in piedi, mentre l’altro commentava:
“E allora perché diavolo
non è corso a denunciarci.”
“E’
solo un ragazzino, Norman… di certo non avrà
capito
cosa aveva tra le mani e non avrà avvisato
nessuno… forse l’avrà scambiato per
un uovo di granito…”
“Il
problema è che non sappiamo il suo nome e il
cognome…
trovarlo sarà impossibile…”
“Questo
è vero… ma tutti i ragazzini vanno ad
Hogwarts…
abbiamo buone speranze di beccarlo lì!”
“Vuoi
andare ad Hogwarts?! Tu sei matta, sorella!”
“Hai
un’idea migliore?”
“Smettetela
di litigare e ascoltatemi, dato che sono il
maggiore!” s’intromise, furioso, Dorian, facendo
smettere il litigio tra i due
fratelli.
Una volta che
fu sicuro di avere la completa attenzione
di Frannie e Norman, dichiarò: “Non abbiamo altra
scelta. Quest’anno
ritorneremo a scuola per trovare quel piccolo ladro e farci dire dove
ha
nascosto l’uovo! Dobbiamo assolutamente trovarlo prima che si
schiuda!”
Athena
aprì gli occhi di scatto.
Quello era
stato un sogno decisamente diverso dai soliti…
invece, di vedere il passato, aveva avuto una visione decisamente
attuale…
Ma di quale
uovo stavano parlando?
Sperava solo
che ciò non riguardasse lei o i suoi amici…
“Ah,
finalmente ti sei svegliata.” Esclamò Gal, con la
bocca piena di caramelle gommose, mentre Delphini, con
un’espressione di
disgusto, commentava: “Disgustoso… non si parla
con la bocca piena!”
“Bacchettona.”
“Dì
solo un’altra parola, brutto deficiente, e ti do in
pasto ad Asmodeus!”
Mentre i due
continuavano a litigare, Teddy si voltò
verso Athena e, con un’espressione mortificata, disse:
“Mi dispiace, ma la
signora del carrello è passata mentre dormivi…
abbiamo cercato di svegliarti,
ma tu dormivi dalla grossa…”
“Vado
a chiamartela.” Esclamò Oliver, alzandosi in
piedi,
ma Athena cercò di trattenerlo: “Ah, non
disturbarti… la trovo io.”
“No,
non preoccuparti. Dimmi cosa vuoi e te lo prendo.”
La rassicurò, con un grande sorriso, il ragazzo.
Ci volle un
po’ per convincere Athena, ma, alla fine,
Oliver, con in mano i soldi della ragazza, cominciò a
cercare la donna.
Dopo solo
dieci minuti, il giovane Tassorosso la
raggiunse e, un minuto dopo, tornò allo scompartimento, con
un sorriso e
canticchiando una canzone, mentre tra le mani teneva i dolci per
l’amica.
Ad un tratto,
alzò lo sguardo e sussultò, fermandosi di
colpo.
Davanti a
lui, c’era una ragazza di qualche anno più
grande di Serpeverde, a giudicare dai colori della divisa, che stava
camminando
verso di lui.
Aveva i
capelli biondi tagliati a caschetto così lucenti
da sembrare brillare sotto la luce elettrica del corridoio, gli occhi
blu
grandi e profondi come il mare, mentre la pelle era così
bianca e delicata da
sembrare porcellana.
Emanava un
profumo di fiori così fresco e delicato da
mozzargli il respiro, mentre la sua andatura era così
perfetta e coordinata da
sembrare una nobile o una modella babbana.
Più
gli si avvicinava, più Oliver sentiva le gambe
diventargli come due pezzi di ghiaccio.
Lui stesso
voleva spostarsi per lasciar passare quella
creatura così ammaliante, ma esse non intendevano
assolutamente aiutarlo.
La Serpeverde
si fermò proprio davanti a Oliver, la quale
lo fissò un attimo in silenzio, per poi sussurrargli, con la
voce più bella e
delicata che si fosse mai sentita: “Potresti
spostarsi?”
Con un
insopportabile formicolio che gli attraversava
tutte e due le gambe, Oliver riuscì a spostarsi quel tanto
che bastava per
permetterle di passare.
La ragazza lo
fissò un attimo, poi si allontanò, mentre
il Tassorosso continuava a fissarla, sbigottito.
Dopo un
po’, la giovane si voltò verso di lui e lo
informò con un tono seccato, anche se per Oliver il suono fu
come la melodia
più bella che avesse mai udito: “Cerca di non
tagliarmi un’altra volta la
strada o ti guardarmi con quell’aria da pesce lesso, Ciccio.
Sono fin troppo
abituata agli idioti che mi sbavano addosso.”
Dopo aver
detto quelle parole, la giovane Serpeverde aprì
uno scompartimento deserto e s’infilò dentro,
mentre il povero Oliver la
continuava a guardare lo scompartimento dov’era entrata la
giovane, mentre
sentiva il suo cuore battergli a tutta velocità, mentre le
guance gli
diventavano incandescenti.
Nel
frattempo, il suo cervello, anche se faceva fatica a
formulare un pensiero, dato che dappertutto vedeva quella ragazza
così bella,
si ricordò dove aveva già visto quella fanciulla
così bella e delicata: era
stato l’anno scorso, quando si era perso nella foresta,
venendo soccorso dalla
strana visione di una ragazzina col vestito giallo che, poi, era
svanita nel
nulla.
Durante il
viaggio verso il castello, aveva incontrato
una ragazza che l’aveva chiamato Ciccio… doveva
essere lei!
Adesso che ci
pensava bene, era così stanco e
infreddolito, che non aveva visto bene colei che l’aveva
salvato… che sciocco
che era stato!
La sua vita
era stata così vuota e grigia, esclusi i
momenti con i suoi amici, ma, non appena aveva visto quel superbo viso,
gli
sembrava che tutto il mondo, di colpo, fosse esploso di
colore… non ricordava
che prima i colori fossero così accessi.
Con enorme
sforzo, Oliver fece muovere le gambe, seppur
ancora rigide come bastoni, e, finalmente, arrivò allo
scompartimento.
“Ah,
eccoti, finalmente!” esclamò, non appena fu
dentro,
Christian, ma, non appena notò la sua espressione facciale,
nervosa e con il
viso tutto rosso, ebbe uno sguardo incredulo, mentre smetteva di
sorridere.
“E’
successo qualcosa?” domandò, leggermente
preoccupato,
Teddy, mentre l’amico faceva cadere sul grembo di Delphini i
dolci che aveva
comprato per Athena, la quale, seccata, gli ricordò:
“Ehi, ti consiglio di
andare dall’oculista, perché hai completamente
sbagliato indirizzo! Athena è
lì!”
Tuttavia il
ragazzo, come se fosse diventato di colpo
sordo, continuò a camminare come un robot finché
non si sedette pesantemente
sul sedile, con gli occhi fissi nel vuoto e tutti gli amici che lo
fissavano in
silenzio, preoccupati.
“Ma
che gli è preso?” domandò, senza
parole, Elizabeth, mentre
Gal cominciava ad agitare una mano davanti agli occhi, dicendo:
“Ehilà, amico,
stai bene? Avanti, bello, reagisci! Forza, non fare quella faccia da
pesce
lesso!”
Alla fine,
smise di muovere la mano e, con un’aria
rammaricata, si scusò: “Mi dispiace, ragazzi, io
ci ho provato… ma questo qui è
proprio andato!”
Immediatamente,
Delphini e Kevin si diedero d’istinto
un’occhiata come di chi la sa parecchio lunga.
“Credi
che l’abbia incontrata?” domandò,
infatti, il
ragazzo, mentre l’altra annuiva: “Direi proprio di
sì… i sintomi ci sono
tutti.”
“Se
sareste così gentili da spiegarci che cavolo è
successo al nostro povero Oliver, ne saremmo davvero grati,
sapete?”
s’intromise, con aria seccata, Gal.
Invece di
risponderli, Delphini si girò verso Oliver, il
quale aveva ancora lo sguardo catatonico e gli disse: “Ehi,
poco fa è passata
una ragazza del quarto anno di Serpeverde coi capelli biondi e gli
occhi
azzurri. Sembrava molto carina, anche se aveva i capelli a
caschetto…”
“Lei
non è carina, è stupenda! E’ talmente
bella da
sembrare un essere sovrannaturale e, forse, lo è
davvero!” esclamò, lievemente
offeso, Oliver, uscendo dallo stato catatonico in cui era piombato,
sorprendendo tutti i presenti, i quali lo guardarono, esterrefatti.
Con un
sorriso di vittoria, Delphini si voltò verso Kevin
e commentò: “Un’altra povera vittima del
fascino Veela di Nat…”
“Di
cosa state parlando? E’ grave?” domandò,
preoccupato,
Teddy, ma Kevin lo rassicurò: “No, non
preoccuparti… stando lontano da Nat per
qualche ora dovrebbe ritornare come prima.”
“Ma
chi è questa Nat?”
“E’
una nostra compagna di Casa del quarto anno. Sua
madre era una Veela, quindi, tutti i Serpeverde non possono fare a meno
di
guardarla o di cercare di attirare la sua attenzione, mentre le ragazze
sono
super gelose di lei e le dicono sempre cose poco carine alle
spalle…” raccontò
Kevin, abbassando lo sguardo, tristemente.
Anche se non
disse niente, Teddy capì subito quale fosse
il problema, per l’amico.
Essendo il
primo Nato Babbano smistato a Serpeverde dopo
almeno un secolo, forse più che meno, era vittima di pesanti
atti di bullismo
da parte dei suoi compagni di Casa, motivo per cui era molto sensibile
a
quest’argomento.
“Purtroppo,
questa è la maledizione del fascino Veela.”
S’intromise Victorie, tenendo tra le braccia Creamy
“Mia madre era una Veela
solo per ¼ , ma ha dovuto sopportare per anni il fatto che
la gente guardava
solo la sua bellezza. Gli uomini l’amavano solo per quello e
le donne
l’odiavano per lo stesso motivo, senza provare nemmeno a
conoscerla fino in
fondo… questo l’aveva spinta a comportarsi in
maniera altezzosa e antipatica,
come una sorta di meccanismo di difesa.”
Mentre
Victorie raccontava la storia della madre,
Delphini, d’istinto, allungò la mano verso
Asmodeus, il quale continuava beatamente
a ronfare, e si mise ad accarezzare la pelle liscia e fredda.
Quanto odiava
sentire storie sul pregiudizio della gente
stupida e cretina, incapace di vedere oltre, perché troppo
difficile per i loro
stupidi cervelli da quattro soldi… questo perché
lei stessa poteva parlare ai
serpenti, un dono definito da tutti un’abilità da
maghi oscuri… se la scuola
l’avesse scoperto, sapeva già che sarebbe
successo: tutti l’avrebbero evitata
per la paura, perché tutti temevano che, da un momento
all’altro, li facesse
azzannare dal suo serpente domestico… dopotutto, il diverso,
in quello schifo
di fesso mondo, il diverso era sempre temuto…
Forse era per
quello, che, a differenza degli altri
Serpeverde, era un po’ più aperta e gentile nei
confronti di Kevin, un Nato
Babbano… tutti quegli stupidi pregiudizi, le avevano fatto
nascere un animo più
empatico… anche se, ovviamente, non l’avrebbe mai
ammesso a nessuno finché
campava!
“Però
non tutti finiscono abbagliati dal fascino di
Nat…”
fece notare, all’improvviso, Kevin “Ho notato che
alcune persone di Serpeverde,
sia maschi che femmine, quando le stanno vicino in Sala Comune, si
comportano e
le parlano in maniera normale…”
“Ah,
questo perché il fascino delle Veela non funziona
contro alcune determinate persone.” Spiegò
Victoire e Christian, interessato,
le domandò: “E quali?”
“Secondo
mia madre, esso non funziona sulle donne, se
hanno un carattere forte e non hanno in alcun modo problemi di
autostima
riguardo alla propria bellezza. Mentre, per gli uomini ciò
accade se la persona
in questione è un parente, non è in alcun modo
interessato all’amore, è
omosessuale, se si tratta di una ragazza, anche lei subisce in pieno il
fascino
della Veela, ma, secondo mia madre, esse riescono a controllarsi di
più, e,
infine, se esso ama veramente qualcuno. A quel punto, il fascino delle
Veela
smette per sempre di funzionare, sia per gli uomini che per le
donne.”
“Che
storia interessante…” commentò
Elizabeth, mentre
Kevin esclamava, rivolto a Delphini: “Ecco perché
non sei mai stata gelosa di
Nat, Delphini.”
“Perché
diamine avrei dovuto essere gelosa? E’
esattamente una ragazza come tutte le altre. Io mi piaccio
così come cavolo
sono, non capirò mai le ragazze che stanno dietro al loro
aspetto,
complicandosi la vita per delle idiozie simili… e, poi,
anche tu sei immune al
suo fascino.” Gli ricordò Delphini e Gal,
incredulo: “Sul serio?!”
Arrossendo
dall’imbarazzo, il Serpeverde ammise: “Beh,
sì… è solo che… penso che
sia una ragazza come tutte le altre… o, almeno, è
così che penso quando la guardo…”
“Non
è il solo… anche Lester Falwey ne sembra
abbastanza
immune.” Aggiunse Delphini, mentre Teddy domandava:
“In che senso abbastanza
immune?”
“Anche
lui, come Kevin, non sbava dietro a Nat… ma, al
contrario, ne ha la fifa blu.”
“Ha
paura di quella ragazza? E per quale motivo?”
“Ma
che ne so? So soltanto che quando la vede, scappa
dall’altra parte con un’espressione di puro terrore
sul viso.”
“Che
cosa strana…”
Era ormai
notte fonda e la pioggia batteva piuttosto
forte quando il treno scarlatto si fermò alla stazione dei
treni di Hogsmeade,
facendo uscire da esso tutti gli studenti con già indosso la
divisa, cercando
di coprirsi dalla tremenda pioggia.
L’unico
individuo su tutta la banchina era Hagrid, il
quale teneva in mano una vecchia lanterna, mentre con l’altra
il suo gigantesco
ombrello rosa aperto, cominciando a gridare: “Primo anno!
Primo anno da questa
parte! C’è ancora qualcuno del primo
anno?”
Cercando di
nascondersi in mezzo alla folla, Victorie si
mise ad inseguire Teddy.
Era un
peccato perdersi la prima vista di Hogwarts sulle
barche… ma era molto più importante stare insieme
a Teddy!
Inoltre,
quella pioggia battente era davvero tremenda…
non aveva alcuna intenzione di presentarsi bagnata fradicia davanti a
tutti.
Per il
momento, Hagrid non sembrava essersi accorto di
niente… ancora pochi passi e sarebbe uscita dalla
stazione… bastava solo un
pizzico di fortuna e…
“Ehi,
Hagrid! Guarda che laggiù c’è Victoire
Weasley, del
primo anno!” esclamò, all’improvviso,
una voce femminile fin troppo familiare,
facendola trasalire di colpo e bloccandola, come se qualcuno le avesse
appena
lanciato un Pietrificus Totalus.
Si
girò lentamente e guardò negli occhi la ragazza
che
l’aveva tradita, ossia Delphini, la quale stava
giocherellando con una ciocca
azzurra dei suoi capelli, mentre si riparava col suo ombrello, e, a
giudicare
dal sorrisetto di trionfo sul viso, non era affatto pentita di averla
fatta
notare, anzi, si stava divertendo un mondo.
“Victorie?
Ma dove stai andando? Quelli del primo anno
devono andare da questa parte, è la regola.” La
chiamò Hagrid e Vicky, con un
sorriso piuttosto falso, rispose: “Arrivo subito,
Hagrid… volevo solo salutare
Teddy…”
Mentre
raggiungeva gli altri del primo anno, la ragazzina
si avvicinò a Delphini e, con una faccia furiosa, le
sibilò: “Vipera.”
“Grazie,
piccola. Mi raccomando, fa attenzione al
calamaro… sai, ha l’appetito facile.”
Rispose, con un sorriso divertito,
l’altra, salutandola con la mano.
Per tutta
risposta, Victorie le rivolse un’altra
occhiataccia, per poi raggiungere gli altri coetanei.
Con un
sorrisetto di trionfo, Delphini si diresse verso
le carrozze le quali erano trainate dai Thestral, invisibili alla
stragrande
maggioranza degli studenti, ma non a lei.
Lei che aveva
visto e capito la morte a pochi mesi di
vita…
Si
avvicinò ad uno di loro e si mise ad accarezzarlo.
L’animale
parve apprezzarlo, infatti, si mise a toccarla
con il muso, in maniera molto affettuosa.
“Se
non sali in fretta, Delphini, rischi di essere
lasciata qui…” esclamò Gal, facendo
venire una smorfia seccata alla ragazza.
Quell’idiota
e la sua voce da tonto dovevano sempre
rovinare tutto… vero che non poteva vederli, ma almeno
poteva lasciarle un
momento per accarezzarli…
Sbuffando, la
ragazza salì a bordo della carrozza nera, dove
c’erano già Gal e gli altri.
Non appena fu
a bordo, notò che Oliver, incurante della
pioggia battente, si stava sporgendo dal finestrino.
Non ci voleva
di certo un genio per capire cosa stesse
cercando con lo sguardo…
“Non
immaginavo che Nat avesse un effetto così drastico
nella tua psiche… di solito, a quest’ora,
l’effetto è già sparito da un
pezzo…”
commentò la ragazza, mentre Oliver sussurrava:
“Non potrei mai togliermela
dalla testa… è troppo bella…
è troppo perfetta… è troppo
tutto…”
“Sei
una causa persa.”
“Ma
quanto ci mettono i novellini? Ho una fame da
lupi…”
borbottò Gal, con la testa sul tavolo dei Grifondoro, mentre
il fratello
maggiore, seccato e imbarazzato da quella scena, lo sgridava:
“Datti un
contegno, salame! Sei proprio nel bel mezzo della Sala Grande! Inoltre,
dato
che adesso sei del secondo anno, devi dare il buon esempio!”
“Per
poi rischiare di diventare un noioso e pignolo prefetto
ossessionato dalle regole? Scordatelo.”
“Almeno
eviteresti di salire sui tetti della scuola.”
“E
basta con questa storia, Lancy! Non ci salirò sul
tetto, sta tranquillo…”
“Di
certo troverai un altro sistema per combinare
disastri.”
Sbuffando
seccato, Gal si voltò verso il cugino
sussurrando: “Vorrei che quelle pesti in erba si dessero una
mossa… non ricordo
di averci impiegato tanto, l’anno scorso, per attraversare il
Lago Nero…”
“Non
dimenticare che sta anche piovendo… probabilmente,
sono in ritardo per questo motivo…” gli fece
ricordare, pazientemente,
Christian, ma il rosso continuò a mugugnare, ignorandolo.
Proprio in
quel momento, la porta della Sala Grande si
aprì e comparvero i ragazzini del primo anno, tutti bagnati
fradici, che
cercavano di contenere i tremori per il freddo pungente.
Davanti a
tutti, con un’espressione seccata e decisa,
stava Victoire, ma, non appena notò Teddy salutarla con un
sorriso, il suo viso
s’illuminò di gioia e prese a salutarlo con
entusiasmo.
“Come
attrice fa proprio spavento…” ridacchiò
Delphini a
Kevin, il quale, come al solito, si era seduto vicino a lei
“Si vede lontano un
miglio che è stracotta di Teddy…”
“Però
non sembra che se ne sia accorto…”
“Teddy
è un ragazzo molto intelligente…
finché non si
tratta di amore e simili. In quelle situazioni, diventa più
ignorante di Gal…”
“Beh…
almeno, Teddy continua a trattarla normalmente…”
“Oh,
non vedo l’ora che arrivi San Valentino…”
“Come
mai? Non mi sembra una delle tue feste preferite…”
“Infatti,
è una di quelle feste che proprio non sopporto.
Odio le cose sdolcinate e tutte quelle stupidaggini amorose…
personalmente, a
me non me ne frega niente dell’amore, preferisco
l’azione… però vedere i
tentativi di Victoire di confessare il suo amore ad uno che proprio non
ne capisce
niente, renderà l’evento molto più
interessante e divertente… ci faremo di
quelle ghignate… Ci vuole la terapia d’urto con
Teddy…”
“Oh,
inizia lo Smistamento.”
Infatti, non
appena il cappello ebbe finito di cantare la
sua annuale canzone, il professor Vitiuos cominciò ad
elencare i nomi dei nuovi
studenti, i quali, dopo aver indossato il vecchio Cappello Parlante,
venivano
smistati in una Casa.
Alla fine del
lungo smistamento, fu il turno dell’ultima
studentessa, ossia Victoire, ma, inaspettatamente, per ben tre minuti,
il
cappello rimase muto.
“Ce
ne mette di tempo… dev’essere proprio
indeciso…”
commentò Kevin, mentre Delphini ridacchiava:
“Macché… il cappello ha già
deciso
dove metterla… è solo che lei non vuole
andarci.”
“Eh?
Cosa intendi?”
“Guardale
l’espressione… è a dir poco furiosa.
Scommetto
tutti i miei galeoni che lei vuole andare a Tassorosso, col suo amato
Teddy, ma
il cappello non ce la vuole mettere. Sono proprio curiosa di vedere chi
tra i
due vincerà… se Victoire o il Cappello
Parlante…”
“Ho
detto di no! No, no, no e poi no! Tu mi metterai a
Tassorosso!” sbottò Victoire, con tono con cui
intendeva finire il discorso.
Era da un
secolo che stava litigando con quello stupido e
vecchio cappello, ma quello non ne voleva proprio saperne di metterla a
Tassorosso, assieme a Teddy!
Al contrario,
voleva metterla a Grifondoro e non sembrava
intenzionato a demordere.
Beh, nemmeno
lei aveva alcuna intenzione di arrendersi.
“Tassorosso,
eh?” ridacchiò quello stupido cappello, in
un modo che le ricordava troppo Delphini “Ragazza mia, hai
molta lealtà nei
confronti dei tuoi sentimenti e una certa dose di pazienza, dato che
contini a
persistere nel tuo desiderio di farti notare dal ragazzo di cui sei
innamorata,
te lo concedo… ma, purtroppo, non è abbastanza
per essere considerata una vera
Tassorosso. Ci vuole molta voglia di lavorare
sodo…”
“Me
la farò venire! Tu mettimi a Tassorosso!”
“Beh,
tutta la famiglia di tuo padre è andata a
Grifondoro…”
“Non
me ne importa un accidente! In fondo, non è mica la
prerogativa dei Weasley quella di finire a Grifondoro!”
“Mi
dispiace, cara… ma non posso metterti a
Tassorosso… se,
però, non vuoi finire a Grifondoro, dovrò
metterti in un’altra Casa…
Serpeverde, per esempio.”
“Cosa?!”
“Sì,
in effetti Serpeverde è la Casa perfetta per te…
sei
molto determinata, come dimostra il fatto che vuoi finire a tutti a
costi nella
Casa che vuoi, e, cosa davvero importante, ami già
profondamente qualcuno… e
Serpeverde è la Casa di coloro dei sentimenti
autentici…”
Victoire si
sentì male.
Lei a
Serpeverde?! Proprio la Casa con lo stemma di un
serpente?! Il cui fondatore era un rettilofono e aveva un enorme
biscione
assassino come animale domestico?! La stessa Casa di
quell’antipatica con un
vero serpente?!
Non sarebbe
finita in quella Casa per tutto l’oro del
mondo!
C’erano
troppi serpenti!
“Levatelo
dalla testa! Non andrò in una Casa legata ai serpenti!
Piuttosto me ne vado a Grifondoro!” urlò nella
testa la giovane e, subito, il
cappello ridacchiò: “D’accordo, se ne
sei convinta tu… GRIFONDORO!”
Victoire non
riuscì a trattenere un gemito.
Quello
stupido cappello l’aveva fregata… alla fine, aveva
vinto lui…
Mise
giù il cappello e con, un’espressione furiosa, si
diresse verso il tavolo dei Grifondoro, i quali stavano applaudendo,
sibilando:
“Brutto cappellaccio da quattro soldi…”
A peggiorare
il tutto, c’era il fatto che anche Teddy
sembrava euforico per dov’era finita, invece di avere il
cuore spezzato per il
fatto che non sarebbero stati vicini…
Non appena si
sedette al tavolo dei Grifondoro, Lancelot
si voltò verso di lei e si congratulò con lei:
“Benvenuta a Grifondoro. Io sono
Lancelot Sandlers, prefetto di Grifondoro. Sono certo che ti troverai
bene
nella nostra Casa.”
Per tutta
risposta, Vicky lo fulminò con lo sguardo,
lasciando interdetto il povero ragazzo.
“Ma
cosa le prende?” sussurrò Christian al cugino, il
quale fece le spallucce: “Boh, forse le farà male
lo stomaco…”
Nessuno dei
due si accorse che, al tavolo dei Serpeverde,
Delphini stava cercando di contenere le risate, per poi sussurrare a
Kevin: “Ha
vinto il Cappello… quello sa il fatto
suo…”
“Già…
inoltre, è molto particolare…”
Una volta che
il professore d’Incantesimi ebbe portato
via il Cappello Parlante, la preside McGranitt si alzò in
piedi: “Ora che lo
Smistamento è finito, vorrei augurare a tutti i nuovi
studenti benvenuti,
mentre a quelli vecchi bentornati. Prima dell’inizio del
banchetto, vorrei fare
alcuni annunci molto importanti: il primo, è che i provini
di Quidditch saranno
attivi dalla prossima settimana. Chiunque sia interessato, è
pregato di
rivolgersi ai capitani della squadra della propria Casa.”
Sentendo
quella frase, Kevin fece un sospiro, parecchio
nervoso.
Se
c’era una cosa che sapeva per certo, era che Bulstrode
non l’avrebbe voluto nella squadra nemmeno come
riserva…
Vedendo la
sua espressione, Delphini fece un sospiro e
gli diede una pacca, in modo da risollevargli il morale.
Per tutta
risposta, Kevin la guardò allibito e cercando
di nascondere le guance che le stavano diventando incandescenti, la
ragazzina
sbottò: “Che c’è? Se ti butti
giù di morale, possiamo dire addio alla Coppa e,
dopo il disastro dell’anno scorso, gradirei che Serpeverde
vincesse almeno la
Coppa di Quidditch e con un Cacciatore depresso possiamo dirle
già addio!”
“Beh,
grazie… è stato molto carino da parte
tua…”
“Ti
consiglio di non farci troppo l’abitudine… io non
sarò mai una brava e gentile ragazza…”
Senza sapere
del dialogo tra i due ragazzi Serpeverde, la
McGranitt continuò con il suo discorso: “Inoltre,
sono aperte le iscrizioni non
solo al nostro amato e storico Coro delle Rane, ma anche quelle dei
club dei
duellanti, della Sfinge, dell’Ippogrifo e del Drago. Chiunque
sia interessato a
partecipare ai provini del Coro, è pregato di mettersi in
contatto con il
professor Vitious, mentre per i restanti club verranno date indicazioni
nelle
prossime settimane. Ricordate, però, che ad essi possono
partecipare solo gli
studenti dal secondo anno in su. Chi, invece, è del primo
anno, può consolarsi
iscrivendosi al club delle Gobbiglie, anche se ricordo a tutti, di fare
attenzione agli spruzzi puzzolenti”
“Questo
sì che è davvero interessante!”
esclamò, al
tavolo dei Corvonero, Athena, mentre Elizabeth domandava, incuriosita:
“Cosa
sono i Club della Sfinge, dell’Ippogrifo e del Drago? Avevo
sentito parlare del
Coro delle Rane e del Club dei Duellanti, ma di questi due non so
niente…”
“Sono
tre club molto importanti ad Hogwarts. Il Club
della Sfinge è per coloro che amano la conoscenza e
l’astronomia, infatti nella
sede c’è una ricca biblioteca ed è
l’unico club attivo di notte per poter
vedere le stelle, quello dell’Ippogrifo è per
coloro che amano le creature e
l’erbologia, in quanto nel laghetto del club
c’è una creatura marina, mentre
quello del Drago è fatto per coloro che amano
l’azione e il Quidditch. Io penso
che m’iscriverò al Club della Sfinge e
tu?”
“Credo
che andrò in quello dell’Ippogrifo. Le piante e le
creature mi piacciono…”
“Comunque,
se uno vuole, si può iscrivere anche a più
club contemporaneamente.”
“Davvero?”
“Sì,
ma bisogna essere molto bravi e diligenti.”
“Ci
credo…”
In
quell’istante, la McGranitt batté le mani e,
subito, i
piatti di tutti i presenti apparvero degli invitanti e profumati piatti.
Nessuno ci
pensò due volte a iniziare a mangiare
avidamente e, una volta che anche il dessert fu razzolato, la preside
si alzò
in piedi e disse: “Molto bene, adesso che il banchetto
è finito, potete andare
a dormire, dato che domani iniziano le lezioni.”