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Autore: arisky    07/02/2021    3 recensioni
"Un terribile presentimento mi attanaglia le viscere.
Non una parola. Non un gesto. Non il minimo impercettibile mutamento nel mio volto.
Solo la lealtà alla mia missione; al Bene Superiore.
Sempre".
Un viaggio al di là delle barriere occlumantiche più rigide e irremovibili dell'intera saga: quelle di Severus Piton. Quando giunge la sua ora, apparentemente è lo stesso mago freddo, imperscrutabile di sempre... Ma se immaginassimo di utilizzare la Legilimanzia su di lui, ritroveremmo quella stessa freddezza anche nelle profondità della sua mente?
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Severus Piton, Voldemort
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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È ora di scegliere. Scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile.
Scelgo il silenzio.
E ascolto la sentenza.
“Sei stato un servo bravo e fedele, Severus… ma solo io posso vivere per l’eternità”.
Sono i miei ultimi istanti di vita.
Sospesi. Sfuggenti. Cristallizzati nel gelo della condanna.
Nel rumore assordante del mio cuore che tenta di perforarmi il petto e fuggire da un destino ormai segnato, il panico inizia ad emergere dalle barriere imperturbabili del mio volto. Ma i miei occhi, laghi profondi, neri d’ombra e di niente, lucenti di coraggio e sacrificio, non si abbassano. Attendono di poter vedere, per un istante soltanto, quel lampo di luce verde che li spegnerà.
È questione di attimi.
Tormentati. Estenuanti. Logoranti.
Ma quelle due parole, le sole terribili amanti delle labbra dell’Oscuro, non arrivano, mentre i secondi continuano a scorrere pesanti, bruciando il mio tempo.
Una folle, insensata speranza si accende nella mia mente, e come un pazzo la afferro, stringendola convulsamente.
Costringo a forza il poco fiato raccolto ad uscire dalla mia bocca.
“Mio Signor-“.
Una frustata.
La Bacchetta di Sambuco incide l’aria come un pugnale e lacera le mie parole.
Accade tutto terribilmente in fretta.
La bolla che, fino ad un istante prima, proteggeva il serpente, ora soffoca me. Lotto disperatamente contro quelle letali pareti, che mi asfissiano e intorpidiscono le mie membra, fino a farle cedere. Accasciato sul pavimento, la schiena contro la ruvida parete di legno scrostato, tento in ultimo di smaterializzarmi, ma gli incantesimi che permeano la splendida, ipnotica, mortale trappola me lo impediscono.
Ora capisco… Spossato, smetto di dibattermi e abbasso con angoscia gli occhi sull’orrenda morte che mi attende. Striscia ai miei piedi, i famelici occhi gialli illuminati da un voluttuoso scintillio.
L’Avada Kedavra non è abbastanza per un uomo vissuto nell’oscurità, temprato dal dolore: una fine troppo misericordiosa, troppo rapida, troppo immediata. Più facile e veloce che addormentarsi. Io, Severus Piton, non merito pietà neanche alla chiusura.
 La voce del Signore Oscuro soffia due parole in Serpentese.
“Nagini, uccidi”.
Un attimo.
Scempio della carne. Dolore nel gelo.
Ad ogni affondo di quelle zanne assassine, ad ogni squarcio sulla mia gola, urla disumane lacerano il silenzio, quella stessa gola che geme la sua tortura.
Consapevole della fine imminente, mi lascio andare senza ritegno: spezzo la maschera con le mie stesse mani e do voce al mio dolore, come mai avevo fatto prima.
Il demone strisciante colpisce ancora, il sadico piacere nel protrarre la mia agonia.
Ancora.
E ancora.
Sento ormai il veleno scorrere nelle mie vene, spodestando il sangue che a fiotti si riversa sulla mia casacca.
Dopo un ultimo interminabile, goduto, definitivo affondo, il serpente abbandona il mio corpo.
In un silenzio glaciale, l’Oscuro si ritira, lasciandomi agonizzante nell’agonia di quelle pareti.
Rimasto solo, esalo qualcosa di simile ad un sospiro, di dolore e sconfitta. Ho fallito.
Sento a poco a poco la vita abbandonare la mia carne dilaniata, il sangue scivolare rapidamente via dalle mie vene strappate. Cola su di me.
Così rosso di scempio e violenza, tuttavia non riesce ad imporsi sul nero della mia veste. Nulla è mai riuscito a vincerlo: è ciò che sono stato, che sono e che sarò, per sempre.
Nero.
Nero come l’ombra.
Nero come il vuoto.
Nero come l’ignoto.
Nero come la solitudine che, ancora una volta, mi condanna. La solitudine, nel cui mare il vitale segreto che custodisco morirà. E tutto sarà perduto.
Mi perdo nelle mie amare riflessioni, gli occhi socchiusi, i sospiri che fuoriescono dalla mia bocca sempre più deboli, le dita tra le piaghe sanguinanti del mio collo, ostinate, nel ridicolo tentativo di rallentare la piena del vermiglio fiume.
È un rumore a scuotermi, un rumore di passi. Giunge fioco ai miei sensi morenti, ma basta a farmi sollevare le palpebre.
Non è possibile, sarà sicuramente l’illusione di una mente in agonia…
Eppure, quelle tre figure diventano sempre più nitide, il ticchettio dei loro passi sul pavimento sempre più chiaro. Mi sforzo di ignorare il dolore, mi concentro, e fisso il mio sguardo su di esse.
Non mi sono sbagliato: Potter mi osserva da lontano, seguito dalla Granger e da Weasley.
Durante la mia desolata esistenza, la mia anima non l’ha mai assaporata, eppure ora la riconosco all’istante: la gratitudine. Ho sacrificato la gioia, la pace, la libertà, mi sono fatto brutalmente strappare via la vita, ed essa mi sta concedendo una seconda possibilità. L’ultima.
Recludo forzatamente in me il passato, l’odio, il rancore, i pregiudizi verso i tre Grifondoro, e mi affretto a parlare per attirare la loro attenzione. Ma dalla mia gola massacrata spirano solo rantoli di sangue.
Vedo Potter avvicinarsi e inginocchiarsi accanto a me, richiamato dai miei rochi sospiri… o forse da qualcos’altro, qualcosa che gli vedo brillare nello sguardo per la prima volta: una neonata scintilla di pietà.
Inaspettatamente, la sua mano va a premere incerta le baluginanti ferite, sostituendo la mia, ricaduta, debole e inerte, sul pavimento.
Per qualche istante, rimaniamo immobili a fissarci, consci dell’urgenza della situazione, ma incapaci di interrompere quel flusso di domande mute e mute risposte, di calunnie e accuse rinfacciate, di dubbi e sospetti vacillanti.
La fretta mi chiama, recupero il controllo e, senza sprecare altro tempo, evoco nella mia mente le immagini, i segreti, le informazioni da lasciare in eredità a Potter. Le visualizzo, le raduno e, con le poche energie che mi restano, le esalo. La familiare, eterea, evanescente sostanza argentea aleggia via da me.
Lentamente, porto una mano ormai cerea ad indicare quel flusso di ricordi e, scosso da tremiti di dolore, riesco ad emettere un sussurro soffocato.
“Prendi…prendi…”.
Confusamente, distinguo la Granger porgere a Potter una fiala. Il ragazzo, con un lieve movimento di bacchetta, cattura i miei ricordi e li riversa al suo interno. Fissa per un istante la piccola ampolla, trepidante, come se percepisse già la fondamentale importanza del suo impalpabile contenuto.
Manca poco…
Gli ultimi battiti come sospiri del mio cuore.
Gli ultimi sospiri come gocce dalla mia bocca.
Le ultime gocce purpuree come lacrime dalle mie vene.
Una lacrima solitaria, l’ultima, dai miei occhi.
Non sono sicuro di meritarmelo, ma voglio far avverare il mio ultimo desiderio, già tacitamente espresso: voglio addormentarmi con i suoi occhi nei miei, e null’altro.
Gli occhi della mia unica ragione, gli occhi del mio unico amore, gli occhi della mia unica luce.
La madre li donò in eredità al figlio diciassette anni fa, identici…
Cerco Potter con lo sguardo.
“Guar…da…mi…”
Un istante. D’ebano e di smeraldo.
Poi, finalmente, la pace.

 
 
 
 
Nota dell’Autrice:
Salve a tutti lettori! Questa è la mia prima fanfiction sul mondo di Harry Potter. Adoro il parsonaggio di Severus Piton e ci tenevo a fare delle riflessioni su questo momento così cruciale della sua storia.
Alcuni chiarimenti:
  • Ho scritto la storia seguendo passo dopo passo la scena del film, cercando di dar voce ad ogni espressione del grandissimo Alan Rickman; tuttavia risultano alcune differenze in quanto ho voluto integrare alcuni elementi dei libri che personalmente preferisco, come ad esempio l’ambientazione della scena nella Stamberga Strillante
  • Le prime parole di Piton, la sua richiesta di essere lasciando andare a cercare Harry, provengono anch’esse dal libro. Ho voluto sottolineare in questa storia l’estrema tensione e pathos della scena, e queste parole secondo me sono fondamentali a farci capire come anche un uomo tutto d’un pezzo come Severus possa non risultare infallibile.
 
Che altro dire? Dato che tengo particolarmente all’interiorità di questo personaggio, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se l’avete trovato descritto bene e se la tensione crescente del momento vi ha convolto.
Ringrazio tutti i visitatori!
 
Arisky
   
 
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