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Autore: Alyeska707    24/02/2021    4 recensioni
una vecchia palazzina
arte, musica, agape ed eros, sentimenti e nostalgie
qual è il prezzo del successo?
dove conduce l'amore?
ma esiste davvero, la purezza?
♒︎
─ dal testo: ❝ Piccola. Stretta. Letteralmente a pezzi. Duncan aveva affittato una topaia, non una casa. Però era la sua topaia, ed era a pezzi esattamente come lui: un bordello, il disordine, una grezza anti-eleganza… ma non è affascinante, la distruzione? Agli occhi del punk, eccome: la distruzione era il suo riflesso specchiato.❞
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Heather, Trent | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney, Duncan/Gwen, Trent/Gwen
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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CAPITOLO 9
 
«Quindi alla fine sei venuto.» Si appoggiò alla porta.
«Mh... no?»
Gwen continuò a guardarlo con aria sorniona, stemperata soltanto dai tiri di fumo. Di fronte al suo sguardo tanto sicuro e vagamente divertito, Duncan aggiunse: «Se hai ricordi di ieri sera in mia compagnia, mi dispiace bellezza, ma dev’essere stata soltanto una grande sbronza.» Sogghignò. «E desiderio di me.»
«Owen ti ha visto.»
Duncan sbuffò senza darci peso. «Una sbronza collettiva, quindi? Vi siete proprio sballati. La musica era così inascoltabile da farvi fiondare nell’alcol per scordarla presto? Ne sono felice.»
Gwen alzò gli occhi al cielo, rassegnata a non averla vinta.
«Come vuoi» gli concesse. Aspirò un ultimo tiro di sigaretta prima di spegnere il mozzicone nel posacenere portatile. «Comunque… da dove stai tornando? Trovato un nuovo lavoro?»
«Mh no» borbottò lui. «Anche se dovrei. Ho soltanto passato la notte da Courtney.»
Gwen si portò teatralmente una mano al petto, come recitando uno stato di immensa angoscia: «Quindi avresti scaricato la mia proposta per trascorrere del tempo con la tua non-fidanzata? Così mi ferisci, Duncan.»
Il punk aprì la sua porta dopo aver girato la chiave per l’ultima volta e le fece cenno di precederlo dentro. «Se non hai da fare, posso sempre consolarti adesso in camera.» Questo gli fece meritare la punizione di un colpetto alla caviglia.
«Idiota. E per la cronaca, avresti potuto avvisare sui tuoi cambi di programma. Ti ho aspettato per tutta la sera!»
«Oh, come sei dolce» commentò lui in tono piatto, per il gusto di schernirla.
«E Noah mi ha comunicato la data della prossima esposizione d’arte nello speakeasy.»
«Finalmente una notizia interessante…» Duncan incrociò le braccia e appoggiò una spalla alla parete che divideva il suo ingresso da quello della vicina. «Spara.»
«Giovedì prossimo. Ha selezionato lui alcune tele che gli ho fatto vedere in foto... Ma che competenze ha lui nel campo, scusa?»
Duncan dimostrò la sua estraneità alla risposta incurvando le labbra. «Noah ha competenze in ogni campo. Non lo so il come, ma va bene così. E' affidabile, però.»
Gwen abbassò lo sguardo. «Mi ha anche raccomandato di non rivelare la faccenda a nessuno… neanche a Trent.»
«Scontato, no?»
«Sì, però… tenerlo all’oscuro mi infastidisce.»
Duncan ridacchiò. «Come se fosse la prima volta che lo fai!»
«Lo è!» Oh no, Gwen; la sua coscienza la punse subito dopo l’esclamazione impulsiva. Ci volle un millisecondo affinché si risvegliasse, prendendo forma dallo sguardo divertito e irritante del punk. Perché sì: Gwen era stata una vera illusa a pensare che avrebbe deciso di archiviare il loro trascorso. No, Duncan non aveva proprio intenzione di smettere di rivendicare la scomodità nella quale si erano cacciati, nella quale l’aveva cacciata, si era cacciata: perché in effetti la responsabilità era stata soltanto sua, di Gwen. Se lei non fosse andata a cercarlo, niente sarebbe accaduto: avrebbe potuto continuare a scansare le sue battutine fingendosi immune al suo carisma e totalmente disinteressata al suo tocco. Ma non lo era. Così quando Duncan fece scivolare una mano lungo il suo braccio, a sottolineare l’espressività di un rauco e appena mormorato: «E il nostro segreto?», Gwen si sentì rabbrividire e subito lo scostò.
«Comunque, se la tua preoccupazione è di non avere abbastanza fan tra gli snob intellettuali che frequentano lo speakeasy, tranquilla, verrò io a fare il tifo per te.»
«Certo! Proprio come sei venuto ieri sera!»
Duncan rise. «Ma ieri sera c’era il tuo fidanzato, non mi sarei divertito e le canzoni che suonavano erano talmente insopportabili…»
Lo sguardo turbato di Gwen venne attraversato da una scintilla, perché se Duncan aveva idea di quali canzoni fossero state proposte, doveva necessariamente averle sentite. Owen non si era inventato un bel niente, quindi. Duncan era passato. Duncan aveva tenuto fede alla sua promessa, circa. Poteva fidarsi di lui. Così gli allungò un braccio.
«Quindi prometti che verrai?»
Lui strinse la sua mano fredda e sottile senza nemmeno pensarci su.
«Te l’ho detto. Sarò la tua groupie.»
Gwen rise. «Addirittura?»
Il sorrisetto di Duncan si sbilanciò. «Certo, ha i suoi vantaggi. Sai, spesso le groupie venivano ricambiate dalle rockstar con favori speciali per il loro sostegno.»
«Peccato che io non sia generosa come una rockstar.»
Duncan soffiò tra i denti: «Dicono tutte così.»
Prima che Gwen potesse replicare, i passi provenienti dalle scale superiori catturarono l’attenzione di entrambi. A comparire dalla rampa fu Chris McLean che, dopo avere individuato i due, esclamò indicandoli: «È proprio voi che cerco!» Li raggiunse col suo andamento un po’ zoppicante e si infilò tra loro, per rivolgere a Gwen un supplichevole: «Tu saprai di certo come funziona il romanticismo, vero ragazzina?!» La sua intonazione vagamente perentoria intimorì inizialmente la gotica. Intanto Duncan, alle spalle dell’anziano, se la rideva chiedendosi che cavolo stesse farneticando.
«S-Sì? Circa, almeno… Penso…»
«Bene!» L’entusiasmo di Chris tagliò l’aria come le sue braccia, che si precipitarono a stringere le spalle di Gwen in una mal riuscita manifestazione di riconoscenza. «Perché mi serve il tuo aiuto!»
Chris spiegò la situazione: quel giorno era il compleanno della moglie Blaineley; «Che età?» chiese Duncan, ma «Che razza di domande! La bellezza non si data!» Duncan si accese una sigaretta per intrattenersi quel minimo in più da rendere la situazione sopportabile; tanto amore l’avrebbe portato allo svenimento. E Gwen lo stava pure ascoltando, il vecchio! Sembrava addirittura interessata! Ma non era quella indifferente, lei? La ragazza gotica e impassibile? Duncan si chiedeva cosa la frenasse dall’invitare McLean a tornarsene nel suo appartamento e asfissiare qualcun altro. Che fosse davvero dolce, lei? Mah. Duncan non sapeva quale versione di Gwen avrebbe preferito: di certo trovava eccitante l’immagine della finta-distaccata ustionata dal fuoco della passione; inoltre le ragazze dolci, agli occhi del punk, apparivano talmente appiccicose e ingenue… così innocenti da non comprendere mai le sue vere intenzioni. Una vera seccatura. Ma Gwen non era una seccatura e, anche in momenti come quello con Chris, che cercava di articolare le sue intenzioni di sorprendere la festeggiata ingarbugliandosi di continuo tra le parole perché: «Ma non sono certo uno romantico, io! Com’è che si fa?», riusciva ad apparire genuina e disponibile, sì, ma non sprovveduta. Era un mix glaciale ma tiepido, Gwen: caffè bollente rovesciato a filo su un cubetto di ghiaccio che si scioglie e allunga l’amaro, un gusto che però rimane sempre piacevole, più originale. Un gusto che l’aggiunta di zucchero non farebbe che corrompere, rovinare.
«Adesso Blaineley è al suo corso di… come si chiama quella cosa inutile? Ah ecco, yoga! Ma insomma, ho poco tempo! Mi serve qualche consiglio subito! Voi siete giovani e stupidi, queste cose dell’amore le saprete fin troppo bene, no?!»
Fu a questo punto che Duncan esplose in una fragorosa risata: «Consigli? Romantici? Da me? Oh no» Scosse energicamente la testa. «Mi spiace, non sono la persona adatta.»
Gwen ridacchiò con fare derisorio. «Ma c’è qualcosa a cui sei adatto, tu?» Posizionò una mano sul fianco ostentando sicurezza, come se il coltello dalla parte del manico lo tenesse lei! E invece no, era ben saldo nella stretta di Duncan: «Oh, lo sai eccome a cosa sono adatto, Gwen.» Lei distolse fulminea lo sguardo sentendosi andare a fuoco, e non solo per l’irritazione creata dalla voce provocatoria del suo vicino.
Cercando di allontanare da sé le parole di Duncan, rincorse frettolosamente e con troppo entusiasmo per suonare sincero: «Non preoccuparti, Chris! Ti aiuterò io! Entra pure!» Si scostò per far passare l’anziano. Poi inarcò le sopracciglia osservando Duncan.
«Che c’è?»
Gwen gli fece cenno di seguire McLean nel suo appartamento.
«Ehi, ho già detto di non essere utile per queste cose!»
«Ed è per questo che avrai sicuramente bisogno di una lezione su come far funzionare i tuoi sentimenti! Scommetto che scoprendoli diventeresti più simpatico!»
Duncan sbuffò. «Io sono già simpatico!»
Gwen allargò un sorrisino subdolo. «E scommetto che Courtney gradirebbe qualche gesto dolce, ogni tanto!»
Il volto di Duncan si fece più torvo. «Courtney non è… Oh, al diavolo.» Precedette Gwen nel suo appartamento lasciando la frase a metà, che tanto spiegarle il suo punto di vista, per l’ennesima volta, si sarebbe rivelato inutile.

***

Heather accese il telefono soltanto dopo esser tornata a casa; più precisamente, dopo esser stata riaccompagnata dalla Mercedes di Alejandro e, per non tralasciare alcun dettaglio, dopo aver ascoltato Courtney dirle: «Il tuo compagno di band Trent è venuto qui stamattina, aveva qualcosa da dirti, dovresti chiamarlo.» Heather pensava davvero che Trent avesse qualcosa di urgente da farle sapere: qualcosa a proposito dell’esibizione della sera precedente, magari... Erano piaciuti? Li rivolevano?
Ma Trent non sapeva niente di tutto ciò: l’unica cosa che gli premeva comunicarle non riguardava nessuno all’infuori di loro due.
«Finalmente, eh?» Heather lo sentì ridacchiare attraverso il cellulare e sentì il senso di fastidio dispiegarsi. Perché conosceva Trent e conosceva la sua risata imbarazzata da “Si capisce che sto sdrammatizzando, no?” e “Devo dirti questo, ma tu non devi prendertela”. Heather se la stava già prendendo, però.
«Ieri sera sei proprio sparita di colpo… ti hanno rapita per caso?»
«No, Trent. Ovviamente no.» Impassibile come suo solito, non fece giri di parole prima di chiedere: «Cosa vuoi sapere, Trent?»
Il ragazzo temporeggiò un po’; farfugliava parole sconnesse mentre lucidava l’ennesima chitarra e intanto si domandava come avrebbe potuto porre la questione nel modo più intelligente e meno invasivo. Ma Heather bloccò presto il suo farneticare: «Trent.»
Seguì qualche istante di silenzio. Trent respirò a fondo, prima di ammettere: «Lo so che te ne sei andata con Alejandro.»
Heather sentì il sangue gelarle nelle vene.
«E vi ho visti prima di suonare, nella sua macchina... e c’è solo una cosa che non capisco: perché l’hai sempre negato?»
«P-Perché…» Nessuna risposta coerente le raggiunse le labbra. Perché? Perché non era vero, ecco perché. Eppure, allo stesso tempo, lo era eccome: lei era andata in un sudicio motel con Alejandro quella notte, e la loro storia durava da ben più tempo… ma come ammetterlo? Heather lo sapeva bene: quel ragazzo era il suo più grande punto debole. Chiarirlo non avrebbe fatto altro che spogliarla della sua sicurezza, allontanarla da sé stessa… non poteva permetterlo. Così si limitò a dire: «Perché non c’è niente.»
«Ma vi ho visti coi miei occhi, Heather!»
«E allora?!» lo gridò, non riuscendo a contenere l’agitazione; esigeva di essere sfogata, in qualche modo.
«Mi spieghi qual è il punto, Trent? Anche noi ci baciamo, anche noi andiamo a letto, e allora? Non significa niente!»
«N-Niente?» Confusione, nervosismo, il cuore d’un tratto più debole, ferito, ma perché? «Niente di niente? Io pensavo fossimo amici, Heather! E in tutto questo tempo non mi hai mai parlato nemmeno una volta del tuo legame con Alejandro! Tu non hai solo sviato Heather, tu hai sempre detto che tutte quelle storie che racconta lui non erano vere! E io ti ho sempre creduta! Anche quando Alejandro parlava di te con Scott, io ti ho sempre difesa! Mi sento… tradito, ecco! Come dovrei sentirmi, secondo te?! Mi sono sempre fidato di te e mi hai raccontato solo menzogne!»
«Tradito, mi sono sempre fidato… Ma che vuoi, Trent? Proprio tu vuoi parlarmi di lealtà?» Dovette sforzarsi, Heather, per non lasciar scappare un soffio di risa. Era così patetico. «Senti: mi hai chiesto di aiutarti e lo sto facendo, ma non c’è niente tra noi due che non sia dell’amicizia e una band. I miei rapporti con Alejandro al di fuori del gruppo non devono importarti. Inoltre, io racconto quello che voglio come lo voglio e se non ne parlo, evidentemente, ho i miei motivi. Tu non sei nessuno per dirmi come dovrei comportarmi. Quindi fammi il piacere, evita queste scenate inutili!» Chiuse la chiamata prima di concedere a Trent il tempo di replicare. Era incazzata con lui, sì. Le aveva sbandierato contro il suo tallone d’Achille: i sentimenti. Per di più, l’aveva fatto con aria di rimprovero. Iniziò a massaggiarsi la fronte con le dita per calmarsi, per lasciare andare l’irritazione, ma questa non ne voleva proprio sapere di affievolirsi.

Soltanto sollevando gli occhi dopo una manciata di minuti, Heather si accorse di non essere sola in cucina. Courtney stava sgranocchiando un biscotto al cioccolato. Nonostante fosse impegnata a sfogliare i social con apparente trasporto, aveva ascoltato ogni parola del discorso della cugina. Heather non le diede peso; infondo, a quale contro? Da mesi Courtney insisteva sull’amore provato da Heather per lo spagnolo, che spesso era capitato in casa loro. E a proposito di Trent, a chi importava se avesse scoperto dei loro trascorsi? Tanto Courtney, con tutta probabilità, non l’avrebbe incontrato mai più. Heather si alzò per andare a farsi una doccia. Soltanto dopo esser rimasta sola in cucina Courtney posò il telefono sul ripiano, lasciandosi assorbire totalmente dai dubbi riguardanti il perché quel ragazzo così dolce che aveva avuto modo di conoscere tramite Duncan avesse deciso di tradire la sua fidanzata, Gwen, per Heather. Sospirò allibita dal genere umano e dalle labbra le sfuggì un: «Ma perché le persone sono così poco intelligenti?!» Quindi masticò l’ultimo pezzetto di biscotto, raccolse il telefono e tornò in camera.

Dall’altra parte Trent, ancora col telefono in mano a guardare lo schermo nero, continuava a sentirsi perso. La voce di lei, che solitamente riusciva così bene a distenderlo, questa volta aveva solo impresso negatività sui suoi presentimenti, presentimenti che ora si potevano dire concreti. Trent era cosciente che la ragione stesse dalla parte della ragazza, tuttavia non riusciva a gestire la questione con leggerezza. Se con Gwen si sentiva sempre investito dall’ombra di timore di perderla ed Heather non era affatto sua… allora su cosa poteva contare, lui?

***

Chris si guardava intorno con sguardo attento, quasi che una trappola, tesa appositamente per lui, minacciasse di apparire improvvisamente per assalirlo. Però non era preoccupato: era soltanto concentrato, incredibilmente, e i suoi occhi studiavano con accuratezza, nonostante la distanza, le scie di acrilico pitturate da Gwen sulle tele disposte a perimetrare il soggiorno. Intanto la ragazza illustrava quello che sarebbe stato il piano d’azione di Chris come fosse stata una missione di estrema importanza, sotto lo sguardo attonito di Duncan che continuava a chiedersi: ma perché? Gli tornò in mente la scena vissuta al suo risveglio: Trent che bussa alla porta di Courtney cercando la cugina per dirle qualcosa di tanto importante da non poter essere anticipato. Guardò Gwen; no, era troppo rilassata per trattenere della gelosia nel cuore. Inoltre Trent si era ripetutamente dimostrato cotto marcio unicamente per la fidanzata, questo Duncan lo ricordava fin troppo bene: un ricordo a forma di pugno ben saldo. Sentì i nervi a fior di pelle soltanto di fronte alla memoria. Ma allora che ci faceva lì tanto presto, Trent? Forse doveva semplicemente restituire qualcosa alla sua amichetta di sfigata-band, ma perché non aveva consegnato niente a Courtney allora? Che fosse lì proprio per lei, in realtà? E magari Courtney l’aveva protetto per… Oh, no no no: troppe congetture assurde. Infondo non c’erano dubbi sull’evidenza che il cuore di Courtney scalpitasse solo per lui, Duncan. Magari Trent si stesse vedendo con lei! In questo modo gli avrebbe perfino fatto un favore, aiutandolo ad allontanare la ragazza. Perché insomma, non che gli tornasse scomoda, ma un po’ di distanza non sarebbe di certo guastata. Duncan odiava sentirsi vincolato a qualcuno e Courtney, quando si metteva a parlare, lo faceva sentire proprio così: come se volesse tenerlo al guinzaglio. Illusa.

Gwen si accese una sigaretta, ripetendo per l’ennesima volta a Chris il motivo per il quale sarebbe stato fondamentale l’acquisto di un bel mazzo di fiori. Duncan notò l’eleganza con cui giocherellò con l’accendono prima di avvicinarlo alla cartina, notò le sue labbra tendersi in avanti, tenendo fermo il filtro. E non riuscì a risparmiarsi dal commentare: «Guarda che così farai arrabbiare la tua nauseante metà, bellezza. Non puoi certo prenderti un cancro e lasciarlo solo con un vicino come me.»
Gwen scosse la testa. «Trent ha finalmente capito che dirmi cosa devo o no fare è totalmente inutile. Ha smesso di insistere. Prima lo faceva ogni giorno… Beh, tanto meglio così.»
«Il primo passo verso la morte dell’amore è la morte dell’interesse verso la salute dell’altro» commentò incurante Chris McLean.
Gwen gli rivolse un’occhiataccia cupa. «Ti ringrazio per la perla poetica, Chris.»
Chris, con fare flemmatico: «Non c’è di che, Gwen. Sapete, in questo periodo non ho nulla da fare, nessuno da criticare… riempio il tempo leggendo romanzi drammatici. Ho scoperto che è un genere che mi piace molto. Beh, non che sia sorprendente…» Sorrise tra sé. «…Anche nella vita ho sempre avuto un debole per il dramma!» Scoppiò a ridere improvvisamente, dal nulla, per una manciata di secondi. Rise al punto che due lacrime gli si formarono ai lati degli occhi. Dovette raccoglierle con l’indice. «Oh, sì… dramma totale*! Che divertimento, ragazzi! Comunque. Dov’è che eravamo arrivati? Ah sì, i fiori.»
«Dovrai andare a prenderli freschi» ripeté per l’ennesima volta Gwen «E farglieli trovare a casa quando torna, in un bel vaso sistemato su un tavolo, magari… o con qualche petalo in giro…» Arrossì appena al ricordo: Trent le aveva fatto trovare l’appartamento disseminato di petali di rosa rossa il precedente San Valentino. Gwen non si sarebbe mai stancata di affermare la sua avversione verso i più sdolcinati sentimentalismi, perfino essere lì a parlare d’amore con Chris McLean la metteva abbastanza a disagio – ma era solo un debole anziano! Come avrebbe potuto rifiutare di andargli incontro? –, però quella sorpresa di Trent le aveva sciolto il cuore. Non era nemmeno riuscita a fingere di trovare quell’atmosfera esagerata; si era sentita semplicemente commossa e innamorata, così tanto…
«Bella addormentata? Ci sei?» Duncan le stava sventolando la mano a una spanna dagli occhi. Intanto diversa cenere si era accumulata all’estremità della sigaretta che Gwen teneva tra l’indice e il medio. Sorrise.
«Mi ero solo incantata.»
«Sì, ok» la liquidò Chris McLean, «ma quindi io cosa dovrei fare esattamente? Comprare anche un vaso?»
«Se non ne hai uno sì, così puoi sistemarlo su un tavolo in bella vista.»
«E devo anche spolverarlo quel tavolo!» Chris McLean scosse ripetutamente la testa. «Blaineley mi ha raccomandato di pulire la casa prima di uscire! Ma secondo me voleva solo punirmi perché pensava mi fossi dimenticato del suo compleanno! E invece cavolo, sì che me lo sono ricordato! Però come faccio a pulire? Sono troppo stanco e vecchio per pulire! Come si trovano le donne delle pulizie?!»
Gwen ridacchiò. «Buffo, Duncan stava giusto cercando un lavoretto, no Duncan?»
Lui le rivolse un’occhiata torva. «Scordatelo, non farò mai la donna delle pulizie!»
Gwen: «E i soldi per vivere dove li troverai?»
Duncan accartocciò le labbra. Detestava essere in torto. Fare lo schizzinoso non l’avrebbe portato lontano. Certo, avrebbe sempre potuto rivolgersi a Noah per… ma no, lui aveva chiuso. Perché Duncan amava il pericolo, ma anche la sua incolumità.
«È piccola, la casa?» domandò allora a Chris.
L’anziano scosse le spalle con fare ovvio. «È esattamente come questa, in che altro modo dovrebbe essere, secondo te?»
Duncan diede un’occhiata in giro. Quanto sarebbe stato difficile pulire un due locali? Poi i vecchi non ci vedono, pensava; avrebbe potuto ostentare un finto impegno e nessuno se ne sarebbe mai accorto. L’unico a rimetterci, in effetti, sarebbe stato il suo orgoglio, orgoglio che, nonostante il sorrisetto beffardo di Gwen, decise di calpestare. Alzò gli occhi al soffitto, le braccia incrociate con rassegnazione, e: «Ok, andata.»
Gwen ripeté un’altra volta il piano passo per passo, davanti ai cenni di assenso di Chris McLean, meccanici per lo più - in realtà a tratti nemmeno ascoltava - dopodiché lui tornò nel suo appartamento, seguito dalla neoassunta donna delle pulizie alias Duncan Nelson.

Aprì la porta dopo aver provato a inserire ogni chiave nella serratura, perché: «Dannazione, ma sono tutte uguali… Perché non le fanno diverse?», nonostante, agli occhi di Duncan, diverse lo fossero eccome, ognuna col suo manico rivestito di plastica colorata.
Quando Chris aprì finalmente la porta, però, lo sguardo del punk si riaccese in un secondo.
«Ma che…»
Chris si voltò verso di lui. «Che dici?»
«Questi quadri sono…»
Il sorriso di Chris McLean si piegò in segno di appagamento. «Straordinari? Incredibili? Rinomati?»
Ma Duncan disse solo: «Tantissimi…»
Non c’era una parete che non fosse tappezzata di cornici; ce n’erano di tutte le forme e di ogni materiale: da quelle più semplici, nere o metalliche, ad altre più antiche, lignee o dorate, intagliate in sottili nastri argentei o pitturate in modo uniforme. A Duncan non interessava l’arte; non riusciva a capire che gusto ci fosse nel circondarsi di opere per il semplice fine di appenderle a un muro. Agli occhi di Duncan, l’arte era soltanto bella e inutile, un mix alquanto drammatico: perché certo, un quadro si può danneggiare, si può buttare per terra oppure tagliare con una lama – e ciò che Duncan riteneva utile era proprio questo: distruggere, sfogarsi –, ma non senza un vicino senso di colpa, perché ogni opera è un lavoro, ogni opera è bellezza e, soprattutto, è stata pagata. Tuttavia, nonostante la sua percezione, non poté fare a meno di sentirsi rapito dall’appartamento di Chris McLean. Anche l’anziano se ne accorse e subito modificò la sua espressione facciale, tramutandola in aspramente seccata nel giro di un insignificante secondo. «Hai finito di fare il guardone? Io non pago i guardoni!»
«Ma perché sono così tanti? È una… com’è che si chiama? Collezione?»
«Non pago neanche gli impiccioni! Mettiti a pulire, prima che torni mia moglie! Ho detto che dev’essere tutto perfetto! Io intanto vado a comprare i fiori, come ha consigliato Gwen…» Si fermò sulla soglia e portò una mano alla tempia, in preda a un nuovo dubbio. Con la voce improvvisamente più agitata, domandò a Duncan: «Ma che tipo di fiori?!»
Il punk si limitò a sollevare le spalle e, afferrando la situazione nel modo a lui più conveniente, commentò: «Il mio compito è soltanto quello di pulire, non di dare inutili consigli.»
Chris sospirò. «Sì, giusto… Infondo cosa si potrà mai esigere da un tipo che ha più piercing sulla faccia che neuroni nel cervello?» Si sbatté una mano sulla fronte per esibire la delusione sentita nei confronti del punk, ma lui non si curò minimamente della scena. Quindi Chris concluse: «Andrò a chiederlo a Gwen.»
«Buon viaggio…» lo salutò ironico Duncan. Mollò a terra la scopa non appena Chris McLean ebbe richiuso la porta alle sue spalle. Poi si stravaccò sul divano per qualche minuto: quei quadri erano maledettamente inquietanti e maledettamente tantissimi. Una serie di ritratti teneva gli occhi inchiodati a lui facendolo sentire osservato; centinaia di occhi dipinti su volti realistici e dolci, colpiti dalla luce naturale che filtrava dalle finestre. Sembrano reali. Quando le voci di Chris e Gwen terminarono di spargere le loro eco al piano superiore, Duncan aprì la porta e scese la rampa di scale. Nel giro di cinque minuti, Gwen dovette per la seconda volta precipitarsi alla porta.
«E tu che vuoi?»
«Devi salire!» Duncan afferrò il polso della ragazza per persuaderla a seguirlo, ma Gwen si liberò subito con uno strattone.
«Ehi, non sono io a dover pulire! Non ho intenzione di farlo al tuo posto!»
«Ma che hai capito, non è per quello! Giuro! Vieni!»
Gwen inarcò le sopracciglia. «Oggi stai promettendo un po’ troppo, Duncan… non starai rischiando?»
«Oh, Dio!» sbuffò. «Due minuti! Muoviti, prima che il vecchio ritorni!»
«Non c’è pericolo…» Gwen sorrise. «Non aveva idea di dove fosse il fioraio, l’ho mandato a un paio di isolati da qui. Non tornerà molto presto, a considerare dalla sua andatura, poi…»
«Muoviti comunque!» Duncan prese Gwen per la mano e iniziò a correre su per la rampa di scale portandosela dietro. Le loro dita erano intrecciate. Gwen non riusciva a staccare gli occhi da quel loro contatto, nemmeno durante la corsa sui gradini, che minacciavano continuamente di farla inciampare. Avvertiva il tepore del palmo di Duncan avvolgere la sua mano pallida e riscaldarla un poco, quel tanto che fa la differenza. Gwen si sentì strana. Lei non aveva amici così, come Duncan. I suoi amici erano freddi, un po’ come lei. Non erano vitali come lui, non la prendevano per mano in quel modo. Nemmeno Trent lo faceva: Trent l’accarezzava, la stringeva in dolci abbracci, ma quel contatto con la mano di Duncan… quello le apparì di colpo più spontaneo e sincero di qualsiasi altro gesto. Ne rimase rapita, totalmente, finché il punk, con la stessa facilità con la quale l’aveva stretta, non mollò la presa per aprire la porta. E Gwen si sentì un po’ meno piena.
«Guarda che roba!»
Gwen lo precedette in casa. L’ammaliamento che provò di fronte alle pareti di Chris McLean soppiantò totalmente il senso di vuoto provocato dalla perdita del contatto con Duncan. Si sentiva, Gwen, come collegata tramite un cavo ad ogni singolo quadro, fonte di elettricità. Un milione di scariche si propagò nel suo corpo in un continuo brivido d’incanto. Così tanto lavoro, così tanto valore, tutto compresso in un piccolo bilocare, abitato da una coppia di anziani egocentrici sì, ma riservati.
Riuscì soltanto a dire: «È… assurdo»
Essendo tutte coperte di vetri e cornici, Duncan indietreggiò fino alla porta per appoggiare la schiena. Con la soddisfazione dipinta nello sguardo, disse: «Visto, che sono una persona affidabile?»
Gwen si voltò leggermente verso di lui. «Per il momento.» Allontanò una sedia dal tavolo per mettersi a sedere, continuando a scrutare le pareti.
«Dici che quello fosse lui da giovane? Assomiglia» osservò.
Duncan si avvicinò al quadro indicato dalla ragazza. «Ma perché cavolo avrebbe dovuto posare in quel modo?»
«Una scelta artistica?»
«Una scelta da schifo» precisò Duncan. «Ma quanti soldi deve avere McLean per permettersi tutta questa roba?»
«Tanti, direi… E nonostante questo vive in questo palazzo! Non è esilarante?»
«È solo privo di senso.» Duncan si stravaccò sul divano, del tutto incurante di quello che avrebbe dovuto essere il suo incarico.
«Gli hai chiesto perché li ha? Magari è del mestiere…»
Alzando gli occhi, Duncan ripeté in tono annoiato le parole di Chris McLean: «”Io non pago gli impiccioni”… quindi no, non ne ho idea, bellezza.»
«E piantala!» esclamò lei riferendosi, per l'ennesima volta, allo scomodo soprannome affibbiatole. Senza smettere di ridacchiare, gli avvicinò la scopa tenendola per il manico. «E datti da fare! Sei qui per questo, no?»
Duncan liberò un sospiro. «Che ne dici di darci da fare, invece?»
Gwen inarcò le sopracciglia. Risposta ovvia, ovvio che no. Così, riluttante, Duncan si alzò e cominciò a pulire quel pavimento in parquet sentendosi un perfetto idiota, soprattutto per via dello sguardo di Gwen che, divertita, lo osservava da quella che fino a poco prima era stata la sua posizione.
«È comodo questo divano!» osservò, piacevolmente stupita, accarezzandone la pelle.
«Se devi rimanere lì, almeno sforzati di essere di supporto!» ribatté Duncan, ma Gwen era così divertita da quella situazione: le dava l’impressione di essere finalmente un gradino più in alto rispetto a lui. Ogni volta che l’aveva pensato in precedenza, la considerazione si era sempre rivelata illusoria. Non in questo caso, però: adesso Duncan era all’angolo, a pulire l’appartamento di Chris McLean per una misera mancia, e lei era ben comoda sul divano dell’anziano a guardarlo con appagamento. Ora chi è a vincere, eh Duncan?

Ma Chris McLean tornò troppo presto: «Ho trovato un baracchino proprio dietro l’angolo! Che grande fortuna, se avessi ascoltato te non sarei tornato più! Ma aspetta. Tu perché sei in casa mia? E tu che cavolo hai fatto in questo lasso di tempo?! Qui vedo solo polvere, polvere! Muovetevi, entrambi!
» Si abbandonò a un sospiro esasperato. «Ora… ora vado a ritirare la torta che ho ordinato, e quando torno dovrà essere tutto in ordine, tutto! Quindi lavorate!»
Gwen esclamò: 
«Cosa? Anch'io?! Ma che c'entro?!», ma Chirs McLean nemmeno le rispose e uscì nuovamente sbattendosi la porta alle spalle.
Duncan commentò: «Ma i vecchi non dovrebbero essere mezzi ciechi?»
Gwen ridacchiò sottovoce. «Evidentemente non è il suo caso.»
Così anche la gotica si vide costretta a impugnare uno straccio e presto la consapevolezza che ogni suo vantaggio verso il punk non sarebbe mai stato connotato da altro che dalla temporaneità la colpì come uno schiaffo.
Tuttavia, con l’accompagnamento delle battute di Duncan e i suoi scherzi improvvisi, anche il lavoro non si rivelò affatto male, alla fine.
 


Eeeeeeccoci di nuovo qui! E questa volta con un capitolo particolarmente estetico (si nota che l’estetica è una disciplina che personalmente AMO? Ahaha) grazie alla particolare e misteriosa veste di Chris McLean, che finalmente emerge con la sua contorta personalità, irritata da chiunque, vagamente sadica, MA con un nascosto angolino di dolcezza, dedicato solo alla cara moglie Blaineley Mildred ^^ chissà cos’avrà da rivelarci?!
Ammetto che per l’arredamento decisamente caratteristico delle pareti di Chris sono stata ispirata dal film “La migliore offerta”, che oltretutto consiglio a tutti di vedere :) (soprattutto se, come me, amate i film drammatici, riflessivi, profondi, e legati all'arte)
So che il capitolo non contiene avvenimenti trascendentali, ma quella di tenerlo abbastanza lineare è stata una scelta stilistica che ho fatto proprio nel tentativo di bilanciare la trama, dato che nei capitoli precedenti c’è sempre quel “gradino” di dramma aggiuntivo... e chissà nei prossimi! Quindi mare calmo per questa volta xD … tranne che per alcuni piiiccoli dettagli che avrete sicuramente notato, eheh…
Per il resto vediamo un’altra sfumatura del legame Duncan-Gwen e anche di quello Trent-Heather! Qual è il personaggio che vi sta affascinando di più per il momento? E quale filone di trama, tra i vari inciuci/drammi/amori/debolezze (altro che altainfedeltà xD qui diventa beautiful)? Fatemelo sapere, insieme alle vostre impressioni sul capitolo! Come sottolineo ogni volta, leggo sempre le recensioni come segno di fondamentale supporto, e apprezzo infinitamente tanto il tempo che mi dedicate! Inoltre non mi stancherò mai di ringraziare i lettori attivi: è solo grazie a voi che la mia motivazione di continuare la storia non si è ancora arresa :) Spero di continuare regolarmente le pubblicazioni nonostante gli impegni che promettono un drastico crescendo ^^"

A presto!
Alyeska707


*ovviamente con dramma totale volevo alludere alla traduzione letterale di Total Drama xD i riferimenti non saranno mai abbastanza!
   
 
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