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Autore: persikka    17/05/2005    2 recensioni
La storia dei Malandrini, del sesto anno di Harry e di un improbabile futuro... una storia che svelerà il segreto della profezia di Voldemort...
Per ora sono abbastanza avanti con la seconda parte della storia e spero di finirla presto! ^.^
Fatemi sapere cosa ne pensate, le recensioni sono sempre gradite!^_-
(La riposto dopo averla cancellata per sbaglio ._.)
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Capitolo 4

Il mistero svelato 

 

When you see familiar faces,
But you don't remember

where they're from,
Could you be wrong?

                                    

 

 

S

i resero conto di essere state vittime accidentali di una Passaporta solo dopo essere ruzzolati a terra, battendo sui duri scalini di pietra all’entrata della catapecchia. L’impatto fu duro, ma ancor più duro fu lo sconcerto per il luogo completamente sconosciuto in cui si erano venuti a ritrovare.

Sirius fu il primo a rialzarsi e, quasi come riflesso condizionato, dopo una rapida occhiata tutt’intorno estrasse la bacchetta e rimase guardingo di pochi passi avanti a Lupin e Eveline, che si rialzavano in quel momento.

“Niente di rotto?” domandò Lupin, tendendo la mano alla donna e aiutandola a rialzarsi.

Eveline si alzò barcollando, aveva battuto la caviglia e stentava a reggersi in piedi per il dolore immediato della botta.

“Spero di no… ma… che diavolo è successo?”

Lupin diede una scrollata di spalle ed estrasse anche lui la bacchetta.

“Non ne ho idea ma è meglio tenersi pronti…”

“Pronti…?” ripeté Eveline, senza capire.

“Già, questo posto ha l’aria di non essere teatro di allegre passeggiate o gioiose merende con gli amici… se non se n’è accorta qui c’è qualcuno che ci ha teso un agguato…” ringhiò Sirius, sempre lanciandosi attorno occhiate circospette.

Eveline sbuffò, riservandogli un’occhiata tagliente. Ma chi si credeva di essere per parlarle così? D’impulso trasse anche lei la sua bacchetta e fece per andare a ribattere in faccia a Sirius quel che pensava, ma Lupin la fermò con un braccio facendole segno di tacere. Simultaneamente anche Sirius era arretrato di qualche passo, giusto per ritirarsi nella zona d’ombra proiettata dal muro, per poter spiare, bacchetta vibrante, i movimenti sinistri che, sia lui che Lupin, avevano avvertito dietro l’angolo.

Eveline li seguì zoppicando levando anche lei la bacchetta. Si stava chiedendo cosa gli fosse mai capitato, preoccupata per quel che potevano pensare di lei a scuola. Non era molto professionale sparire di punto in bianco, lasciando proprio prima delle vacanze, periodo critico soprattutto per gli alunni del quinto e settimo anno in quanto era un periodo fondamentale per la preparazione dei GUFO e dei MAGO, le classi scoperte per tutto il giorno. Chissà Silente come si sarebbe infuriato! E lei aveva così bisogno di quel lavoro… cosa avrebbe fatto se fosse stata licenziata?

Si portò una mano sulla fronte massaggiandosi le tempie. Ci mancava solo l’emicrania…

“Sicura che sia tutto a posto? Ha l’aria stanca…” le sussurrò Lupin, vedendola in quello stato.

La donna sollevò di colpo il viso, incrociando le iridi ambrate di Remus e la sorpresa del momento mutò in meditazione. Si soffermò istanti che le parvero anni su quello sguardo color del miele; come mai le pareva, di colpo, così familiare? Suoni e immagini confuse, macchie appena accennate di colore le affollarono la mente per pochi istanti per poi lasciare spazio ad un’emicrania più forte di prima.

“Ah!”

Si inginocchiò a terra lasciando cadere la bacchetta, portandosi entrambe le mani al capo dolorante. Le tempie le martellavano confondendo e amplificando i rumori intorno a lei. C’era qualcuno che le parlava o era la sua immaginazione? Ma le parole erano confuse e poi non poteva fare altro che tapparsi le orecchie perché altrimenti sentiva che il cervello le sarebbe esploso per l’esagerato frastuono.

 

Les… ange…

…Lestr… nge…

 

Cos’era stato quel suono confuso? Se l’era immaginato oppure qualcuno le aveva davvero sussurrato all’orecchio quello che sembrava un nome? E com’è che suonava? Eveline ricordava solo suoni delicati e nel contempo duri, scuri evocanti cose spiacevoli… non ricordava già più…

“Come avete detto?” ansimò, alzando lo sguardo in un momento di lucidità verso Sirius e Lupin.

Il lupo mannaro era chino su di lei, con uno sguardo preoccupato le cingeva le spalle in un gesto spaventato e apprensivo, mentre Sirius, apparentemente estraneo a quanto le accadeva, gettava un occhio dietro all’angolo. Alle sue parole si volse con sguardo preoccupato.

“Lestrange! Dannazione… ci sono tutti quanti! E perfino quel dannatissimo Malfoy!” sibilò.

Lupin strabuzzò gli occhi.

“Come? E vengono qui?”

Sirius annuì mordendosi il labbro.

“Beh, non possiamo certo rimanere qui! Sono… in superiorità numerica, vero?”

“Già”

“Come si fa? Sirius, lei è ferita, ha battuto la caviglia, zoppica e poi… beh, non sta bene, guarda tu stesso!” disse indicando Eveline, che sentiva un decimo delle battute che i due si scambiavano.

Sirius diede uno scatto nervoso voltando la testa indietro poi tornò a fissare l’amico, stringendo così forte la bacchetta da dare l’impressione di volerla spezzare.

“Cristo…”

Dei passi e delle voci concitate si avvertivano sempre più prossime dietro all’angolo scrostato della casa. Gli occhi azzurri di Sirius incontrarono quelli ambrati di Lupin con un guizzo di decisione diretta a velare il terrore. Cosa potevano fare contro un gruppo di Mangiamorte che, quasi sicuramente, erano gli organizzatori dell’agguato e miravano a ucciderli? Loro erano in tre, per di più Eveline era praticamente già fuori combattimento, e solo da quel che aveva potuto sbirciare Sirius i loro avversari li battevano sia come numero che come abilità. Inutile fingere, si disse Sirius, se era uscito non proprio indenne dal suo precedente scontro con Bellatrix questa volta niente portava a pensare che sarebbe andata di nuovo così. Quella era gente pericolosa, senza scrupoli, erano lì per ucciderli! E stavolta non c’era nessun Silente a coprirgli le spalle…

“Allora?”

“Non lo so! Non lo so! Qui siamo messi veramente male! Se ci beccano è la fine, non ne usciamo stavolta…”

Sirius fece una pausa gettando un’occhiata apprensiva dietro di sé. I passi erano sempre più vicini.

“Se giochiamo bene le nostre carte…”

“Sii realista!”

“No, Felpato, ascolta! Li hai visti? Quanti sono?”

“Mmh… se… saranno cinque o sei, al massimo! Remus, sono troppi!”

Lupin si fece pensieroso.

“Ce la facciamo. Senti, l'importante è evitare che prendano lei, non avrebbe speranze sul serio… ma se noi ci nascondiamo poi aspettiamo che si dividano per venire a cercarci e li prendiamo uno per uno…”

“Oh, e chi ti dice che lo faranno?!”

“Sssht! Abbassa la voce!” disse, zittendolo, Lupin e controllò che i loro inseguitori non fossero già troppo vicini “non abbiamo niente da perdere, al massimo guadagneremo tempo!”

Sirius parve rifletterci, poi, dopo che la risata stridula della cugina fu echeggiata per l’ambiente circostante, annuì velocemente e seguì l’amico infilandosi dentro la catapecchia tra le assi sconnesse dell’uscio d’entrata.

L’ambiente interno era polveroso e buio, somigliava molto alla vecchia casa Black quando non era stata ancora rassettata, aveva anche la stessa sontuosità decadente della dimora paterna degli antenati di Sirius. Grandi stanze si aprivano sul corridoio completamente immerso nel buio, nelle quali si intravedevano, sommersi sotto strati infiniti di polvere, oggetti antichi, mobili preziosi e trasandati. I tre attraversarono il grande salone fino a giungere sotto alla finestra che dava sul giardinetto di fronte. Le assi traballanti lasciavano spazio per studiare la scena che si stava svolgendo all’esterno.

“Perché lo stai facendo?”

I grandi occhi ambrati di Lupin lo squadrarono brillando nel buio senza capire il senso della domanda. Sirius proseguì.

“Tutto questo… voglio dire, potremmo scappare…”

Lo stupore di Lupin si accentuò mentre Sirius pareva serio più che mai.

“Scappare? Avremmo dovuto lasciarla qui? Ma ti pare?!”

Sirius non si scompose.

“Abbassa la voce. E non fare finta di non aver capito, lo sai di cosa parlo…”

“Non lo so, invece.” l'espressione di Lupin stava mutando, da sorpresa era diventata infastidita; ma dove voleva arrivare Sirius con quelle insinuazioni?!

L’amico sospirò scotendo la testa, come spazientito dall’atteggiamento del licantropo.

è da quando l’hai vista che ti comporti in modo così… così… apprensivo! Insomma, non so, ti stai preoccupando in maniera eccessiva! E il fatto che tu ne abbia così cura anche ora…” Sirius accennò con la testa alle mani di Lupin ancora appoggiate alle spalle di Eveline e, come se ne accorse anche lui, si affrettò a toglierle “è insopportabilmente strano! Ti comporti come… come… se… si trattasse di lei, accidenti!!”

Sirius distolse lo sguardo da Lupin, volgendo la testa di lato, quasi infastidito dalle sue stesse parole. Ci furono attimi di silenzio, in cui echeggiarono chiare le voci degli incappucciati… ormai anche loro erano vicinissimi.

“Non ti rendi conto di quel che dici.” tagliò corto Remus e volse anche lui la testa dall’altro lato.

Come poteva anche solo pensarle, quelle cose? Lui non avrebbe mai confuso nessun’altra per Heather… mai… come poteva? Nessuna sarebbe mai stata come lei. Il suo sguardo caldo cadde sul viso semisvenuto di Eveline. Ma quei suoi lineamenti delicati… i capelli biondi le cadevano dietro al capo e le spalle come un’aura dorata e scintillante, sembrava un angelo dalle labbra seriche e la pelle pallida. Senza accorgersene Remus le stava sfiorando il viso morbido. Ritrasse in fretta la mano accertandosi che Sirius non lo stesse guardando, fortunatamente aveva gli occhi puntati sul cortiletto all’esterno.

Stupido. Maledì in silenzio il discorso dell’amico che gli aveva messo in testa quei pensieri assurdi e tornò a concentrarsi sulla loro situazione disperata. I Mangiamorte avevano girato l’angolo… no, nessun’altra avrebbe mai potuto prendere il suo posto, ne era certo. Distolse lo sguardo dal viso di Eveline e lo proiettò fuori dalle fenditure che lasciavano le assi sconnesse.

Subito ai suoi occhi comparvero gli incappucciati. La sua prima reazione fu un brivido che gli gelò la colonna vertebrale. Si scosse cercando di non pensare a quanto avrebbe potuto aspettarli, e si sforzò di sbattere fuori dalla mente quel pensiero. Tornò a rivolgere lo sguardo verso il cortiletto. Il gruppetto avanzava, avvolto nei lunghi e stracciati mantelli neri, con una lentezza esasperante; quando furono arrivati nel centro dello spiazzo si fermarono e si guardarono attorno con fare circospetto. Evidentemente cercavano le loro vittime.

“E ora dove sono?!” la vocetta stridula e isterica di Bellatrix irruppe come una scarica elettrica che li attraversò da parte a parte.

Con un gesto di stizza si levò il cappuccio, rivelando il bel viso segnato dalla detenzione ad Azkaban, ormai magro e sciupato. Gli altri Mangiamorte la guardarono turbati, ora la donna stringeva la bacchetta mentre la rabbia e l’impazienza le deformavano il viso in una smorfia inquietante.

“Cerca di controllarti, Bella!” era stato Malfoy a parlare.

Era andato verso di lei con fare accorto, quasi avesse paura di una sua reazione, e si era sfilato il cappuccio, lasciando che i lunghi capelli quasi color argento gli ricadessero morbidi sulle spalle. Per tutta risposta Bellatrix diede uno scatto con il capo e si volse completamente verso di lui, i nervi a fior di pelle, tesa come un cobra che allarga il cappuccio per attaccare la preda, e le peggiori maledizioni che conosceva sulla punta della lingua. Mosse un passo, facendo ticchettare il tacco a spillo sul selciato.

“Non sono venuta qui per ascoltare le tue prediche, Lucius! Ricordi le parole del Padrone? Se siamo qui è per sistemare quel piccolo moccioso arrogante di un Potter!”

Lucius, che per un attimo era stato spiazzato dall’impeto della donna, aveva ripreso il suo freddo autocontrollo e la fissava con le palpebre socchiuse, in una finta posa di superiorità, ben sapendo quanto questo avrebbe potuto farla irritare.

“Lo so bene” rispose, secco, al suo indirizzo “e anche io voglio sistemare al più presto questo fastidioso affare…”

“Potter dov’è?” lo interruppe con voce velenosa.

Lucius la fissò senza parole per un attimo.

“Co…sa?”

Bellatrix volse all’indietro la testa e i suoi capelli corvini descrissero un elegante semicerchio in aria.

“Dove è quel pidocchioso mezzosangue? Tu lo vedi? Io no… e senza di lui sarà difficile portare a termine il piano del Padrone…” la sua voce s’era fatta dura e tagliente.

Appena ebbe pronunciate quelle parole gli altri Mangiamorte si volsero intorno come ad accorgersi solo allora che, in effetti, Potter non c’era. Sussurri agitati serpeggiarono per il gruppetto.

“Insomma!” Malfoy non aveva intenzione di farsi prendere dal panico come i compagni, ma Bellatrix aveva in pugno la situazione più di lui “si saranno solo nascosti nella speranza di guadagnare tempo… non c’è nulla di che preoccuparsi!”

Bellatrix sbuffò, incrociando le braccia al petto, ora anche gli altri Mangiamorte sembravano più tranquilli.

“Ok, ok… mettiamola così… l’importante è che li prendiamo alla svelta! Non mi va di perdere altro tempo in questo posto pidocchioso!” disse arricciando il labbro con fare spocchioso.

Lucius Malfoy si lasciò sfuggire un sorrisetto di trionfo prima di voltarsi verso il gruppetto, rimettendosi il cappuccio scuro.

“Visto che Potterino vuol giocare a nascondino lo accontenteremo… d'altronde è lui la star” risatine di circostanza da parte dei compagni e un grugnito di disapprovazione da parte di Bella “Rodolphus, Rabastan, Tiger, voi andate lungo il perimetro della casa! McNair, Rookwood voi al secondo piano! Munchiber resta di guardia, nel caso tentassero la fuga mentre non ci siamo! Io e Bella perlustreremo il primo piano della casa, è tutto chiaro?”

Cenni d’assenso prima di separarsi e dirigersi dove Lucius Malfoy aveva stabilito, con le bacchette saldamente impugnate e pronte a colpire chiunque gli si fosse parato davanti nel tentativo d’impedirgli il compimento della missione.

Nascosti ancora sotto alla malandata finestra Lupin e Sirius sudavano freddo al pensiero che tutte le loro vie di fuga erano precluse, qualunque cosa facessero avrebbero dovuto affrontare almeno uno o due Mangiamorte con la zavorra rappresentata da Eveline che pareva priva di sensi.

“Che facciamo?” Sirius rivolse all’amico uno sguardo agitato e supplichevole, come se Lupin fosse a conoscenza della soluzione.

“Non so… forse dovremmo muoverci, per far sì che non ci trovino…” il labbro inferiore gli tremava mentre pronunciava quelle parole, sapeva che non sarebbe servito a nulla perché non avrebbero potuto scappare per sempre.

Sirius la pensava allo stesso modo ma non oppose questioni e si alzò in ginocchio, pronto ad una fuga rapida, afferrando il braccio dell’amico e rivolgendogli un sorriso nel tentativo di rassicurarlo.

“Ce la faremo.”

Lupin sorrise di rimando, anche se non avrebbe saputo dire se fosse proprio un sorriso la smorfia che aveva fatto, i suoi muscoli facciali erano così irrigiditi dal terrore che pur mettendocela tutta quella era la cosa più simile ad un sorriso che riuscisse a tirar fuori in quel momento.

Scotendo dolcemente Eveline per le spalle riuscì a svegliarla un poco dal torpore, poi, per quanto riusciva, le fece capire che dovevano affrettarsi a fuggire. La donna, dopo un attimo di smarrimento fece per seguire l’esempio di Sirius e Lupin, che già avanzavano quatti quatti verso l’ombra imponente del pianoforte che avrebbe potuto offrirgli un nascondiglio più sicuro e un punto di vista più ampio sugli spostamenti dei Mangiamorte, quando, all’improvviso, avvertì il famigliare, ma sgradito, dolore lancinante all’altezza del braccio sinistro. Con un grido che le svegliò tutti i sensi assopiti si accasciò nuovamente a terra, contorcendosi come in preda agli spasmi.

Atterriti i due uomini si voltarono al loro indirizzo vedendo le loro, già ridottissime, possibilità di fuga ridursi a zero. Il loro sgomento aumentò ancora di più quando realizzarono che stava male, si reggeva il braccio incapace di trattenersi dall’urlare, anche se oramai il Marchio era già sparito e con lui anche il dolore provocato. Mossero appena un passo nella sua direzione che già Bellatrix, Lucius e Munchiber erano sulla soglia, allertati dal grido e sorpresi di trovarli lì. Nel mentre che i loro sguardi s’incrociavano e il terrore di Sirius e Lupin si acutizzava proporzionalmente allo sbigottimento dei Mangiamorte li raggiunsero anche tutti gli altri scagnozzi.

Nella penombra non si accorsero subito di Eveline, che, d’altronde, era ancora piegata su sé stessa, sotto alla finestra.

“Cosa ci fate, voi, qui?” domandò Malfoy nello sbigottimento generale.

Ma prima che i due potessero ribattere, sempre che avessero trovato le parole che gli morivano in gola ancor prima di esser pronunciate, fu Bellatrix a prendere la parola con fare isterico e irato.

“Dov’è Potter?!” sbraitò, movendo un mezzo passo verso i due.

Sirius e Lupin si fissarono sorpresi.

“H-Harry?” sillabò Sirius.

Lo sbigottimento era ormai generale, tutti meno Bellatrix, si scambiavano sguardi attoniti. Nel silenzio teso che era calato nessuno aveva più prestato attenzione ad Eveline, la quale era ancora rannicchiata nel tentativo di eliminare le ultime tracce di dolore.

Qualcosa, al riemergere dell’antico tatuaggio, era più chiaro nella sua mente, come se un pensiero celato per troppo a lungo nei meandri della sua memoria premesse per uscire ed essere rivelato. Tuttavia quella “cosa” manteneva ancora i contorni indefiniti di un sogno al risveglio. Il dolore pian piano svaniva ed Eveline acquistava coscienza di trovarsi in un angusto ambiente buio e polveroso, mise a fuoco la vista e vide la superficie consunta del divano di fronte a lei. Odore di vecchio e di abbandonato. Tutto attorno a lei. Un flash le riportò alla mente gli avvenimenti degli ultimi minuti, la Passaporta e l’arrivo in quella gelida radura. I due uomini che erano con lei l’avevano portata dentro la catapecchia. Ne era quasi certa. Alzandosi a fatica li cercò con lo sguardo e il cuore le saltò un battito quando s’accorse che erano circondati da un gruppo di incappucciati con le bacchette protese verso di loro. Due figure, un uomo dalla fluente chioma quasi albina e una bella donna dal viso sciupato, li scrutavano con espressione indecifrabile; lui sembrava sbigottito nel modo più assoluto, mentre lei, da un primo stadio di stupore, stava rapidamente passando alla collera più nera.

Senza preavviso avanzò con passo deciso verso Sirius e gli mollò un sonoro ceffone, con una tale follia invasata da sbatterlo a terra.

“Brutto imbecille! Tu… tu… cosa ci fai qui?! Potter! Potter dov’è?!” la sua voce aveva una inumana nota stridula ed altissima.

Portandosi la mano alla guancia offesa Sirius la fissò con odio, da sotto le ciocche scomposte di capelli corvini. Gli stessi lucidi capelli corvini.

Lupin fece per muoversi verso di lui, ma un gesto deciso di Lucius Malfoy gli fece capire di non muoversi. La spavalderia di Bellatrix e la paura palpabile di Sirius e Remus avevano galvanizzato il gruppetto di Mangiamorte, che avevano impugnato saldamente le loro bacchette e si scambiavano sorrisetti arroganti.

“Tu vaneggi! Perché Harry dovrebbe essere qui?!”

Il labbro di Bellatrix si corrucciò in una smorfia di rabbia intensa.

“Sta zitto e non mentire! Deve essere qui! Il Padrone ha detto che sarebbe stato qui! Non poteva andare altrimenti!”

“Tu sei completamente pazza”

“Tu! S-sei tu che sei pazzo! Pazzo! Pazzo! Pazzo! E lo nascondi! Lo so che lo nascondi!”

In uno scatto d’ira buttò all’aria lo sgabello tarlato che le stava accanto. Ben presto anche le sedie sgualcite che incontrò sul suo cammino fecero la stessa fine, rivoltando sul pavimento l’ovatta marcita della loro imbottitura.

I Mangiamorte come Remus e Sirius la fissavano spauriti buttare all’aria la stanza, gridando il nome di Harry.

Anche Eveline l’osservava da lontano. Era pazza. Aveva letto di lei, Bellatrix Lestrange, una pericolosa ex-Mangiamorte scappata da Azkaban. Ed era veramente pazza come si diceva. Osservandoli attentamente riconobbe anche negli altri uomini che la circondavano tutti quei ex-Mangiamorte evasi pochi mesi prima dalla prigione dei maghi. A quanto aveva potuto vedere anche le voci che giravano sul fatto che Voldemort stesse cercando Harry erano vere e capì le infinite preoccupazioni di Silente a scuola per tenerlo fuori da ogni possibile situazione pericolosa.

Approfittando della confusione creata dalla donna e dal fatto che nessuno avesse notato la sua presenza si tastò le tasche alla ricerca della sua bacchetta magica, ma, con suo grave disappunto, notò che era rotolata a pochi metri da lei; giaceva incustodita accanto ad un piedino consunto del divano. Controllando che nessuno le prestasse attenzione scivolò verso di essa, gattoni nella polvere. Ormai l’aveva quasi già toccata con la punta delle dita…

Un appuntito pezzo di legno, scheggiato dal grosso tavolo in legno massello che Bellatrix aveva appena schiantato, le si piantò proprio di fronte facendole perdere qualche battito. Involontariamente si lasciò sfuggire un gemito, tappandosi subito la bocca con entrambe le mani, ma era troppo tardi. Tutti l’avevano notata.

Impaurita, si trovò gli sguardi, tornati stupiti, di tutti i presenti puntati addosso. Bellatrix sgranò gli occhi nel vederla e si fermò nel gesto di gettare il contenuto di una teca di vetro a terra.

I loro occhi s’incontrarono… cristallo nel cristallo… per un lungo attimo che fece dolere la testa ad Eveline. Poi, senza alcun preavviso, le labbra rosse di Bellatrix s’incurvarono in un ghigno traverso.

“Mi chiedevo quando t’avrei rivista…” mormorò come deliziata “Heather…”

 

 

 

  
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