Capitolo 4
Il mistero svelato
When
you see familiar faces,
But you don't remember
where they're from,
Could you be wrong?
S |
i
resero conto di essere state vittime accidentali di una Passaporta solo dopo essere
ruzzolati a terra, battendo sui duri scalini di pietra all’entrata della
catapecchia. L’impatto fu duro, ma ancor più duro fu lo sconcerto per il luogo
completamente sconosciuto in cui si erano venuti a ritrovare.
Sirius
fu il primo a rialzarsi e, quasi come riflesso condizionato, dopo una rapida
occhiata tutt’intorno estrasse la bacchetta e rimase guardingo di pochi passi
avanti a Lupin e Eveline, che si rialzavano in quel momento.
“Niente
di rotto?” domandò Lupin, tendendo la mano alla donna e aiutandola a rialzarsi.
Eveline
si alzò barcollando, aveva battuto la caviglia e stentava a reggersi in piedi
per il dolore immediato della botta.
“Spero
di no… ma… che diavolo è successo?”
Lupin
diede una scrollata di spalle ed estrasse anche lui la bacchetta.
“Non ne
ho idea ma è meglio tenersi pronti…”
“Pronti…?”
ripeté Eveline, senza capire.
“Già,
questo posto ha l’aria di non essere teatro di allegre passeggiate o gioiose
merende con gli amici… se non se n’è accorta qui c’è qualcuno che ci ha teso un
agguato…” ringhiò Sirius, sempre lanciandosi attorno occhiate circospette.
Eveline
sbuffò, riservandogli un’occhiata tagliente. Ma chi si credeva di essere per
parlarle così? D’impulso trasse anche lei la sua bacchetta e fece per andare a
ribattere in faccia a Sirius quel che pensava, ma Lupin la fermò con un braccio
facendole segno di tacere. Simultaneamente anche Sirius era arretrato di
qualche passo, giusto per ritirarsi nella zona d’ombra proiettata dal muro, per
poter spiare, bacchetta vibrante, i movimenti sinistri che, sia lui che Lupin,
avevano avvertito dietro l’angolo.
Eveline
li seguì zoppicando levando anche lei la bacchetta. Si stava chiedendo cosa gli
fosse mai capitato, preoccupata per quel che potevano pensare di lei a scuola.
Non era molto professionale sparire di punto in bianco, lasciando proprio prima
delle vacanze, periodo critico soprattutto per gli alunni del quinto e settimo
anno in quanto era un periodo fondamentale per la preparazione dei GUFO e dei
MAGO, le classi scoperte per tutto il giorno. Chissà Silente come si sarebbe
infuriato! E lei aveva così bisogno di quel lavoro… cosa avrebbe fatto se fosse
stata licenziata?
Si
portò una mano sulla fronte massaggiandosi le tempie. Ci mancava solo
l’emicrania…
“Sicura
che sia tutto a posto? Ha l’aria stanca…” le sussurrò Lupin, vedendola in
quello stato.
La
donna sollevò di colpo il viso, incrociando le iridi ambrate di Remus e la
sorpresa del momento mutò in meditazione. Si soffermò istanti che le parvero
anni su quello sguardo color del miele; come mai le pareva, di colpo, così
familiare? Suoni e immagini confuse, macchie appena accennate di colore le
affollarono la mente per pochi istanti per poi lasciare spazio ad un’emicrania
più forte di prima.
“Ah!”
Si
inginocchiò a terra lasciando cadere la bacchetta, portandosi entrambe le mani
al capo dolorante. Le tempie le martellavano confondendo e amplificando i
rumori intorno a lei. C’era qualcuno che le parlava o era la sua immaginazione?
Ma le parole erano confuse e poi non poteva fare altro che tapparsi le orecchie
perché altrimenti sentiva che il cervello le sarebbe esploso per l’esagerato
frastuono.
Les… ange…
…Lestr… nge…
Cos’era
stato quel suono confuso? Se l’era immaginato oppure qualcuno le aveva davvero sussurrato
all’orecchio quello che sembrava un nome? E com’è che suonava? Eveline
ricordava solo suoni delicati e nel contempo duri, scuri evocanti cose
spiacevoli… non ricordava già più…
“Come
avete detto?” ansimò, alzando lo sguardo in un momento di lucidità verso Sirius
e Lupin.
Il lupo
mannaro era chino su di lei, con uno sguardo preoccupato le cingeva le spalle
in un gesto spaventato e apprensivo, mentre Sirius, apparentemente estraneo a
quanto le accadeva, gettava un occhio dietro all’angolo. Alle sue parole si
volse con sguardo preoccupato.
“Lestrange!
Dannazione… ci sono tutti quanti! E perfino quel dannatissimo Malfoy!” sibilò.
Lupin
strabuzzò gli occhi.
“Come?
E vengono qui?”
Sirius
annuì mordendosi il labbro.
“Beh,
non possiamo certo rimanere qui! Sono… in superiorità numerica, vero?”
“Già”
“Come
si fa? Sirius, lei è ferita, ha battuto la caviglia, zoppica e poi… beh, non
sta bene, guarda tu stesso!” disse indicando Eveline, che sentiva un decimo
delle battute che i due si scambiavano.
Sirius
diede uno scatto nervoso voltando la testa indietro poi tornò a fissare
l’amico, stringendo così forte la bacchetta da dare l’impressione di volerla
spezzare.
“Cristo…”
Dei
passi e delle voci concitate si avvertivano sempre più prossime dietro all’angolo
scrostato della casa. Gli occhi azzurri di Sirius incontrarono quelli ambrati
di Lupin con un guizzo di decisione diretta a velare il terrore. Cosa potevano
fare contro un gruppo di Mangiamorte che, quasi sicuramente, erano gli
organizzatori dell’agguato e miravano a ucciderli? Loro erano in tre, per di
più Eveline era praticamente già fuori combattimento, e solo da quel che aveva
potuto sbirciare Sirius i loro avversari li battevano sia come numero che come
abilità. Inutile fingere, si disse Sirius, se era uscito non proprio indenne
dal suo precedente scontro con Bellatrix questa volta niente portava a pensare
che sarebbe andata di nuovo così. Quella era gente pericolosa, senza scrupoli,
erano lì per ucciderli! E stavolta non c’era nessun Silente a coprirgli le
spalle…
“Allora?”
“Non lo
so! Non lo so! Qui siamo messi veramente male! Se ci beccano è la fine, non ne
usciamo stavolta…”
Sirius
fece una pausa gettando un’occhiata apprensiva dietro di sé. I passi erano
sempre più vicini.
“Se
giochiamo bene le nostre carte…”
“Sii
realista!”
“No,
Felpato, ascolta! Li hai visti? Quanti sono?”
“Mmh…
se… saranno cinque o sei, al massimo! Remus, sono troppi!”
Lupin
si fece pensieroso.
“Ce la
facciamo. Senti, l'importante è evitare che prendano lei, non avrebbe speranze
sul serio… ma se noi ci nascondiamo poi aspettiamo che si dividano per venire a
cercarci e li prendiamo uno per uno…”
“Oh, e
chi ti dice che lo faranno?!”
“Sssht!
Abbassa la voce!” disse, zittendolo, Lupin e controllò che i loro inseguitori
non fossero già troppo vicini “non abbiamo niente da perdere, al massimo
guadagneremo tempo!”
Sirius
parve rifletterci, poi, dopo che la risata stridula della cugina fu echeggiata
per l’ambiente circostante, annuì velocemente e seguì l’amico infilandosi
dentro la catapecchia tra le assi sconnesse dell’uscio d’entrata.
L’ambiente
interno era polveroso e buio, somigliava molto alla vecchia casa Black quando
non era stata ancora rassettata, aveva anche la stessa sontuosità decadente della
dimora paterna degli antenati di Sirius. Grandi stanze si aprivano sul
corridoio completamente immerso nel buio, nelle quali si intravedevano,
sommersi sotto strati infiniti di polvere, oggetti antichi, mobili preziosi e
trasandati. I tre attraversarono il grande salone fino a giungere sotto alla
finestra che dava sul giardinetto di fronte. Le assi traballanti lasciavano
spazio per studiare la scena che si stava svolgendo all’esterno.
“Perché
lo stai facendo?”
I
grandi occhi ambrati di Lupin lo squadrarono brillando nel buio senza capire il
senso della domanda. Sirius proseguì.
“Tutto
questo… voglio dire, potremmo scappare…”
Lo
stupore di Lupin si accentuò mentre Sirius pareva serio più che mai.
“Scappare?
Avremmo dovuto lasciarla qui? Ma ti pare?!”
Sirius
non si scompose.
“Abbassa
la voce. E non fare finta di non aver capito, lo sai di cosa parlo…”
“Non lo
so, invece.” l'espressione di Lupin stava mutando, da sorpresa era diventata
infastidita; ma dove voleva arrivare Sirius con quelle insinuazioni?!
L’amico
sospirò scotendo la testa, come spazientito dall’atteggiamento del licantropo.
“è da quando l’hai vista che ti comporti
in modo così… così… apprensivo! Insomma, non so, ti stai preoccupando in
maniera eccessiva! E il fatto che tu ne abbia così cura anche ora…” Sirius
accennò con la testa alle mani di Lupin ancora appoggiate alle spalle di
Eveline e, come se ne accorse anche lui, si affrettò a toglierle “è
insopportabilmente strano! Ti comporti come… come… se… si trattasse di lei,
accidenti!!”
Sirius
distolse lo sguardo da Lupin, volgendo la testa di lato, quasi infastidito
dalle sue stesse parole. Ci furono attimi di silenzio, in cui echeggiarono
chiare le voci degli incappucciati… ormai anche loro erano vicinissimi.
“Non ti
rendi conto di quel che dici.” tagliò corto Remus e volse anche lui la testa
dall’altro lato.
Come
poteva anche solo pensarle, quelle cose? Lui non avrebbe mai confuso
nessun’altra per Heather… mai… come poteva? Nessuna sarebbe mai stata come lei.
Il suo sguardo caldo cadde sul viso semisvenuto di Eveline. Ma quei suoi
lineamenti delicati… i capelli biondi le cadevano dietro al capo e le spalle
come un’aura dorata e scintillante, sembrava un angelo dalle labbra seriche e
la pelle pallida. Senza accorgersene Remus le stava sfiorando il viso morbido.
Ritrasse in fretta la mano accertandosi che Sirius non lo stesse guardando,
fortunatamente aveva gli occhi puntati sul cortiletto all’esterno.
Stupido.
Maledì in silenzio il discorso dell’amico che gli aveva messo in testa quei
pensieri assurdi e tornò a concentrarsi sulla loro situazione disperata. I
Mangiamorte avevano girato l’angolo… no, nessun’altra avrebbe mai potuto
prendere il suo posto, ne era certo. Distolse lo sguardo dal viso di Eveline e
lo proiettò fuori dalle fenditure che lasciavano le assi sconnesse.
Subito
ai suoi occhi comparvero gli incappucciati. La sua prima reazione fu un brivido
che gli gelò la colonna vertebrale. Si scosse cercando di non pensare a quanto
avrebbe potuto aspettarli, e si sforzò di sbattere fuori dalla mente quel
pensiero. Tornò a rivolgere lo sguardo verso il cortiletto. Il gruppetto
avanzava, avvolto nei lunghi e stracciati mantelli neri, con una lentezza
esasperante; quando furono arrivati nel centro dello spiazzo si fermarono e si guardarono
attorno con fare circospetto. Evidentemente cercavano le loro vittime.
“E ora
dove sono?!” la vocetta stridula e isterica di Bellatrix irruppe come una
scarica elettrica che li attraversò da parte a parte.
Con un
gesto di stizza si levò il cappuccio, rivelando il bel viso segnato dalla
detenzione ad Azkaban, ormai magro e sciupato. Gli altri Mangiamorte la
guardarono turbati, ora la donna stringeva la bacchetta mentre la rabbia e
l’impazienza le deformavano il viso in una smorfia inquietante.
“Cerca
di controllarti, Bella!” era stato Malfoy a parlare.
Era
andato verso di lei con fare accorto, quasi avesse paura di una sua reazione, e
si era sfilato il cappuccio, lasciando che i lunghi capelli quasi color argento
gli ricadessero morbidi sulle spalle. Per tutta risposta Bellatrix diede uno
scatto con il capo e si volse completamente verso di lui, i nervi a fior di
pelle, tesa come un cobra che allarga il cappuccio per attaccare la preda, e le
peggiori maledizioni che conosceva sulla punta della lingua. Mosse un passo,
facendo ticchettare il tacco a spillo sul selciato.
“Non
sono venuta qui per ascoltare le tue prediche, Lucius! Ricordi le parole del
Padrone? Se siamo qui è per sistemare quel piccolo moccioso arrogante di un
Potter!”
Lucius,
che per un attimo era stato spiazzato dall’impeto della donna, aveva ripreso il
suo freddo autocontrollo e la fissava con le palpebre socchiuse, in una finta
posa di superiorità, ben sapendo quanto questo avrebbe potuto farla irritare.
“Lo so
bene” rispose, secco, al suo indirizzo “e anche io voglio sistemare al più
presto questo fastidioso affare…”
“Potter
dov’è?” lo interruppe con voce velenosa.
Lucius
la fissò senza parole per un attimo.
“Co…sa?”
Bellatrix
volse all’indietro la testa e i suoi capelli corvini descrissero un elegante
semicerchio in aria.
“Dove è
quel pidocchioso mezzosangue? Tu lo vedi? Io no… e senza di lui sarà difficile
portare a termine il piano del Padrone…” la sua voce s’era fatta dura e
tagliente.
Appena
ebbe pronunciate quelle parole gli altri Mangiamorte si volsero intorno come ad
accorgersi solo allora che, in effetti, Potter non c’era. Sussurri agitati
serpeggiarono per il gruppetto.
“Insomma!”
Malfoy non aveva intenzione di farsi prendere dal panico come i compagni, ma Bellatrix
aveva in pugno la situazione più di lui “si saranno solo nascosti nella
speranza di guadagnare tempo… non c’è nulla di che preoccuparsi!”
Bellatrix
sbuffò, incrociando le braccia al petto, ora anche gli altri Mangiamorte
sembravano più tranquilli.
“Ok,
ok… mettiamola così… l’importante è che li prendiamo alla svelta! Non mi va di
perdere altro tempo in questo posto pidocchioso!” disse arricciando il labbro
con fare spocchioso.
Lucius
Malfoy si lasciò sfuggire un sorrisetto di trionfo prima di voltarsi verso il
gruppetto, rimettendosi il cappuccio scuro.
“Visto
che Potterino vuol giocare a nascondino lo accontenteremo… d'altronde è lui la
star” risatine di circostanza da parte dei compagni e un grugnito di
disapprovazione da parte di Bella “Rodolphus, Rabastan, Tiger, voi andate lungo
il perimetro della casa! McNair, Rookwood voi al secondo piano! Munchiber resta
di guardia, nel caso tentassero la fuga mentre non ci siamo! Io e Bella
perlustreremo il primo piano della casa, è tutto chiaro?”
Cenni
d’assenso prima di separarsi e dirigersi dove Lucius Malfoy aveva stabilito,
con le bacchette saldamente impugnate e pronte a colpire chiunque gli si fosse
parato davanti nel tentativo d’impedirgli il compimento della missione.
Nascosti
ancora sotto alla malandata finestra Lupin e Sirius sudavano freddo al pensiero
che tutte le loro vie di fuga erano precluse, qualunque cosa facessero
avrebbero dovuto affrontare almeno uno o due Mangiamorte con la zavorra
rappresentata da Eveline che pareva priva di sensi.
“Che
facciamo?” Sirius rivolse all’amico uno sguardo agitato e supplichevole, come
se Lupin fosse a conoscenza della soluzione.
“Non
so… forse dovremmo muoverci, per far sì che non ci trovino…” il labbro
inferiore gli tremava mentre pronunciava quelle parole, sapeva che non sarebbe
servito a nulla perché non avrebbero potuto scappare per sempre.
Sirius
la pensava allo stesso modo ma non oppose questioni e si alzò in ginocchio,
pronto ad una fuga rapida, afferrando il braccio dell’amico e rivolgendogli un
sorriso nel tentativo di rassicurarlo.
“Ce la
faremo.”
Lupin
sorrise di rimando, anche se non avrebbe saputo dire se fosse proprio un
sorriso la smorfia che aveva fatto, i suoi muscoli facciali erano così
irrigiditi dal terrore che pur mettendocela tutta quella era la cosa più simile
ad un sorriso che riuscisse a tirar fuori in quel momento.
Scotendo
dolcemente Eveline per le spalle riuscì a svegliarla un poco dal torpore, poi,
per quanto riusciva, le fece capire che dovevano affrettarsi a fuggire. La
donna, dopo un attimo di smarrimento fece per seguire l’esempio di Sirius e
Lupin, che già avanzavano quatti quatti verso l’ombra imponente del pianoforte
che avrebbe potuto offrirgli un nascondiglio più sicuro e un punto di vista più
ampio sugli spostamenti dei Mangiamorte, quando, all’improvviso, avvertì il
famigliare, ma sgradito, dolore lancinante all’altezza del braccio sinistro.
Con un grido che le svegliò tutti i sensi assopiti si accasciò nuovamente a
terra, contorcendosi come in preda agli spasmi.
Atterriti
i due uomini si voltarono al loro indirizzo vedendo le loro, già ridottissime,
possibilità di fuga ridursi a zero. Il loro sgomento aumentò ancora di più
quando realizzarono che stava male, si reggeva il braccio incapace di
trattenersi dall’urlare, anche se oramai il Marchio era già sparito e con lui
anche il dolore provocato. Mossero appena un passo nella sua direzione che già
Bellatrix, Lucius e Munchiber erano sulla soglia, allertati dal grido e
sorpresi di trovarli lì. Nel mentre che i loro sguardi s’incrociavano e il
terrore di Sirius e Lupin si acutizzava proporzionalmente allo sbigottimento
dei Mangiamorte li raggiunsero anche tutti gli altri scagnozzi.
Nella
penombra non si accorsero subito di Eveline, che, d’altronde, era ancora piegata
su sé stessa, sotto alla finestra.
“Cosa
ci fate, voi, qui?” domandò Malfoy nello sbigottimento generale.
Ma
prima che i due potessero ribattere, sempre che avessero trovato le parole che
gli morivano in gola ancor prima di esser pronunciate, fu Bellatrix a prendere
la parola con fare isterico e irato.
“Dov’è
Potter?!” sbraitò, movendo un mezzo passo verso i due.
Sirius
e Lupin si fissarono sorpresi.
“H-Harry?” sillabò Sirius.
Lo
sbigottimento era ormai generale, tutti meno Bellatrix, si scambiavano sguardi
attoniti. Nel silenzio teso che era calato nessuno aveva più prestato
attenzione ad Eveline, la quale era ancora rannicchiata nel tentativo di
eliminare le ultime tracce di dolore.
Qualcosa,
al riemergere dell’antico tatuaggio, era più chiaro nella sua mente, come se un
pensiero celato per troppo a lungo nei meandri della sua memoria premesse per
uscire ed essere rivelato. Tuttavia quella “cosa” manteneva ancora i contorni
indefiniti di un sogno al risveglio. Il dolore pian piano svaniva ed Eveline
acquistava coscienza di trovarsi in un angusto ambiente buio e polveroso, mise
a fuoco la vista e vide la superficie consunta del divano di fronte a lei.
Odore di vecchio e di abbandonato. Tutto attorno a lei. Un flash le riportò
alla mente gli avvenimenti degli ultimi minuti, la Passaporta e l’arrivo in
quella gelida radura. I due uomini che erano con lei l’avevano portata dentro
la catapecchia. Ne era quasi certa. Alzandosi a fatica li cercò con lo sguardo
e il cuore le saltò un battito quando s’accorse che erano circondati da un
gruppo di incappucciati con le bacchette protese verso di loro. Due figure, un
uomo dalla fluente chioma quasi albina e una bella donna dal viso sciupato, li
scrutavano con espressione indecifrabile; lui sembrava sbigottito nel modo più
assoluto, mentre lei, da un primo stadio di stupore, stava rapidamente passando
alla collera più nera.
Senza
preavviso avanzò con passo deciso verso Sirius e gli mollò un sonoro ceffone,
con una tale follia invasata da sbatterlo a terra.
“Brutto
imbecille! Tu… tu… cosa ci fai qui?! Potter! Potter dov’è?!” la sua voce aveva
una inumana nota stridula ed altissima.
Portandosi
la mano alla guancia offesa Sirius la fissò con odio, da sotto le ciocche
scomposte di capelli corvini. Gli stessi lucidi capelli corvini.
Lupin
fece per muoversi verso di lui, ma un gesto deciso di Lucius Malfoy gli fece
capire di non muoversi. La spavalderia di Bellatrix e la paura palpabile di
Sirius e Remus avevano galvanizzato il gruppetto di Mangiamorte, che avevano
impugnato saldamente le loro bacchette e si scambiavano sorrisetti arroganti.
“Tu
vaneggi! Perché Harry dovrebbe essere qui?!”
Il
labbro di Bellatrix si corrucciò in una smorfia di rabbia intensa.
“Sta
zitto e non mentire! Deve essere qui! Il Padrone ha detto che sarebbe stato
qui! Non poteva andare altrimenti!”
“Tu sei
completamente pazza”
“Tu!
S-sei tu che sei pazzo! Pazzo! Pazzo! Pazzo! E lo nascondi! Lo so che lo
nascondi!”
In uno scatto
d’ira buttò all’aria lo sgabello tarlato che le stava accanto. Ben presto anche
le sedie sgualcite che incontrò sul suo cammino fecero la stessa fine,
rivoltando sul pavimento l’ovatta marcita della loro imbottitura.
I
Mangiamorte come Remus e Sirius la fissavano spauriti buttare all’aria la
stanza, gridando il nome di Harry.
Anche
Eveline l’osservava da lontano. Era pazza. Aveva letto di lei, Bellatrix
Lestrange, una pericolosa ex-Mangiamorte scappata da Azkaban. Ed era veramente
pazza come si diceva. Osservandoli attentamente riconobbe anche negli altri
uomini che la circondavano tutti quei ex-Mangiamorte evasi pochi mesi prima
dalla prigione dei maghi. A quanto aveva potuto vedere anche le voci che
giravano sul fatto che Voldemort stesse cercando Harry erano vere e capì le
infinite preoccupazioni di Silente a scuola per tenerlo fuori da ogni possibile
situazione pericolosa.
Approfittando
della confusione creata dalla donna e dal fatto che nessuno avesse notato la
sua presenza si tastò le tasche alla ricerca della sua bacchetta magica, ma,
con suo grave disappunto, notò che era rotolata a pochi metri da lei; giaceva
incustodita accanto ad un piedino consunto del divano. Controllando che nessuno
le prestasse attenzione scivolò verso di essa, gattoni nella polvere. Ormai
l’aveva quasi già toccata con la punta delle dita…
Un
appuntito pezzo di legno, scheggiato dal grosso tavolo in legno massello che
Bellatrix aveva appena schiantato, le si piantò proprio di fronte facendole
perdere qualche battito. Involontariamente si lasciò sfuggire un gemito,
tappandosi subito la bocca con entrambe le mani, ma era troppo tardi. Tutti
l’avevano notata.
Impaurita,
si trovò gli sguardi, tornati stupiti, di tutti i presenti puntati addosso.
Bellatrix sgranò gli occhi nel vederla e si fermò nel gesto di gettare il
contenuto di una teca di vetro a terra.
I loro
occhi s’incontrarono… cristallo nel cristallo… per un lungo attimo che fece
dolere la testa ad Eveline. Poi, senza alcun preavviso, le labbra rosse di
Bellatrix s’incurvarono in un ghigno traverso.
“Mi
chiedevo quando t’avrei rivista…” mormorò come deliziata “Heather…”