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Autore: MalfoyAmalia    28/04/2021    0 recensioni
Dopo la vittoria di Harry Potter su Voldemort, la vita ricomincia a scorrere tranquilla. Una tranquillità che permette a Ronald Weasley ed Hermione Granger di riconoscersi e finalmente dare spazio al loro sentimento. Ma il trio potrà davvero vivere un anno totalmente tranquillo? E se, a cambiare le carte in tavola ci pensasse "Second Choice"? E poi, se tutto parte da lì, vi rimarrà ancorato a ciò o "avrà ripercussioni anche all'esterno"?
Ma soprattutto: cos'è "Second Choice"? Per avere risposta non vi resta che leggere e scoprirlo.
Piccola avvertenza: in base a come si svilupperanno determinate questioni non so ancora se la storia potrebbe diventare classificata come "raiting rosso"
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo 6 – Casella 5 : il mondo di Pansy
I sei ragazzi, che si erano ritrovati nel loro corpo da maggiorenni, erano sparpagliati per la stanza. Ron, Hermione e Ginny si trovavano al centro del salone vuoto. Poco più avanti c’era Blaise, la mano sinistra protesa lateralmente come se ne stesse stringendo un’altra. Alle spalle dei tre amici Draco sul lato destro, Pansy in quello opposto. Si guardarono e si riunirono.
“È parecchio recente Pan, che è successo?” chiese Blaise mettendole una mano sulla spalla e guardandola negli occhi cercando in qualche modo di trasmetterle tutta la sua vicinanza. Non sapeva cosa stesse per succedere, Draco era l’unico ad esserne a conoscenza, ma Pansy non parlava.
“Dai, non ce lo potrai nascondere Parkinson! Lo vedremo lo stesso” disse Ron, acido poiché arrabbiato con quasi tutti per gli avvenimenti della sera prima. Se Malfoy non lo avesse provocato, lui non avrebbe chiesto l’obbligo e non avrebbe baciato la Parkinson scatenando gelosia in Hermione che non ci aveva pensato due volte a scappare della stanza quando Zabini le aveva offerto la possibilità andandosi a rinchiudere in una stanza con il furetto quando avrebbe potuto bere del succo di zucca. Non si dava la minima colpa di quello che era successo, non pensava che al suo turno avrebbe potuto fare lui ciò di cui aveva accusato Hermione, no. La colpa era solo di Malfoy e Ginny, il problema era alla base.
Hermione,invece, ora che avevano risolto un problema, aspettando di scoprire il prossimo passava lo sguardo da Blaise e Ron e rifletteva. Ogni tanto il suo sguardo si posava su Draco, concentrato come il suo amico e Ginny su Pansy. Si vedeva che Ginny stava cercando in tutti i modi di sotterrare l’ascia che per anni avevano brandito e si preoccupava per quella ragazza poco più grande di lei. Si avvicinò anche Hermione. L’unico a restare separato era il rosso, che ricevette un’occhiataccia da Draco per la sua uscita.
“No, non lo vedremo” disse risoluto, per poi riposare lo sguardo sulla sua amica. “Sicura di voler affrontare tutto da sola?” le sussurrò e Pansy annuì.
“Non potreste fare nulla comunque, a questo punto non voglio che lo sappia...” rispose a voce alta, in modo che sentissero tutti,e lasciando un vuoto che solo Draco comprese. Quest’ultimo si voltò verso Blaise e gli offrì una mezza risposta al posto della Parkinson.
“Hai ragione, è recente. Oggi, ora, il giorno che stiamo rivivendo – definitelo come volete – è il 5 Maggio. Tre giorni fa è finita la guerra.” Cercava di mostrare freddezza, ma sapeva quanto Pansy non fosse pronta, come nessuno fosse pronto davvero a sentire parlare nuovamente di quanto accaduto pochi mesi prima.
Quanto riguardava la Parkinson non era qualcosa che potevo manipolare, infondo non c’era neppure bisogno lo facessi. Avrei potuto cercare di far avvenire il discorso davanti a tutti, ma non ero certo di riuscirci e, comunque, non era scontato che quei ragazzi rimanessero nella stanza. Ci avrei provato.
“Non sono d’accordo!” se ne uscì Ron, guadagnandosi altre occhiate a cui non diede peso “Tutti ci stiamo smascherando, perché lei non dovrebbe?!” senza volerlo, mi dava una mano. L’avrei dovuto ringraziare, ma non mi sarei risparmiato comunque. “Ronald, non è un obbligo: se può affrontarlo da sola lasciamoglielo fare” s’intromise Hermione, ma Ron continuava a non essere d’accordo. Hermione si mise la mani nei capelli e pensava, alternava lo sguardo tra Ron che infuriava contro Pansy, Blaise che le era da sostegno e Draco che aveva cominciato a guardare Hermione con preoccupazione, ma non si trattenne comunque dal parlare contro Ron.
“Donnola, lascia stare Pansy. Se la vedrà da sola, noi non ci intrometteremo nella sua scelta” disse freddo, non voleva litigare. Non era il momento. “Sono preoccupato anche io...” disse Blaise guardando alternativamente Pansy e Draco “So che sei forte Pan, ma non voglio lasciarti da sola” strinse la presa sulla sua spalla cercando di mostrare quanto fosse convinto della sua decisione “Non so neppure a cosa vai incontro, non puoi chiedermi di starne fuori” ribadì, convincendo anche Ginny con le sue parole “Per quanto non condivida appieno le parole di Ron, anche io non me la sento di lasciarti sola Pansy: siamo finiti in questo casino insieme e uniti lo affronteremo” Pansy iniziò ad allarmarsi e lanciò uno sguardo supplichevole verso il biondo.
“Se era una cosa che non poteva affrontare lo avrebbe detto” disse il biondo stringendo il braccio alla ragazza e guardando Blaise “e poi non ha senso che ti interessi a lei proprio ora piattola, se vuoi farle un favore lasciala libera” continuò puntando lo sguardo sulla rossa, per poi volgere lo sguardo da un a chioma rossa all’altra “E vorrei sottolineare che anche Potter non ci voleva: solo perché voi vi siete voluti intromettere e avevamo una finestra che ci mostrava le sue azioni non significa che dobbiamo scoprirci tutti se lo si può evitare. E Pansy può farlo” la sua frase sottolineava quanto fosse definitiva la scelta, ma gli altri sembrava non la pensassero così.
“Lurida serpe, non tirare in mezzo Harry” disse Ron, sovrastato dalle parole della rossa “Ma sei senza sentimenti? Una tua amica sta per affrontare qualcosa che la ferirà e tu la lasci da sola? Non ti vergogni? Sono certa che essere sola sia l’ultima cosa che voglia” a quelle parole Draco strinse i pugni e stava per risponderle male, quando a prendere parola fu Hermione.
“Adesso basta!” esclamò, guardando prima Ron, poi Blaise. Ne stava uscendo matta, si vedeva. Le mani avevano arruffato i capelli più del solito. Non ero certo se con quelle parole stesse mettendo un freno a quella discussione o ai pensieri nella sua mente che la stavano logorando.
C’era qualcosa d’importante avvenuta la sera prima e che in un primo momento mi era sembrato irrilevante raccontare. Era una frase, pronunciata da Draco in quegli otto minuti che erano rimasti da soli lui ed Hermione in una stanza dello Zabini’ Manor. Hermione gli aveva chiesto di dire una frase che avrebbe voluto dire ad una persona nell’altra stanza, ma che non aveva mai pronunciato e Draco ci mise un po’ a rispondere. Rifletteva sulle parole giuste da usare ed alla fine parlò. “Smettila di stare con una persona che non ti merita. A Zabini” eppure, per quanto Hermione sapesse a chi la frase era riferita, non riusciva a fare a meno di pensare che dietro c’era molto di più. Si sentiva personalmente toccata da quelle parole, ma gli eventi della giornata le avevano occupato pienamente la mente. In quel momento, invece, le parole che Draco aveva pronunciato la stavano tormentando.
“Mi sono davvero stancata di tutte le vostre parole” disse un attimo dopo, quando fu certa di avere l’attenzione di tutti. Fu in quel momento che decisi di agire, prima che tutti cambiassero la loro idea. Si sentì un bussare alla porta, che fino ad allora era stata chiusa, e senza aspettare risposta due persone entrarono nella stanza: i genitori di Pansy.
“Pansy cara, dobbiamo parlare. Sedetevi anche voi” disse la donna sulla quarantina d’anni, avvicinandosi al divano verde smeraldo.
“Non si preoccupi, preferiamo lasciarvi la vostra privacy” disse Draco, prendendo il braccio di Blaise per convincerlo a muoversi. “Parla per te Malfoy, in realtà...” cominciò Ron, ma venne prontamente interrotto dalle parole della sua ragazza “Noi andremmo, ti aspettiamo fuori… Pansy” si convinse ad usare il nome della ragazza e notò come non fosse difficile come pensava. “Hermione!” disse Ron stupito, ma allo sguardo furioso della sua ragazza, si limitò ad abbassare il capo e a seguire il gruppo. A chiudere la fila c’era Ginny che, unica ad essere libera di rimanere, alla fine non se la sentì e preferì seguire gli altri dando ascolto alla sua migliore amica.
Chiusa la porta alle loro spalle, Ron si voltò verso la propria ragazza e le mise le mani sulle guancie per guardarla bene negli occhi. “Hermione che ti prende? Da quando è iniziato tutto questo sei strana!” le fece notare,ma Hermione gli sorrise forzatamente “Sto bene Ron” e come a volerlo confermare gli diede un veloce bacio sulle labbra sorridendogli poi con meno fatica, un sorriso più vero ma rassegnato. “Sono solo stanca” gli disse, prima di fare un passo indietro e sciogliere la presa.
“Eravamo tutti certi di voler rimanere lì,che ti è preso Hermione? Perché hai dato ascolto ad una persona senza cuore come Mal- Draco?” seppur gli ultimi minuti l’avessero indispettita non poco, Ginny si costrinse ad usare comunque il nome del ragazzo, volendo mantener fede alla promessa che si era fatta. ‘Solo qualche altra sfida’ era sicuramente ciò che pensava per darsi la forza di andare avanti. Hermione non si fece toccare dalle sue parole, aveva già altro a cui pensare per poter dare una spiegazione troppo lunga alle sue scelte. “Ginny, il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno” “è di dargli fiducia”* finì al suo posto Draco facendo alzare un sopracciglio sorpreso alla rossa e al proprio migliore amico nonché suscitando rabbia nel rosso. In quell’istante si sentì la voce alterata di Pansy provenire dal salotto, ma non ebbero neppure il tempo di voltarsi verso la porta che anche Ron cominciò a parlare.
“Mi avete stancato: prima parlate di cose che sapete solo voi, poi Malfoy ti consola e ti tocca senza che tu gli dica nulla, passate del tempo soli in una stanza e tornate quasi ridendo; ora vi completate anche le frasi, mi avete stancato. Malfoy stalle lontano, lei è la mia ragazza!” e dette quelle parole, non premurandosi neppure di mantenere un tono pacato, si gettò verso Malfoy cercando di dargli un pugno trovando nell’atto una sensazione più soddisfacente del lanciargli un qualche incantesimo. La sua mano venne però prontamente fermata da quella del biondo che con la prontezza che solo un cercatore poteva aver sviluppato, aveva intercettato la mano in un attimo e quello dopo l’aveva già bloccata.
“Ron, ma che fai?” gli chiese Hermione arrabbiata, ma vedendo che il rosso non si fermava ed il biondo non reagiva se non placcando gli attacchi, tirò fuori la propria bacchetta bloccando il suo ragazzo “Pietrificus!” ed il rosso si fermò immobile, riuscendo solo a spostare le pupille per guardare Hermione, sperando lo liberasse alla svelta per poter continuare. “Lasciateci soli!” disse agli altri, e attese che tutti lasciassero il corridoio battendo impaziente il piede a terra in attesa di restare con Ron.
Mentre questo avveniva fuori dal salotto, all’interno si stava svolgendo il discorso più doloroso e assurdo che Pansy aveva mai avuto nella sua vita. Di nuovo.
“Pansy Parkinson, come hai solo potuto pensare di voler consegnare il nostro salvatore a Tu-Sai-Chi?” a porre la domanda era stato il padre che fissava la figlia con astio. Pansy, consapevole di quello che le avrebbero detto, si limitò a restare a capo chino. Non provò neppure a ribattere come aveva fatto la prima volta che tutte le informazioni che di lì a poco le avrebbero ridetto la travolgessero.
Ma non volevo si comportasse da agnellino, sarebbe stato tutto troppo semplice e veloce.
“Allora? Non dici nulla Pansy? Sai chi è la persona che volevi lasciar morire?” disse ancora il padre lasciando trasparire tutta la sua rabbia. Era deciso a far parlare la figlia, così come volevo facesse.
“Scusate” sussurrò la ragazza, stringendo le mani sulle ginocchia fino a far diventare bianche le nocche.
“Non bastano delle semplici scuse Pan” disse la madre con un tono più tranquillo, troppo. Si sentiva la delusione che provava verso la sua unica figlia. “Hai la minima idea di cosa ha fatto per noi quel ragazzo? Ed ora ti presenti addirittura qui con la sua ragazza, e i suoi migliori amici?!” disse ancora la madre, sottolineando l’assurdità di quanto stava succedendo: nel giro di tre giorni sua figlia non solo aveva ‘stretto amicizia’ con quelli che, fino a poco prima , considerava nemici, ma li trattava quasi da pari avendogli dato accesso alla casa, cosa che raramente Pansy faceva. Negli anni le uniche persone che Pansy aveva accolto tra quelle mura erano solo le due serpi che poco prima avevano lasciato la stanza. Neppure altre sue amiche come Astoria, Daphne Greengrass o Millicent Bulstrode avevano avuto quel privilegio, eppure aveva portato tre grifoni nella tana delle serpi.
“Sì, so chi è” disse Pansy freddamente, guardando per terra, prima di alzare gli occhi verso i genitori e con essi la voce “Non c’è bisogno che perdiate tempo, tagliate corto. Ditemi che dovete dirmi e fatela finita” voleva concludere in fretta, ma aveva sbagliato certamente modalità.
“Come ti permetti ad alzare la voce con noi? Pansy Dorotea Parkinson, osa ancora rivolgerti così a noi e finirai in punizione per tutta l’estate” Pansy fece un respiro profondo, ma non disse nulla per non aggravare la situazione. Non osava pensare a cosa sarebbe successo: ‘sarebbe rimasta bloccata lì o avrebbe comunque continuato il gioco?’ Era ciò che si chiedeva e non voleva saperlo.
“Cosa c’entra ora Harry Potter? La guerra è finita” disse con il tono di voce più tranquillo che riuscì a reperire. “Harry Potter è stata la luce per noi. Non te ne abbiamo mai parlato, ma siamo stati in pericolo per lungo tempo.” Iniziò suo padre, iniziando il suo discorso verso l’argomento centrale , che sapeva avrebbe destabilizzato la sua bambina “Se lo scorso anno sei riuscita a continuare i tuoi studi è stato solo grazie all’amicizia che abbiamo con i Malfoy e con Severus” iniziò a spiegare l’uomo “Eppure non è bastato” continuò per poi slacciarsi il bottone della manica sinistra della camicia incominciando ad alzarla rivelando il marchio nero che era impresso sulla pelle e che Pansy già sapeva avrebbe trovato.
“Sono diventato mangiamorte quasi un anno fa, poco dopo la lotta tra il Signore Oscuro” stava dicendo, quando la moglie, mettendogli una mano sull’avambraccio macchiato prendendo ad accarezzarlo mentre lo interrompeva. “Amore, chiamalo con il suo nome quel bastardo.” Disse, facendo annuire il marito che, dopo aver ingoiato a vuoto, riprese a parlare. “Dopo lo scontro nell’ufficio misteri tra Tom Riddle e Harry Potter, ho cercato di fare il possibile per salvarvi. Non ero certo che un ragazzino potesse davvero vincere e ho cercato di ricavare una posizione neutrale, legando comunque delle strette trattative con alcuni mangiamorte. Dopo la morte di Silente, però, sentivo che non c’era altro da fare se non arruolarmi anche io. Era l’unico modo.”
“Ma cosa stai dicendo? Non era l’unico modo! Potevate parlarmene, avremmo trovato una soluzione insieme, come una famiglia!” disse Pansy, le lacrime che le stavano risalendo agli occhi. Pensava che, avendolo già affrontato, sarebbe stato più facile inghiottire il groppo che le si stava formando in gola ed il senso di vuoto al petto. Stava perdendo tutto ancora una volta. Era però contenta che i suoi amici non fossero in quella stanza con lei, lo si capiva dai suoi occhi lucidi. Non avrebbe accettato di farsi vedere così fragile e non voleva sapessero quello che le avrebbero detto. Ne aveva fatto parola solo con Draco settimane prima, e lui si era limitato ad abbracciarla – gesto piuttosto insolito per il ragazzo – ed a rassicurarla ripetendole che non sarebbe andato da nessuna parte, che lui sarebbe rimasto. E lo aveva fatto davvero: non l’aveva trattata diversamente dopo la scoperta. “Sei sempre la sola ed unica Pansy Parkinson” le aveva detto il biondo dopo che lei si fu sfogata. L’unica persona al di fuori della sua famiglia a cui lei aveva concesso di vederla crollare. Neppure Blaise aveva potuto vedere una Pansy la cui corazza era stata distrutta, nonostante la loro amicizia durasse forse da più tempo di quella che la ragazza aveva con Malfoy, ma erano su due piani differenti, due relazioni differenti. Sentimenti differenti.
“Lo fai per lui, vero?” si sentì la voce di Ron urlare da fuori e i tre all’interno della stanza si voltarono verso la porta in legno.
Fuori la discussione verteva sulla loro relazione. Dopo che tutti ebbero lasciato il corridoio, Hermione l’aveva condotto a due sedie poco lontano dalla porta e si sedettero uno difronte all’altra.
“Ron, penso che dobbiamo parlare.” aveva esordito la bruna, dopo un minuto passato in silenzio, con un tono che aveva preoccupato Ron, seppur cercasse di non mostrarlo. Aveva cercatole parole adatte, poi, alla fine, aveva deciso che parlare in modo schietto era la cosa migliore in quei casi: sarebbe stato come dover togliere un cerotto, se lo facevi in fretta il dolore era minore. “Indorare la pillola non serve a molto: penso che dovremmo lasciarci” disse poi senza giri di parole.
“Ma- Hermione! Come? Perché?” disse il rosso stupito. Solo poco prima che tutta quella situazione iniziasse le cose fra loro andavano a meraviglia, ed ora erano giunti alla rottura. Il ragazzo non riusciva a comprendere il filo rosso, seppure aveva la netta sensazione che Malfoy, in quel cambiamento radicale di rotta, c’entrasse qualcosa. E non potevo certo dire che avesse torto perché il tutto era iniziato solo dopo che Hermione aveva provato stupore ed ammirazione nei confronti del ragazzo. “Se è perché ho mostrato troppa gelosia e ti sei sentita ferita ti giuro che...” incominciò ad arrampicarsi sugli specchi il ragazzo, ma Hermione scosse la testa e lui non proseguì, aspettando che la sua ragazza si spiegasse meglio.
“No, Ron, non è per quello, non solo almeno. Quella scenata di prima è stata solo la goccia. Io ti voglio bene Ron, davvero e pensavo anche di stare bene in questa relazione: finalmente potevo stare con il ragazzo che mi piace, condividere con te le mie giornate, avere un po’ della tranquillità che in questi anni mi è mancata, soprattutto da quando è iniziata la guerra e…”
“Lo fai per lui, vero?” urlò il rosso alzandosi dalla sedia e avvicinandosi ad Hermione, costringendola a dover alzare la testa per guardarlo. “Lui? E abbassa la voce, a pochi passi da noi Pansy sta parlando con i suoi genitori” era chiaramente irritata, ma chiamare la ragazza per nome le era venuto spontaneo.
“Che ti urli donnola?” si affacciò Draco a controllare “Oh, fantastico!” sbuffò Ron ironico, tornando sulla sua sedia e incrociando le braccia al petto dando le spalle al biondo “Ci mancava solo lui!” borbottò mentre Hermione rassicurava il ragazzo “Va tutto bene Malfoy, puoi tornare da Ginny e Blaise” gli disse, senza staccare gli occhi dal suo quasi ex-ragazzo. Quando il biondo li lasciò nuovamente soli, Hermione riprese a parlare. “No,non è per lui. In queste ore ho riflettuto parecchio e, davvero mi dispiace Ron. Non è neppure il contesto più adatto, ma non riesco a continuare.” ed il rosso si limitò ad annuire “Ti sono servite poche ore per buttare al vento mesi di relazione eh!” disse il ragazzo alzandosi dalla sedia. “Ron!” disse Hermione allungando la mano verso di lui che si limitò a scostarsi. “Non ora. Ripensaci Hermione, ne parliamo quando non saremo bloccati in questo stupido gioco e avremo un po’ di tranquillità.” Disse sicuro il rosso. “Non abbiamo mai avuto davvero un momento di tranquillità” sussurrò la ragazza, poi, in silenzio, raggiunsero insieme gli altri ed entrambi si misero un sorriso in volto. Era come non fosse accaduto nulla, non rivelarono cosa si erano detti tra loro, ma Hermione, nonostante tutte le persone che la circondavano, si sentiva svuotata. Una solitudine raggiunta con le proprie mani.
“Chissà di cosa discutono due dei tre membri del golden trio” disse la madre di Pansy con voce bassa, distratta dall’urlo del rosso, ma poi scosse la testa “Fa nulla, non è il momento, continuo io tesoro?” chiese al marito che negò dapprima con un cenno del capo poi a parole “No no, ce la faccio” disse “Vedi Pansy, diversamente da quello che ti abbiamo fatto credere, tu non sei una purosangue” continuò e a Pansy cadde per la seconda volta il mondo addosso. Stille calde che non riusciva a controllare iniziarono a scenderle sulle guancie, ma si affrettò a scacciarle ed alzò il viso impedendo alle altre di fuoriuscire dai suoi occhi marroni.
“Perché non me ne avete mai fatto parola? Avrei agito diversamente!” esclamò la ragazza, puntando lo sguardo sulle piastrelle a scacchi della stanza. “Lo abbiamo fatto solo per proteggerti tesoro. Se tu lo avessi detto in giro ne avrebbero rimesso la tua reputazione, il tuo trattamento a scuola e anche noi avremmo potuto avere delle ripercussioni.” Spiegò la donna alzandosi dal divano per andarsi a sedere accanto alla figlia e nonostante i canoni che imponevano freddezza e compostezza alle mogli purosangue, abbracciò la figlia come non faceva da anni, da quando la sua bambina era davvero una bimba che guardava il mondo e tutte le bellezze che aveva, una bambina innocente che non conosceva il male e la malizia della gente. Quando ancora si lasciava prendere per mano camminando per le strade di Diagon Alley o Godric’s Hollow.
“Tuo padre s’innamorò di me quando andavamo ancora a scuola, frequentavamo lo stesso anno. Io sono figlia di un purosangue ed una nata babbana,ma per quanto siano entrambi maghi mi hanno sempre detto che non sempre sarebbe stata accettata la mia condizione di sangue, non tutti mi avrebbero riconosciuta come purosangue, anzi e mi consigliarono di non fare amicizia con figli di purosangue. La linea, secondo molti, era stata contaminata ed io ero una mezzosangue. Ma a tuo padre non importava.” Cominciò la donna, carezzando la nuca della figlia. “È per questo che mi ha chiesto di sposarlo” disse. “Ma non ti avevano detto di stargli alla larga?” chiese visibilmente confusa Pansy. Solo in quel momento si accorse che qualcosa non andava. Quando lo avevano detto la prima volta aveva dato le loro parole per buone, ma in quel momento, con quel pizzico di lucidità in più, si accorse che le mancava una parte.
“Sì, lo avevano fatto. Ma ero un’adolescente ed anche ribelle quindi quando conobbi tuo padre decisi di stringere amicizia con lui. Al quarto anno mi chiese di metterci insieme e fu in quel momento che gli dissi chi erano i miei genitori.”
“Le dissi che io non volevo i suoi genitori, perché mi ero innamorato di lei, della mia migliore amica e che, per pignoleria contro chiunque avrebbe avuto da ridire, era figlia di una strega – seppur nata babbana – ed un purosangue – anche se senza poteri – dunque definibile una sangue puro. Dovevi vedere la faccia di tua nonna quando le chiesi l’anello di famiglia per sposare lei. Ti ricordi amore?” disse l’uomo ridendo perdendosi in ricordi che Pansy non poteva conoscere “Sì, cercò di impedire in ogni modo il matrimonio, con ogni scusa, ma non aveva fatto i conti con la mia caparbietà e il nostro legame. Alla fine non ha potuto far altro che cedere e lasciarci sposare. O almeno, sarebbe stato meglio se lo avesse fatto con tanta facilità” disse la madre di Pansy, persa in altri pensieri, ed io maledissi che ciò che Pansy aveva scritto era qualcosa che non potevo cambiare o peggiorare in qualche modo.
“Ma non ti abbiamo isolata dai tuoi amici per parlarti della nostra storia Pansy. Tu non avresti dovuto cercare di consegnare Harry Potter” tornò seria la donna, interrompendo il loro abbraccio.
“Ora che so tutto, tornassi indietro non lo farei” disse Pansy a testa bassa “Si è battuto anche per noi, per me, ed io lo volevo portare al patibolo” continuò il suo discorso. “Quindi, per molti sono solo una mezzosangue eh?! Anni a vantarmi di essere superiore solo per il sangue che circolava nelle mie vene, ed invece neppure per quello sono superiore a qualcuno” disse con sconforto la ragazza, la testa che non accennava ad alzarsi.
“Cos’è quella faccia?! Non dire più così Pansy. Tu sei comunque una Parkinson: indipendentemente dal tuo stato di sangue tu puoi e devi sempre camminare a testa alta”la riprese il padre, confortandola come poteva, ma senza sbilanciarsi a manifestazioni d’affetto, preferendo lasciare quei gesti alla moglie.
Era ormai inutile continuare: Pansy aveva riaffrontato ciò che definiva dolore, il crollo del suo mondo uscendone a testa alta, più sicura della prima volta con la consapevolezza,questa volta, che non sarebbe stata sola perché almeno una persona le sarebbe sempre stata accanto, ma non era pronto ad urlarlo al mondo magico. Le sue origini, per quel momento, le teneva per sé.
Poche stanze più in là, due persone erano distrutte eppure continuavano a sorridere perché un sorriso rassicurava gli altri, infondeva gioia e calore, eppure dentro di loro quelle due caratteristiche non erano presenti e gli altri se ne erano accorti, ma preferirono non fiatare, perché era più facile. Ginny si limitò a guardare interrogativa Hermione, per poi avvicinarsi al fratello, che si tenne per sé il motivo per cui in quel momento, nonostante lo stomaco di tutti iniziasse a brontolare, a lui era passata la fame.
Blaise e Draco si limitarono a guardare quel trio ormai rotto perché si era rotto. L’ombra di Harry Potter alleggiava tra di loro, la sua mancanza si faceva pesante nel cuore di Ginny ed Hermione, che sperava solo in un suo abbraccio per permettere alle lacrime che si era procurata di poter scorrere, nascoste dalla spalla di quello che considerava un fratello e facendo sì che l’unica dimostrazione di quanto avvenuto fosse la macchia umida di gocce salate che si sarebbe formata sulla maglia dell’altro. Ma l’altro non c’era ed Hermione non aveva con chi sfogarsi. Ormai si era rotta, ma infondo, leggendo nel suo animo, credeva fosse la cosa giusta da fare e per quanto soffrisse, interiormente ne era anche contenta perché si poteva dare una possibilità, la possibilità di ricominciare. Si stropicciò gli occhi con le mani e poi alzò la testa verso l’alto per cacciare indietro la lucidità degli occhi e con essa la tristezza ed il brutto che l’opprimeva.
Ginevra si sentiva rotta, dovendo scegliere se consolare suo fratello o la sua migliore amica. Anche lei sentiva la mancanza del suo ragazzo che l’avrebbe aiutata a gestire la situazione perché due serpi, ne era certa, non avrebbero potuto aiutare in alcun modo in quel momento. E decise di fare un passo verso Hermione, per poi guardare il fratello, volgere lo sguardo ancora una volta alla ragazza e dopo averle chiesto con lo sguardo cosa stesse succedendo, fece un passo indietro e scusandosi con gli occhi – cosa che Hermione non colse – si avvicinò al fratello senza sapere se era giusto o meno farlo perché mancavano le basi. Aveva intuito dall’urlo del fratello cosa fosse successo quando Hermione li aveva cacciati, eppure mancavano i motivi: tutto andava a meraviglia tra loro. Eppure scelse il fratello perché tra i due era il più fragile della coppia, con un temperamento che se non fosse stato sedato, sarebbe stato capace di mandare tutto a rotoli, di rendere ancora più pesanti le situazioni che mancavano da affrontare.
Eppure Hermione non rimase sola perché, diversamente dai pensieri di Ginny e della stessa Hermione, Blaise le si avvicinò, le poggiò una mano sulla spalla e l’avvicinò al suo petto. “Urla e sfogati se è necessario, ma se vuoi tenerti tutto dentro è ok, solo sii decisa perché il tempo che ci rimane è sicuramente agli sgoccioli e devi tornare forte per te stessa e per... noi. Devi farlo anche per noi” le ultime parole erano dette in fretta, stava mentendo in qualche modo, eppure Hermione non capiva cosa ci fosse di sbagliato in quella frase, ma non ci pensò due volte e diede un pugno sul petto del ragazzo, poi un secondo ed un terzo e poggiò gli occhi sulla spalla dell’altro, ma non erano le braccia che riuscivano ogni volta a rassicurarla, a darle speranza e protezione. Non versò una lacrima Hermione, si limitò a chiudere gli occhi e farsi avvoglere dall’unica cosa che quelle braccia le trasmettevano: vicinanza.
Blaise più degli altri poteva sentire cosa Hermione stava provando, perché era ciò che sapeva avrebbe affrontato anche lui, perché sapeva come ci si sentiva a correre per anni dietro ad una persona che credi di amare e vederla dare attenzioni a tutti e non a te. Sapeva cosa si provava a raggiungere quella persona, la felicità e la tranquillità che ti trasmetteva starci insieme, il senso di serenità e appagamento che quella persona poteva darti. E sapeva anche come fosse orrendo svegliarsi da un brutto sogno e non trovare la persona accanto a sé oppure non trovarla sveglia, indifferente alle tue angosce ed ai tuoi timori. Paure. La paura di perdere l’altro da un momento all’altro, la sensazione di essere l’unico a camminare. Scoprire che della persona che amavi c’è poco o nulla, e oltre il bene non c’è altro perché non è quella la persona che ti fa stare realmente bene, che ti fa battere il cuore e sentire le famose farfalle che impazzite ti fanno detestare l’amore e poi pentire dei tuoi stessi pensieri perché l’amore gli donava anche la leggerezza, il sorriso, e Blaise avrebbe dovuto capirlo prima che non era compatibile con lei. Doveva comprenderlo che non era lei a fargli scatenare tutte quelle reazioni, Draco, infondo, seppur non lo avesse mai detto, lo aveva fatto capire con i suoi gesti, con il suo tenerlo lontano per cercare di farlo riflettere davvero su ciò che provava e solo in quel momento scopriva quanto il suo migliore amico avesse già compreso tutto, avesse visto avanti. E ciò che stava vivendo Hermione lui lo sentiva sottopelle e vedendo la sua distruzione aveva individuato anche la causa e non poté far altro che stringerla a sé, farle capire che nonostante fossero sempre stati su poli opporti, lui in quel momento la capiva le era accanto. Blaise, a quella visione, aveva aperto gli occhi e in pochi attimi, stringendo la ragazza a sé, aveva riflettuto sulla sua storia con Daphne nell’ultimo anno e che lei si era ostinata a voler mantenere segreta. E Blaise lo aveva accordato, parlandone però con il suo migliore amico e trovando in lui sostengo perché Draco non era un insensibile come lo descrivevano, un cuore lo aveva e sapeva per chi batteva silenzioso.
Quando Pansy raggiunse i suoi amici nella stanza circolare dove si erano ritirati, tutto si illuminò di arancione, le finestre, invece, presero un colore rossastro così come la porta, i quadri e gli specchi appesi sulle pareti, formando così un cerchio color rubino.
Avevano vinto contro di me per la seconda volta, anche se questa era una vittoria a mani basse: io avevo le mie legate dietro la schiena, nulla potevo fare per cambiare quel corso di eventi. Schioccai le dita e li feci smaterializzare ancora una volta, convinto che questa volta avrei avuto più possibilità di vittoria. 


Note:
Buonasera, buon pomeriggio o buongiorno in base a quando mi leggerete. Che ne pensate di questo capitolo? No, non me ne sono uscita di testa con una Pansy mezzosangue: per lei avevo parecchie idee, ma dopo Harry e Blaise e dopo, dunque, due morti, stavo entrando in crisi ed ho iniziato a fare ricerche su ricerche per scoprire qualcosa in più su di lei da sfruttare per la storia e sono finita su "Harry Potter Wiki fandom" e allo stato di sangue era indicato sia purosangue che mezzosangue e mi sono letteralmente illuminata facendo uscire... beh, questo. Spero che i continui avanti e dietro tra Pansy e gli altri non vi siano dispiaciuti o comunque non siano stati troppo fastidiosi da leggere. Se doveste trovare errori / orrori di battitura o altro non esitate a farmelo notare e correggerò il prima possibile. Che dire di più? Ringrazio chi sta leggendo la storia. Oh, stavo dimenticando la frase a cui ho messo l'asterisco: è una frase dello scrittore statunitense Ernest Hemingway. La tentazione di fare riferimenti più recenti è tanta, ma se riesco voglio provare a mantenere una coerenza temporale. Ok, ora penso di aver detto proprio tutto quindi tolgo il disturbo, alla prossima, un bacio, Amalia ❤
  
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