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Autore: FreddyOllow    22/08/2021    0 recensioni
Questa è una raccolta di racconti antologica. Seguiremo le storie di alcuni protagonisti sopravvissuti alla Grande Epidemia Verde. Non serve conoscere il gioco.
Storie concluse:
1. Whitaker
2. Virgil
3. Jimmy Gibbs Juniors
4. La sposa Witch
5. L'uomo della chiesa
Genere: Horror, Science-fiction, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1


- Il pastore Timothy Dunsale?
- Sì, sono io. Cosa volete?
- Sono il sergente Molligan Hardy. D'ora in poi questa chiesa è sotto la giurisdizione dell'Esercito degli Stati Uniti d'America.
Timothy aggrottò le sopracciglia, confuso. - Non potete. Questo luogo è sacro.
- Certo che possiamo. E ora fatti da parte.
Il pastore si spostò, e sei soldati armati di fucili d'assalto entrarono nella chiesa.
- Parlerò con il sindaco. - Disse Timothy, arrabbiato. - Non potete entrare nella casa del signore e metterla a soqquadro. Non avete...
- Sprechi solo fiato. - Lo interruppe il Sergente con fare annoiato. - Hai almeno una minima idea del perché lo stiamo facendo?
Il pastore si limitò a guardarlo.
- Sembra di no. - Aggiunse Molligan. - Come credevo. Ora la domanda è una sola. Vale la pena dirti ciò che ho da dire?
Timothy non parlò. Non gli piaceva affatto l'atteggiamento arrogante di quell'uomo.
- Hai perso la lingua, pastore?
- Non mi piace il tuo modo di porti.
- Ah, no? Mi scusi tanto. Ora dovrei confessarmi, giusto?
Timothy serrò gli occhi, irritato, e scese la scalinata.
Il sergente abbozzò un sorriso trionfante ed entrò nella chiesa. Non gli erano mai piaciuti i religiosi.
La struttura si ergeva su una piccola collina, cinta da una recinzione la cui parte bassa era in pietra e quella superiore con sbarre di metallo nere. Si trovava nella periferia di Riverside e, alle sue spalle, c'era il cimitero.

Timothy uscì dal terreno della chiesa, dove c'erano cinque jeep e un camion militare, e attraversò la strada stranamente deserta. Appena si avvicinò all'emporio, scorse una decina di veicoli nello spiazzo. Il pastore entrò nel negozio affollato di gente con carrelli carichi di cibo e acqua.
- Ok, state calmi. - Disse il proprietario del negozio, Gustavo Hernandez. Un uomo sulla sessantina, carnagione mulatta, i capelli grigi e un paio di folti baffi grigio neri sopra il labbro superiore. - Non c'è motivo di spingere o litigare.
- Ma hai visto cosa sta succedendo là fuori? - Disse un uomo sulla quarantina. - L'esercito sta sigillando i quartieri. Ho sentito dire che quelle cose stanno venendo qui!
Le persone si scambiarono delle occhiate, impaurite.
- Cosa vuoi dire? - Domandò una donna sui trent'anni.
- Che stanno arrivando! L'esercito ci dice di stare calmi, ma non fermeranno quelle cose. Io lo so!
- Signori, vi prego. - Disse Gustavo. - L'esercito è addestrato per queste situazioni. Dobbiamo solo stare calmi e collaborare.
- Fottiti! - Disse l'uomo sui quarant'anni. - Tu non sai un cazzo! Mio cugino Fred mi ha detto tutto. Ha visto quelle cose in azione. Sono dei mostri. Non sono malati. Uccidono chiunque incontrino sulla loro strada! Io non voglio farmi trovare qui quando arriveranno! - Si voltò e corse verso l'uscita con il carrello.
- Ehi! - Urlò Gustavo. - Non mi hai pagato! Fermate quel ladro!
Le persone lo guardarono andare via, senza fare niente.
Timothy lo fermò. - Dove vai così di fretta, figliolo?
- Togliti dalle palle, pastore! - Gridò l'uomo paonazzo dal volto.
Prima che Timothy potesse rispondere, Gustavo li raggiunse e afferrò l'uomo per il giubbotto.
- Non mi toccare, stronzo! - L'uomo lo spintonò contro uno scaffale, facendolo crollare sul pavimento. Quando fece per andare via, il pastore lo bloccò di nuovo.
- Perché ti stai comportando così? - Disse.
L'uomo lo guardò arcigno per un istante, poi gli mollò un pugno in faccia. Mentre Timothy cadde a terra, l'uomo spinse fuori il carrello e corse lungo lo spiazzo.
Preoccupata, la gente si accalcò attorno al pastore.
- Tutto bene, Tim? - Disse Gustavo, aiutandolo ad alzarsi.
- Sì, tutto bene. Non è la prima volta che mi becco un pugno in faccia. - Si toccò lo zigomo destro poco dolorante.
Gustavo andò dietro il bancone e, prendendo il cellulare, compose il numero della polizia. Attese per un momento. La linea era occupata.



 

2


Quando Timothy tornò davanti alla sua chiesa, la trovò piena zeppa di soldati. Sopra il portico, due cecchini tenevano d'occhio le strade. Avevano bloccato l'accesso alla città con due cancelli blindati su cui correva del filo spinato. Sei soldati armati di fucili d'assalto e di precisione erano di guardia. Un'altra recinzione era stata innalzata per sbarrare l'accesso al quartiere residenziale accanto alla chiesa.
Il pastore notò che la gente affluiva nell'edificio, e altra ne continuava ad arrivare.
- Che cosa sta succedendo qui? - Chiese il pastore.
Prima che il soldato potesse parlare, sopraggiunse il sergente Molligan Hardy.
- Siete tornato, pastore. - Disse con un sorriso. - Ah, vedo che hai un bel livido in faccia. Hai fatto nuove amicizie, eh? - Sorrise. - Comunque stiamo allestendo un rifugio per le persone.
- Rifugio? Per cosa?
- Quindi non sai proprio nulla, eh? Il tuo amichetto in cielo non ti ha detto niente? - Sorrise mellifluo.
Il pastore aggrottò la fronte, irritato. - La tua arroganza mi da sui nervi.
- Non dovresti contemplare la pace o qualcosa del genere?
Timothy sbuffò, irato, ed entrò nella chiesa. Lungo la corta navata c'erano una dozzina di persone. Uomini, donne, bambini, anziani. Erano ammassati e sistemati nei sacchi a pelo, sedie e su alcune brande.
- Credo che dovremmo espandere il rifugio. - Disse il sergente, arrivandogli alle spalle. - Da fuori sembra più grande. Sarà perché è costruita sulla collina che gli dona un aspetto... Huh, come dire, imponente.
- Non c'erano altri posti per farlo? - Domandò il pastore. - E poi mi dovete ancora delle spiegazioni.
- Ok, ok, va bene. La situazione è un po' critica. Nulla di grave, credetemi. Ma ho avuto l'ordine di costruire un rifugio proprio qui. Sì, nella tua chiesa, pastore. Sembra un posto sicuro e ben difendibile.
- Difendibile? - Timothy non capiva. - Da chi? Da che cosa?
Il sergente non parlò subito, in quanto non sapeva cosa dirgli. - Da nessuno. - Disse con un finto sorriso. - Proprio da nessuno. È solo una... una precauzione.
- Sì, ma da cosa?
- Te l'ho detto. Da niente. - Milligan si voltò e uscì dalla chiesa.
Timothy si guardò intorno, non sapendo cosa fare.

Verso il tardo pomeriggio andò da Gustavo, ma non lo trovò. L'emporio era stato saccheggiato e abbandonato. Una chiazza di sangue si trovava davanti all'ingresso dell'ufficio, oltre i banconi. La porta era stata abbattuta. Quando Timothy entrò dentro, vide una donna morta di schiena al muro. Aveva il petto squarciato, la faccia sfregiata e un braccio da cui fuoriusciva l'osso all'altezza del gomito. Brandelli di carne erano sparsi sul pavimento insanguinato.
Il pastore si voltò, portandosi una mano alla bocca per non vomitare. L'inteso odore di morte aleggiava nell'aria. Indietreggiò lentamente, finché andò a sbattere contro uno scaffale. Spaventato, corse fuori dal negozio.



 

3


Quando raggiunse la chiesa, il sergente lo fissò, confuso.
- Sembra che tu abbia visto un fantasma. - Disse.
- C'è... c'è una donna nell'emporio. È morta.
Milligan aggrottò la fronte, scosso. - Morta? Le hanno sparato?
- Ha il petto squarciato.
Il sergente rimase interdetto per un attimo. Si voltò e chiamò i due soldati vicini. - Venite con me.
Scesero la scalinata e uscirono dal terreno consacrato. Appena arrivarono davanti all'emporio, si fermarono.
- Voi due entrate dal retro. - Disse Milligan. - Non sparate per uccidere, intesi? Ora andate!
Timothy seguì il sergente all'interno e, quando arrivarono sotto la soglia del piccolo ufficio, scorsero la donna.
- Cristo! - Il sergente serrò gli occhi. - Le hanno aperto la gabbia toracica. Quale psicopatico farebbe una cosa del genere? - Si girò verso il pastore. - La conosci?
Timothy scosse la testa. - Conosco il proprietario, Gustavo Hernandez. Ma non so dove sia finito.
- Forse è fuggito quando il locale è stato saccheggiato. Però mi pare strano che i miei cecchini non abbiano notato nulla.
- Sì, lo trovo strano anch'io.
In quell'istante arrivarono i due soldati.
- Avete trovato qualcosa? - Chiese il sergente.
- Tre corpi, signore. - Rispose uno di loro. - Hanno il petto squarciato.
Uscirono dal retro e si avvicinarono a due bidoni della spazzatura, nel vicolo. Tre corpi insanguinati giacevano vicino a cinque sacchi dell'immondizia, i busti dilaniati, i visi sfregiati. Le pareti che davano sul locale e su un magazzino alle spalle, erano schizzati di sangue.
Il sergente non sapeva cosa dire.
Timothy si fece il segno della croce. - È terribile... - Si chinò su Gustavo. - Era una brava persona. Chi può aver fatto una cosa del genere? - Gli balenò in mente l'uomo che gli aveva tirato un pugno. Che fosse stato lui? No, l'uomo era fuggito a gambe levate con l'intenzione di lasciare Riverside. Non aveva motivo di tornare indietro, a meno che non gli fossero servite altre provviste. Ma scartò anche quell'ipotesi, in quanto c'erano altri negozi sparsi nella città.
- A cosa stai pensando? - Disse Milligan, interessato.
- A nulla.
- Mi sembravi assorto nei pensieri. Hai qualche idea su chi sia stato?
Il pastore non parlò subito. - Sì, ma... Ma non credo sia stato lo stesso uomo che mi ha tirato un pugno in faccia, e rubato la merce a questo pover'uomo. Voglio dire, non mi era sembrato un assassino. Era solo spaventato e voleva lasciare al più presto la città.
- Perché voleva andare via?
- Diceva che dei mostri sarebbero arrivate qui e ci avrebbero uccisi tutti. Poi si era lamentato dell'esercito. Ha detto che stavano sigillando i quartieri. - Il pastore lo guardò per un momento. - Vi siete impossessati della mia chiesa, quindi immagino che sia vero?
I due soldati lanciarono uno sguardo al sergente, che rimase impassibile. - Sì, è tutto vero. Siamo qui per aiutare. Abbiamo ricevuto l'ordine di chiudere la città, e di non far entrare o uscire nessuno.
- Sono sicuro che c'è dell'altro.
- Non hai bisogno di sapere i dettagli. - Il sergente si voltò verso i due soldati. - In marcia. Torniamo alla chiesa.
- Aspetta! - Aggiunse Timothy. - Non possiamo lasciarli qui. Meritano una degna sepoltura.
Milligan sbuffò. - Manderò alcuni uomini ad occuparsene.



 

4


Il mattino seguente, la gente si era radunata nel cortile esterno, alle spalle della chiesa. Si guardavano tra loro turbati, spaventati.
- È successo qualcosa? - Dicevano.
- Saranno vere le voci?
- Siamo in pericolo?
- Non capisco perché ci hanno fatto evacuare dalle nostre abitazioni.
Queste erano solo alcune delle moltissime domande che ronzavano in testa alle persone. Poi il vociferare caotico si fermò, e tutti si voltarono verso il sergente. Era salito su una piccola piattaforma di legno allestita per quell'avvenimento, affiancato da due soldati armati di fucili d'assalto.
- Vi state chiedendo del perché siete qui, giusto? - Disse con voce grave, autoritaria. - Come alcuni di voi sanno già, un virus letale sta seminando morte in tutto il paese. La costa orientale è del tutto invasa dall'epidemia, e ora questo virus si sta spostando verso occidente.
Le persone si lanciarono occhiate, spaventate.
- Andrà tutto bene. Abbiamo tutto sotto controllo. Non dovete preoccuparvi di niente. Vi chiedo solo di collaborare con me, con i miei uomini. Loro sono qui per difendervi.
- Difenderci? - Urlò un uomo anziano per farsi sentire. - Da cosa?
Timothy osservò Milligan, che incrociò le mani dietro la schiena e soppesava le prossime parole. - Credo sia inutile farvi restare all'oscuro di quello che sta realmente succedendo a New York, a Washington e in altre grandi città della costa orientale. - Fece una pausa. - Il virus trasforma le persone, le rende furiose. Ora, non sono un medico o uno scienziato, quindi vi dirò solo quello che ho saputo. La malattia è contagiosa, ma alcuni... alcuni sono dei vettori, portatori sani dell'infezione. Sono immuni al virus, ma sono un pericolo per tutti gli altri. Per questo, da domani mattina, tutti voi siete pregati di farvi prelevare il sangue, così da capire se siete esposti e aiutarvi.
Tra la folla serpeggiò il panico. Non tutti avevano ascoltato il sergente, in quanto impegnati a parlare tra loro.
Timothy aveva finalmente compreso cosa stava nascondendo Milligan, ma non aveva capito da cosa li dovevano difendere. Forse l'uomo che gli aveva tirato un pugno aveva ragione. I malati attaccavano e uccidevano davvero la gente. E se l'infezione fosse giunta fino a qui, dentro la chiesa, le cose sarebbero andate in malora.
- Chi è esposto al virus che fine farà? -Urlò lo stesso anziano di prima.
Il sergente ci meditò un istante. - Gli verrà iniettato un vaccino sperimentale. Questo lo aiuterà a rallentare o a debellarla l'infezione. Purtroppo non possiamo sapere la reazione esatta, ma i nostri migliori scienziati ci lavorano giorno e notte. È solo questione di tempo, prima di trovare una cura.
- E se qualcuno si trasforma?
Quella domanda scosse le persone, che si ammutolirono di colpo.
Milligan scrutò le loro facce preoccupate. - Sarà condotto in quarantena, dove i medici se ne prenderanno cura.
- Dove? Dove verranno portati?
- In un luogo segreto, al sicuro.
Quella risposta non piacque molto alla gente, che cominciò a rumoreggiare contrariata.
- È per la loro e la vostra sicurezza che il luogo deve rimanere segreto. - Disse il sergente, ma non ebbe l'effetto sperato. Così si giocò la carta del senso di colpa. - Avete dei bambini qui. Non vorrete mica metterli in pericolo? È quello che accadrebbe se non separiamo i malati dai sani.
Timothy aggrottò le sopracciglia, schifato. Non lo sorprese vedere il sergente abbassarsi così tanto da premere quel tasto. Forse anche gli altri lo avevano capito, ma la maggior parte delle persone sembravano essersi acquietata



 

5


Timothy si chiuse nel suo piccolo ufficio, sotto il campanile. Era felice del fatto che i soldati non lo avessero messo a soqquadro. Ormai era l'unico posto dove poteva rifugiarsi e riflettere. Riflettere su cosa poi? Riusciva a pensare solo all'invasione dei malati, al massacro che ne sarebbe seguito. I soldati sarebbero riusciti a respingerli? E poi perché se ne preoccupava? L'esercito era addestrato e avevano molte armi. I malati no. Allora come diamine faceva a sapere che non le avevano? Intuizione? Sesto senso?
Sussultò leggermente nel sentire qualcuno bussare la porta. Andò ad aprirla.
- Bel posticino. - Il sergente lanciò un occhiata oltre le spalle del pastore, all'interno.
- Cosa vuoi?
- I miei uomini hanno recuperato i corpi dell'emporio. Non volevi seppellirli?
- Sì, certo. Grazie.
Timothy prese la bibbia dalla scrivania e seguì Milligan. Scesero le scale e attraversarono la corta navata disseminata di sacchi a pelo e lettini. Usciti dalla chiesa, percorsero il cimitero e si fermarono davanti a quattro fosse, attorniate dalla gente e cinque soldati. Quattro corpi avvoltoi dalle lenzuola giacevano sul fondo.
Il pastore osservò i visi sconfortati e tristi delle persone, poi aprì la bibbia.

Quando finì di dire l'omelia funebre, alcune persone presero della terra, la gettarono nelle fosse e si allontanarono. Poi i cinque soldati le riempirono di terra.
- Grazie per aver dato loro una degna sepoltura. - Disse Timothy.
Il sergente ignorò la frase. - Hai contatti con le altre chiese della città?
- No, solitamente ogni domenica ci raduniamo per pranzare insieme. Perché?
- Hai loro numeri di telefono?
- Certo, sono nel mio ufficio.
- Allora dovrai chiamarli.
- Ma perché?
Il sergente lo guardò per un attimo. - Non qui. Parleremo nel tuo ufficio.
Tornando indietro, attraversarono la corta navata, ora piena di gente, e salirono la scala. Entrarono nell'ufficio, e il sergente si avvicinò al telefono.
- Dammi i numeri. - Disse.
- Un attimo. - Il pastore frugò nei tre cassetti della scrivania e pescò un piccolo foglio stropicciato. - Ecco. Sono qui.
Milligan glieli strappò di mano e compose il primo numero. Ascoltò il ricevitore squillare a lungo, poi mise giù e chiamò il secondo.
Timothy si chiedeva del perché il sergente avesse bisogno di chiamare gli altri pastori. Che ci fossero altri soldati là?
Milligan mise giù e chiamò il terzo. Continuò così fino all'ottavo e ultimo numero, poi si lisciò il mento, preoccupato.
- Qualcosa non va? - Chiese il pastore.
- No, niente. Va tutto bene.
- Perché volevi chiamarli?
- Non serve che tu sappia il motivo.
- Mi hai detto che avremmo parlato nel mio ufficio. Ora siamo nel mio ufficio, quindi parla. Voglio sapere cosa diamine sta succedendo a Riverside. Non sento e non vedo una macchina da ore, senza contare le strade deserte, l'emporio saccheggiato e le quattro persone uccise. Cosa sta succedendo?
Milligan gli lanciò un'occhiata, indecisa. Non sapeva se dirgli la verità o lasciare stare. - L'esercito ha allestito rifugi nelle altre chiese. Ogni due ore dovevamo tenerci in contatto per aggiornarci e sapere che andava tutto bene. Beh, fino a dieci ore fa. - Fece una pausa. - Non so cosa sia successo, ma penso al peggio. È impossibile che tutti i rifugi siano... - Si interruppe.
- Siano? - Chiese Timothy, curioso.
- Non ne sono certo, ma credo che gli infetti siano arrivati.
- Infetti? Parlai dei malati?
Milligan annuì.
Il pastore spalancò gli occhi, turbato. - Come... come hanno fatto ad arrivare? Li ha portati qualcuno?
Il sergente si rese conto che il pastore era all'oscuro di tutto. Mentre alcuni sapevano più o meno la gravità della situazione, Timothy non sapeva nemmeno cosa stesse succedendo.
- Allora? - Domandò il pastore, preoccupato.
- Sono arrivati da soli. Si muovono in gruppo, formando delle grandi orde.
Il viso di Timothy diventò cadaverico.
- Non sappiamo come fanno a capire dove siamo, ma credo sia per il nostro odore. - Continuò Milligan. - Voglio dire, tra di loro si riconoscono, anche se alcuni si uccidono di botte quando si urtano per un lungo momento. E abbiamo notato anche delle peculiarità. Alcuni infetti mutano in qualcosa di... di mostruoso. Credo dipenda dal loro stile di vita e dai geni, almeno stando a quanto detto dagli scienziati della CEDA.
Timothy non si sentiva più le gambe e si sedette sulla sedia d'ufficio.
- Questo era il motivo per cui non volevo dirtelo. - Aggiunse il sergente. - Non sapevo come avresti reagito, e non so come avrebbero reagito le persone qui sotto. Ho il dovere di tenerli in vita. Se si fanno prendere dal panico, è finita. Dico sul serio. Gli infetti hanno un udito sopraffino. Basta un rumore troppo forte, uno soltanto, e ce li troveremo qui.
- Hai detto che... che non sei sicuro che siano qui. - Disse Timothy in un sussurro.
- Il silenzio radio mi fa pensare questo, e nessuno di loro è venuto qui. Dovevano farlo in caso di problemi. Era la prassi. - Si affacciò alla finestra e guardò la strada deserta, oltre la recinzione della chiesa. Il sole stava declinando dietro i tetti degli edifici, mandando gli ultimi sprazzi di luce nel cielo rosso arancio. - Rimarremmo qui per due giorni, dopodiché raggiungeremo un centro di evacuazione. Non possiamo rimanere oltre. Se la città è caduta, restare equivale a firmarsi da soli la condanna a morte.
- Forse è davvero caduta. Non c'è nessuno là fuori. Non vedo una persona da giorni e, prima che tu arrivassi, le strade erano semideserte.
Il sergente si voltò. - Alcune persone sapevano quello che stava accadendo sulla costa orientale. Per questo hanno lasciato la città e si sono diretta a occidente. Ma anche lì la situazione stava precipitando.
Timothy lo fissò, sgomento. - Se quello che dici è vero, allora che senso ha raggiungere il centro evacuazione? Moriremo ugualmente...
Il sergente non rispose e si limitò ad affacciarsi nuovamente alla finestra.



 

6


Quei due giorni passarono così lenti, che per Timothy il tempo sembrava essersi fermato. Non aveva detto a nessuno della discussione avuta con il sergente, e mai una volta ne aveva sentito il bisogno di farlo. Credeva che le persone sarebbero impazzite, che si sarebbero fatti prendere dal panico. Forse le parole di Milligan lo avevano persuaso, oppure la pensava come lui. Non riusciva a capirlo, anche se ci pensava da ore.
Arrivati al terzo giorno, erano ancora lì. Il sergente non aveva radunato le persone e detto loro che si partiva verso un luogo più sicuro. Magari avrebbe accennato alla pericolosità del virus, ma non agli infetti. Timothy era più che sicuro. Li avrebbe tenuti all'oscuro. Forse avrebbe aperto bocca quando le cose si sarebbero messe male, quando sarebbero stati assaliti dai malati. Ma allora perché si partiva? Aveva cambiato idea.
Il pastore uscì nel cortile e salutò un uomo e una donna seduti su una panchina con un cenno della testa. Il sole era quasi allo zenit, e alcune nuvole sporcavano il cielo. Si diresse verso le quattro tombe ancora fresche, disse delle preghiere e tornò indietro. Quando stava per entrare nella chiesa, vide Milligan all'ingresso principale. Sembrava preoccupato. Parlava con tre soldati dai visi agitati e indicava la porta. Forse era successo qualcosa di brutto? I malati erano arrivati?
Mentre il pastore si avvicinava loro, altre persone avevano avuto la stessa idea.
Il sergente si interruppe e li guardò. - Cosa volete?
Nessuno dei presenti parlò, eccettuo Timothy. - Posso parlarti in privato?
- Puoi farlo anche davanti a tutti.
- Meglio di no.
- Perché?
Il pastore lo fissò per un attimo. - È una cosa privata.
- Ok. Andiamo a parlare.
Mentre i due si allontanarono, le persone cominciarono a tempestare di domande i tre soldati.

Timothy condusse Milligan nel suo ufficio.
- Allora? - Disse il sergente. - Di cosa vuoi parlarmi?
- Perché siamo ancora qui? Non avevi detto che saremmo partiti per il centro di evacuazione?
Milligan non parlò subito. - Ho dovuto rimandare per... Ci sono stati problemi con i mezzi di trasporto. Tutto qui.
Timothy sapeva che mentiva. Stava nascondendo qualcosa. - Sembravi preoccupato, prima. Di cosa parlavate?
- Con i soldati? Di niente. Solite cose. E poi perché mi stai facendo queste domande? - Il sergente serrò gli occhi, insospettito. - Ricordati che qui comando io. Il fatto che io ti abbia fornito informazioni che la gente non sa, non ti deve far credere di essere speciale, o di esserti guadagnato la mia fiducia, il mio rispetto.
Il pastore si limitò a guardarlo per un momento con fare passivo. - Conosco perfettamente la mia posizione e il mio ruolo, ma la mia era una semplice domanda.
Milligan smorzò un sorriso di circostanza. - Non prendermi per un idiota. So bene dove vuoi andare a parare, come so che non mi hai creduto. A me non frega niente, pastore. Pensa quello che vuoi, ma ci sono cose che non puoi e non devi sapere. Ringrazia il tuo Dio di essermi aperto con te tre giorni fa. Capita di rado. - Si voltò e lasciò l'ufficio, sbattendo la porta alle sue spalle.
Timothy restò immobile per un attimo, poi si lasciò cadere sulla sedia d'ufficio. Era andato tutto a rotoli. Non si sarebbe aspettato una simile discussione, ma almeno aveva capito una cosa. Il sergente stava avendo grossi problemi a far evacuare la gente dalla chiesa. Forse gli infetti erano davvero giunti a Riverside. Un moto di terrore lo fece rabbrividire.



 

7


Verso le otto di sera, Timothy era sceso per cenare. Brodo di carne, come ogni sera. La donna adetta alla mensa gli aveva dato il piatto, e si era andato a sedere insieme a una famigliola di quattro bambini nel cortile illuminato dai lampioni. Mangiavano e conversavano della situazione attuale.
- Sono un meccanico. - Disse l'uomo. - Ho un officina in periferia, tra la quattordicesima e la quindicesima strada. Mio fratello Larry frequentava spesso questa chiesa.
- Larry Thompson? - Chiese il pastore.
- Sì, proprio lui. - Abbassò lo sguardo, rattristito. - Non lo sento da un mese. Spero stia bene.
- Era diretto a Denver per affari, giusto?
- Sì, ma non lo sento da allora. Magari la situazione è degenerata anche li.
Timothy non rispose subito. - Qui siamo ancora al sicuro, e credo che lì sia la stessa cosa.
- Sì, forse hai ragione.
- Papà! Papà! - Urlò un bambino di sei anni. - Guarda cosa ho fatto! Guarda! - Lo afferrò per una mano e la trascinò vicino a una panchina.
Timothy si alzò e salutò la donna seduta al tavolo, poi fece un cenno con la testa verso l'uomo, che ricambiò.
Ritornato in chiesa, attraversò la corta navata, gremita di gente. C'era un silenzio quasi palpabile nell'aria, che non accadeva nemmeno durante i suoi sermoni. Abbozzò un mezzo sorriso e salì la scala. Una volta entrato nell'ufficio, si stese sul letto e chiuse gli occhi. Sentiva un vociare continuo fuori dalla finestra, dove due cecchini confabulavano divertiti. Poi scivolò lentamente nel mondo dei sogni.

Si svegliò all'alba. Un timido sole spuntava da sopra i tetti degli edifici, e un leggero vento soffiava da occidente. Si affacciò alla finestra e vide quattro soldati darsi il cambio della guardia. Si allontanò e uscì dall'ufficio, scendendo la scala. Nella corta navata non c'era quasi nessuno. Tutti erano in fila per andare in bagno, e Milligan aveva fatto montare altri quattro bagni mobili nel cortile, dietro a delle siepi. Ma la gente preferiva il bagno della chiesa, in quanto potevano sciacquarsi la faccia o riempire un secchio o una vaschetta per lavarsi il corpo. Certo, non era come una doccia, ma si arrangiavano.
Fece colazione con due brioche e un bicchiere di succo all'ananas. Non era la sua colazione ideale, ma era questo che passava l'esercito. Erano già fortunati che avessero cibo, acqua ed elettricità, che in molti punti della città era saltata.
Milligan entrò nella chiesa verso le dieci e mezza del mattino, radunando tutte le persone.
- Sarò breve. - Disse, serio. - Lasceremo la chiesa per andare in un luogo più sicuro. Un centro di evacuazione che dista qualche chilometro dalla città. È protetto da spesse mura di cemento armato e ci sono molti soldati.
La gente si scambiò delle occhiate, confuse. Quella notizia aveva spiazzato tutti quanti come un fulmine a ciel sereno, eccettuo il pastore.
- Vi chiedo gentilmente di prendere le cose più preziose e di seguire i miei uomini. Dei pullman vi condurranno lì.
- Perché dobbiamo andarcene? - Chiese una donna. - Qui stiamo bene.
- Le cose sono cambiate. Non vi dirò i dettagli, ma Riverside non è più sicura. Dobbiamo abbandonare la città prima che il virus arrivi qui.
- I malati? - Domandò Timothy, attirandosi addosso l'attenzione degli altri. - Gli infetti? Sono arrivati? Siamo in pericolo?
Milligan lo guardò, torvo. Si chiedeva del perché li avesse nominati. Dove voleva arrivare? Voleva scatenare il panico? - Va tutto bene. Siamo al sicuro. Non c'è nessun malato. Dobbiamo solo allontanarci dalla città per il virus.
Ma le sue parole non sortirono nessun effetto. Il panico si era insidiato nella folla che, spaventata, cominciò a rumoreggiare.
- Dicci la verità, sergente! - Urlò il pastore. - La gente deve sapere! Ha il diritto di sapere come stanno le cose!
Le persone gridarono il proprio assenso.
Milligan corrugò le sopracciglia, irato, e strinse una mano in un pugno. - Ok, volete saperlo? Bene! Ve lo dirò. La città è infestata dagli infetti. Sono ovunque, dappertutto!
Nella chiesa scese un tetro silenzio. Alcuni bambini si strinsero ai propri genitori o a chi si prendeva cura di loro.
- Ora vi starete chiedendo perché non ne avete visto nemmeno uno? Semplice. I miei uomini li tengono lontani, cercano di attirarli dall'altra parte della città. - Fece una pausa. - Alcuni sono morti per tenervi al sicuro, ma voi non ve ne siete nemmeno accorti. Abbiamo fatto il possibile per tenervi all'oscuro di questa situazione, e ora dalle vostre facce sembra che ve ne siete pentiti. A volte la verità non è facile da digerire. - Lanciò uno sguardo verso Timothy. - Ringraziate quell'uomo se adesso i vostri figli piangeranno in piena notte per la paura. Ringraziate quell'uomo se ora siete paralizzati dal terrore. Ringraziatelo!
Timothy si guardò intorno, scorgendo visi corrucciati. Lo hanno voluto loro, pensò. Avevano bisogno di sapere.
Il sergente fece per andare via, quando ritornò sui suoi passi. - Non dimenticate. Prendete solo lo stretto necessario e seguite i soldati. - E andò via.



 

8


Fuori dalla chiesa, i soldati avevano allargato il perimetro difensivo. Alcuni si erano messi sul tetto dell'emporio, altri sui tetti dei pullman messi di sbieco a sbarrare la strada principale. Avrebbero spostato la gente sui pullman militari, scortati da jeep con su montate delle mitragliatrici.
La gente si era radunata davanti allo spiazzo dell'emporio e cominciava a salire a bordo dei veicoli. Quasi nessuno voleva rimanere nella chiesa e, chi l'aveva fatto, poi aveva cambiato idea.
Milligan li aveva persuasi dicendo loro che c'era un'alta probabilità che fossero tutti infetti, e che l'unica salvezza risiedeva nel centro di evacuazione. Lì la CEDA stava sviluppando una cura che li avrebbe salvati.
Timothy non ci credeva. Se avessero davvero una cura a portata di mano, l'intero paese non sarebbe andato in malora. E poi il sergente aveva detto loro che avrebbero preso il loro sangue, ma non l'avevano mai fatto. Perché? Si chiese. Forse perché la CEDA non sapeva nemmeno dove andare a parare?
Mentre le ultime persone salirono sui pullman, Milligan si avvicinò a Timothy.
- Sei sicuro di non voler venire? - Chiese.
- Sicuro. Voglio restare nella mia chiesa.
- Potresti morire. Il tuo Dio non ti proteggerà dagli infetti. A breve saranno qui. Dai, non farti pregare. Vieni con noi.
- Ho preso la mia decisione. Non verrò.
Il sergente lo guardò per un attimo, poi pescò un foglietto dal taschino della giacca. - Tieni. Qui è segnato il punto in cui si trova centro di evacuazione. Segui la linea che ho tracciato e ci troverai. In caso cambiassi idea...
Il pastore lo prese e ci diede una rapida occhiata. - Grazie, ma non mi servirà.
- Tu tienilo lo stesso. - Gli allungò una mano, che Timothy strinse. - Arrivederci.
- Sì, arrivederci.
Il sergente raggiunse i pullman dell'esercito e disse ai soldati di partire. Un momento dopo, il convoglio si allontanò dalla chiesa e sparì in lontananza, dietro una curva.
Il pastore era rimasto da solo. Si guardò intorno per un attimo e salì la scalinata fino all'ingresso della chiesa.
La corta navata era silenziosa. Quasi gli dispiacque di non vedere e sentire nessuno. Il continuo vociare non gli era mai piaciuto, ma adesso ne sentiva la mancanza. Nostalgico, si aggirò tra i lettini, i sacchi a pelo e le panche adagiate di traverso sulle pareti. Nel cortile non scorse i bambini giocare ad acchiapparella, i soldati posti sul tetto della chiesa, le panchine occupate dalla gente. Tutto sembrava essere un antico ricordo, qualcosa che non era mai successo.
Salì nel suo ufficio, chiudendo la porta a chiave. Milligan gli aveva lasciato acqua e cibo per un mese, forse due se avrebbe ridotto le porzioni. Si sedette sulla sedia d'ufficio e guardò il cielo dalla finestra.

Verso le due e mezza, mangiò un pacco di cracker e bevve un po' d'acqua. Poi si mise a leggere la bibbia per trovare conforto e, più le parole scorrevano, più quella sensazioni di solitudine diventava un macigno. Chiuse il libro, lo posò sul tavolo e si stese sul letto. Non era stanco, né aveva sonno, ma si addormentò subito.
Si svegliò verso le sei. Restò seduto sul letto per un lungo momento, poi raggiunse la finestra. Si ritrasse subito, spaventato. Centinaia di infetti barcollavano in strada, nello spiazzo davanti all'emporio e dentro il terreno consacrato. La pelle grigiastra, gli occhi inietti di sangue e la bocca insanguinata. Alcuni vomitavano bile nero, altri si urtavano, si picchiavano. Come avevano fatto ad entrare? Il cancello era chiuso.
Si sentì in trappola. Forse gli infetti avevano anche invaso la chiesa, il cimitero e il cortile. Perché non li aveva sentiti? E la risposta arrivò da sola. Non producevano nessun rumore, a parte un gemito sommesso di tanto in tanto.
Preso dal panico, lanciò uno sguardo verso la porta. Magari erano saliti fino al pianerottolo del suo ufficio. Forse erano dietro quella porta. Cominciò a sudare freddo, il cuore gli martellava nel petto, le mani iniziarono a tremargli.
Milligan aveva ragione. Gli infetti sarebbero arrivati. Aveva sbagliato a non andare con gli altri, ma non poteva lasciare la sua chiesa. Era la casa di Dio, e Lui gli avrebbe allontanati. Lo avrebbe aiutato. Afferrò la bibbia e la strinse forte al petto, come se potesse offrirgli protezione e sicurezza. Alcuni lo avrebbero preso in giro, altri messo in dubbio il suo Dio, ma non Timothy, che ci credeva fermamente.
Si avvicinò alla porta e spiò dalla fessura nella serratura. Non vide nessuno nel pianerottolo. Restò a guardare per un po', poi si alzò. Una parte di lui era tentata di aprire la porta e guardare la scala sottostante, ma un'altra gli diceva di no. Alla fine si allontanò dall'ingresso e si sedette sulla sedia d'ufficio.



 

9


Passarono ventiquattro lunghi giorni, e gli infetti non avevano fatto altro che ammassarsi. Da centinaia, era diventati migliaia. Alcuni erano persino saliti sul tetto dell'emporio dirimpetto, e Timothy si chiese come avessero fatto senza scala?
Aveva finito quasi tutto il cibo, e aveva passato quelle settimane pregando e dormendo. Mai una volta gli infetti erano saliti sul pianerottolo davanti al suo ufficio, e il pastore ringraziava il suo Dio per questo. Si sentiva protetto, ma quando scendeva la notte la sua mente veniva assalita da immagini terrificanti. Gli infetti abbattevano la porta e lo facevano a pezzi. Quasi tutte le notti quelle immagini venivano a perseguitarlo nei sogni. Lo ossessionavano, lo ghermivano. E Timothy si rifugiava nel silenzio della preghiera, l'unico porto sicuro per la sua mente che cominciava a vacillare. Parlava da solo, faceva smorfie, gridava senza emettere alcun suono e scattava a ballare senza musica da un momento all'altro.
- Sei un idiota! - Ghignò una voce nella sua testa. - Credi davvero che ne uscirai vivo? Il tuo Dio non ti aiuterà! Sei da solo!
L'aveva sentita per la prima volta nove giorni fa. Era comparsa dapprima come un vago bisbiglio, poi come un tuono. E ora non faceva che tormentarlo.
- Smettila! Basta! - Disse Timothy.
La voce rise. - Povero imbecile. Cosa credevi sarebbe successo? Ti sei messo in trappola da solo. Sei un coglione!
Il pastore si portò le mani nei capelli. - Lasciami in pace! Vattene!
- Oh, io non andrò mai via. Resterò con te per sempre. - Rise maleficamente.
Timothy afferrò la bibbia e se la strinse sul petto, mormorando una preghiera.
- Stai sprecando fiato, pastore! - Sibilò la voce malignamente. - I mostri verranno a prenderti! Sono là fuori. Ti hanno sentito, e ora arriveranno per te!
Il pastore chiuse gli occhi e, mentre bisbigliava una preghiera, cercò di non sentire la voce che diventava più forte. Poi qualcosa urtò contro la porta e sussultò, spaventato. Fissò l'ingresso, dove sentì altri corpi.
- Stanno arrivando per te, coglione! - Disse la voce. - Vai ad aprire. Non essere maleducato.
Senza distogliere lo sguardo dalla porta, Timothy si avvicinò alla finestra e guardò la strada gremita di infetti. Aprì la finestra e la scavalcò, poggiando i piedi su una passerella di legno. Gli infetti sulla scalinata lo videro e, gemendo irati, si lanciarono contro di lui. Dalla porta i colpi si fecero più forti, un martellamento incessante.
Appena il pastore fece per saltare dalla passerella, oltre la recinzione del cimitero, la porta venne giù e gli infetti si riversarono nell'ufficio.
- Arrivano! ARRIVANO! - Lo ghermì la voce.
Timothy si pietrificò per un istante, mentre gli infetti sottostanti si arrampicavano rapidi sulla passerella. Quelli entrati nell'ufficio, oltrepassarono la finestra e scattarono le teste verso di lui.
Il pastore saltò.



 

10


Atterrò accanto a una tomba e per poco non ci sbatté violentemente la testa. Mentre scattava in piedi, gli infetti si arrampicarono veloci sulla recinzione di pietra e metallo e strillarono furiosi. Timothy corse giù dalla piccola collina, serpeggiando tra le lapidi. Si rifugiò in un piccolo ripostiglio usato dal becchino, vicino all'ingresso del cimitero. Sentiva il cuore martellargli nel petto, una vena pulsargli in fronte.
Gli infetti si fermarono attorno al piccolo edificio, confusi. Non capivano dove fosse finito, e da lì a poco si dimenticarono di lui.
Li sentiva gemere, urlare. Alcuni sbattevano debolmente la testa contro la parete di legno del ripostiglio, scatenandogli attacchi di panico. Poi si quietarono, e il pastore si rannicchiò dietro uno scaffale.
Rimase lì per quaranta minuti, infine si alzò e raggiunse cauto la porta. Spiò dalla fessura e notò che non c'era nessuno. Non era sicuro che anche attorno al ripostiglio fosse vuoto, ma non volle rischiare. Così restò lì dentro per altri dieci minuti, finché si decise ad aprire la porta. Mentre usciva, udì una raffica di spari in lontananza. Provenivano dalla citta. Gli unici sparuti infetti che barcollavano in cima alla piccola collina, si precipitarono furiosi verso la recinzione e la scavalcarono.
Timothy ne approfittò per raggiungere il cancello e correre lungo la strada, illuminata dalla flebile luce dei lampioni. Un momento dopo, raggiunse un'ambulanza abbandonata in mezzo l'asfalto, poco fuori città. Le portiere posteriori erano aperte e un lettino era capovolto lì accanto. Proseguì per altri sessanta metri, finché avvistò una casa e un rimorchio che bloccava il tragitto. Si avvicinò all'abitazione dalle cui finestre proveniva una luce. Si fermò accanto a un pino, sul ciglio della strada, e sbirciò. C'era movimento all'interno. Non sapeva se fossero sopravvissuti o infetti. Restò lì a osservare per un lungo momento, finché rabbrividì sentendo un gemito alle spalle.
Così si avvicinò di soppiatto, quando qualcosa lo colpì le spalle. Cadde a terra, ma subito si rialzò. Appena fece per girarsi, gli arrivò un altro colpo sul bicipite sinistro e indietreggiò, spaventato. L'infetto che aveva davanti gli si lanciò contro e lo buttò al suolo. Il pastore si protesse la faccia con le braccia, mentre l'infetto cominciava a tartassarlo di pugni e calci.
D'un tratto schizzi di sangue e pezzi di cranio gli imbrattarono il viso e le maniche della giacca, seguito da un tonfo sordo. Quando si voltò, vide la testa dell'infetto aperta in due.
- Ma è il pastore Timothy? - Disse una voce uomo.
- Sì, e lui. - Rispose una voce da donna.
Due figure ombrate gli si pararono davanti, illuminate alle spalle da una luce del lampione. Una gli allungò una mano e lo aiutò ad alzarsi.
- Grazie del vostro aiuto. - Aggiunse il pastore, stordito.



 

11

 

Lo condussero nella casa lì accanto e si sedettero sul divano. L'uomo era Stephan Witt. Sulla cinquantina, stempiato, barba incolta e un ventre prorompente. La donna si chiama Alicia Jackson. Sulla quarantina, robusta, capelli biondi con qualche ciocca grigia, labbra sottile e sopracciglia accentuate.
Timothy li conosceva da anni. Frequentavano spesso la sua chiesa, e Alicia lo aveva aiutato spesso per la raccolta fondi dei poveri.
- Non hai un bell'aspetto, pastore. - Disse Stephan, mentre si accendeva un sigaro.
Alicia ritornò nel soggiorno con un bicchiere e una bottiglia d'acqua di vetro. Ne verso un po' e la porse a Timothy, che la bevve tutta d'un fiato. Poi si riempì il bicchiere altre tre volte.
Alicia e Stephan si scambiarono delle occhiate, turbate.
- Cosa ti è successo? - Chiese Stephan.
- Gli infetti. Hanno invaso la chiesa. Sono stato costretto a fuggire.
- Non eri insieme agli altri? - Domandò Alicia.
- No, sono andati via settimane fa. Io sono rimasto. Non potevo lasciare la chiesa incustodita.
- Avresti fatto meglio ad andare. - Disse Stephan, tirando una boccata dal sigaro. - Le chiese possono essere sempre ricostruite, no?
- Hai fame? - Chiese Alicia.
- Sì, molta. - Rispose Timothy, posando la bibbia sul divano. Alicia si diresse in cucina.
- Perché ti sei portato appresso la bibbia? - Domandò Stephan, perplesso. - A cosa ti serve?
- Mi offre conforto. - Rispose il pastore, posandoci una mano. - Mi ha protetto da quei mostri là fuori.
- Veramente è stata la mia vanga. - Stephan indicò il muro dove era poggiata. - Sei stato fortunato che io e Alicia siamo usciti quando abbiamo sentito gemere l'infetto. E poi perché non hai gridato? Non hai emesso alcun suono. Se non fossi stato a terra, credo che avrei colpito a morte anche te. Sai, è buio pesto là fuori. Uno può confondersi, scambiare un infetto per una persona sana, e viceversa, insomma.
Timothy si limitò a sollevare le spalle.
Alicia tornò con due tramezzini al tonno e formaggio. Posò il piattino sul tavolo.
- Grazie mille per la vostra ospitalità. - Disse il pastore, incrociando le mani. - Che Dio vi benedica!
Alicia sorrise, e Stephan si limitò a guardarlo.
Timothy non si fece pregare e, in una manciata di secondi, i due tramezzini sparirono nel suo stomaco.
- Abbiamo sentito che fuori citta c'è un centro di evacuazione. - Disse Alicia. - Tu ne sai qualcosa?
- Sì, l'esercito ha condotto lì la gente che era in chiesa. - Si portò una mano nel taschino della giacca e pescò il foglietto. - Me l'ha dato il sergente Milligan, in caso avessi cambiato idea.
Alicia ci diede un'occhiata. - Non è molto distante. Forse sono sei chilometri.
- Fammi vedere. - Aggiunse Stephan, afferrando il foglietto. Lo lesse. - Sono undici chilometri. Deve essere vicino alla fattoria di Kurt, poco oltre la miniera abbandonata.
- Possiamo usare il furgone per raggiungerli. - Disse Alicia, speranzosa.
- No, faremo troppo rumore. E poi hai visto quanti infetti ci sono a Riverside? Ci inseguiranno. No, meglio di no. - Fece un tiro dal sigaro. - Dovremmo proseguire a piedi per un po', poi troveremo un mezzo e li raggiungeremo.
- I soldati sono andati via con i pullman. - Disse Timothy. - Magari avranno attirato anche loro gli infetti.
Stephan lo guardò per un attimo. - Allora non abbiamo motivo di andarci.
Alicia e Timothy lo fissarono, confusi.
- Perché? - Chiese il pastore, anticipando la donna.
- Sono attratti dai rumori. Magari i soldati non lo sapevano, ma non penso siano così stupidi. Credo che avessero perlustrato il tragitto che dovevano fare e si sono spostati in tutta tranquillità. Ho incontrato un paio di loro quando facevo provviste in città, quindi non mi sorprenderei se si fossero organizzati. Sapevano il fatto loro, dopotutto. Ho visto come erano bravi ad allontanare i gruppi di infetti, anche se ne ho visti morire alcuni.
- Perché prima hai detto che non dobbiamo andarci? - Domandò Alicia.
- Perché tanta gente attira gli infetti, e poi hai visto cosa succede a certe persone. Possono trasformarsi da un momento all'altro. È pericoloso.
- Ma non puoi esserne sicuro. Forse lì ci sono scienziati e medici. Magari stanno lavorando a un vaccino, a una cura. Forse... Forse hanno già una cura.
- Se non siamo andati alla chiesa un motivo ci sarà, non trovi?
Timothy se lo stava domandando da quando era entrato in casa.
- Sei tu che non volevi andarci. Io avrei voluto. - Rispose Alicia. - Insieme siamo al sicuro, ma tu invece credi che sia l'opposto.
- Tu non hai visto cosa c'è oltre queste mura. - Disse Stephan. - Non hai visto la gente impazzire, trasformarsi. Non hai visto gli infetti uccidere e arrivare a frotte da tutte le parti. E poi... - Fece una pausa, come se ricordasse qualcosa di orrendo. - Non hai visto quei mostri. Quelli mutati.
Il pastore si chiese di cosa stesse parlando.
Alicia non rispose subito. - Ma non possiamo rimanere da soli. Alla fine finiremo il cibo, l'acqua e le munizioni. Poi cosa faremo? Se gli infetti ci attaccassero, gli lanceremo pietre?
- Tu non devi preoccuparti di questo. - Disse Stephan, alzandosi dal divano, il sigaro nell'angolo della bocca. - Sai benissimo cosa ho in mente. Ci trasferiremo nella fattoria di Wells. Lì saremo al sicuro. Pianteremo dei semi e ci sfameremo così. C'è anche un pozzo e un fiume poco lontano. Inoltre, è lontano chilometri da qualsiasi città. Saremo al sicuro. Ora vado a riposarmi. - E andò via.
- Mio marito a volte sa essere davvero cocciuto. - Aggiunse Alicia, alzandosi e prendendo il piattino. Poi si diresse in cucina.
Timothy rimase seduto sul divano. Si versò un bicchiere d'acqua e lo bevve.



 

12


Passarono quattro giorni chiusi in casa. Scorsero un folto gruppo di infetti passare di fianco al rimorchio che bloccava la strada, scavalcando la bassa staccionata di rete metallica. Poi udirono degli spari dalla città, delle urla, il motore di un auto, un boato, seguiti da tetri silenzi.
Stephan era il solo a uscire dall'edificio e spingersi verso Riverside. Aveva trovato una cantina piena di provviste e, giorno dopo giorno, ne aveva portati un po' a casa.
Solo una volta si spinse in città, superando la chiesa e dirigendosi a un supermercato. Mancò poco che venisse ucciso da un Charger, sbucato da dietro un furgone. Era riuscito a fuggire, in quanto non era da solo. Un uomo aveva cercato di sparargli alla gamba, attirando l'attenzione dell'infetto speciale. Mentre Stephan si metteva in salvo, il Charger fece a pezzi l'uomo, sbattendolo ripetutamente contro il freddo asfalto. Tornato a casa, non ne fece parola con nessuno e tentò di dimenticarsi dell'accaduto.
Erano le due e mezza, quando Alicia, Stephan e Timothy si sedettero a tavola. La donna aveva cucinato pasta e sugo.
- Se attirerai degli psicopatici, sarà colpa tua. - Disse Stephan, masticando.
- Non mi pare che tu ti stia lamentando del pranzo. - Rispose Alicia, arcigna. - Sembri piuttosto affamato.
- Certo che lo sono. Ma ti avevo di non cucinare niente. L'odore può attirare altra gente.
- A meno che non siano nei paraggi o abbiano il fiuto di un cane, è impossibile.
- Quando ci ritroveremo gente alla porta ne riparleremo.
Timothy mangiava senza ascoltarli. I suoi pensieri andavano a Milligan, alla gente della chiesa. Avevano raggiunto il centro evacuazione? Erano salvi?
Stephan bevve un sorso di birra dalla bottiglia. - Domani andrò a prenderne dell'altra. Non sapevo che Antony fosse un ubriacone.
- Sta diventando troppo pericoloso. - Rispose Alicia. - Abbiamo ancora da mangiare e bere. Non c'è bisogno che vai lì ogni giorno. E se incontrassi gli infetti? Se ti circondassero?
- Ti preoccupi troppo. So badare a me stesso, mica sono scemo.
- Non ho detto che lo sei, ma non mi piace che ci vai sempre.
Stephan fece un altro sorso. - Stai sempre a rompere. Non sei contenta che porto a casa delle provviste?
- Lo sono, ma non voglio perderti. Non voglio che rischi la tua vita così.
- Tu cosa ne pensi, pastore Timothy? - Domandò Stephan.
- Non voglio intromettermi.
- Ma devi. Dopotutto, anche tu mangi ciò che raccatto da quella cantina. Avrai un opinione in merito.
- Io prego ogni volta che tu esci. - Disse Timothy, incrociando le mani. - Prego che Dio ti protegga dai mostri, e credo che le mie preghiere vengono udite.
Alicia lo ringraziò con un sorriso e un accenno della testa.
- Ok, ma cosa pensi in merito? - Chiese Stephan, bevendo un sorso.
Timothy lanciò un'occhiata incerta alla donna. - Non credo sia necessario che tu metta a rischio la tua vita ogni giorno. Puoi anche non andarci per un po'. Da quanto ho capito siete messi bene a provviste. Puoi prenderti del tempo per riposare o...
- O leggere un libro? - Rise Stephan. - Non sono il tipo che se ne sta con le mani in mano. Ho bisogno di movimento, di fare qualcosa.
- Allora pianta qualcosa nel giardino. - Disse Alicia, corrugando la fronte. - Perché non lo fai?
- Non abbiamo sementi. E poi perché non lo fai tu? Sei tu l'esperta di giardinaggio.
Timothy si alzò da tavola. - Con vostro permesso, dovrei andare in bagno.
Stephan smorzò un sorriso, divertito. - Non c'è bisogno che tu chieda il nostro permesso. Questa casa è anche la tua casa.
Il pastore annuì e si allontanò. Una volta entrato in bagno, si sciacquò la faccia e rimase a fissarsi allo specchio per un momento. Trovava il suo viso invecchiato, pur non avendo più di quarant'anni. I capelli sembravano essersi striati di bianco, gli occhi cerchiati dalla stanchezza. Strinse la croce di argento che portava legata attorno al collo, chiuse gli occhi e ringraziò Dio per averli protetti fino a quel momento.


 

13


Erano passati due giorni, e Stephan non era ancora tornato. Alicia se ne stava preoccupata sotto l'uscio della porta, le braccia conserte, gli occhi lucidi. Il cielo oscurato da un ammasso di nuvoloni grigi.
- Vedrai che tornerà. - Disse Timothy, posandole una mano sulla spalla.
La donna non rispose.
Il pastore le rimase accanto per un po', poi uscì nel giardino, nel retro della casa. Osservò in lontananza il campanile della sua chiesa svettare sui pini, e un crescente malessere gli cinse la mente. Aveva abbandonato la casa del Signore, permesso agli infetti di invaderla. Ma cosa poteva fare da solo? Si sentì avviluppato dal rimorso, dai sensi di colpa, e pregò Dio di perdonarlo.
Due ore dopo, un forte boato fece tremare i muri di legno dell'abitazione. Alicia e Timothy corsero fuori e videro una grossa colonna di fumo elevarsi dalla città.
- Dev'essere scoppiata una pompa di benzina. - Disse Timothy.
- Forse... - Balbettò Alicia. - Forse è stato Stephan. Forse... - Le lacrime le solcarono il viso.
Il pastore le cinse le spalle con un braccio.
D'un tratto udirono il riverbero di alcune mitragliatrici.
I due entrarono in casa. Alicia chiuse la porta e le finestre.
- Cosa succede? - Chiese Timothy, confuso dal suo atteggiamento.
- Presto arriveranno. - Rispose la donna, agitata. - É già successo.
- Gli infetti?
- Sì, chi sennò? Quei rumori avranno attirati tutti gli infetti nei paraggi. Forse persino a qualche chilometro da qui.
Timothy spalancò gli occhi, spaventato.
- Adesso aiutami a sbarrare le finestre e le porta. Poi dobbiamo portare alcune provviste giù in cantina. Se gli infetti passano da qui, c'è il rischio che entrino in casa.
Il pastore non stava capendo niente. Stava succedendo tutto così in fretta, che poco dopo si ritrovò ad aiutarla. Infine, dopo aver lasciato le provviste in cantina, si chiusero a chiave e si sistemarono in un angolo in penombra. Solo dalle piccole finestre rettangolari filtrava la flebile luce del sole.
- Ora cosa facciamo? - Domandò Timothy.
- Aspettiamo. - Rispose Alicia.
- Per quanto?
- Per il tempo necessario.
Rimasero in silenzio per un lungo momento, finché di sopra sentirono il vetro di una finestra frantumarsi.
Il pastore incrociò le dita, cominciò a pregare. Alicia teneva la testa bassa e le breccia attorno alle ginocchia.
Poi altri vetri si frantumarono, e lo scaffale che ostruiva la porta venne giù con un tonfo. Udirono gli infetti urlare, il soffitto scricchiolare sotto i loro piedi. Correvano irrequieti in tutta l'abitazione, distruggendo tavoli e abbattendo porte.
Timothy intensificò le preghiere e chiuse gli occhi come se questo potesse teletrasportarlo via da lì. Alicia rimase impassibile, gli occhi arrossati fissi sul pavimento.
Gli infetti si aggirarono in casa per quasi un'ora, poi uscirono e si precipitarono verso Riverside. Altri spari si udivano da molto lontano, e il pastore credette di esserseli immaginati. Salirono al piano superiore e trovarono tutte le stanze a soqquadro, le finestre rotte, le porte abbattute, un parte di muro del soggiorno crollato.
Timothy si guardò intorno, sconvolto. Come potevano quelle cose aver ridotto così una casa? Come avevamo fatto ad abbattere una parte di legno con le sole mani?
- Per fortuna se ne sono andati via presto. - Disse Alicia. - Ma hanno distrutto tutto. Non era mai successo prima. Quei rumori li hanno davvero fatti arrabbiare.
- Sembra che tu li conosca davvero bene. - Rispose il pastore.
- Non quanto Stephan... Lui li conosceva bene, e mi ha detto ciò che sapeva.
- E cosa sapeva?
Alicia lo guardò per un attimo. - Che è meglio non farli arrabbiare. Hai visto cosa succede? Non amano i rumori forti. Li fanno imbestialire. Inoltre, si spostano sempre in gruppo. È molto raro vederli da soli. Quando succede, è perché uno di loro ha sentito qualcosa. Ti ricordi quando ti ha attaccato quell'infetto l'altro giorno?
Il pastore annuì lentamente, ricordando quell'orrendo momento.
- Ti aveva annusato, forse aveva percepito la tua presenza. - Disse la donna. - Quando accade, non te lo togli più di dosso. Ti seguirà ovunque, finché non lo ucciderai.
- Io... - Balbettò il pastore. - Io sono stato inseguito da un gruppo di infetti alla chiesa. Mi sono rifugiato nel ripostiglio del becchino, e loro hanno smesso di seguirmi. Voglio dire, si sono limitiati a brancolare attorno all'edificio.
- Funziona diversamente con i gruppi. - Aggiunse Alicia. - Quando sono insieme, possono inseguirti per un momento, poi si fermano o vengono attirati altrove. Stephan... - Fece una pausa nel dire il nome del marito. - Lui mi ha detto che quando sono in gruppo, la percezione degli infetti si riduce, mentre aumenta la loro rabbia. Diceva che forse è dovuto al loro numero. Più sono, più non riescono a capire o percepire dove si trova una persona sana. Mentre se sono soli, beh... Sanno sempre dove sia.
Quella spiegazione non fece che aggiungere altro orrore nella testa di Timothy, già a un passo dalla pazzia. Si fece prendere dal panico e cominciò a respirare con difficoltà.
Alicia mise una sedia in piedi e lo fece sedere. - Va tutto bene. Respira. Vado a prenderti un bicchiere d'acqua.
Il pastore annuì con la faccia di un pallore cadaverico. Strinse al petto la bibbia e iniziò a mormorare una preghiera.

D'un tratto udì qualcuno tossire fuori dall'abitazione. Spaventato, il pastore lanciò uno sguardo alla finestra. La tosse si faceva più forte, più vicina. Timothy si alzò e corse in cucina. Alicia non c'era. Si guardò intorno, spaesato, e, senza rendersene conto, afferrò un coltello da cucina nel cassetto del ripiano. Lo puntò davanti a sé, la bibbia stretta sul petto.
Sentiva la tosse rauca dietro il muro d'ingresso della casa e scorse una nebbiolina verdognola invadere l'uscio della porta. Si pietrificò per un attimo, poi indietreggiò con cautela.
Un'alta figura avvolta da una foschia verdognola entrò zoppicando nel soggiorno. La faccia grigiastra puntellata da grossi bubboni tumorali, e una lunga lingua violacea gli penzolava dalla bocca da cui tossiva in continuazione.
Timothy rabbrividì. Le mani cominciarono a tremargli, il cuore gli martellava frenetico nel petto. Non aveva mai visto una cosa simile. Sembrava appena rigurgitata dall'inferno. Un'immonda creatura demoniaca mandata dal Diavolo.
Il coltello da cucina gli scivolò di mano e, battendo sul pavimento, produsse un suono metallico che infastidì lo Smoker. Il pastore si girò verso la finestra, ma avvenne avvillupato da una lunga lingua. L'infetto speciale lo trascinò verso di sé ma, prima che potesse tempestarlo di pugni e graffi, una lama gli recise la lingua. Alicia liberò il pastore dal viscido organo rimastogli appiccicato al corpo, e insieme uscirono dalla finestra. Lo Smoker li inseguì, tossendo, finché qualcos'altro lo attirò altrove.
Alicia e Timothy si nascosero sotto un piccolo avvallamento cinto dagli alti pini.
- Stai bene? - Chiese la donna.
Il pastore annuì. - Ci inseguirà?
- Forse, non lo so. Quella cosa è diversa dagli infetti. Sono mutati.
- Ce ne sono altri in giro?
- Sì, e sono diversi.
Timothy aggrottò la fronte, impaurito. - Che vuoi dire?
- Che ci sono altri mutanti. Infetti diversi da quello che hai visto. Stephan ne aveva visti sei, ma forse sono di più.
Il pastore era talmente spaventato, che si rifugiò nella preghiera.
Restarono nascosti per tre quarti d'ora, poi salirono l'avvallamento e si diressero  cauti verso la casa.
- Non credo sia una buona idea tornare indietro. - Disse Timothy, guardandosi intorno, terrorizzato.
- Dove vorresti andare? - Rispose la donna. - Gli infetti sono ovunque. Dovremmo tornare indietro e chiuderci in cantina finché non finiremo le provviste.
- E poi cosa faremo?
Alicia non parlò subito. - Andremo al centro di evacuazione. - Disse con tono triste.
Timothy aveva visto molto sguardi come il suo, sentito molte voci rotte dalla tristezza per capire che lei stava soffrendo. Non disse niente riguardo Stephan, ma fu la donna a menzionarlo.
- Spero che il mio Stephan ritorni presto. - Aggiunse. - Mi manca davvero tanto.
- Sono sicuro che il Signore guida i suoi passi.
Alicia non rispose.



 

14


Passarono cinque giorni chiusi nello scantinato, andando di sopra solo per espletare i bisogni fisiologici. Non usavano il bagno in quanto non c'era più corrente, ma due secchi. Poi gettavano il tutto in giardino, nel retro della casa.
Nessun gruppo di infetti era passato di lì e, se anche fosse passato, non se ne erano accorti.
Timothy non aveva fatto altro che pregare e pensare allo Smoker. Perché era sparito? Non si comportava come gli infetti solitari? Volevo domandarlo alla donna, che passava tutto il giorno da una finestra all'altra in un'attesa logorante. Gli faceva pena, e non voleva disturbarla. Sapeva che le doveva dare tutto il tempo necessario per assimilare la perdita, anche se entrambi non sapevano se Stephan fosse ancora vivo.
Verso sera, dopo aver condiviso un pacco di grissini, sentirono il soffitto scricchiolare. Qualcuno camminava in casa.
Alicia sgranò gli occhi dalla gioia. - È tornato. Stephan è tornato.
Il pastore la fermò per un avambraccio. - Aspetta. Forse sono gli infetti.
Altri passi si unirono al primo, e la donna lo guardò, confusa. - Non sembrano infetti.
- Come lo sai?
- Non è la prima volta che gli infetti irrompono in casa e non lo fanno mai così... Così silenziosi. Forse sono delle persone. Forse... Forse c'è anche Stephan con loro.
Timothy non la lasciò andare. - È pericoloso. Restiamo qui.
Alicia era stupida. - Non ti faceva così diffidente verso le persone. Sei un pastore, dopotutto. Non dovresti predicare la fratellanza?
A Timothy non piacquero per niente quelle parole e la lasciò andare.
La donna salì le scale e sparì oltre lo stipite.
Il pastore udì delle voci, poi un tonfo sul pavimento, seguite da alcune risate. C'erano delle persone. Cosa diamine era successo? Salì i gradini e accostò un orecchio alla porta.
- E chi se lo aspettava che avremmo trovato una donna. - Disse una voce rauca da uomo.
- Non è un granché, ma ci divertiremo. - Risposi la seconda voce.
Timothy aprì la porta quanto bastava per spiarci. Vide un uomo con lunghi capelli neri fin sotto il mento, e un altro calvo e con un pizzetto sottile attorno alla bocca. Poi il suo sguardo si posò su Alicia, svenuta ai loro piedi.
- Oh no... - Bisbigliò Timothy.
Altri tre uomini entrarono nel soggiorno dalla cucina, e notò solo in quell'istante che erano tutti armati di pistole e mazze.
- Non c'è niente, Greg. - Disse un uomo dai capelli castani arruffati.
- Hai controllato lì? - L'uomo dai lunghi capelli puntò il dito verso la porta dello scantinato.
Spaventato, il pastore scese la scala. Si andò a nascondere dietro un tavolo ribaltato su un fianco, avvolgendosi il corpo in un lenzuolo grigio umido e puzzolente. Fu il suo istinto a suggerirglielo, e non sapeva se avrebbe funzionato. Magari lo avrebbero visto ugualmente.
Poi sentì la porta aprirsi e qualcuno scendere i gradini. Si strinse la bibbia sul petto e pregò.
- Bingo! - Disse una voce maschile.
Timothy trasalì, terrorizzato. Forse lo aveva visto? Chiuse gli occhi, aspettandosi che il lenzuolo si sollevasse di scatto dalla sua testa.
- Greg! - Urlò l'uomo. - Qui sotto ci sono delle provviste!
Il pastore tirò un sospiro di sollievo, anche se non era del tutto rilassato.
- Che cazzo gridi. - Rispose Greg, scendendo la scala. - Vuoi attirare gli svalvolati?
- Scusa, non non volevo.
- Sì, ok.
Il pastore non udì nessuno per un momento.
- Non bastano nemmeno per una settimana. - Aggiunse Greg.
- Però abbiamo la donna. Finalmente ce la spasseremo un po'. - Ridacchiò.
- Solo quando mi sarò stancato.
- Sì, certo, Greg. Certo.
Sentì i due uomini salire al piano di sopra e chiudere la porta. Rimase immobile per un lungo momento, poi si tolse il lenzuolo di dosso e si avvicinò alla scala. Uno strano suono proveniva dal piano di sopra. Sembravano delle risate isteriche, quasi diaboliche. Non avevano niente di umano. Poi udì un tonfo.
Timothy si pietrificò, fissando la porta in cima ai gradini. Le risate isteriche continuarono, finché sentì uno zampettare lungo il soffitto. Forse era entrato un cane? Impossibile. Non ne vedeva uno da moltissimo tempo. Tutti i randagi della città parevano essere fuggiti ancor prima dell'arrivo dell'esercito.
Infine lo zampettare cessò, e tornarono a sentirsi le risate isteriche. Il pastore indietreggiò fino a urtare con un piede una sedia.
D'un tratto udì un raspare frenetico sotto la porta. Le risate si intensificarono, seguiti dai gemiti eccitati.
- Quelli... Quelli non sono cani. - Mormorò Timothy, terrorizzato. Si andò a nascondere nuovamente dietro il tavolo e si coprì con il lenzuolo.
Qualunque cosa fossero, ora stavano raschiando la porta con più forza, con più foga. Restò ad ascoltare quel rumore agghiacciante, finché smisero di ridacchiare. Poi li udì scendere i gradini. Sembrava davvero lo zampettare dei cani.
Il pastore chiuse gli occhi, la bibbia stretta nel petto. Gli scappò quasi da ridere nel pensare che reagiva sempre così. Ma cosa poteva fare? Quella risata smorzata, stava diluendosi nell'isterismo. Voleva ridere per il terrore.
Improvvisamente sobbalzò per un colpo di fucile sparato nella casa. Quelle cose ridacchiarono, malefiche, e rabbrividì nel sentirli così vicini. Erano stati a due passi da lui, ma ora zampettarono sui gradini. Se non fosse esploso quel colpo, forse lo avrebbero trovato e fatto a pezzi. Ma come sapeva che lo avrebbero ridotto così?
Mentre ci meditava, altri spari si susseguirono al piano di sopra, seguiti da strilli, grida di dolore e risate isteriche. Poi i rumori si spostarono fuori dall'abitazione, finché scomparvero in lontananza.
Timothy non si mosse. Aveva troppa paura per farlo.



 

15


Restò lì per quasi un'ora, nel silenzio più totale. Aveva pregato intensamente, e questo gli infuse un poco di coraggio. Si tolse lentamente il lenzuolo, aspettandosi che qualcuno gli saltasse alla gola, e si guardò intorno. C'erano impronte di sangue sul pavimento. Piccoli piedi vagamente umani. La scia continuava lungo la scala.
Salì i gradini con cautela e scorse lo squarcio nella parte inferiore della porta imbrattata di sangue. Fissò quel buco per un attimo, aspettandosi che da un momento all'altro ne uscisse una creatura orrenda, ma non successe. Ci mise un po' a trovare nuovamente il coraggio, ma alla fine girò la maniglia.
Con un lieve cigolio, la porta si aprì. Schizzi di sangue imbrattavano le mura e il pavimento, puntellato dai bossoli.
Il pastore si fece tre volte il segno della croce, senza mollare la bibbia dal petto. Poi, facendo attenzione a non calpestare le pozza di sangue, svoltò in cucina. Quattro cadaveri giacevano al suolo, la faccia sfregiata da cui penzolavano lembi di pelle, il ventre e il collo squarciato.
Si portò la mano davanti alla bocca e istintivamente vomitò bile sul pavimento. Fu un gesto che non riuscì a controllare, che lo costrinse a raggiungere la finestra più vicina per prendere aria. E una volta lì, scorse altri tre corpi in pancia in giù.
Si diresse a passo sostenuto oltre l'uscita, nel giardino, e venne percorso da decine di coniati. Gli sembrò che il corpo volesse vomitare pure l'anima.
Non aveva pensato minimamente che ci potessero essere degli infetti o quelle strane cose là fuori. Gli pareva di essersi catapultato all'inferno. Magari era morto, e neanche se ne era accorto. Forse era la sua punizione per aver trattenuto soldi dalla raccolta fondi per i poveri.
S'inginocchiò e incrociò le dita. - Perdonami, Dio, perché ho peccato. la chiesa rischiava di essere demolita. Ho dovuto attingere denaro dalla raccolta fondi, perché le donazioni per le riparazioni erano poche. Non volevo che la tua casa venisse chiusa. Non volevo peccare di avidità. - Alzò lo sguardo e le mani al cielo. - Chiedo il tuo perdono, padre. Perdonami!
In quell'istante si ricordò di Alicia. Come aveva fatto a dimenticarsene? Si alzò in piedi quasi incespicando su una pietra e corse in casa.
La donna non c'era.

Rimase a fissare a lungo, sconcertato, il punto in cui l'aveva vista l'ultima volta. Poi il tanfo di putrefazione si fece troppo forte, e uscì dall'abitazione. Non prese nemmeno una mazza o una pistola dai cadaveri per difendersi. Una simile idea non gli era neanche sfiorata per la mente.
Una volta in giardino, si guardò intorno. Non sapeva cosa fare. Doveva mettersi alla ricerca di Alicia? Magari era nei paraggi. Poi gli balenò in testa un pensiero orrendo. E se si fosse trasformata? Stephan aveva detto che la gente poteva trasformarsi da un momento all'altro. Forse anche lei aveva fatto questa fine? Magari era stata morsa o graffiata da quelle cose che aveva sentito in cantina? O forse era semplicemente fuggita. Allora perché lo aveva abbandonato?
- Certo che sei un vero coglione! - Ghignò la voce interna, facendolo sussultare. - Perché dovrebbe aiutarti? Tu l'hai aiutata quando è stata presa da quel branco di coglioni?
Il pastore balbettò qualcosa di incomprensibile.
- Cos'è? Hai perso le parole, padre? Dov'é il tuo Dio quando serve? Perché ha lasciato accadere tutto questo. - Rise.
- Lasciami in pace! - Disse il pastore, incamminandosi lontano dalla casa, sul limitare tra il bosco e la strada.
- Ah, bene. - Sibilò la voce. - Vedo che stai andando verso la tua chiesa. Perché ci vai? Quelle quattro pareti non ti appartengono più. Adesso hanno nuovi proprietari. Gli infetti! - Ridacchiò malignamente.
Timothy non lo ascoltò e continuò a camminare. Mentre la voce lo ghermiva di insulti e screditava il suo Dio, scorse qualcosa seminascosto nell'erbaccia, ai piedi dei pini.
- Che cosa aspetti? - Aggiunse la voce. - Vai a vedere, imbecille. Magari è uno dei tuoi amici. - E rise a crepa pelle.
Timothy strinse la mano a pugno, irato.
- Oh, il povero pastore si è arrabbiato. - Lo ghermì la voce. - Ora cosa farai? Prenderai a pugni la tua faccia? Non puoi colpirmi, non puoi scacciarmi!
Il pastore aggrottò le sopracciglia, esasperato, e si avvicinò al corpo steso su un fianco. Appena gli fu a pochi passi, gli occhi si umidirono.
- Avevo ragione! - Si compiacque la voce. - Amo avere ragione! Ah, Gesù cristo! Piagnucoli come un moccioso? Nemmeno lo conoscevi bene. Che cazzo te ne frega? Meglio lui, che te, no? Smettila di piangere, coglione! Ora è con il tuo Dio e stronzate del genere! - Ridacchiò.
- Basta! Basta! Smettila! LASCIAMI IN PACE! - Urlò a squarcia gola Timothy. - Vattene! Vattene!
Scese un tetro silenzio attorno a lui. Un silenzio che non gli piacque affatto. Cosa diamine aveva fatto? Era impazzito a urlare in quel modo?
Non ebbe tempo di guardare il viso sfregiato di Stephan e di dire una preghiera, che una serie di urli agghiaccianti lo fecero andare in panico.
Non capì più niente.

Corse lungo la strada asfaltata, senza nemmeno controllare che non ci fossero infetti nella direzione in cui stava andando. Il suo unico pensiero era di raggiungere a tutti costi la chiesa. lo desiderava immensamente.
Le urla degli infetti si fecero più vicini, echeggiavano nei boschi. Dopo una manciata di minuti che gli parvero ore, arrivò davanti al cancello aperto che dava sul cimitero. Nessun infetto in vista, me le orribili grida lo avevano quasi raggiunto. Venivano dai boschi, ne era certo.
Si precipitò lungo la piccola collina che lo condusse prima nel cortile, poi nella chiesa. Salì la scala e rimase paralizzato. La porta era stata abbattuta dagli infetti. Se ne era del tutto dimenticato. Adesso come avrebbe impedito a quelle cose di entrare? E poi perché si era andato a rinchiudere nel suo ufficio?
Più ci pensava, più non ne capiva il motivo.
Le grida irate erano ormai vicine, quasi tutt'attorno all'edificio. Si affacciò alla finestra e non scorse nessuno lungo la scalina che portava sulla strada. Forse gli infetti venivano tutti dal quartiere residenziale, e dai boschi. Non ci pensò due volte e la scavalcò.
- Stai per morire, stronzo! - Ghignò la voce interna.
Era ritornata. Non poteva crederci. Provò un moto di rabbia, che svanì appena sentì una cacofonia di urla al piano di sotto, in fondo alla scala. Erano così tante da sovrastare la voce interna, che non faceva che insultarlo.
Mise i piedi sulla passerella di legno, scese la scala a pioli e corse verso il cancello chiuso. Per sua fortuna non l'aveva chiuso e, quando fu dall'altra parte, inserì la chiave nella toppa.
- Sei proprio un idiota! - Disse la voce. - Perché stai chiudendo il cancello? Quelle cose possono arrampicarsi dovunque. Non crederai che un paio di mura e filo spinato impediranno loro di raggiungerti? Sei proprio un perfetto coglione! Il numero uno dei coglioni! - Ridacchiò maleficamente.
Timothy non lo ascoltò e girò la chiave. Sentì un CLICK! Mise le chiavi nella tasca e corse verso l'emporio di Gustavo. Arrivato a venti metri dall'ingresso, qualcosa gli afferrò un piede e lo fece razzolare in avanti. La bibbia finì vicino a una ruota posteriore di un furgone. Da lì sbucava un infetto incastrato sotto il veicolo. Agitava le mani grigiastre verso il pastore, che lo guardava, spaventato.
Poi si riprese e adocchiò la bibbia. Non poteva lasciarla lì. Doveva assolutamente prenderla. Quando gli avvicinò la mano, l'infetto per poco non gli afferrò il polso. La ritrasse e, appena alzò lo sguardo verso la chiesa, scorse gli infetti lanciarsi dalla finestra come un fiume in piena.
Sussultò, terrorizzato, e scattò istintivamente la mano sul libro. L'infetto cercò di afferrarlo, ma Timothy si ritrasse in tempo. Poi corse dentro l'emporio, la bibbia stretta sul petto.



 

16


Superò il bancone del negozio e uscì dalla porta sul retro, ritrovandosi nel vicolo. Il suo sguardo venne catturato dalle pozze di sangue raggrumato vicino al bidone della spazzatura. Pensò ai corpi che aveva seppellito nel cimitero e a Gustavo.
Poi entrò nel magazzino adiacente, lo attraversò e si chiuse dietro una porta, che non aveva nemmeno controllato. Per sua fortuna la camera era vuota.
Quando spiò nella fessura della serratura, scorse gli infetti irati precipitarsi nell'emporio. Le grida attutivano qualsiasi rumore. Alcuni continuarono a correre, finché entrarono nel magazzino, dove si fermarono di colpo. Anche la loro rabbia diminuì del tutto, emettendo solo sporadici gemiti sommessi.
Timothy camminò nella stanza che doveva essere una sorta di piccolo ufficio, e raggiunse la finestra. La strada era vuota. Gli venne una mezza idea di scavalcarla e di correre lontano, ma alla fine si sedette dirimpetto alla porta. Restò così per un lungo momento, poi il pensiero della fuga gli tornò in mente. Volse il capo verso la finestra.
- Fallo! - ghignò la voce nella sua testa. - O sei troppo vigliacco per farlo? Apri quella cazzo di finestra!
Il pastore cercò di non ascoltarlo.
- Devi solo aprirla e passare dall'altra parte. È molto semplice. Cazzo! Fallo! Scavalca quella cazzo di finestra!
Timothy si tappò le orecchie con le mani, mentre la voce rideva.
- C'è solo una via. Non importa se dovrai passare accanto all'emporio. Tu seguila! VAI!
Sapeva che la voce voleva tormentarlo, tentarlo, e farlo ammazzare. Superare quella finestra e mettersi a correre, equivaleva a morte certa. Lo sapeva chiaramente.
D'un tratto udì una raffica di spari fuori dall'edificio. Gli infetti urlarono a squarcia gola e si precipitarono verso la fonte del rumore.
Timothy li sentì allontanarsi, finché non udì più nulla. Si alzò dalla sedia e andò alla porta. Girò la maniglia e sbirciò fuori. Non c'era nessuno.
- Oh, ma dai! Fai sul serio, cazzo? - aggiunse la voce, irritata. - Dopo quello che ti è successo, vuoi andare di nuovo in quel tugurio.
- È la casa del Signore! - Rispose il pastore.
- Allora sai parlare, coglione? Andiamo dove sono andati gli infetti. Sembra che gli spari provenissero dalla casa di Stephan e Alicia. Magari quella puttana è ancora viva. Perché non andiamo a dare un'occhiata, eh? Solo un'occhiata.
- So dove vuoi arrivare.
- Ah, sì? Dove?
- Vuoi farmi ammazzare.
La voce ridacchiò, diabolica. - Tanto morirai ugualmente, stronzo! Sei morto, padre! MORTO! MORTO! MORTO!
- Smettila! - Urlò Timothy.
La voce scomparve di colpo.
Arrivato davanti al cancello, si guardò intorno, pescò le chiavi dalla tasca e la inserì nella toppa. La girò e aprì il cancello, richiudendolo alle spalle. Poi salì la scalinata e vide la porta d'ingresso abbattuta. Quando entrò, scorse quattro infetti sul pavimento.
Il pastore si immobilizzò per un attimo, finché cominciò a muoversi lungo la parete, senza distogliere lo sguardo da loro. Arrivato sotto la soglia della scala che portava al suo ufficio, notò che gli infetti erano stati calpestati e forse picchiati. Era opera degli altri infetti? O di qualcun altro?
Lanciò uno sguardo in cima alla scala, ma non vide nessuno. Preso dalla curiosità, si spinse nel cortile, poi nel cimitero. Nessuna traccia di sopravvissuti o infetti.
Rientrò in chiesa e sentì degli spari in lontananza. Giungevano dall'abitazione di Stephan e Alicia. Non ne era certo per via del riverbero, ma intuiva che era così.
- Che aspetti? - Ghignò la voce interna. - Vai ad aiutare una povera pecorella bisognosa di aiuto.
Il pastore lo ignorò e salì la scala che lo condusse nel suo ufficio.
- Sei proprio intenzionato a morire qui dentro, eh? - Disse la voce, stizzita. - Mi fai schifo! Non tenti nemmeno di salvare quella povera fanciulla. Sei un insulto per Dio!
- Non nominare il suo nome invano!
La voce rise, malefica. - Altrimenti cosa farai, pastore? Mi ignorerai? - Rise a crepa pelle.
Timothy si sedette sul letto. Non si sentiva quasi più le gambe per la fatica, e un fortissimo mal di testa aveva cominciato a tormentarlo. Poi la bibbia gli scivolò dalle mani e cadde sul pavimento con un tonfo.
- Guardati! Sei spacciato! - Aggiunse la voce. - Non hai nemmeno più la forza di reggerti in piedi.
Timothy provò a prendere la bibbia, ma crollò in avanti. Si alzò lentamente in piedi, quando qualcuno bussò alla porta di ferro rossa montata dall'esercito, al piano terra. Conduceva a una stanza sotto il campanile, accanto al suo ufficio. Non era più andato là da quando Milligan si era appropriato della chiesa. Credeva che lì dentro avessero allestito una specie di armeria, in quanto era vietato entrarci.
Con le poche forze rimaste, afferrò la bibbia, la strinse sul petto e aprì la porta. C'erano delle armi su un tavolo. Fucili a pompa, di precisione e d'assalto, oltre a varie munizioni ammucchiate lì accanto.
Sentì di nuovo bussare alla porta.
- Ehi! C'è qualcuno? - Gridò una voce femminile.
Timothy aprì la porta e rimase felicemente sorpreso.
Alicia era lì, a tre cinque passi da lui. Il volto e i vestiti sporchi di sangue e terra, i capelli scompigliati. Ma nei suoi occhi iniettati di sangue c'era qualcosa di strano.
Timothy abbassò lo sguardo e le guardò l'avambraccio scoperto. Un morso. Era proprio un morso.
Spalancò gli occhi, spaventato.
Alicia gli si scagliò contro, afferrandolo per la camicia. Lo sbatté contro il muro e gli affondò i denti nella scapola destra. Gli strappò un pezzo di carne e lembi di giacca, che sputò a terra.
Timothy gridò dal dolore. Non riusciva a togliersela di dosso. Aveva una forza quasi sovraumana.
Alicia cominciò a tartassarlo di pugni e calci, finché il pastore la spintonò fuori dalla stanza. Quella cercò nuovamente di entrare, ma Timothy le chiuse la porta in faccia. Cominciò a tempestarla di calci e pugni, mentre i pastore si lasciò cadere con le spalle contro il muro.
Si guardò la ferita da cui usciva un debole fiotto di sangue. Perché lo aveva morso? Cosa le era preso? Un attimo prima l'aveva sentita parlare, e un attimo dopo aveva tentato di ucciderlo. Poi si ricordò del morso e comprese.
- Ding Dong! - Ghignò la voce interna. - La morte sta arrivando, padre. Ding dong! Ding dong! Ding dong!
Il pastore si sentì prosciugare l'energia. Più passava il tempo, più non riusciva a restare lucido. Le gambe sembravano averlo abbandonato e, quando cercò di afferrare la bibbia caduta ai piedi del tavolo, le braccia pesanti parevano due blocchi di cemento.
Mezz'ora dopo, sentì una raffica di spari colpire la porta di ferro rossa. Sotto la fessura tra la porta e il pavimento, apparve una pozza di sangue che si andava espandendosi.
Qualcuno bussò.
- Sembra chiusa. - disse una rauca voce maschile.
- Sei sicuro? - rispose una voce più anziana, sempre maschile.
La voce rauca sbuffò, irritata. - Guarda tu stesso, Bill!
Timothy udì dei rumori alla porta. Cercavano di aprirla.
- È bloccata per bene, Francis.
- Te l'ho detto!
- Meglio prevenire che curare... - Aggiunse Timothy, sentendosi scoppiare la testa per il dolore. - Meglio prevenire che curare...
- Hai sentito, Bill? - Disse Francis. - C'è qualcuno.
- Ehi! Mi senti? Siamo immuni. Non siamo infetti.
- Meglio prevenire che curare... - Ripeté il pastore in una cantilena sommessa. Gli sembrava di aver perso il controllo delle parole.
- Facci entrare. - Aggiunse Francis. - Siamo stanchi e affamati. Vogliamo solo riposarci per un po'.
Timothy si lasciò cadere la bibbia dalle mani e, cingendo le ginocchia con le braccia, cominciò a dondolare. - Meglio prevenire che curare...
- Oh, dannazione! - Disse Francis, irato. - Apri questa cazzo di porta!
- Sono io quello che decide chi passa da questa porta! - disse il pastore. - Prima l'ho aperta e sono stato morso. No! Meglio prevenire che curare! Meglio prevenire che curare!
- Ma 'sto tizio è fuori di testa. - Aggiunse Francis. - Ehi, amico. Siamo sani. Siamo immuni. Non possiamo diventare come loro, capito? Facci entrare.
- Preparatevi per il test! - Gridò Timothy, esaltato.
- Test? - Chiese Bill, turbato. - Quale test?
Il pastore afferrò la corda del campanile e lo tirò, facendola suonare. - DING DONG! La cena è servita! DING DONG! DING DONG!
- Fottuto pezzo di merda! - Urlò Francis.
Delle urla agghiaccianti attutirono per un momento il suono della campana, poi si sovvraposero con la cacofonia degli spari.
Timothy scoppiò in una risata malefica. - Hai visto, padre? È così che ci si diverte. Adesso che ho il controllo, non ho più bisogno di te. Spero ti troverai comodo nella gabbia che ti ho preparato! - Rise a crepa pelle.
Ma la voce perse subito il controllo, e Timothy riprese lucidità.
- Oh, no. Cosa ho fatto? Cosa ho fatto? - Disse, divorato dal senso di colpa. - Dio, perdonami. Non volevo. È stata... È stata la voce... - Afferrò la bibbia e la strinse sul petto, mentre la ferita alla scopola gli pulsava dal dolore. - Chiedo il tuo perdono, Padre. Ti prego, ti supplicò, perdonami!
Mentre là fuori gli spari andavano scemando, la vista cominciò ad impannarsi, gli occhi a diventare completamente neri. Come ultimo gesto di espiazione per ciò che aveva fatto, si alzò con fatica e sbloccò la maniglia. Poi crollò all'indietro, sul pavimento.
Non vide più nulla.
Non sentì più nulla.
Si alzò dopo una manciata di secondi, la pelle grigiastra, gli occhi iniettati di sangue, denti aguzzi e artigli affilati. Cominciò a ringhiare e si chinò, assumendo la posizione di un ghepardo. Era diventato un Hunter.
Fuori dalla stanza sicura, i quattro sopravvissuti avevano eliminato l'orda di infetti e diversi infetti speciali. Si avvicinarono cauti alla porta, l'aprirono e crivellarono di pallottole quello che, pochi minuti prima, era stato un pastore di nome Timothy. La sua mano cadde sulle pagine aperte della bibbia schizzata di sangue, come a non volersene separare.
Il dito puntava a un versetto dell'Esodo 9:15.
Se fin da principio io avessi steso la mano per colpire te e il tuo popolo con la peste, tu saresti ormai cancellato dalla terra.

   
 
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