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Autore: Opalix    02/09/2009    10 recensioni
PARADOSSO DI KIERKEGAARD: Se ti sposi, te ne pentirai. Se non ti sposi, te ne pentirai lo stesso.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Ginny
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo, sono stata un po’ in vacanza e l’ultimo pezzo ha richiesto più tempo di quanto avessi preventivato.

CAPITOLO 8: GENTLEMEN PREFER BLINDS

“If a girl spends all her time worrying about the money she doesn’t have, how will she find any time for being in love?”
From “Gentlemen prefer blondes”

“Ma come Draco, non sei ancora pronto?!?”
Pansy era apparsa in tutto il suo splendore alla porta dell’ufficio di Draco, piantando bene i tacchi sulle assi di pregiato parquet. Draco, sprofondato nella poltrona e nascosto, per quanto era possibile, dietro a un bicchiere di firewhisky, sentì una fitta al fegato, come se quei tacchi si fossero conficcati appena sotto il suo torace invece che sulla lucida quercia rossa. In alternativa, poteva essere un principio di cirrosi epatica, ma forse su quello era meglio non soffermarsi troppo: se ti sposi certe cose le devi mettere in conto.
“Sono pronto, non preoccuparti…” borbottò, racimolando le energie mentali necessarie per staccare il culo dalla poltrona.
Pansy guardò con aperto disgusto il papillon slacciato ai lati del colletto e la giacca dello smoking buttata disordinatamente sulla scrivania. “Alzati avanti. Ti allaccio quel affare, quando ti fai il nodo da solo a metà serata è sempre storto…” sospirò.
Draco accantonò l’idea di ribellarsi alle dita agili della moglie.
“Non ne ho voglia, Pansy. Non riusciamo proprio ad esimerci da questo impegno?”
Pansy sgranò gli occhioni come di fronte ad una delle più grosse eresie mai sentite pronunciare in vita sua. “Si tratta di uno dei ricevimenti clou della Stagione, Draco. Non capisco come tu possa anche solo pensarlo.”
Era appena novembre, e la “Season” londinese non aspettava nessuno. Tantomeno i Malfoy.
“Ma non abbiamo una figlia debuttante da mettere sul mercato, a quanto mi risulta… o devo già cercare di mettere in vendita te?” chiese Draco con un guizzo di ironia del tutto fuori luogo.
Lo sguardo di risposta di Pansy avrebbe potuto gelare un paio di gironi infernali – peccato che invece Draco continuasse a sentire un gran caldo, strozzato com’era da quel maledetto cravattino.
“Non siamo ancora divorziati, Draco. Non ho la minima intenzione di commettere un suicidio sociale presentandomi senza accompagnatore al ballo in onore della figlia di Flint. Infilati la giacca, fammi vedere quanto sei riuscito a stropicciarla.”
Draco si mise la giacca e lasciò che Pansy stirasse le pieghe con abili colpetti di bacchetta. E pensare che non molti anni prima riusciva anche a divertirsi a quegli stramaledetti ricevimenti. Lanciò a Pansy un’occhiata, al di sopra delle propria spalla: scintillante nel suo abito di seta e pizzo, ingioiellata come una principessa e deliziosamente truccata… come sempre del resto. Pansy non lo aveva mai fatto sfigurare, era una delle cose che lo aveva spinto a sposarla. Con lei al proprio braccio avrebbe potuto andare dovunque e incontrare chiunque, con la assoluta e incrollabile certezza che lei avrebbe indossato l’abito adatto per l’occasione, sorriso nella maniera più indicata, detto la frase giusta al momento giusto.
In quel momento pensò che forse gli sarebbe piaciuto presentarsi al dannato ballo con una prostituta racimolata in Nocturn Alley, senza farle cambiare vestito. Almeno si sarebbe fatto due risate. Sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo davvero, era ovvio – a suo tempo, il Cappello Parlante aveva guardato dentro la sua testa e, poco ma sicuro, non aveva nemmeno lontanamente valutato la possibilità di spedirlo al Gryffindor. Una consapevolezza ammirevole, certo… ma questo non riusciva ad esimerlo dal sentirsi morto dentro.
Una volta – beata ingenuità – aveva ritenuto che un ricco infelice fosse un ossimoro. In fondo con i soldi, nulla ti è precluso… un minimo di gusto e ricercatezza nella scelta dei regali e anche l’amore e la venerazione di una moglie potevano diventare beni acquistabili con relativa facilità. In fondo, se una donna non deve preoccuparsi di nulla di concreto e può spendere tutti i soldi che vuole in qualunque capriccio, le resta tutto il tempo del mondo per innamorarsi del proprio marito…
Si, come no. Tu le regali un bracciale di diamanti, quella si sdilinquisce per venti minuti scarsi, ti dice che ti ama da impazzire, poi appena ti volti si fa mettere incinta dal giardiniere. (Forse fare in modo che dovesse annaffiare di persona quelle maledette rose sarebbe stata una mossa più azzeccata… se non altro non le avrebbe lasciato il tempo fisico di far danni, viste le dimensioni del rosaio di Malfoy Manor.)
Ecco, la questione della figlia illegittima: quella era probabilmente la cosa che gli aveva dato più fastidio. Non che si fosse mai fatto illusioni sulla fedeltà di Pansy, per carità. Non era nato ieri e non faceva Potter di cognome, grazie al cielo. Aveva sempre ritenuto la fedeltà assoluta una merce decisamente sopravvalutata: a che pro, in fondo? Se le faccende venivo condotte con discrezione e nessuno ci soffriva, non vedeva il motivo di piantare scenate per certe sciocchezze. Ma quella questione del rimanere incinta di un altro uomo… ecco, si poteva dire, che quella gli era andata un pelino di traverso.
Se Pansy gli avesse portato quel minimo di rispetto necessario per salvare almeno le apparenze, avrebbe avuto cura di mettere al mondo un figlio legittimo, almeno come primogenito! Persino sua madre aveva sempre evitato di partorire figli a destra e a manca…
E poi, parliamone: alla veneranda età di 28 anni, lui, un purosangue con un pedigree che avrebbe fatto invidia a qualsiasi cavallo da corsa arrivato dritto dritto dagli Emirati Arabi, non era ancora riuscito a trasmettere i propri immacolati cromosomi alla successiva generazione. Un vero colpo per il suo già martoriato ego.
Cristo Santo, anche Potter alla fine della fiera era riuscito a farsi una famigliola felice. Non che i bambini gli fossero mai piaciuti, anzi, sotto una certa età gli facevano anche un po’ schifo… però il pensare a quanto la propria vita mancasse di sugo gli metteva una certa amarezza.
E l’amarezza, opportunamente annaffiata di firewhisky, sboccia in malinconia.

“Credi che Thed sia al corrente del fatto che non sarai mai in grado di amarlo?”
Il rumore della bacchetta di Pansy che precipitava sul parquet fu quasi assordente nell’improvviso silenzio dello studio. La donna sollevò uno sguardo sconvolto sul marito, ma Draco stava fissando un punto indefinito, oltre la scrivania, oltre la finestra che dava sul parco… oltre il tempo presente. Gli occhi, grigi come il mare in inverno, erano fissi su un punto imprecisato, a metà tra il passato rimpianto ed il futuro che avrebbe potuto essere… fissi eppure vaganti, come nuvole impazzite, tra ricordi sbiaditi e desideri mai avverati.
Era stato infranto un tacito patto, una regola non scritta.
Non si recrimina, non si accusa, non si fanno allusioni. Mai. E mai e poi mai sul piano sentimentale. Era una condicio sine qua non per la buona riuscita di un matrimonio dell’alta società… o di un divorzio, per quel che valeva.
Forse, in quel momento in cui fissava sbalordita il profilo remoto di Draco, Pansy si rese conto che qualcosa, già da tempo, si era rotto dentro il suo perfetto marito da esposizione… forse. Probabilmente. Ma Pansy non era una donna qualunque, e di certo non era una donna facile all’emozione. Era fredda, calcolatrice, acuta; Pansy teneva per sé i propri pensieri e mostrava al mondo soltanto ciò che, vero o falso che fosse, poteva risultarle utile, nel breve o nel lungo periodo. Era una vipera che, se attaccata, sapeva benissimo dove colpire… senza alcun riguardo per la condizione dell’avversario.
“E tu credi che quella stracciona possa amarti per qualcosa di diverso dai tuoi soldi?” ribatté, dosando il veleno con accurata precisione.
Draco si riscosse, quasi tornando al mondo reale. Guardò Pansy e sollevò le sopracciglia: non si era aspettato che la sua adorata consorte riconoscesse la donna delle fotografie.
“Caduta di stile, Pansy…” mormorò. Ginny i miei soldi nemmeno li vede – letteralmente.
“Oh, la mia è una caduta di stile?” rise Pansy, “Draco, non immagini nemmeno… scoprire della tua liason è stato quasi più esilarante di quando Zabini è scappato per sposare quella ballerina americana… com’è che si chiamava? Ah, si: Lorelei. Lorelei Lee! Dio, anche il suo nome è volgare…”
Pansy gli volse le spalle e si avvicinò allo specchio per aggiustarsi la piccola tiara di brillanti che scintillava sui suoi capelli neri. “Anzi, mi correggo…” disse, dopo aver finto di pensarci, “Questa idiozia è ancora più ridicola, se possibile: se non altro quell’oca bionda aveva un indiscutibile gusto per i gioielli. Dubito seriamente che la Weasley sappia distinguere un diamante da un fondo di bottiglia. Ad ogni caso, spero per te che tu abbia abbastanza sale in zucca da non far arrivare questo scandalo in società…”
Draco si avvicinò e la squadrò dall’alto in basso. L’ultima frase di Pansy sembrava avergli fatto recuperare la concentrazione e la freddezza.
“Mi stai minacciando, Pansy cara?” le chiese Draco, gelido, mentre le teneva il mantello foderato di pelliccia con una cortesia ostentata che era di per sé un insulto.
Pansy, per nulla intimidita, si lasciò posare l’indumento sulle spalle, ma allontanò le mani di Draco che si erano strette attorno al suo collo per allacciare gli alamari preziosi del mantello.
“Non serve. Devi solo ringraziare la tua stupidità se ti trovi in questa situazione: sei stato tu a portare la tua relazione extraconiugale in luoghi così visibili. Credevo che tua madre ti avesse educato meglio di così, ma è chiaro che il giorno in cui lei predicava la discrezione tu pensavi ad altro.”
“Forse non mi interessava tenere segreta questa relazione… ci hai pensato?”
Pansy gli rivolse un sorriso di compatimento.
“Questa infatuazione ti passerà, caro…” gli disse dolcemente, “quando sarai impegnato a pensare ai soldi e alle case che hai perso a mio favore per il tuo stupido errore di valutazione, non avrai più tempo per crederti innamorato di una pezzente come quella. Io, d’altra parte, avrò tutto il tempo che mi serve per amare quel tesoro di Theodore come vorrà…”

“If I’d observe all the rules, I’d never got anywhere.”
Marilyn Monroe

Tardo pomeriggio. Tre giorni all’udienza.

La porta dell’ufficio si spalancò all’improvviso ed Hermione sollevò lo sguardo dalle carte che stava studiando. Madama Narcissa marciò nell’ufficio con un sorriso smagliante, togliendosi i guanti, seguita da un Jackson caracollante sotto il peso di diversi pacchi e buste scintillanti.
“Avvocato!” trillò Narcissa, togliendosi anche il cappellino e accomodandosi sulla poltrona. Forcine decorate di perle e brillanti trattenevano i capelli biondissimi in un’acconciatura elegante e alla moda. Alamari incrostati di pietre preziose chiudevano il mantello scuro e scintillavano alla luce del sole invernale che entrava dalle finestre. Gli occhi, dello stesso grigio argenteo di quelli di Draco, brillavano di ozioso divertimento, come se il mondo – quell’ufficio, quella scrivania, Hermione Granger stessa… - non fosse altro che un ridicolo teatrino dell’assurdo che prendeva vita davanti a lei…
Hermione strinse la mano alla donna e si astenne dal commentare la presenza del povero ragazzo rimasto in piedi vicino alla porta. Se non altro, questa volta era vestito… anche se considerare indumento quel maglione aderente che si tendeva sui pettorali era forse un po’ eccessivo.
“Signora Malfoy…”
“Ero in giro per acquisti e ho pensato di venire di persona a dirle che ho trovato qualcosa che ci sarà molto utile” disse Narcissa, porgendo ad Hermione un pezzo di pergamena.
L’avvocato Granger osservò per un istante il foglietto e poi sorrise a sua volta. Quella donna era decisamente brillante.
“Sono le persone che penso che siano?”
“Li ho già contattati e convinti a testimoniare.”
Hermione pensò che non voleva davvero sapere in che modo Narcissa potesse aver convinto chicchessia a fare qualunque cosa…
“Meraviglioso,” disse soltanto, “è un vero piacere avere a che fare con clienti che sanno come rendersi utili, invece di impegnarsi per far diventare il mio lavoro ancora più ostico. Non dev’essere stato facile rintracciare queste persone.”
Narcissa inclinò il capo, con un sorrisetto saputo.
“Oh, al contrario: sono una padrona di casa estremamente efficiente, avvocato Granger, e mi piace tenere un registro di tutte le persone che prima o dopo hanno lavorato nella mia casa o nel mio giardino… non si sa mai, può sempre tornare utile.”
Non specificò cosa esattamente intendeva per “utile” ed Hermione preferì non indagare.
“Sono ammirata, signora Malfoy.”
Madama Narcissa si alzò in piedi e prese a riaggiustarsi il cappellino sui capelli biondi, con un lieve sorriso di superiorità che aleggiava sulle labbra truccate. Era aggraziata in ogni movimento, altezzosa ma immancabilmente cortese, e il suo viso non recava pesanti tracce dei segni del tempo, sebbene fosse chiaro che non aveva fatto uso di incantesimi per conservarsi giovane e bella: ogni cosa di lei era signorile quanto ci si doveva aspettare da una donna della sua posizione.
Ma quell’incantevole pacchetto non ingannava nessuno sull’effettiva pericolosità del suo contenuto: Hermione non si sarebbe mai sognata di sottovalutare Narcissa Malfoy, nonostante la sua copertura di frivolezze, maniere adorabili e il contorno di bei ragazzi, sempre mezzi nudi. Narcissa scrutò attentamente l’avvocato Granger e questa le restituì lo sguardo senza vacillare; qualcosa in quello scambio, sembrò convincere la donna più anziana a giocare a carte scoperte.
“Non è necessario adularmi, avvocato. Ho fatto ben altro per la mia famiglia durante gli anni passati, e continuerò a farlo finché quello scapestrato di mio figlio non dimostrerà di essere in grado di prendersi cura di se stesso e dei propri interessi. Rispetto la tua intelligenza, e proprio per questo… Hermione, se posso permettermi tanta confidenza, voglio che tu capisca che non avrei remore a pugnalarti alle spalle con il tacco delle mie Manolo se questo potesse servire a tutelare gli interessi della mia famiglia.”
Hermione si alzò a sua volta e annuì con tranquillità.
“Può credermi, signora Malfoy: non la stavo adulando. So riconoscere una persona che sa usare al meglio i mezzi a propria disposizione e il mio era un complimento sincero. So perfettamente che non ci siederemo a prendere un caffè da buone amiche una volta che il processo sarà finito, ma una scelta casualmente azzeccata di Draco ci ha messe dalla stessa parte della barricata e questo mi rende la sua alleata più preziosa, per ora. Anche io so usare i mezzi a mia disposizione, e userò questi nominativi che mi ha portato al meglio delle mie possibilità… a cominciare da subito.”
“Da subito? Che intendi fare?”
“Andare a porgere i miei omaggi a Theodore Nott.”
Narcissa infilò i guanti senza preoccuparsi di nascondere un sorriso crudele e soddisfatto.
“Ti auguro una fruttuosa giornata, avvocato!” trillò dolcemente mentre usciva.
Jackson trotterellò dietro la padrona come un adorabile cagnolino da riporto, facendo bella mostra di un altrettanto adorabile fondoschiena attraverso gli strappi dei pantaloni. Hermione si ritrovò a pensare che il caro Jackson, con ogni probabilità, passava le sue notti ad allargare i buchi.

“A kiss on the hand may be quite continental,
But diamonds are a girl best friends!
A kiss may be grand
But it doesn’t pay the rental…”
From “Gentlemen prefer blondes”

Poco dopo.

“Avanti!”
L’avvocato Nott non si voltò nemmeno per vedere chi stesse entrando nel suo ufficio. Perso nella contemplazione della propria immagine allo specchio (certo, quale avvocato che si rispetti non ha nel proprio ufficio un enorme specchio per rassettarsi la camicia e rifarsi il nodo alla cravatta…), stava sistemandosi i bei capelli neri sulla fronte, la cravatta (slacciata) che pendeva dal colletto della camicia (stropicciata).
L’immagine di Hermione, appoggiata con noncuranza allo stipite della porta, apparve nello specchio. Thed per poco non inciampò nei propri piedi, pur essendo fermo – cosa alquanto complessa nonché profondamente umiliante.
“Avvocato Granger…” esalò, “non ti aspettavo.”
Hermione osservò la camicia e la cravatta slacciata con un sorrisetto sarcastico.
“Mi pare evidente,” disse, “ma nessuno può negare che io abbia un tempismo perfetto, non credi? Pensa se non mi fossi attardata a fare due chiacchiere con Luna mentre prendevo il caffè e fossi piombata qui un quarto d’ora prima...”
Theodore Nott si riallacciò la cravatta e si sedette alla scrivania.
“Non capisco di cosa tu stia parlando.”
“Ne sono sicura…”
Hermione si sedette a sua volta e accavallò le gambe, guardandosi intorno con fare ozioso.
“Suppongo che tu sia qui per conto di Draco,” disse Thed, vagamente sulle spine.
La donna si riscosse e fece finta di ricordarsi solo in quel momento per quale motivo si fosse presa il disturbo di attraversare Diagon Alley e bussare alla porta del suo ufficio.
“Oh, si, che sbadata…” fece apparire un foglietto di pergamena e lo lasciò cadere sul tavolo di Thed. “Stavo quasi per dimenticarmi, pensa un po’. È la lista dei testimoni che si presenteranno all’udienza, lunedì prossimo.”
Hermione Granger non era brava a far finta di essere un’oca. Nonostante gli occhioni scuri da Bambi e i boccoli da Biancaneve sciolti sulle spalle, c’era qualcosa di troppo profondamente intelligente in lei, un’acutezza che traspariva dal suo sguardo e dal suo intero aspetto, perchè potesse davvero permettersi di fare la finta tonta: era chiaro come il sole che non si sarebbe dimenticata nemmeno la spazzatura sulla porta di casa. Ma non per questo la sceneggiata mancava di utilità: ciò che traspariva da quella misera esibizione era infatti che Hermione Granger era talmente sicura di se stessa da potersi permettere di giocare al gatto e topo. Nello specifico caso, a Thed spettava il ruolo del topo.
Theodore conosceva bene l’avvocato Granger, più di una volta l’aveva vista all’opera sebbene raramente si fossero trovati uno contro l’altra, e mai per una causa così socialmente importante. Quella pretesa bamboleggiante ebbe un preciso effetto su di lui: un rivolo di sudore freddo sgorgò dalla sua fronte, scivolò sul naso e cadde come un sassolino di trecento quintali sulla pergamena su cui era vergata, in calligrafia nitida e ordinata, la lista dei testimoni. L’ultimo nome della lista gli provocò anche un involontario (e decisamente poco virile) tremolio del labbro inferiore: Narcissa Black Malfoy.
“C’è qualcosa che non va, Teddy? Posso versarti un bicchiere di brandy?”
“N…” Thed si schiarì la voce e riuscì a mettere insieme una parvenza di sorriso, “no, tutto benissimo, figurati. Bene. Ecco. Si… adesso la lista la metto nella cartella. Ok. Desideravi altro, Hermione? Avresti potuto comunicarmi la lista via gufo… ti sei disturbata…”
Hermione sfoggiò un sorriso smagliante e scosse la testa. “Ma figurati! È così carino fare un giretto e incontrare qualche vecchio compagno di studi, qualche volta… Ma che bell’orologio!”
Thed cadde dalle nuvole e abbassò lo sguardo sul Rolex nuovo di zecca che fasciava il suo polso sinistro: un orologio che gridava “soldi!” ad ogni ticchettio delle lancette d’oro, mentre tanti diamantini brillavano come piccoli svergognati, incastonati nell’acciaio del cinturino. Lo sguardo di Hermione si spostò sulla carta da regalo stropicciata e sul nastro scintillante che fuoriusciva dal cestino della spazzatura, al lato della scrivania. Thed ebbe almeno la decenza di ficcarsi in tasca la mano sinistra.
“Oh, ma che regalino meraviglioso… non sapevo fosse il tuo compleanno! Chi è stato?”
Thed guardò fuori dalla finestra. Maledette donne.
“Non è il mio compleanno.”
“Oh, allora… aspetta, fammi indovinare!” continuo Hermione, implacabile, con lo stesso diabolico sorriso stampato sulla faccia, “la deliziosa Mrs. Malfoy ha deciso di dimostrarti la sua gratitudine per l’ottimo lavoro svolto durante l’udienza preliminare!”
Hermione si sporse sulla scrivania, puntando lo sguardo dritto dritto nelle iridi blu da cherubino di Nott. “Che dici,” mormorò con velenosa dolcezza, “se anche io faccio un buon lavoro, il signor Malfoy mi comprerà quei deliziosi orecchini di brillanti che ho visto da Cartier?”

Era evidente che Nott non sapeva cosa dire. Un osservatore maligno avrebbe anche potuto insinuare che era… arrossito. Ma no, doveva essere soltanto un effetto della luce obliqua del tramonto. Hermione Granger però non era tipo da rigirare il coltello nella piaga facendogli notare quella debolezza. E del resto, Nott stava riuscendo a mettersi in imbarazzo perfettamente da solo.
“Sai Thed,” esordì dopo qualche minuto di silenzio, “a Hogwarts si diceva che Slitheryn fosse una fucina di zoccole d’alto bordo. È quasi carino vedere confermati questi piccoli pregiudizi adolescenziali.”
“Oh, ma piantala! Ho sette anni di onorevole carriera alle spalle, non sarà per un regalo di una cliente soddisfatta che mi farai passare per un… un venduto.”
“Soddisfatta da cosa, esattamente?” rise Hermione. “Ma si, sei di certo un professionista irreprensibile. Il giorno della lezione sul non-portarsi-a-letto-la-cliente-specialmente-se-è-sposata avevi l’influenza, non è vero?”
“La mia relazione con Pansy non ha nulla a che vedere con la mia professionalità.”
Hermione lo osservò per qualche istante di sottecchi, poi si alzò e si gettò sulle spalle il mantello.
“No, hai ragione” sussurrò, “proprio nessun conflitto di interessi. Ci vediamo lunedì, avvocato Nott, buona serata.”
Uscendo dall’ufficio richiuse la porta alle proprie spalle. Mentre scendeva le scale infilò la mano nella tasca del mantello e un inconfondibile click echeggiò sul pianerottolo deserto.

Alexis:” Can't see you very well. I don't know if you're kidding.”
Nick: “Just listen to my voice. I'm not kidding.”
From “Ice Castles” (movie, 1978)

Sabato mattina.

“Dove diavolo mi hai portato stavolta? C’è dell’erba qui…”
Draco rise, stringendo Ginny al proprio petto. Il suono della propria risata che si perdeva nell’aria gelida e tersa di quel mattino di Novembre gli era così estraneo che quasi sussultò. Sapeva che erano gli ultimi momenti che passava con lei, sapeva che non doveva lasciarglielo capire (perché poi? Perché non riusciva a trovare il coraggio di dirle la verità, bruciandosi così l’ultima speranza che aveva di convincerla a restare? ), sapeva che sarebbe tutto finito, come portato via dal primo fiocco di neve… si sentiva pieno di malinconia e non avrebbe dovuto essere in grado di ridere. Ma stare con lei aveva questo effetto: tutto passava in secondo piano, tutte le maschere cadevano, lasciando solo la serenità che lei era in grado di trasmettergli.
“è una sorpresa…”
“L’ultima volta che mi hai fatto una sorpresa mi sono ritrovata a Parigi.”
“E ti è così dispiaciuto, alla fine?”
“No,” concesse Ginny sorridendo, “ma qui è più freddo, e c’è vento…”
Draco la sollevò da terra e le fece fare mezzo giro, strappandole una risata.
“Meglio se c’è vento…”
Le prese la mano e le fece toccare qualcosa sospeso a mezz’aria. Qualcosa di duro, lucido e freddo. Ginny si fece seria, quasi impaurita, mentre sfiorava il legno liscio del manico di scopa.
“Dan…” mormorò.
Draco la abbracciò da dietro.
“Avanti, non hai voglia di sentire questo vento tra i capelli?” le sussurrò nell’orecchio.
“Dan, io… non posso. Come…” scosse la testa, cercando di allontanarsi da lui, “no, non puoi farmi fare questo…”
“Provaci.”
“No.”
“Ginny…”
“No!”
Ginny riuscì a divincolarsi e Draco vide che aveva le lacrime agli occhi e tremava leggermente.
“Non posso,” ribadì, respirando pesantemente, “capisco che hai le intenzioni migliori del mondo, davvero, ma io ho fatto un volo di quasi cento piedi da una Nimbus ed è stata l’ultima cosa che ho visto nella mia vita… io non posso, Dan. Non posso farlo.”
Draco la lasciò parlare. Non si era aspettato una risposta diversa, in fondo quella donna aveva avuto un trauma e di certo nessuno, nella sua famiglia di menti eccelse, aveva pensato a rimetterla in aria il più presto possibile, prima che la paura si tramutasse in un cronico terrore.
Ma lui non era uno zotico Weasley.
“Quella non è una Nimbus.”
Ginny aprì la bocca e la richiuse, scuotendo la testa. “Non è questo il punto.”
“No, infatti. Ma questo non cancella il fatto che non sia una Nimbus. È un nuovo modello, viene dagli Stati Uniti. È stato progettato apposta per volare in sicurezza anche in due. Non ha l’agilità delle Nimbus, né la velocità se è per quello, ma ha tutta una serie di sofisticati incantesimi… in sostanza è impossibile perderne il controllo, rallenta incredibilmente la caduta in caso di danni, e altre cose del genere.”
Ginny sospirò. “Quindi hai pensato di spendere la follia che questo giocattolo deve essere costato… pensi che sarà questo a convincermi?”
“No, ma potrebbe aiutare.”
Draco si avvicinò e la abbracciò di nuovo, portandola vicino alla scopa.
“Io non ti lascerò cadere,” le sussurrò prima di baciarla, “te lo prometto. Non cadrai.”

Stretta tra le braccia di Draco, Ginny si aggrappava ai suoi avambracci, così convulsamente che, il giorno dopo, Draco sapeva vi avrebbe trovato dei lividi. Non che gli importasse.
“Pronta?”
“No.”
Draco rise e fece alzare la scopa, piano piano, lasciandole assaporare la sensazione del vento che iniziava a scompigliarle i capelli.
“Paura?”
“Terrore. A quanto siamo?”
“Siamo si e no a due metro da terra. Da quando siamo diventati dei dilettanti?”
“Da quando ho perso la vista cadendo da trenta metro di altezza, forse?”
“Tu non sei mai stata una dilettante, Ginny. Ricorda com’era sfrecciare tra gli anelli, imprendibile, irraggiungibile…”
“Me lo ricordo. Credi che non faccia male pensarci?”
“Sono certo che fa male pensarci. Andiamo su?”
Ginny esitò, appoggiò la testa contro la sua spalla e sospirò.
“Su.”
“Forza allora.”

Ginny sollevò il viso e lasciò che il vento le percuotesse la faccia e le aggrovigliasse i capelli. (Ci sarebbero volute ore per sciogliere i nodi, quando giocava li teneva sempre strettamente legati.) Nella sua mente l’immagine dello stadio del Quidditch, visto dall’alto, così in alto da sentirsi invincibili… l’ultima immagine che il suo cervello aveva registrato. Il vento era caldo quel giorno di fine estate, faceva sventolare la divisa leggera, la pluffa era pesante tra le sue mani e lo sguardo era determinato, fisso sugli anelli e su quel portiere da strapazzo che aveva l’ardire di mettersi tra loro. E poi… soltanto il buio. Per sempre.
“Mio dio…” sussurrò, piangendo.
Tremava ancora da capo a piedi, ma le mani avevano allentato la presa sulle braccia di Draco.
“Tutto bene?”
“Non lo so.”
“Vuoi fermarti?”
“No.”
Draco spinse la scopa un po’ più in alto, un po’ più forte, e sentì Ginny trattenere il fiato.
“Senti il vento?”
Il profilo di Ginny si stagliava contro il cielo mentre salivano, il naso e le guance arrossate per l’aria fredda. La sensazione di fendere l’aria sembrava più intensa ora che non c’erano immagini a distrarla. La sua bocca si aprì in un sorriso, per la prima volta da quando aveva toccato la scopa:il vento le parlava, a lei, a lei soltanto che non aveva altro su cui concentrarsi e poteva ascoltare… era come se, in quel suo modo gelido e sgarbato, sbattendole contro la faccia, il vento le stesse dicendo “bentornata”.
“Non hai idea di cosa senta… è fantastico. E terrificante.”
“Andrà tutto bene. Non ti lascerò cadere.”
“Lo so,” rispose Ginny, “che dici, può andare in picchiata questo giocattolo da dilettanti?”

PRIMA LEGGE DI GUITRY
Le probabilità di incontrare qualcuno che conosci aumentano quando sei con qualcuno con cui non vuoi essere visto.

Poco dopo, al Paiolo Magico.

Si stavano salutando all’ingresso della Metropolvere.
Lei era una bella donna, dai capelli di un cremisi intenso, sciolti e spettinati sulle spalle, gli occhi grandi e scuri e un viso da bambola irlandese. Lei era cieca e sia appoggiava al suo accompagnatore con evidente confidenza, con la massima fiducia. Lei… era sua sorella.

Ron Weasley appoggiato ad una colonna del Paiolo Magico, il viso nascosto dal boccale di burrobirra che stava fingendo di bere, attese che la folla si muovesse quel tanto che bastava per permettergli di vedere anche il misterioso accompagnatore di Ginny.
Era biondo. Di quel biondo chiarissimo, quasi argenteo, che generalmente si vede solo sulle riviste di moda. Il profilo, severo ed elegante, ammorbidito dalle onde scomposte dei capelli troppo cresciuti, si stagliava contro il legno scuro che rivestiva le pareti; la bocca accennava una risata, le guance erano arrossate dal freddo e negli occhi chiarissimi, fissi sul viso di Ginny, brillava qualcosa di molto simile alla dolcezza.
Quelle iridi grigie si alzarono verso di lui e Ron, sconvolto, impiegò un secondo di troppo a nascondersi.
Malfuretto.
Lenticchia.
Merda.

Si era dimenticato l’incantesimo di dissimulazione.

Ginny lo salutò e si volse per entrare nel camino. Draco la guidò sui gradini, tenendola per mano, guardandola come se volesse imprimersi a fuoco nella memoria il suo aspetto di quel giorno: vestita del mantello verde, i capelli rossi scarmigliati e il viso acceso dell’eccitazione del volo.
Quando fu il momento di lasciarla andare, si chiese per un istante che cosa avrebbe fatto se lui invece l’avesse stretta ancora, quella mano, se l’avesse trascinata fuori dal camino, se l’avesse abbracciata fino a farle male e se le avesse – solo allora – detto chi era. Se le avesse detto che era Draco Malfoy, e che l’aveva sedotta per noia, perché non sapeva cosa fare, perché… non lo sapeva neanche lui il perché. Poi le avrebbe detto che l’amava, certo, perché in fondo era vero, ma non era quello il punto. Il punto era che lui era Draco Malfoy, e da quello non poteva scappare.
Lasciò che le loro dita si sfiorassero un po’ più a lungo di quanto fosse necessario, come per trattenere una briciola del calore di lei sulla propria mano congelata dal vento… poi lei si allontanò e sparì nel camino, in una vampata di fumo e scintille.
Draco Malfoy, senza guardarsi attorno, marciò fuori dal locale.

“There are no flowers in this empty place,
And, scared the butterfly would starve,
I forced a window wide,
Cupped my two hand around her fluttering self,
Feeling her wings kiss my palms so gentle,
And put her out, and watched her fly away.”
Neil Gaiman
“The hidden chamber”

**********

CREDITS: Lorelei Lee è il personaggio di Marilyn ne “Gli uomini preferiscono le bionde”.“

Bentornate dalle vacanze!
E soprattutto: Jackson lo volete già in troppe, giù le zampe.

Grazie a chandelora, vega, Danyyy (magari rivalutare Ron dopo il film è un concetto eccessivo… se non altro è cresciuto mentre Harry è rimasto inesorabilmente nano. Che tristezza.), Nymph, Saty (ok, ti ho fornito la scena per cui hai sdilinquito su msn… fammi sapere se è all’altezza delle aspettative! Baci!), Summer_Black, puffolapigmea (no, Draco DECISAMENTE non capisce una mazza…), Myosotis, yellowrose, Vulcania (come vedi, non sempre riesco a postare “in così poco tempo”… faccio quel che posso. Baci e grazie!), ScarletAngel (non esattamente: sono stata a Helsinki per un congresso e non ho visto quasi nulla… ma sono stata istruita sui mille e uno modi per cucinare il salmone!), Jaiky (grazie per il bentornata!), seven (più che mansuetudine temo sia coglionaggine…).

   
 
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