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Autore: crazyfred    22/12/2021    7 recensioni
Alessandro, 45 anni, direttore di una rivista di lifestyle. Maya, 30 anni, sua assistente personale. Borgataro lui, pariolina lei. Self made man lui, principessina viziata ma senza un soldo lei. Lavorano insieme da anni, ma un giorno, la vita di entrambi cambierà radicalmente ... ed inizieranno a guardarsi con occhi diversi. Sullo sfondo: Roma.
(dal Prologo) "Quando Alessandro l'aveva assunta, oltre al suo aspetto patinato, aveva notato la sua classe e il suo buon gusto, oltre ad una sensibilità ed intelligenza nascoste, ma scalpitanti e volenterose di venire fuori. Forse nemmeno Maya si rendeva conto, all'epoca, che razza di diamante grezzo fosse. Alex però, che nello scoprire talenti era un segugio infallibile, non se l'era fatta sfuggire."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
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Capitolo 22


Maya si trovò ad aprire gli occhi lentamente, beandosi del raggio di sole che, entrando nella stanza dalla persiana leggermente aperta, le riscaldava il viso. Ci mise un attimo per fare mente locale. Non era sola in quel letto, aveva passato la notte con Alex: a fare l'amore, a restare in silenzio, a guardarsi e sorridersi, di nuovo a fare l'amore. Non voleva essere ridicola o sdolcinata, ma a definirla una delle notti più belle della sua vita non ci sarebbe andata troppo lontana. Affondò il viso nel cuscino sentendosi quasi una ragazzina alle prime armi. Ma era tutta colpa, o merito, di Alex: era riuscito laddove altri avevano fallito, toccando le sue corde più profonde e più vere, abbattendo quel muro che con fatica, per anni aveva costruito attorno a sé. Si era messa a nudo davanti a lui e non solo fisicamente.
Si stiracchiò leggermente e si tirò su, facendo attenzione a non tirare via troppo le coperte da lui che, alla sua destra, dormiva ancora. Si girò lievemente per guardarlo meglio. Le sembrava un piccolo leoncino addormentato, con i capelli leggermente arruffati - quelli invece erano colpa sua.
Aveva voglia di caffè ma, prima di alzarsi, non poteva resistere alla tentazione di respirare ancora il suo profumo o di baciarlo di nuovo. Forse si sarebbe svegliato e l'avrebbe braccata a letto, ma doveva correre il rischio.
Si chinò leggermente su di lui che dormiva supino, con un braccio sotto il cuscino. Prese un lungo respiro per inspirare quel profumo che tanto le piaceva. Per la prima volta, notò anche una nota dolciastra. Il suo profumo che si era mischiato a quello di lui: era come se lei fosse rimasta lì, sul suo corpo; gli baciò la schiena e poi risalì con la punta del naso fino al collo dove quell'odore era così intenso, più forte che mai, tanto da stordirla, tanto da doversi obbligare a lasciarlo dormire ancora un po'.
Fuori dalle coperte, raccolse gli slip e, vedendola lì a terra, non seppe resistere alla tentazione di mettere la sua camicia, per sentirsi avvolgere ancora.
La zona giorno, dove aveva lasciato le persiane aperte, era inondata di luce. Era una bellissima giornata, assolata e calda, quasi primaverile, ed il fatto che fosse il suo giorno libero la rendeva anche migliore. Prese la mug di camomilla che aveva preparato la sera prima per darsi un tono ed era ovviamente diventata fredda ed imbevibile e la rovesciò nel lavandino mentre accendeva la macchinetta. A caffè pronto, si appoggiò al piano della cucina, sorseggiando il suo espresso.
"Buongiorno!"
Alex entrò nella stanza con addosso solo i boxer neri aderenti, scalzo, strabuzzando gli occhi leggermente socchiusi per adattarsi alla luce del giorno. Maya si irrigidì all'improvviso, senza una particolare ragione. Forse vederlo così in pieno giorno le stava dando l'opportunità di razionalizzare cosa era successo: quando era con lui, come era successo la sera prima a passeggio, in giro per le strade del centro, oppure quella notte in camera da letto, dimenticava che non era solo Alex, ma anche la persona che le aveva affittato quella casa e che le pagava lo stipendio ogni mese.
"Buongiorno!" si limitò a ricambiare, sorridendogli lievemente e tornando a bere il suo caffè.
Lui le si avvicinò lentamente, cingendola in vita e affondando il viso nell'incavo del suo collo, cogliendola totalmente di sorpresa: il calore del suo respiro, la morbidezza delle labbra che le sfioravano la pelle, le scatenavano di nuovo quei pensieri che il suo raziocinio avrebbe volentieri lasciato tra le lenzuola. Era la persona più incredibile che avesse mai conosciuto, pur con tutti i suoi difetti e le sue fragilità, e riusciva in qualche modo a far uscire fuori la parte migliore di lei, una parte che faticava a riconoscere come propria.
"Ti ho spaventata?" domandò lui, notando quel piccolo sussulto.
"Nn-nn ...ero solo sovrappensiero" chiarì, mentre lui le baciava l'angolo della bocca, dove il caffè le aveva lasciato un baffetto di crema.
"Mmmm … sembra un eccellente caffè" commentò, sornione e provocante; aveva gli occhi lucidi e piedi di desiderio, ma anche dolci e attenti a studiare ogni lineamento del suo viso, come se non credesse davvero di trovarsi lì in quel momento. Quella sensazione di essere amata Maya la sentiva entrare in ogni poro della sua pelle, in ogni respiro, e la faceva sentire forte ma anche estremamente vulnerabile e bisognosa di protezione al tempo stesso; non aveva mai provato una cosa simile e, sebbene fosse curiosa di scoprila, la temeva e aveva paura di non essere in grado di gestirla.
"Ti va?" domandò provando a cambiare argomento e slacciandosi da quell'abbraccio tanto travolgente quanto imprudente "Ti avverto però, è quello delle capsule"
"Farò uno sforzo" accettò lui, fintamente acido. 
Maya si girò verso il ripiano della cucina e lui se ne stava appoggiato all'isola, e lo sguardo non poté non cadergli sulle lunghe gambe bianchissime, mentre si alzava in punta di piedi per prendere, da un ripiano più alto, una scatola di capsule da aprire.
"Ecco dov'era finita la mia camicia" ironizzò lui, avvicinandosi e facendo scivolare la mano sotto la camicia, tra la pelle calda e morbida e il sottilissimo strato di pizzo dello slip.
"La vuoi indietro?"
"Neanche per sogno … ma francamente la preferirei a terra"
Lei si lasciò andare ad un breve sorrisetto, ma Alex non poteva evitare di percepire un certo distacco da parte della giovane.
"Se hai freddo" gli disse, porgendogli la tazzina "nel comò in camera ci dovrebbe essere una maglietta da uomo"
Alex la guardava perplesso, pur tentando di rimanere impassibile; Maya sapeva di non essere una persona facile da gestire e non pretendeva che lui la capisse: solo qualche minuto prima lo aveva probabilmente svegliato con i suoi baci, ed ora si stava tirando indietro; quello che Alex vedeva, dal canto suo, era una donna stupenda, che girava scalza per quella che una volta era casa sua, i capelli leggermente mossi e scompigliati che si erano asciugati nel tepore del letto e aveva addosso solo gli slip e la sua camicia, eppure in quel momento stava tirando il freno a mano. Erano troppe informazioni da processare appena svegli e per giunta terribilmente contrastanti.
"Era di mio fratello" continuò lei "gliel'ho fregata l'ultima volta che sono stata da lui a Londra. Dovrebbe starti."
Maya avrebbe giurato di vedere Alex tirare un sospiro di sollievo; ammetteva anche lei di avere una certa reputazione, e la cosa la faceva ridere perché non aveva mai pensato ad Alex come ad una persona gelosa: passionale sì, ma pur sempre pragmatico e realista.
"Che c'è Maya?" chiese, andando a 
sedere su uno degli sgabelli dell'isola.
"Niente"
"No…non è
niente" insistette lui e, lasciata la tazzina sul piano, tese una mano verso Maya.
Lei ripensò per un attimo a quello che si erano detti prima di perdere totalmente il controllo, prima di abbandonarsi totalmente ai propri sentimenti. Lui le aveva detto che avrebbero fatto un passo alla volta e che le sarebbe stato vicino, l'avrebbe aiutata ad affrontare ogni sua eventuale paura. Le stava dando fiducia e lei doveva fare altrettanto. Strinse la mano di lui con la sua, intrecciando le dita.
"Posso confessare una cosa?" domandò, titubante.
"Puoi dirmi tutto, lo sai" lui era tranquillo e attento, tirandola a sé cingendola alla vita.
"È che … mi sento in imbarazzo … non mi capita spesso di fare colazione con qualcuno con cui ho passato la notte. Di solito … uno dei due torna a casa prima che sia giorno"
Lei, tenendo lo sguardo basso e vago sulle mattonelle della cucina, sentiva gli occhi di lui puntati su di lei, eppure non si sentiva giudicata bensì, stranamente per i suoi standard, compresa.
"Invece se io mi sveglio accanto ad una donna di solito poi l'accompagno all'asilo"
Risero di gusto, insieme, e Maya strinse le sue braccia attorno al collo dell'uomo.
"Scusa … non è facile per me, te l'ho detto."
"È tutto nuovo anche per me"
Lei poteva non crederci, ma quando aveva vent’anni era tutto diverso: erano gli anni di Beverly Hills e Non è la Rai, eppure non era così facile e normale avere un po’ di intimità tra fidanzati, nemmeno a Roma, specialmente se venivi da Testaccio e la tua ragazza dal Flaminio.
“È più bello e più facile farlo insieme"
"Qualsiasi cosa stiamo facendo …" giudicò Maya.
"Già …"
Chiunque si sarebbe raffreddato a quella sua precisazione, ma non Alex. Entrambi avevano bisogno di ripetizioni in educazione sentimentale, ed erano felici di poter essere in classe insieme. Per la prima volta dopo tanto tempo, per Maya forse era addirittura la prima volta, entrambi si sentivano a casa.
"Di là ho visto la rosa che ti avevo mandato" le disse, mentre Maya portava la sua fronte a contatto con quella di Alex "non pensavo l'avessi tenuta"
"Perché? Te l'avevo detto che per me era un regalo bellissimo … nonostante mia sorella non la pensi allo stesso modo"
"Ah sì?"
"È una lunga storia …"
"Abbiamo tutto il tempo"
Mentre erano stretti in quell'abbraccio, il telefono di Maya iniziò a squillare sul tavolino di fronte al divano. Dalla suoneria personalizzata riconobbe subito che si trattava di Lavinia. Parli del diavolo …
"Nooo" esclamò la ragazza "cazzo!"
"Lascia stare" le consigliò lui, distraendola con un bacio, ma Maya fu costretta a defilarsi, controvoglia.
"Non posso, è mia sorella. Dovevamo andare a pranzo da mia madre oggi"
Era sabato e sua sorella non era di turno in ospedale, il che significava una sola cosa: pellegrinaggio a Grottaferrata dalla principessa Torlonia. Ma con tutto quello che era successo, Maya si era completamente dimenticata.
"Lavi!" rispose, sedendo sul divano, titubante ma cercando di dissimulare la sua incertezza.
"Maya sono pronta, quando vuoi puoi passare a prendermi"
Maya allontanandosi dal telefono pronunciò una serie di parolacce sottovoce "Aehm, Lavi, ascolta …"
"Ti sei dimenticata ..."
"Dimenticata? No, ma quando mai? È che ieri è stata una giornata pazzesca a lavoro e non ho avuto un minuto per avvertire né te né mamma che oggi non posso proprio … viene il tecnico della caldaia, ho dei problemi con l'acqua calda"
Alex, andando a sedere al suo fianco, stava a guardarla apparecchiare quella bugia con una maestria sopraffina, così divertito da quella situazione surreale che gli venne voglia di punzecchiarla, stendendola lentamente sul divano e baciandola, ma Maya cercava con le poche forze di volontà che le erano rimaste di non ridere e al contempo tenerlo a bada scacciandolo con le mani come si fa con una mosca fastidiosa, ma più lo faceva e più lui continuava ad infastidirla, sbottonandole la camicia.
"Il tecnico della caldaia, Maya?! Di sabato?" domandò sua sorella, scettica.
"E quando dovrebbe venire che io lavoro tutta la settimana? Con quello che si fa pagare viene anche di domenica se serve, altrimenti se la deve vedere con la furia degli Alberici"
"Sia mai" la frenò sua sorella, finalmente convinta o forse arresa "ma io ora come faccio?"
"Prendi un taxi, un treno oppure un autobus … i mezzi pubblici mi dicono essere stati inventati"
"Va beh, ho capito, mi informo … ci risentiamo Maya"
"Ecco brava. Saluta mamma e Ruggero da parte mia"
Chiuse la telefonata con la solita catena ininterrotta di ciao da una parte e dall'altra, sbuffando. C'era mancato veramente poco … non stava facendo nulla di male, non c'era nulla da nascondere, semplicemente voleva tenersi quello che stava succedendo tra lei e Alex ancora per sé. Alex le prese il cellulare dalle mani e lo spense.
"Che stai facendo?"
"Non vogliamo correre il rischio di avere mamme o altri parenti che chiedono perché non vai al pranzo di famiglia, vero?" le domandò, facendole l'occhiolino.
"Assolutamente no" concordò, slacciando l'unico bottone della camicia che era rimasto abbottonato "allora, dove eravamo rimasti?"
  
 
"Maya? Maya!" la voce profonda e suadente di Alex risvegliò Maya nonostante fosse poco più che un sussurro.
"Ehi …"
"Devo andare a casa a prepararmi … ma non volevo andare via senza salutarti" disse lui, seduto sul letto, togliendole delicatamente una ciocca di capelli dal viso; solo in quel momento Maya si accorse che aveva rimesso addosso i vestiti, la camicia che aveva fatto sua per tutto il weekend e che accidentalmente lei gli aveva anche macchiato con il sugo degli spaghetti, e già persino le scarpe, che erano finite sotto il divano e lì erano rimaste fino alla sera prima.
"Devi già andare? Che ore sono?"
"Le sei" rispose lui, guardando la sveglia sul comodino.
"Ma …"
"Lo so, è presto, ma vorrei evitare il traffico e ho un po' di cose da rivedere sul pc prima di andare a lavoro"
"Mmmm va bene" sbuffò la giovane, gettando la testa sul cuscino, pur ridacchiando.
Le accarezzò il viso dolcemente, la sua espressione un misto di colpa e tenerezza. Si abbassò leggermente per sussurrarle all'orecchio: erano soli, eppure voleva comunque che rimanesse tra loro, come se nemmeno le mura di quella casa dovessero sentire.
"È stato un week end indimenticabile … non avrei mai voluto che finisse"
Maya gli si avvinghiò al collo e al tronco con le braccia e le gambe "Uffa, rimani ancora cinque minuti"
"L'ultima volta che hai parlato di cinque minuti è passata una notte intera, Maya … non posso davvero."
Avrebbero passato la giornata insieme, ma non poteva proprio essere la stessa cosa; ne avevano parlato la sera prima, ed entrambi erano d'accordo che tutto sarebbe rimasto tra loro ancora, che a lavoro tutto doveva restare com’era: non erano due bambini e, anche se era un grande sforzo, ognuno sarebbe rimasto al suo posto. L'idea però di non potersi neanche dare un bacio, dopo due giorni passati quasi letteralmente sempre sotto le lenzuola, un po' le pesava.
Alex sciolse quella presa, benché controvoglia, e finalmente lasciò il letto. Avere i ragazzi fuori città con la madre era certamente stato provvidenziale e aveva reso i due giorni appena trascorsi magici, ma ora doveva tornare alla realtà, alla vita di tutti i giorni, ai suoi impegni e alla sua routine: era bello però poter finalmente includere Maya nella sua quotidianità, e non più solo in quella lavorativa.
"Alex…" mentre l’uomo era sulla porta e metteva addosso la giacca, Maya lo raggiunse nel corridoio, indossando in fretta e furia la maglietta dei The Clash di suo fratello che gli aveva dato da indossare.
"Ehi!" senza che potesse dire nulla si ritrovò Maya ancorata al suo collo e alle sue labbra "guarda che ci vediamo tra poche ore!"
"Lo so" rispose lei, imbarazzata, portando i capelli dietro le orecchie "senti … torna qui dopo il lavoro"
Non era un invito o una proposta: doveva andare.  
"Devo raggiungere Claudia all'incontro con i professori di Edoardo" rispose, accarezzandole la guancia con un dito "ma dopo ceniamo insieme, te lo prometto"
"E poi resti a dormire"
"Beh … se proprio si fa tardi …" suggerì, sorridendo sarcastico.
 
Mantenere le distanze al lavoro era stato più facile del previsto: era un copione talmente ben scritto che filava letteralmente da solo, come una macchina ben oliata e collaudata che bastava avviare. Lui aveva le sue telefonate, lei la corrispondenza, lui la revisione degli articoli, lei le sue mansioni amministrative.
Durante la riunione di redazione, Maya si stava occupando di stampare e refertare alcune fatture per la contabilità, ma si accorse che la carta della stampante era finita. Poiché durante le riunioni Giovanni lo stagista era con le teste (così erano chiamati non molto amabilmente i capiservizio) in sala riunioni per fare più da cameriere che altro, Maya lasciò la sua postazione per andare a rifornirsi da Alice, colei che deteneva le chiavi del paradiso, meglio noto come lo sgabuzzino delle scorte di cancelleria.
"Allora di venerdì sera che mi dici?" domandò la collega, alzandosi per aprire lo stanzino alle sue spalle.
"Cosa vuoi sapere?" fingendo indifferenza. Restare sulla difensiva l'avrebbe certamente insospettita e Maya non voleva questo.
"Quando me ne sono andata ti ho lasciata sola all'ingresso e Alex stava prendendo la moto"
"Ho chiamato un taxi e sono tornata a casa" le disse, prendendo il cellulare girando un po' per caso su Instagram per non prestarle attenzione e farsi sfuggire qualche espressione che potesse tradirla.
"Dici sul serio?" le domandò dallo stanzino.
Metodo Parioli, Maya, Metodo Parioli, pensò. "Perché? Cosa avrebbe dovuto fare?"
"Minimo accompagnarti a casa, ovvio"
"E perché?"
Alice, tornando con la risma di A4 la poggiò fragorosamente sul bancone e, dopo averle lanciato uno sguardo di ghiaccio, finse di battere la testa contro il piano. "MA COME DEVO FARE IO CON VOI?!!!" esclamò la ragazza.
"Shhhh!" le intimò Maya "io te l'ho detto che non c'è niente ma tu sei ostinata e questi sono i risultati"
"Eppure mi sembrava che ci fosse chimica tra di voi, l'altra sera ero proprio convinta che c'eravamo. Se scopro che mi stai mentendo Maya Alberici, io -"
"Allora? Battiamo la fiacca?” Alex, fermo nell'androne, alle loro spalle, le guardava severo, contrariato "Non vi pago per mettervi i bigodini e fare pettegolezzi come se foste dal parrucchiere"
Lisa, alle spalle di Maya, ridacchiava sotto i baffi, come fanno le bullette a scuola quando gli insegnanti rimproverano le loro vittime per qualcosa che invece hanno commesso loro. Vipera acida.
"Scusa capo!"
"Scusa Alex, ero venuta solo a prendere questa risma …"
"Vai nel mio ufficio e aspettami lì" le ordinò l'uomo, telegrafico e autoritario.
Maya lasciò l'ingresso della redazione con la coda tra le gambe e Alice con il labiale mimava un pesante nei confronti di Bonelli; mentre Alex dava delle ultime disposizioni a Lisa, Maya incrociò il suo sguardo: le stava rivolgendo un sorrisetto flebile, quasi impercettibile. Forse la sceneggiata era stata un po' eccessiva, ma finché c'erano cascati tutti, chi era lei per lamentarsene.
Entrando nell'anticamera del suo ufficio, dove era la scrivania di Maya, Alex rilassò la postura e rallentò la camminata man mano che si avvicinava alla meta. Il sorriso, accennato all'inizio, si faceva sempre più aperto e furbo.
"Dovrebbero darmi un Oscar" commentò, chiudendo la porta a vetri opaca alle sue spalle.
"Adesso non esagerare …" lo provocò lei, appoggiata alla scrivania in cristallo.
"Hai deciso di farmi impazzire oggi, per caso?"
"Perché?" domandò lei, fingendo di cadere dalle nuvole ma accavallando le gambe velate da un collant leggerissimo, quasi invisibile, scoprendole ulteriormente, più di quanto già non fossero: indossava una minigonna in tweed nera e lupetto bianco, sulle labbra un rossetto opaco rosso mattone che sul suo incarnato perlaceo risaltava neanche fosse un cremisi.
"Perché sei bellissima!"
Tanti ragazzi con cui era uscita oppure aveva banalmente frequentato in comitiva con i suoi vecchi amici la riempivano di complimenti, comme il faut, e lei viveva per riceverli; ma il modo in cui glieli faceva Alex, come se fosse la persona per cui questo o quel complimento fosse stato inventato, faceva scomparire tutto intorno a lei: non si sentiva la migliore, si sentiva unica.
"Ho indossato questi vestiti già altre volte" provò a minimizzare.
"Ma altre volte non ti avevo vista nuda" le sussurrò, provocante, abbracciandola in vita e iniziando a strusciare il naso contro il suo collo "e ora mi immagino troppo facilmente cosa c'è sotto"
"Lo immagineresti anche se venissi al lavoro con uno scafandro…"
Alex non poté fare a meno di ridere, riuscendo finalmente ad assaporare le sue labbra dopo ben 6 ore di astinenza: decisamente troppe per quelle labbra vellutate che chiedevano solo di essere baciate, e baciate ancora. Baci dolci, sensuali, piccoli schiocchi, lunghi baci alla francese: tutto il repertorio si adattava perfettamente a quella bocca. Maya però era molto di più di quel desiderio che riusciva a scatenargli: era pungente, ironica, sagace. Una ventata di aria fresca in quella stanza piena di aria viziata che era diventata la sua vita.
"Ho parlato della tua idea per il giornale alla riunione … è stato un successone" dichiarò, tentando di abbassare la temperatura che stava vertiginosamente salendo nella stanza.
"Veramente?" Maya sembrava sinceramente stupita, come se lui non le avesse già detto che c'era del potenziale nella sua proposta.
"Mm mm" annuì lui, soddisfatto e orgoglioso di lei "oggi pomeriggio chiamo New York per sentire se hanno qualche indicazione da darci, ma non dovrebbero esserci problemi. Solo …"
"Solo?"
"Mi piacerebbe che te ne occupassi tu … non mi va di prendermi il merito dell'idea e che poi per giunta sia qualcun altro a scrivere"
"Scrivi tu allora"
"No. Devi farlo tu, Maya ... dico sul serio, sono sicuro che saresti in grado di farlo."
"No, Alex ne abbiamo già parlato, non me la sento" dichiarò lei, perentoria, staccandosi dalla sua presa "e poi adesso sarebbe anche peggio."
"Perché?"
"Perché tornerebbero ad insospettirsi e non ce lo possiamo permettere. Immagina … tu che di punto in bianco mi assegni una serie di articoli"
"Sarà…"
Alex rimaneva scettico: lui credeva profondamente nella meritocrazia e che qualcuno brillasse di luce non propria non gli andava giù; già in passato aveva notato come Maya si sabotasse o comunque non credesse nelle proprie possibilità, ma ora, che la conosceva meglio, la vedeva come una sorta di contraddizione vivente: le piaceva ricevere complimenti e vedersi riconosciuti i propri talenti, ma al contempo aveva questa brutta tendenza a buttarsi giù e a non volersi esporre troppo. Era difficile da spiegare, ma quell'arcobaleno di pregi e difetti, quel prisma di luce pura ma anche di ombre era la precisa ragione che lo stava facendo innamorare di lei, sempre di più, ogni secondo che passava.
"Comunque" Alex non voleva gettare una nuvola negativa su quel momento e sul resto della giornata "dobbiamo brindare"
"A cosa?"
"A questo successo, anche se non vuoi ammettere che è merito tuo" Maya alzò gli occhi al cielo "è così, non fare quella faccia. E poi a noi … un primo appuntamento come si deve ce lo meritiamo tutto, non credi?"
"Non è bastata la passeggiata di venerdì sera?"
"Non nego che è stata una signora passeggiata, ma quello me lo chiami appuntamento? Con pizza bianca e mortadella?"
"E dove avresti intenzione di portarmi? Sentiamo …"
"Questa è una sorpresa, ma vestiti elegante perché è un posto speciale …"
"Qualche indizio?" Alex scosse la testa "Sennò che sorpresa è?"
"Eddai!!!"
Maya si sentiva su una nuvola, esattamente come avrebbe voluto sentirsi quando immaginava quella relazione come si deve che tardava ad arrivare. Certo le sue aspettative erano ben diverse da quelle che aveva mesi prima, ma era incredibile come, ridimensionandosi, avesse ottenuto ben di più di quanto osasse sperare in passato. Forse la stava vivendo come un'adolescente, con le tipiche schermaglie che hanno più il sapore di coccole e tenerezze e giochi che fanno credere di essere adulti. E le piaceva da morire quella leggerezza, proprio a lei che a lungo aveva vissuto sotto il peso gravoso di bugie sempre più complesse.
"E va bene …" Alex non ci riusciva proprio a dirle di no: come avrebbe potuto, trovandosi di fronte quegli occhi che sembravano cioccolato fondente e foglie d'oro e quel sorriso luminoso, dolce e infuocato al tempo stesso "ti porto da Heinz Beck."
Alex poteva vedere dallo sguardo attento e concentrato di Maya la sua testolina buffa lavorare per decriptare l'indizio; sapeva però che non le ci sarebbe voluto molto.
"A La Pergola?"
"Yes"
Ovviamente Maya aveva individuato immediatamente il posto: un ristorante da favola a Roma Nord e quasi proibitivo anche per la gente del posto.
"Ma … ma è un tre stelle Michelin, ci saranno almeno sei mesi di lista d'attesa. No dai,  mi stai prendendo in giro."
"Assolutamente no"
"E come hai fatto?"
"Diciamo … che il maître de salle mi deve un favore e mi ha promesso un tavolo in qualunque momento, basta una telefonata"
Maya non trovava nella sua mente le parole adatte per descrivere il livello di fortuna che sentiva esserle piombata addosso, eppure di fronte a lei c'era quell'uomo meraviglioso che la guardava come se ad essere fortunato fosse lui.  Lei era complicata, presuntuosa, nervosa, chiusa in sé stessa e fintamente espansiva e nonostante tutto, per qualche sorta di miracolo o di allineamento di pianeti, contro ogni ragionevole previsione, lui aveva saputo vedere oltre e l'aveva portata ad aprirsi. Il sogno aveva preso il posto della paura, ed era così bello sognare.



 

Wow. Che dire se non ... è successo. Si conclude qui questa prima parte di una lunga avventura. Forse vi sembrerà che non è successo granché, ma vi posso assicurare che stento a riconoscere i personaggi dal primo momento in cui ho iniziato a muovere le dita sulla tastiera ad oggi. Questa, fin dal principio, non è stata pensata solo come una storia d'amore, ma anche come la storia di due individui, in un percorso di cambiamento e di crescita, una storia di amicizia e di famiglie. E da questo punto di vista credo di aver raccontato tanto. E spero vi abbia soddisfatto, anche solo un po'. 
Non voglio fare ringraziamenti particolari perché, in fondo...mica è finita così. Come dicevo questa è solo la prima parte c'è ancora tanto da raccontare, ma ho deciso di farlo aprendo una nuova storia. E siccome a Natale siamo tutti più buoni, ho deciso di iniziare subito, QUI  c'è il link al primo capitolo di "Contro Ogni Ragionevole Previsione 2 - Oltre Ogni Aspettativa". Spero di trovarvi anche lì e spero che, arrivati alla fine di questo percorso anche voi, miei amatissimi lettori silenziosi, vorrete farmi un salutino o lasciare un commento, anche piccolo piccolo. Sono curiosa di conoscere la vostra opinione.
Ci vediamo nella nuova avventura, 

Fred ^_^
   
 
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