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Autore: Krgul00    24/04/2022    0 recensioni
Charlie è una donna con dei segreti stufa che questi la tengano lontana da suo padre, l'unica persona che può chiamare famiglia. Tornata al suo paese natale per ricucire il loro rapporto, Charlie si troverà coinvolta con l'affascinate nuovo sceriffo.
Ma ancora una volta, il non detto rischia di mettere a repentaglio ciò che ha di più caro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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CAPITOLO DICIANNOVE
EPILOGO
 
“Si, così.” La voce concitata di Charlie risuonò nella stanza. “Più veloce.”
Logan l’accontentò, ma non sarebbe riuscito a resistere ancora per molto; soprattutto, poi, se continuava a distrarlo in quel modo.
Ed infatti, quando, con voce fin troppo eccitata per il momento, disse: “Più forte, ci sei quasi.” Logan non ce la fece più.
“Cosa? Perché ti sei fermato?” Per poco l’indignazione di Charlie non lo fece scoppiare a ridere, il che sarebbe stato davvero poco carino: sapeva perfettamente quanto ci tenesse.
“Già, e proprio sul più bello.” Sentì Luke brontolare alle loro spalle e quelle parole furono seguite da un tonfo sordo e da un lamento di dolore. “Ahi, che c’è? Cos’ho detto, adesso?”
Qualsiasi cosa Maddie gli rispose, Logan lo ignorò. Il braccio destro ancora gli bruciava per tutta la forza con cui aveva mescolato l’impasto per la torta.
Dubitava fortemente che fosse necessario girarlo con così tanta energia, ma Charlie non aveva voluto sentire ragioni; il che era assurdo, entrambi sapevano che in cucina era di gran lunga meglio lui – in verità, chiunque, anche suo figlio, sarebbe stato più bravo di lei.
C’era da dire, però, che stava trovando quell’esperienza sorprendentemente illuminante. Là dove la pasticcieria era pura e semplice precisione, Charlie era assoluta approssimazione: era convinta di poter stabilire le quantità ad occhio e di poter sostituire gli ingredienti con quello che credeva fosse un loro equivalente. Roba da pazzi.
Per fortuna c’era lui ad impedire quello scempio.
“Tesoro, non ce la faccio se continui a distrarmi.” Quei magnifici occhi blu si spalancarono e stavolta non poté fare a meno di sorridere. “E credo che vada bene così.” Disse, indicando il liquido giallognolo nella ciotola sul ripiano.
“Sei sicuro?” Chiese, poco convinta.
Si sporse a baciarle una tempia. “Sono sicuro.”
“Voglio che la torta di compleanno di Jake sia perfetta.” Mormorò sovrappensiero, guardando dubbiosa il risultato ottenuto.
Logan la fissò interdetto. Era la prima volta, quel giorno, che si lasciava sfuggire un’informazione del genere. Aveva creduto che la torta fosse per la cena di quella sera, che Charlie volesse fare colpo sul padre e su sua madre, sorprendendoli con un dolce, oltre che commestibile, delizioso e, per quel motivo, gli aveva chiesto d’aiutarla.
Aveva assoldato anche Luke per quella cena: le sue enchilada erano leggendarie in tutta Sunlake. Leggendarie, perché erano davvero poche le persone che potevano dire d’averle mangiate; infatti, l’uomo le preparava solo in rare occasioni, in particolare quando c’era di mezzo una donna ed un letto.
Ma se a chiederlo era Charlie, allora Luke le avrebbe preparato tutte le dannatissime enchilada che voleva. Dopo averla arrestata, ormai quasi un anno prima, sembrava che l’uomo non riuscisse più a dirle di no e la donna era pronta ad approfittarne, quando serviva.
“Ti rendi conto che è appena iniziato novembre, vero?” Le fece notare.
“E quindi?” Chiese lei, facendo finta di non cogliere l’ovvio, prendendo la ciotola e versando il contenuto nella teglia.
Lui si appoggiò al bancone, guardandola divertito dalla sua orgogliosa nonchalance. “Jake è nato a maggio.”
“Ho bisogno di molta pratica. Non voglio che vada a finire come la volta scorsa.”
Un coro di: “Per carità, no!” Si levò nella cucina di casa Moore a quelle parole.
Il precedente compleanno di Jake aveva visto svolgersi quello che era passato alla storia di Sunlake come il giorno dell’Incubo del Tiramisù.
Quando Charlie si era proposta di preparare la torta di compleanno, Logan aveva trovato la scusa perfetta per esentarla – tanto gentilmente, che premuroso - da quell’incombenza: sua madre avrebbe provveduto, come sempre.
Tuttavia, non aveva messo in conto la testardaggine dei Royce – grave errore – e lei si era presentata comunque con una teglia di tiramisù.
Quando lo aveva salutato, con uno sguardo serio e quasi funereo, Stephen si era scusato: “Non sono riuscito a fermarla.”
Ma l’errore era stato anche suo, perché, mettendo il dolce in frigorifero – pronto a manifestare una dispiaciutissima dimenticanza, quando sarebbe stata l’ora di tirarlo fuori -, non aveva considerato l’intervento della sua ignara madre. Perciò, il tiramisù era stato lasciato sul tavolo del buffet.
Naturalmente, tutti si erano profusi in vivi complimenti per quel dolce così eccezionale, davanti alla contagiosissima esultanza di Charlie, e s’impegnarono – con grande spirito di sacrificio – a finire la loro porzione.
Per fortuna, i bambini non lo avevano mangiato.
Il giorno successivo, Logan aveva ricevuto sette richieste di permesso – tra cui Luke - per malattia, il Red, per la prima volta in vent’anni, era rimasto chiuso e il supermarket aveva aperto solo perché al signor Peterson il tiramisù non piaceva.
Perciò un intero paese era stato messo fuori gioco da un po’ di caffè e mascarpone.
Chiunque, a quel punto, avrebbe appeso la frusta da cucina al chiodo e avrebbe cercato di trovare un altro hobby, ma non Charlie: ormai sembrava fosse diventata una questione d’orgoglio.
La guardò infilare il dolce in forno e rimanere davanti al vetro per un lungo momento, con le mani giunte sotto il mento come in una silenziosa preghiera.
La strinse a sé con un braccio, quando, con un sospirò, si tirò su. “Secondo te avranno il coraggio di assaggiare la mia torta, stavolta?”
Sarebbe stato più corretto chiamarla la torta di Logan, ma all’uomo non parve venire nemmeno in mente quella sottigliezza.
Le scostò una ciocca di capelli dal viso e le baciò la punta del naso. “Sono sicuro che gli piacerà.”
Pian piano, con il passare del tempo, il calore asciugò l’acqua nell’impasto e questo iniziò a crescere e a gonfiarsi sempre di più, fino a diventare di un bel giallo ambrato.
Al suono del timer si accodò anche quello del campanello e Logan andò ad aprire la porta, mentre Charlie tirava fuori il pan di spagna dal forno.
Si trovò davanti una sorridente Annabelle, con in mano una pentola dal cui coperchio scaturiva un profumo a dir poco delizioso.
“Ho portato l’arrosto!” Lo salutò, alzando il tegame verso di lui a mo’ di spiegazione.
Pareva che Luke non fosse l’unico ad esser stato coinvolto dal tornado che era quella donna.
Mentre Annabelle andò in cucina, lui si fermò a controllare il tavolo da pranzo, apparecchiato per dieci.
“Tesoro, aspettiamo qualcun altro oltre a mia madre e tuo padre?” Chiese da sopra la spalla, in direzione della cucina. Ma le tre donne erano troppo impegnate a chiacchierare; perciò, a rispondergli fu Jake.
“Mi ha detto di apparecchiare per dieci.” Disse stringendosi nelle spalle, spuntando dalla porta del corridoio.
Era cresciuto in quell’anno ed ora era più alto di almeno cinque centimetri.
Logan si accigliò. “E chi sono gli altri due?”
“Non lo so.” Disse, ma troppo velocemente e, studiandolo attentamente, fu palese che suo figlio cercasse di nascondergli qualcosa, perché cercò subito di sfuggire al suo sguardo.
E questo succedeva solamente quando lui e Charlie stavano architettando qualcosa; come la festa a sorpresa che gli avevano organizzato mesi prima.
In ogni caso, non riuscì ad andare più a fondo a quella vicenda e Jake fu salvato dal campanello.
Sua madre lo abbracciò brevemente, con un piatto d’antipasti in mano, prima di fiondarsi in cucina, verso una Charlie indaffarata a farcire il pan di spagna con la crema al cioccolato che Logan aveva preparato.
Sylvie l’aveva presa sotto la sua ala protettrice, cercando di farle da cicerone tra i segreti della pasticceria, e, pareva, che ancora non avesse perso le speranze.
Stephen Royce, invece, gli porse una bottiglia di vino. “Di nuovo il tiramisù?” Chiese, entrando.
“No, torta al cioccolato e panna. L’ho aiutata io, stavolta.” Lo rassicurò.
Stava per chiudere la porta d’ingresso, quando vide Ryan Clark e sua moglie Rosie farsi strada lungo il vialetto.
Non pensò nemmeno per un secondo che la loro presenza lì non avesse nulla a che fare con la questione che gli aveva sottoposto Ryan, una settimana prima.
Lo aveva chiamato in ufficio, parlandogli di questa banda di ladri d’auto che avevano arrestato. Non aveva capito subito cosa questo c’entrasse con lui, ma poi aveva lamentato di come, uno di questi, fosse ancora latitante e si nascondesse da qualche parte in città.
Lo aveva interrotto subito, a quel punto. “Se vuoi il suo aiuto, devi chiederlo a Charlie.”
Dicerto, non le avrebbe impedito di aiutare lo sceriffo di Twin Lake – d’altronde, come avrebbe potuto? – ma, sicuramente, non avrebbe dato il suo beneplacito: l’ultima volta per poco non andava a cercare Peter Cox in ospedale, non era sicuro che si sarebbe trattenuto di nuovo.
“Lo avrei fatto, ma solo se tu sei d’accordo.” Aveva, quindi, continuato Ryan.
Ma Logan non era stato d’accordo ed era sicuro che Clark non ne avesse fatto parola con Charlie, poiché due giorni prima lo aveva richiamato chiedendogli di ripensarci.
Tuttavia, ora, era pronto a scommettere che, in un modo o nell’altro, quella donna lo sapesse.
Non sapeva come ci riuscisse, ma scoprva sempre tutto.
E i suoi sospetti si rivelarono fondati quando, fu messo in tavola il dolce.
La torta aveva proprio un bell’aspetto ma, in ogni caso, i commensali non si fecero ingannare e, quando furono tutti serviti, Logan si ritrovò gli occhi degli altri addosso.
Anche Clark e sua moglie aspettarono a prendere un morso - la voce sembrava essere arrivata fino a loro.
Attesero che fosse lui ad assaggiarla per primo – l’unico che avrebbe avuto il coraggio di dire la verità, in ogni caso – e solo quando, girandosi verso Charlie, l’uomo si complimentò - “davvero squisita, tesoro.” - gli altri s’affrettarono ad affondare i loro cucchiaini nel morbido pan di spagna.
Fu così, mentre tutti gustavano il dolce, che Jake chiese a Ryan la cosa più strana che ci si sarebbe mai aspettati da un bambino di nove anni. “Sei mai stato al Safer?”
Il Safer era il più grande ed importante deposito di Twin Lake. Quasi tutti i cittadini della contea avevano un deposito lì, dove vi costudivano le attrezzature da sci per il periodo invernale oppure anche i gommoni e le canoe per solcare le limpide acque del lago.
In ogni caso, a Logan non sfuggì l’occhiolino complice che Charlie lanciò a suo figlio.
“Il Safer?” Domandò Ryan, giustamente perplesso da quella domanda tanto strana. “Ci sono solo depositi…”
“Già.” S’accodò subito lei, prendendo la palla al balzo. “Ma sono dei depositi davvero molto spaziosi! Ho sentito dire che ci si potrebbe persino vivere, se si volesse.”
Solo Ryan, Luke e Logan colsero il vero significato di quelle parole; perciò, furono solo tre le posate che vennero poggiate sul piatto e le paia d’occhi che si fissarono su di lei.
La donna, però, non si scompose minimamente e, battendo innocentemente le ciglia, li guardò di rimando con aria interrogativa: “Volete altra torta?”
 
“Sei arrabbiato?” Gli chiese Charlie non appena la porta di casa venne chiusa.
Era tardi e Jake era a letto da un pezzo, ormai. Anche loro iniziavano ad accusare la stanchezza della giornata.
Non convivevano ufficialmente, ma si poteva dire che fosse così, nonostante la gran parte delle cose di Charlie fosse a casa di suo padre.
“Non sono mai arrabbiato con te, lo sai.” Osservò Logan, dirigendosi verso la loro camera da letto.
Lo seguì e chiuse la porta alle loro spalle. “Infastidito?” Riprovò.
Lui sospirò e si voltò a guardarla. “È solo che…” Iniziò, passandosi una mano fra i capelli. “Pensavo che me lo avresti detto che stavi indagando per conto di Clark.”
Sentì un tuffo al cuore. Gli si avvicinò e subito gli accarezzò le spalle, ancora coperte dalla camicia. “È stato solo un caso… Ho accompagnato Jake al negozio di fumetti l’altro ieri, ti ricordi?” Lui annuì. “E ho sentito due tizi parlare di come il deposito del Safer potesse diventare un ottimo appartamento. Mi sono chiesta chi diavolo mai vivrebbe in un deposito puzzolente e…” Concluse facendo spallucce.
Una delle prime volte che si erano incontrati aveva usato una scusa molto simile per giustificare come fosse a conoscenza di informazioni di non poco conto, con la differenza che, quella volta, stava mentendo.
Lui si piegò in avanti, fino ad appoggiare la fronte sulla sua.
“Sapevo che non saresti stato d’accordo.” Mormorò lei, accarezzandogli una guancia ispida.
Non le chiese come diavolo facesse a sapere sempre tutto, ma invece si costrinse a rassicurarla: “Non devi rinunciarci solo per me. Non te lo chiederei mai, lo sai.”
Gli sorrise e posò le labbra sulle sue, in un tenero bacio a stampo. “Lo so. Ma se tu me lo avessi chiesto, ti avrei detto di sì.” Lo baciò di nuovo e la sua voce si fece carica di significato quando aggiunse: “Ti direi di sì a qualsiasi domanda potresti mai farmi. Qualsiasi.
Adesso, se lui non fosse stato un uomo che s’era fatto due ore di macchina per arrivare fino a Twin Lake City e comprare un anello in una gioielleria dove, appena uscito, nessuno sarebbe corso da Charlie a spifferarle le sue intenzioni, allora non avrebbe capito di cosa accidenti stesse parlando.
Ma, si dava il caso, che Logan fosse proprio quell’uomo.
Era da diverso tempo che ci stava pensando, quando, ad agosto, una mattina si era alzato e aveva deciso che quello sarebbe stato il giorno in cui avrebbe provveduto.
Non lo aveva detto a nessuno, per evitare che la notizia arrivasse alle orecchie di lei, e aveva portato quell’anello sempre con sé, per evitare che vi ci si imbattesse per casa.
Aveva, poi, deciso di tenersi sul semplice: avrebbe aspettato l’anniversario del loro incontro – mancava poco ormai – e le avrebbe chiesto di sposarlo.
Perciò, si irrigidì a quella poco velata allusione. “Chi te l’ha detto?”
Ed era una domanda stupida da fare, perché non c’era proprio nessuno – tranne lui - che lo sapesse.
Lei ridacchiò alla vista della sua indignazione. “Sono almeno due mesi che te lo tieni addosso, cowboy, e sai quanto mi piaccia toccarti…”
Lo sapeva e, dannazione a lui, non aveva mai pensato che potesse riconoscerne la forma da sotto lo strato di vestiti. Credeva d’essere stato più attento e, pareva, per un mese almeno, era riuscito a non farsi beccare.
“Posso vederlo?” Gli chiese, con la gioia ad illuminarle quegli occhi blu.
“No.” Brontolò, staccandosi da lei e dirigendosi nervosamente verso il bagno.
La sentì ridacchiare ancora. “Dai, ti sei offeso?” Gli domandò, piena di incredulità.
“Si. E voglio che almeno il momento i cui te lo chiederò sia una sorpresa, dannazione.” Borbottò, scatenando un’altra risata da parte di lei.
Ad ogni modo, quando uscì dal bagno, il suo umore parve esser tornato quello di prima e, una volta sotto le coperte, a Charlie bastò solo poggiare le labbra sulla sua spalla nuda e mormorare un “mi dispiace, non volevo rovinare la tua sorpresa” per ottenere una reazione infuocata da parte sua.
Aveva creduto che, dopo due mesi che si portava appresso il suo anello, Logan avesse solo bisogno di una rassicurazione. Non vedeva l’ora che le chiedesse di sposarlo e non aveva resistito.
Non stava più nella pelle e, ora, avrebbe sicuramente dovuto aspettare solo il cielo sapeva quanto.
Perciò, fu con sua assoluta sorpresa che, quasi sul punto di sprofondare in un sonnolento appagamento, sentì il freddo metallo di un anello scivolarle all’anulare sinistro.
Aprì subito gli occhi, i fumi del piacere che le annebbiavano la mente ormai dispersi, e si ritrovò ad annegare in iridi scure.
Deglutì e sentì calde lacrime di felicità salirle agli occhi. Aprì la bocca, per dargli l’unica risposta che avrebbe mai potuto, ma lui la precedette. “Non ti ho ancora fatto nessuna domanda.” Le fece notare, il divertimento ben evidente nel suo tono.
Charlie sbuffò una risata, battendo velocemente le ciglia per cercare di trattenere la sua reazione. Si schiarì la gola, prima di parlare, ma la sua voce risultò comunque piena d’emozione. “Non ho detto niente, infatti.”
La prese di nuovo per la vita e l’avvicinò a sé.
Appoggiando la mano sul suo petto, Charlie poté finalmente ammirare lo splendido diamante che riluceva nella penombra della stanza.
“Ti piace?”
“È stupendo.” Le uscì come un singhiozzo.
“Non toglierlo, d’accordo? Mi piace vedertelo al dito, finché non deciderò di chiederti di sposarmi.”
Sapevano benissimo entrambi che, non appena fosse uscita da quella casa, ci avrebbe pensato Sunlake a rendere reale quella proposta.
“Ti amo.”
In ogni caso quella fatidica domanda era già stata fatta e aveva anche già ricevuto risposta, non a parole, ovviamente, perché di quelle non ne avevano mai avuto bisogno e così sarebbe sempre stato.
Sempre e per sempre.
 
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Ciao a tutti,
ci tenevo a ringraziarvi per essere arrivati fin qui e per avermi accompagnata in questi mesi nel corso di questa storia. Spero che vi sia piaciuta.
Per chi fosse interessato, ho pubblicato il sequel in cui la protagonista è Maddie.
Auguro a tutti voi il meglio,
A presto.
K.
   
 
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