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Autore: Chiara PuroLuce    02/09/2022    5 recensioni
Ernesto scopre un segreto sulla sua vita che gli sconvolgerà completamente l'esistenza... e non solo a lui!
(Writober 2020 - pumpNIGHT 2020 - #fanwriter2020)
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sorpresaaa? Ernesto non sapeva se Bruno si riferisse al fatto che fosse rientrato due giorni prima senza avvisarlo o al fatto di averlo trovato abbracciato a uno sconosciuto mentre ballavano in casa sua.
 
«Eccome se lo è. Me l’hai fatta, figliolo» gli disse prima di dargli un secondo abbraccio «e lui chi è?» Gli chiese infine indicando il nuovo arrivato con la testa.
 
«Luca. Il mio coinquilino a Londra e… papà, forse è meglio parlarne a cena.»
 
«Ottima proposta» intervenne Gemma «con la pancia piena si ragiona meglio e io ho una fame… a meno che non fosse per il signor Brambilla il quarto coperto a tavola.»
 
«Eh? Ah, no, è assolutamente prenotato per te» gli rispose Bruno lasciando suo padre per dirigersi da lei per abbracciarla. «Quel simpatico vecchietto ci ha braccato appena arrivati e ci ha informato che eravate usciti insieme e così… ho deciso di prepararvi qualcosa nel caso foste tornati.»
 
«Tu?» Gli chiese Ernesto sinceramente impressionato.
 
«Noi, a dire il vero» specificò suo figlio guardando Luca e facendogli l’occhiolino «ma sì, cosa credi... io me la cavo ai fornelli.»
 
«Ahem, se seguito passo passo… sì, te la cavi, altrimenti… è un miracolo se non mandi a fuoco la cucina ogni volta che ci provi» gli rispose quello.
 
A quell’uscita del ragazzo, sia lui che Gemma risero di gusto, mentre Bruno alzava gli occhi al cielo e sbuffava sonoramente.
 
«Tale padre, tale figlio. Mai detto fu più azzeccato a questo punto» s’intromise Gemma provocando una sua flebile protesta. «Bruno, sono felicissima di rivederti tra noi. Ci credi se ti dico che tuo padre mi ha parlato così tanto di te in questo ultimo mese che le mie orecchie hanno iniziato a sanguinare? Era su di giri come non mai per il tuo ritorno.»
 
«Ah, il solito logorroico. Bruno di qua, Bruno di là…» gli rispose lui. «A proposito Gemma, ma come sei in tiro stasera, stai benissimo. Scusa se ho rovinato il tuo appuntamento con papà.»
 
«Non ti preoccupare, ci rifaremo. Vero, caro?» Gli chiese guardandolo.
 
Ernesto si limitò ad annuire ancora in fase di shock. Suo figlio era a casa e aveva portato un amico con sé. Amico! Non poteva crederci. Ecco perché glissava tutte le sue domande sulla sua vita amorosa. Si diresse con lui e Gemma al tavolo dove Luca – che non sapeva più dove guardare dall’imbarazzo – li aspettava.
 
«Em, piacere e benvenuto a casa Roversi… Luca, giusto?» Esordì e lo vide sorridergli timidamente.
 
«Sì, signore, Luca» gli rispose con voce tremante.
 
«Signore. Piuf. A me» disse lui lasciandolo a bocca aperta. «Gemma, sono così vecchio?» Chiese poi alla fidanzata che ridacchiò.
 
«Praticamente un Matusalemme» gli rispose lei facendolo ridere di gusto. «Ma un Matusalemme molto giovanile e biricchino» aggiunse infine facendolo arrossire un po’.
 
«Appunto. Niente formalismi qui, chiamami Ernesto» gli disse «dunque… da quanto stai con mio figlio?» Gli chiese a bruciapelo.
 
E adesso perché non fiatava più nessuno? Che aveva detto di male?  Dopotutto non era scemo e ci vedeva benissimo, quei due erano amici assai speciali e quindi era inutile girarci attorno.
 
«Bè, non c’è che dire caro, tatto pari a zero» lo riprese Gemma che poi si rivolse ai due ragazzi rimasti pietrificati. «Scusatelo, a volte è un po’ troppo diretto, soprattutto quando non sa come affrontare un discorso delicato e importante. Come questo, appunto. Ma tu dovresti saperlo meglio di me, vero Bruno?»
 
Suo figlio annuì e arrossì vistosamente portandosi accanto a Luca che, stranamente, sembrava a disagio.
 
«Che senso ha girarci attorno» le rispose lui «è molto meglio la schiettezza in certi casi. Non ho intenzione di passare la cena a mezze frasi e mezze parole, rovinandomela. Quindi ora ci sediamo e ne parliamo senza imbarazzi vari, ok? Sono disposto a posticipare solo se la cena rischia di rovinarsi.»
 
«Sign… Ernesto» si corresse in fretta Luca «ho improvvisato con quello che ho trovato in casa. Spaghetti con tutte le verdure che c’erano nel cassetto, mozzarelle in carrozza con aggiunta di qualche acciuga, patate al forno e… bè, poco fa è cotta una semplicissima torta allo yogurt. Niente di speciale insomma.»
 
Cavoli! Quel ragazzo poteva fare concorrenza a Elisa. Davvero in casa sua c’erano tanti ingredienti da tirare fuori dal nulla dei piatti del genere? Non ne aveva idea. Probabilmente lui si sarebbe limitato a guardarli per poi richiudere il frigo e ripiegare su una scatoletta di tonno.
 
«Mangiamo!» Ordinò raggiungendo il tavolo e scostando una sedia per Gemma. «Dopotutto ho fame e non ragiono bene a stomaco vuoto. Bruno, dovresti venire anche tu a lezione da tua zia con me. Sebbene ora l’affianchi, mi diverto anche a fare la parte dell’allievo maldestro e divertente. E allora, venite qui o restate tutti lì a fissarmi?»
 
Una Gemma sorridente lo raggiunse e, dopo avere portato in tavola il cibo, anche i due ragazzi si unirono a loro.
 
«Parola mia, Luca, sei un mago ai fornelli» esordì lui dopo avere attaccato la pasta con una generosa forchettata che spazzolò subito. «Ti devo fare conoscere mia sorella, la conquisteresti con un piatto del genere. Sei un cuoco anche tu?» S’informò infine.
 
«No, per me è una passione e mi rilassa molto cucinare, specie quando sono agitato.»
 
«Bene, allora vedrò di farti rimanere tale per tutto il tempo che soggiornerai qua» gli disse facendolo sbalordire. «Oh, andiamo, è ovvio che ti tratterrai con noi per qualche giorno e… ehi, non è il caso di piangere ora, non vorrai che ti butti in mezzo alla strada. Ci vedo bene e quelle valige vicino al divano parlano da sole. Però dovrai accontentarti del divano letto» gli disse poi vedendolo commuoversi. «Qualche sbaciucchiamento ci sta, ma il resto ve lo scordate, almeno se ci sono io nei paraggi. Ora… non so a che punto siete con l’intimità, ma preferisco portarmi avanti e quindi trattenetevi, ok?» Concluse infine guardando entrambi.
 
«Em, papà» intervenne Bruno «è esattamente quello che hanno fatto i suoi in videochiamata, appena hanno saputo della sua omosessualità e da allora sono spariti. Sono passati quattro mesi. Io ero lì, li ho visti sbiancare mentre cercava di presentarmi a loro e poi l’hanno chiamato con così tanti epiteti discriminatori che mi sono vergognato io per loro» l’informò con voce dura.
 
«Bè, qui non si discrimina nessuno. Fossi matto» sentenziò lui sbattendo un pugno sul tavolo. «E tu, figliolo, avevi paura a dirmelo prima? Cosa pensavi, che fossi come quei due trogloditi? Scusa, Luca, ma non mi è venuto in mente un termine più gentile per definirli» aggiunse poi facendolo sorridere tra le lacrime.
 
«Io… grazie Ernesto. Io… non ho intenzione di fermarmi qui per molto. Posso mantenermi, sono un web designer e ho una mia partita iva. Guadagno bene con i siti internet e ho intenzione di trovare un appartamento non troppo distante da voi. Sa, non sono più abituato a vivere da solo e così…»
 
«Il tempo che ti serve. Vorrà dire che i miei appuntamenti romantici con Gemma si sposteranno a casa sua più del previsto. Che ne pensi, cara?»
 
«Io dico che mi sta bene» gli rispose lei che zitta zitta aveva continuato a mangiare senza perdersi una parola. «E dico anche che trogloditi è un termine troppo generoso per definire quelle due persone che si definiscono tuoi genitori, Luca. Cambiando argomento… tu non lo puoi sapere, ma io ho una ditta di catering e voglio assolutamente la ricetta di questa pasta per inserirla nel menù, te la pago guarda, ma deve essere mia» sentenziò infine riportando la conversazione sul tranquillo
 
«Ecco, ben detto, mio amore» la spalleggiò Ernesto. «E ora, ti ho fatto una domanda poco fa, Bruno. Perché hai taciuto con me, con tuo padre? E già che ci sono te ne aggiungo un’altra. Come vi siete conosciuti? Parla o ti scateno dietro il signor Brambilla fino a che non avrai confessato» disse facendo ridere tutti. «Ah, e poi… come lo dirai a tua madre? Ma in fin dei conti che m’importa, non mi perderei quella scena per niente al mondo. Ahahah.»
 
 
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E lui avrebbe accettato di buon grado la presenza di suo padre, in quel caso. Sapeva anche lui che glielo doveva rivelare a sua madre Gianna, non poteva rimandare ancora e prima affrontava l’argomento con lei, meglio era.
Vedere suo padre così ben disposto l’aveva galvanizzato e rincuorato. Non che avesse dei dubbi su di lui, sulla sua reazione, ma aveva sempre avuto quell’angolino di timore che lo aveva frenato per così tanto tempo dallo svelarsi. Era sciocco, lo sapeva bene, ma non era una cosa facile da dire.
 
«Ti sei addormentato? Vuoi un aiutino da casa?» Lo incalzò Ernesto.
 
«Ok, ok, parlo. Dio, pà, come sei diventato logorroico» disse facendolo sbuffare. «Ci siamo conosciuti quando il mio ex coinquilino ha deciso di andarsene di punto in bianco lasciandomi un biglietto sul tavolo in cucina. Ero alla disperata ricerca di un sostituto per dividere l’affitto ed ecco che un bel giorno – quando avevo iniziato a perdere le speranze – si presenta Luca. E… ding, è scattato qualcosa che mi ha impedito di mandarlo via e dargli una possibilità. Dopo un mese, cercando di non fargli scoprire l’attrazione che provavo per lui, una sera sono rientrato dal corso e mi aveva preparato la cena, durante la quale mi ha svelato di ricambiarmi totalmente e… e bè, il resto è storia, come si dice.»
 
«Ma… ma davvero a lei sta bene?» Intervenne Luca. «Insomma, io ho ventidue anni, mentre lui diciannove e…»
 
«E dove sta il problema? Siete entrambi maggiorenni, no? Voglio svelarti un segreto… io amo mio figlio e voglio vederlo e saperlo felice. Se lui lo è con te, a me sta bene. Vedo che è ricambiato e la cosa mi piace. Non mi importa se non mi darà mai dei nipotini. È gay, e allora? Che dire, le sue cugine se ne faranno una ragione, visto che volevano piazzarlo con qualche loro amica.»
 
«Oh, cavoli, me ne ero dimenticato» disse lui rabbrividendo «aspettavano il mio ritorno per organizzarmi qualche incontro al buio. Oh, mi fanno quasi pena adesso, quasi» rise poi, trascinando tutti con sé.
 
«Sai, Elisa e famiglia ci aspettano a pranzo domenica e no, non serve avvisare di aggiungere un posto in più, fidati. Ci sarà così tanto cibo che sarà un miracolo se riusciremo ad alzarci da tavola. Una bocca in più in aiuto non guasterebbe» gli rispose suo padre. «Ora, vogliamo proseguire con la cena?»
 
E così fecero. La cena continuò con suo padre che raccontava aneddoti imbarazzanti sulla vita del piccolo Bruno, che però ebbero il potere di alleggerire il clima.
Questo fino a che… ecco, fino a che sua madre non gli telefonò e tutta l’allegria svanì dal suo volto. Sospirò e suo padre se ne accorse.
 
«Io sono qui, figliolo» gli disse semplicemente e lui lo ringraziò con un cenno della testa.
 
Si fece coraggio e prese la chiamata.
 
«Non pensavo ti ricordassi ancora il mio numero. Buonasera madre, di cos’hai bisogno questa volta?» Le chiese con il solito tono annoiato che usava con lei mentre lasciava il gruppetto per dirigersi in camera sua.
 
 
                                                                                         ֎֎֎֎֎
 
 
Bisogno. Lei. Oh, per carità.
Certo, aveva bisogno che suo figlio cambiasse idea e tornasse a vivere con lei per non perdere la casa.
Aveva bisogno che Bruno le riferisse tutto quello che sapeva su quella grassona che aveva conquistato il suo ex marito e che si era permessa di umiliarla davanti a lui con poche frasi.
 
«Volevo solo chiederti l’ora precisa in cui atterrerà il tuo volo, caro» disse cercando di mostrarsi entusiasta «sai, vorrei venire a prenderti e passare una giornata insieme, come ai vecchi tempi. Mi mancano molto.»
 
«Mi chiedo come faccia a mancarti qualcosa che non abbiamo mai avuto. Ma, bugie a parte, cosa vuoi, veramente, da me? Tu non mi chiami per sapere del volo, ammettilo. Non te ne frega un cazzo. Tu hai in mente qualcosa» l’accusò senza mezzi termini.
 
«Oh, caro, come puoi parlare così a tua madre. Io ti voglio bene, lo sai. Ok, a modo mio, ma te ne voglio. Desidero passare qualche ora con te. È un crimine, forse?»
 
«No, non lo è» ammise facendola gongolare, ma poi aggiunse «è una follia. E comunque, domenica sono già occupato, vado dalla zia. Anzi, no… andiamo dalla zia. Non vuoi sapere chi viene con noi?»
 
«Oh, non credere che non lo sappia che tuo padre si trastulla con una grassona alta come uno gnomo. Vuole giocare alla famiglia felice, vero? Vuole sostituirmi con lei in famiglia.»
 
«Ahahah, Gianna, sei uno spasso. Se non sapessi che sei meschina e finta potrei anche credere alla tua gelosia. Ma ti ricordo che ti sei auto eliminata dalla nostra vita anni fa e ti devo dire che è la scelta migliore che tu abbia fatto.»
 
Quello era un colpo basso. Vita. Lui, quella che avevano vissuto, la chiamava vita. Aveva spostato Ernesto forte del suo retaggio benestante, per poi ritrovarsi con un marito che odiava esserlo e preferiva sporcarsi con il grasso delle automobili e fare una vita modesta. Si era chiesta molte volte cosa non andasse in quell’uomo, ma alla fine aveva desistito. E così… s’era data agli amanti, tanti. Fino a che non aveva incontrato il suo Scheggia e, con lui, quel pizzico di adrenalina che da tempo non aveva più nel suo matrimonio.
 
«Bè, in ogni caso non devo chiederti il permesso per vederti. Sono tua madre, è normale che voglia frequentarti. E… sì, hai ragione, ho in mente qualcosa, ovvero scusarmi con te per quello che è successo l’ultima volta che ci siamo visti, però anche tu, dovevi proprio provocare Scheggia in quel modo…»
 
«Senti, se mi hai telefonato solo per…»
 
«No, no» si affrettò a rispondergli «volevo anche chiederti di tornare a casa, mi manchi tesoro e…»
 
«E niente, madre. Forse ti sei scordata di quello che mi ha detto il tuo amichetto tossico e… scusa un attimo. Arrivo subito» Gianna sentì suo figlio interrompersi e poi riprendere rivolto a qualcuno «non vi azzardate a tagliare quella meraviglia senza di me.»
 
«Oh, non potremmo mai. Fai pure con calma, la torta non scappa e noi nemmeno. Buona continuazione.»
 
Era una voce di donna quella? Che diamine…ehi, un momento. Lei la conosceva quella voce. Sì, eccome. La consapevolezza di essere stata presa in giro così da Bruno, unita alla rabbia l’invasero e – mollata la facciata buonista – in lei si risvegliò l’odio verso quell’uomo che era stato suo marito un tempo.
 
«Dove sei, Bruno? Non a Londra, vero? Sei a casa di tuo padre, vero? E c’è anche quella troia, vero?»
 
«Gianna, Gianna, Gianna, cara madre mia» iniziò lui senza scomporsi «a quanto pare non c’è bisogno che ti scomodi a passare a prendermi all’aeroporto. Sì, sono in Italia. Sì, sono da papà. Sì, c’è anche quella donna fantastica che frequenta ora e che non ti permetto di insultare oltre. Sì, penso anch’io che dovremmo incontrarci, ma ti avviso fin da ora che non tornerò a casa né ora né mai, perché non la considero più tale. Ti va bene domenica sera? Fammi sapere dove preferisci, per me venire lì o vederti qui è la stessa cosa. Ora ti saluto, c’è una fantastica torta allo yogurt che mi aspetta.»
 
E poi, senza attendere risposta, suo figlio interruppe la chiamata.
 
«Ma come si permette quel… quel…aaarghhh!»
 
«Problemi con quel tuo strambo e ingrato figlio?» Le chiese il suo compagno mentre lo raggiungeva sul divano.
 
«Ah, puoi giurarci. Quell’essere è nato per infastidirmi e basta» rispose lei al suo nuovo compagno. «Riesci a crederci? Mi ha sbattuto il telefono in faccia. E sai dove si trova ora?»
 
«A Londra in procinto di partire?» Azzardò lui.
 
«No, è rientrato prima e senza dirmelo. È da quel buono a nulla di suo padre e con loro c’è anche quella puttana a cui si accompagna adesso. Giocano alla famiglia felice. Ma prima o poi piangeranno, tutti.»
 
«Si direbbe che sei gelosa di loro» constatò Scheggia.
 
«Assolutamente no. Non sopporto di essere presa in giro.»
 
E non sopportava neppure di essere stata messa in secondo piano da suo figlio che, evidentemente, preferiva la compagnia di quella tizia alla sua. Inconcepibile.
La voglia di raggiungere l’allegra combriccola le passò per la testa. Per un minuto buono. Ma poi desistette. Forse poteva pedinare il gruppo fino a casa della ritrovata gemella di Ernesto – che per inciso non aveva mai visto prima – e affrontarli lì. Ma no, troppo scontato.
Aspettare la sera della domenica? No, decise, avrebbe visto suo figlio quella mattina presto a casa del suo ex e pazienza se li avesse buttati giù dal letto all’alba.
Bruno voleva la guerra? E l’avrebbe avuta.
Dannazione. Se almeno avesse scovato qualcosa di compromettente su Ernesto e quella strana, nuova situazione che da qualche mese l’aveva coinvolto… e invece niente.
 
«Ah, quasi dimenticavo» Scheggia, al secolo Ivano, si alzò di scatto e tornò poco dopo con un fogliettino in mano «mentre eri fuori, stamattina, ha chiamato il tuo avvocato.»
 
«Cooosa? E me lo dici solo adesso?» Lo riprese lei.
 
«Sì, chi credi che sia, il tuo segretario?» Rimbottò lui. «Cazzo, pollastrella, avevo qua i miei amici e ci stavamo sballando di brutto quando siamo stati interrotti dal telefono. Eh, questa roba nuova si spaccia che è una bellezza e il capo ci ha dato un generoso extra.»
 
«Immagino» sicuramente qualche bustina da tenere come pagamento principale, altre da spacciare gratis e pochi soldi, l’extra, appunto. «E, da quello che vedo, non hai ancora smesso di darci dentro. Dunque, questo messaggio?»
 
Lui glielo allungò non senza fatica – visto che la droga stava già entrando in circolo – e poi collassò sul divano, in preda a qualche viaggio mistico.
Beato lui che non ha problemi con ex mogli o figli, pensò. Abbassò lo sguardo sul foglietto e subito dopo lanciò un urlo e scoppiò a ridere.
Oh, era arrivata l’ora di pagare il suo debito.
Guardò Scheggia. Quando stava messo così, potevano volerci ore prima che tornasse in sé e quella nuova droga doveva essere proprio forte per averlo ridotto così in poco tempo. Si ripromise di provarla al suo rientro.
Prese le chiavi dell’auto, la borsa e uscì di corsa. Aveva un certo avvocato da andare a trovare. I debiti, dopotutto, andavano pagati e l’avvocato Piazza le aveva reso un enorme servizio.
Com’era quel detto? Do ut des – dare per avere – lui l’aveva aiutata e lei gli doveva il pattuito. E poi, se avesse giocato bene le sue carte, avrebbe anche ottenuto un bel gruzzolo.
Sì, lei, Gianna, aveva un disperato bisogno di denaro. Denaro che lui, il caro avvocato, poteva darle in abbondanza. Doveva solo… assecondarlo.
Poi… poi avrebbe dato il via ai festeggiamenti anticipati per la disfatta di quell’idiota che pensava di essere più furbo di lei. La sua vendetta era appena iniziata. 
   
 
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