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Autore: Klood    11/09/2009    5 recensioni
Cosa cambia nel cuore di due persone che non si vedono da sei anni? Può un'amicizia durare nonostante la distanza e la lontananza più totale? Juliet, nota giornalista, rivede Orlando, ormai attore affermato del cinema....
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THERE’S NO PLACE LIKE LONDON

CAPITOLO II

 

 

Q

uando i due amici rientrarono nella casa pochi minuti dopo il loro riavvicinamento, notarono che nella sala i presenti erano aumentati riempiendo la stanza ancora di più, cosa che a Juliet sembrò alquanto impossibile, visto che già prima il numero di persone a quella festa era enorme. Anche Orlando si guardava intorno, mentre la folla non sembrava essersi resa conto di quello che era successo in quegli ultimi minuti, come se l’assenza sua e di Juliet fosse normale amministrazione.

Mentre la sua mano non si decideva a lasciare quella della donna che gli si trovava accanto, lui continuava a scandagliare i volti di tutte le persone che si trovavano lì unicamente per lui; vide molti suoi colleghi accompagnati chi dal proprio compagno, chi dal proprio manager, ma anche soli, come Dom, che da quando aveva lasciato Evangeline era tornato il solito marpione incallito con cui aveva condiviso per più di un anno quella mega villa in Nuova Zelanda. Accanto a Dominic, Viggo, con il quale aveva deciso di uscire quella sera, ignaro che proprio quell’idea che gli era venuta in mente mesi prima, mentre si trovava nel suo letto di Los Angeles ad osservare un’addormentata Miranda, sarebbe stata la scintilla che avrebbe fatto scaturire la festa.

“Credo sia il tuo turno di public relations.” lo interruppe dai suoi pensieri Juliet. “Anche loro hanno diritto a 5 minuti di Orlando Bloom quanto me.”

“Lo so, ma loro non sono te.” replicò lui, che proprio non aveva voglia di staccarsi da lei. Aveva intenzione di recuperare quei 6 anni, e non gliene fregava una mazza di tutta l’altra gente. Si sentiva in colpa per non aver mantenuto quella promessa, ed era pronto a recuperare.

“Smettila di fare il bambino.” lo rimproverò lei. “Ora che il mondo pende dalle tue labbra, non vuol dire che tutti ti cadano ai piedi come pere cotte. Svegliati, Bloom! Non sei in un covo di fan, ma nella tua casa, tra persone che hanno significato e significano tanto per te. Magari loro non hanno dovuto aspettare 6 anni, ma se sono qui vuol dire che hanno a cuore te e non un ammasso di mattoni…”

“Senti,” iniziò, lievemente irritato, “se stai cercando di farmi sentire in colpa per questi 6 anni, sappi che non ce n’è bisogno. Mi ci sento già abbastanza di mio.” le disse.

“A quanto pare non abbastanza, visto che hai intenzione di far aspettare qualcun altro.” fu la risposta di lei, che lo fece irritare ancora di più, tanto che si staccò da lei, andando dritto filato da Dominic e Viggo, a cui si era aggiunta anche Liv. I tre cominciarono a parlare di lavoro: Liv stava girando una commedia al fianco di Ben Affleck -già suo collega in Jersey girl-, dividendosi tra il set e Milo, il suo meraviglioso bambino di ormai 5 anni. Viggo, invece, stava analizzando un paio di copioni che gli erano stati mandati, tra cui il nuovo progetto di David Cronenberg, a cui stava pensando di partecipare. Infine Dominic aveva deciso di tornarsene a Manchester dalla sua famiglia; si era reso conto che la sua permanenza negli USA, alla ricerca di un lavoro, si era rivelata inutile e quindi aveva ritenuto opportuno tornarsene tra le quattro mura di casa sua in Gran Bretagna.

“Tu, invece?” si informò Liv, rivolta ad Orlando.

“È troppo impegnato con Miranda.” sentenziò Dominic.

Orlando s’incupì per un istante: nessuno ancora lo sapeva e in quel momento proprio non se la sentiva di rovinare quell’atmosfera. Così sfoderò il suo migliore sorriso e rispose agli amici come aveva ormai fatto con tutti, appioppandogli quella scusa modellata ad arte, giusto per contenere lo scandalo.

“È partita per l’Australia una settimana fa. Aveva alcune cose da sistemare e una sfilata per David Jones… un paio di settimane e torna a New York.” fu la sua risposta, che sembrò convincere tutti e tre, cosa di cui Orlando fu incredibilmente soddisfatto.

Infondo, Miranda Kerr, angelo di Victoria’s Secret, era davvero partita per l’Australia, giustificandosi con la storia della sfilata. Certo, vi avrebbe partecipato, ma come lui ormai sapeva da mesi, la modella intratteneva una relazione con lo stilista. Non ne era certo al 100% e non li aveva ancora colti in flagrante, ma era certo che qualcosa non andava. Così, dopo settimane di litigi, avevano deciso di prendersi una pausa; lui se n’era tornato a Londra, mettendo anima e copro nella ristrutturazione di quella casa, mentre lei, dopo qualche tempo, lo aveva avvisato che sarebbe tornata nella sua patria per lavoro.

I due si erano conosciuti circa un anno prima ad un party. Lui stava parlando con Leonardo DiCaprio quando gli erano passate accanto Giselle Bündchen e un’amica; stando alle parole di Leo avevano lavorato insieme nella linea di Victoria’s Secret, e mentre Giselle aveva acquisito maggior fama, l’altra era rimasta tra gli angeli. Per tutta la serata non era riuscito a staccarle gli occhi di dosso: non poteva negare che era una gran bella ragazza ed il mini abito che indossava le risaltava il fisico praticamente perfetto. Così, dopo un paio d’ore passate ad osservarla, nel momento in cui lei si trovò sola al bancone, le si era avvicinata sfoggiando un sorriso smagliante, offrendole da bere. Quella sera stessa, complice qualche bicchiere in più per entrambi -soprattutto per Orlando-, lui l’aveva accompagnata a casa, con tutta l’intenzione di tornarsene nel suo appartamento e partire l’indomani all’alba alla volta di Londra, arrivando in città proprio la mattina del compleanno di Juliet. Ma, ovviamente, quella sera Orlando non tornò a casa. Infatti, Miranda -così si chiamava la ragazza-, a cui non stava di certo indifferente, lo invitò in casa per bere qualcosa, volendo ringraziarlo per il passaggio; non avevano nemmeno varcato la soglia, che le loro bocche erano già incollate l’una all’altra, le loro lingue intrecciate, mentre le loro mani vagavano sul corpo dell’altro.

Da quel giorno -in cui Orlando perse l’aereo per Londra, non tornando nella sua nazione per più di un anno-, i due avevano cominciato a frequentarsi, cercando di stare il più attenti possibile a non sbandierare il loro rapporto in pubblico. Pochi mesi ed i primi gossip circolarono; gossip che si trasformarono in certezze quando decisero di uscire allo scoperto, diventando la preda preferita dei paparazzi. All’inizio questa cosa non aveva impensierito più di tanto Orlando, il quale era abituato a quel genere di situazione, convinto che in pochi mesi tutto si sarebbe sgonfiato; il problema si presentò quando lui, folgorato da non si sa bene cosa, si rese conto di come ormai la sua vita fosse pienamente in funzione di lei, facendogli dimenticare tutto il resto. Da quel momento si rese conto anche di come quel rapporto fosse logorante, soprattutto per lui; era sempre stato una persona molto attiva, a cui piaceva poco la sedentarietà e la monotonia. Viveva di grandi passioni e grandi emozioni, lasciandosi trascinare dall’avventura, dal pericolo, dalle emozioni e dall’entusiasmo che le altre persone gli comunicavano. Tutte cose che in quell’ultimo periodo si erano affievolite, riducendolo all’ombra di sé stesso.

L’arrivo di Elijah lo scosse da quei ricordi, facendolo tornare alla realtà dei fatti; dopo aver salutato il nuovo aggiunto al gruppo e scambiato qualche parola con lui, cominciò a muoversi lungo la stanza, scambiando qualche parola con tutti e spostandosi di persona in persona abbastanza velocemente, mentre nella sua mente pensieri e ricordi che sembravano perduti si facevano spazio man mano. I suoi movimenti così veloci erano stati osservati da Juliet, rimasta ferma dove lui l’aveva lasciata, per qualche istante. Poi la donna si era diretta in cucina, dove trovò Samantha intenta a sistemare alcuni vassoi nel lavello.

“Vuoi una mano?” le chiese Juliet.

“No, grazie, Jules. Ormai ho finito.”

Per un attimo piombò il silenzio, rotto dopo un po’ da Sam.

“Che te ne pare?”

“Di cosa?”

“Mio fratello.”

“È sempre lo stesso, o almeno così vuole far sembrare. Vorrebbe non dover crescere, poi si deve arrendere al fatto che gli anni passano anche per lui… prima abbiamo discusso.”

“Neanche 24 ore che vi siete rivisti e già battibeccate? Ha ragione mamma, siete impossibili.”

“Tuo fratello aveva intenzione di catalizzare l’attenzione su di me.” si giustificò.

“Io lo chiamo senso di colpa.”

“…io anche egoismo. Non fraintendermi, posso capire come si senta in questo momento, ma deve capire che non può fare aspettare qualcun altro per 6 anni. Sarebbe sbagliato.”

Samantha sorrise.

“Lo conosci. Questa cosa è per lui la più grande cazzata che ha fatto nella sua vita, e vuole rimediare in qualunque modo possibile.”

“Ha fatto ben di peggio…”

“Tipo?”

“…Canarie…” fu la risposta stizzita della giornalista. Ricordava perfettamente quella riunione in cui si era impuntata perché quelle foto non venissero pubblicate sulla rivista, arrivando quasi a minacciare i vertici con il licenziamento. Quella volta era riuscita a parargli il culo, ma non si poteva permettere alzate di testa di quel tipo con la frequenza con cui Orlando combinava cavolate.

“Perché noi lo conosciamo da prima. Secondo lui, averti promesso di tornare almeno una volta l’anno per poi lasciarti da parte, è ben peggio.”

“Ma ha messo in ridicolo sé stesso!”

“Non è la prima volta…”

“Lascia perdere le altre volte. Il mondo non ne era né tantomeno ne è a conoscenza.”

“E adesso tocca a te.” le disse la donna, porgendole un bicchiere di champagne.

“A fare che?” chiese Juliet, prendendo il bicchiere, bagnandosi le labbra in quel liquido chiaro.

“A farlo tornare sé stesso.”

“Più facile a dirsi che a farsi. Finché rimarrà con quella… se lo rigira come un calzino in maniera assurda. Pensavo che nemmeno un figlio l’avrebbe ridotto così.”

“Non piace nemmeno a me, ma vallo a spiegare a mia madre. La trova carina, elegante, raffinata, modesta e riservata.”

Juliet roteò gli occhi. “Allora non sono l’unica che sta nascondendo alla propria madre le peggiori uscite di lei e le cazzate di lui.” osservò. “Tutto ciò che fa lei, mamma lo usa per fare un paragone con me. Sembra che sia la donna perfetta.”

“Elimino ogni rivista di gossip che prova ad entrare in casa; per fortuna che ne entrano poche. E nonostante tutto anche mia madre fa paragoni; dovrei dimagrire, dovrei impegnarmi maggiormente nel lavoro,…”

Juliet sospirò, poi uno dei suoi cellulari -quello che usava per lavoro-, vibrò. Sullo schermo comparve la busta, segno inconfondibile dell’arrivo di un sms. Schiacciò il pulsante leggi e vide che il mittente era la sua segretaria, Caroline.

La McMiller mi ha mandato lo schedario per la prossima intervista… la vittima è un attore. Orlando Bloom.

La donna rilesse più volte quel messaggio, assicurandosi di non aver perso la facoltà visiva. Era pressoché impossibile; avrebbe dovuto intervistare la stessa persona che aveva atteso per 6 anni, lo stesso attore che le aveva regalato sin dall’inizio grandi emozioni. E in quel momento, si trovava nella sua cucina.

Rispose a Caroline con un criptico Perfetto. Mandami tutto via mail. A lunedì., mentre sorrideva divertita, visto che quella mail sarebbe stata totalmente unitile. L’avrebbe direttamente cestinata non appena avesse acceso il portatile l’indomani, per poi dare una sfogliata allo schedario il lunedì mattina nel suo ufficio, giusto per non destare sospetti. Solitamente lo schedario era un plico, più o meno grosso, riguardo l’intervistato; conteneva una biografia dettagliata con tanto di filmografia e ultimi gossip più alcuni fogli contenenti i photoshoot fatti fino a quel momento. Tutte cose che erano totalmente inutili. Conosceva la sua vittima dall’età di 7 anni e di certo non ne era intimorita; non dopo aver intervistato mostri sacri quali Leonardo DiCaprio, Robert DeNiro, Nicole Kidman e molti altri. Orlando Bloom, era per il mondo un attore che sembrava dover ancora mostrare il suo talento; per lei, Juliet Wollstonecraft, era quell’amico parecchio sciroccato con cui aveva fatto le più grandi cazzate della sua vita, e che si era appena trasformato nella più succulenta tra le prede che le erano capitate tra le mani. Persa in questi pensieri, la giornalista chiuse il cellulare e lo ripose nella tasca della giacca, mentre Samantha la guardava interrogativa.

“Lavoro.” si spiegò la giornalista. “Nuova intervista.”

“Per quanto mi riguarda non puoi fare meglio che con DiCaprio… mamma le tiene tutte.” Sorrise la donna. “Chi è la prossima vittima?”

Juliet non riuscì a trattenere una risata.

Fu così che Orlando la trovò, quando arrivò in cucina. Con quel sorriso che le illuminava il volto in maniera stupenda; ne era rimasto colpito sin dal primo momento che l’aveva vista ridere, quando, all’età di 6 anni, era stata spostata nella sua classe da quella parallela. Sentendone il cognome per la prima volta, Orlando pensò che quella bambina dal caschetto castano doveva essere sicuramente la figlia di una tra le migliori amiche di sua madre; supposizione corretta, visto che al primo incontro tra Sonia, madre di lui, e Sophie, comparve anche Juliet. Così i due bambini, per volere delle madri, furono costrettiti a vedersi spesso, dovendo fingere di essere amici, visto che la realtà era ben diversa. I loro caratteri erano parecchi diversi: mentre Juliet era schiva, timida e parecchio legata alla sua migliore amica, Viola, Orlando era incredibilmente estroverso ed anche parecchio egocentrico. Adorava essere considerato un leader ed il centro dell’attenzione di compagni ed insegnanti, che lo adoravano. Non era un ignorante, né il migliore della classe, causa anche una lieve dislessia che lo costringeva a fare il doppio del lavoro. Juliet, invece, aveva molte meno difficoltà rispetto a lui ed era molto brava, con un talento innato per la scrittura. Fu proprio grazie a questa sua propensione che i due si avvicinarono, gettando le basi di quell’amicizia.

Era passato poco più di un anno dall’arrivo di Juliet nella classe di Orlando, quando Sonia decise di iscrivere entrambi i figli ad un corso di lettura di poesie. Sia Samantha che Orlando avevano preso la cosa positivamente, ma non furono così contenti di scoprire che quella volta avrebbero dovuto scrivere loro stessi un pezzo. Nonostante tutto, mentre la sorella era riuscita a tirare fuori qualcosa, lui non trovava l’ispirazione, arrivando così alla vigilia della lettura nel panico; e fu così che lo trovò Juliet, nel giorno del loro incontro settimanale. Vedendo che lui continuava a guardare quella pagina del libro di matematica, alzò lo sguardo dai suoi esercizi.

“Va tutto bene?”

“Sì.” le rispose tagliente.

“Non sei carino.”

“Neanche tu. A scuola fai finta di non conoscermi; fallo anche qui.”

“Scusa se non ti trovo perfetto, come tutti.” Rispose tagliente a sua volta. “È da stamattina che fissi il vuoto.”

“Non puoi aiutarmi…”

“Non se non mi dici che c’è. Problemi con la poesia?” gli chiese.

Orlando abbassò il capo. Dirle tutto avrebbe compromesso la sua nomea, ma in quel momento avvertì, nello sguardo di quella bambina, una strana sensazione…lei l’avrebbe aiutato. Prese un profondo respiro, chinò nuovamente il capo e parlò.

“Non ho una poesia.”

Juliet sbarrò gli occhi.

“Ma tua madre…”

“Le ho detto una bugia. La verità è che non ho scritto niente.”

La bambina gli sorrise, poi dallo zaino tirò fuori un foglio e glielo diede.

“Tieni. Leggi questo domani.”

Quella cosa colpì molto Orlando; la poesia non era certo degna di grandi talenti, e non arrivò nemmeno prima al concordo. Fu il gesto completamente altruista e disinteressato che lo fece riflettere, facendogli scoprire una Juliet molto più estroversa di quanto non si aspettasse.

Questi pensieri furono interrotti però dalle parole di Samantha, la quale lo aveva visto comparire sulla porta intento ad osservare Juliet.

“Hai bisogno di qualcosa, Mr. Superstar?”

“No, cercavo lei.” disse, indicando l’altra donna. “Non la vedevo più e la stavo cercando.”

“Mi hai trovata…” constatò lei.

“Già…”

Sam si ritrovò in quella strana situazione, sentendo l’imbarazzo che c’era tra suo fratello e la sua migliore amica, ma non capendone la ragione. Di certo non era a causa di una discussione che i due si trovavano così imbalsamanti, l’uno davanti all’altra; quella non era di certo la prima né l’ultima volta, e molto volte erano proprio i loro caratteri a scontrarsi. Erano due persone molto simili per certi versi, ma anche molto diverse. Erano testardi, ambiziosi e si divertivano molto a scherzare e punzecchiare, non solo gli altri, ma anche loro stessi. Il loro entusiasmo e la loro solarità erano contagiosi, ed averli insieme sotto lo stesso tetto era come aver a che fare con un uragano di quelli devastanti. Orlando però era comunque rimasto parecchio egocentrico e crescendo si era un poco impermalito; Juliet invece era diventata sì più estroversa e aperta, ma non amava comunque essere al centro dell’attenzione e rimaneva molto riservata, cercando di proteggere non solo la sua privacy, ma anche quella delle persone a lei care, Orlando in testa, specialmente da quando era diventato attore.

Fu per questo che, dopo aver osservato prima lui, che si era avvicinato con le mani in tasca e la testa bassa, poi lei, che osservava il suo interlocutore mentre sorseggiava champagne, la donna lasciò la stanza. Così i due furono nuovamente soli, mentre il silenzio calava inesorabile. Orlando avrebbe voluto dirle tante cose: avrebbe voluto chiederle scusa per il suo comportamento di prima anche se riteneva di aver ragione; avrebbe voluto chiederle che lavoro faceva, perché quel suo modo di vestire non era di certo quella che ricordava lui, e pensava che solo il lavoro potesse averle fatto cambiare il suo abbigliamento che gli ricordava moltissimo quello delle varie segretarie della sua attuale manager che, poco prima di due anni fa, erano cambiate in maniera alquanto repentina, con sommo stupore di Aileen. In tre mesi si erano sedute a quella scrivania qualcosa come una decina/quindicina di aspiranti segretarie -tutte rigorosamente sposate. Come richiesto da contratto-. E tutte avevano catturato l’attenzione di Orlando, il quale era in quel periodo in cui non vuoi prendere le cose troppo sul serio. Così in quei tre mesi, le varie segretarie, oltre a svolgere impeccabilmente il loro lavoro, avevano anche scaldato le lenzuola di un Orlando in piena fase carpe diem.

Improvvisamente Good old-fashioned lover boy dei Queen rimbombò nella stanza. Juliet si voltò verso Orlando, guardandolo scettica… di certo la sua modestia non era aumentata, si ritrovò a pensare. Lui la guardò, non cogliendo l’occhiata critica, poi prese il cellulare e senza nemmeno vedere il nome rispose.

“Ciao, dimmi… sì… chi? Ma sei sicura?... Sì, ok, non farò casini… ma che vuoi che sia… sì, lo so che nomea ha, ma non mi hanno mai fregato… va bene, lo farò. Ciao.” e chiuse la conversazione. “Scusami, il lavoro…” disse, rivolta a Juliet.

“Tranquillo, ho imparato cosa vuol dire vivere in simbiosi con un cellulare per lavoro.” gli spiegò, ridendo sotto i baffi, poiché aveva capito da quello stralcio di conversazione che lui non sapeva ancora dell’intervista, fino a quella chiamata.

“A proposito! Sam mi diceva che avevi trovato un lavoro importante e proficuo. Di che si tratta?” le chiese, mentre si metteva di fronte a lei, appoggiato al mobile, riempiendosi il bicchiere di champagne.

Juliet sorrise soddisfatta da quella domanda ed anche parecchio divertita, poiché conscia dell’espressione che avrebbe assunto il volto di lui. Con un piccolo saltello si mise a sedere sull’isola, incrociando i piedi e dondolando ritmicamente le gambe.

“Nessuna idea?” osservò, alzando un sopracciglio e fissandolo malignamente divertita.

E fu lì, in quello sguardo, che ad Orlando si accese la lampadina; spalancò occhi e bocca, guardando quella che era sempre stata la sua migliore amica come un miraggio. Gli sembrava impossibile. Quanti attori e attrici pronunciavano quel nome con una sorta di timore, specialmente tra quelli che venivano considerati i poster boys/girls del momento. Tanti altri la ammiravano per il suo lavoro, e per il rispetto che traspariva dai suoi occhi verso di loro. Così almeno l’aveva descritta un affascinato Leonardo DiCaprio , che ci aveva guadagnato uno dei migliori articoli della sua carriera.

“Wollstonecraft!” esclamò Orlando, risvegliatosi da quei pensieri.

Juliet sorrise. “Quando si parla di lavoro gradirei che tu aggiungessi al cognome l’aggettivo temibile. Sai, ho una certa…nomea…” disse, citandolo, con voce suadente e provocatoria.

Orlando la osservò e sorrise. Averla accanto era come una ventata di aria fresca, frizzante, come quella di montagna, che ti fa rabbrividire ma ti riempie i polmoni donandoti quasi una nuova vita. E lei era proprio così; e lui era tornato a respirare quell’aria. Sarebbe stata dura, lo sapeva, molto dura, perché lei lo conosceva meglio di chiunque altro e lui sapeva perfettamente che non sarebbe stata gentile in onore dei bei vecchi tempi, anzi. Forse sarebbe stata più severa con sé stessa nel tentativo di non essere di parte.

Con queste considerazioni, si avvicinò a lei.

“Scommetti che faccio sparire quell’aggettivo?” la provocò.

“E sentiamo, come avresti intenzione di fare?” gli chiese, guardandolo mentre si avvicinava a lei.

Conosceva benissimo quello sguardo: era come se sulla sua fronte ci fosse già scritto che aveva intenzione di fregarla. E Juliet decise di cascarci senza alcun tipo di problema, anche se non conosceva precisamente i piani di lui, il quale aveva appoggiato le mani accanto alle sue gambe, incastrandole tra le sue. Si avvicinò col busto a lei e le scostò i capelli dietro un orecchio, per poi avvicinare le labbra ad esso. Juliet fu percorsa da un brivido lungo la schiena, ma fu solo un attimo, perché subito le giunsero le parole di Orlando.

“Ti conosco abbastanza bene, Jules.” le disse con voce bassa, mentre un ghigno si dipingeva sul suo volto.

Pochi attimi e la donna sentì qualcosa di liquido bagnarle la testa e scendere lungo i capelli, arrivando a bagnare il vestito. Alzò lo sguardo e le ultime gocce d’acqua che si trovavano nella brocca che Orlando le aveva rovesciato addosso, le caddero in faccia. Cercando di fare l’espressione più arrabbiata che conosceva, andò a puntare i suoi occhi in quelli di Orlando, che a quel punto non riuscì più a trattenersi, rompendo il silenzio con una risata cristallina e pura, ridendo di gusto, mentre si scostava da Juliet e posava la brocca ormai vuota. Non si rese nemmeno conto della mossa fulminea di lei che prese la brocca, scese dall’isola, e riempito il contenitore, gettò l’acqua addosso all’amico. Per un attimo rimasero entrambi fermi immobili, guardandosi a vicenda, mentre l’acqua scendeva lungo i loro corpi, bagnando i loro indumenti e creando delle pozze sul pavimento in marmo. Poi, come se si svegliassero da un incantesimo, scoppiarono entrambi a ridere, appoggiandosi l’uno all’altra. Juliet appoggiò il capo sul petto di Orlando, continuando a ridere, mentre lui le cingeva la schiena con le braccia, cercando di tornare serio.

“Erano secoli che non combinavo casini del genere…” osservò lui, sorridendo sereno. Sembrava che grazie a quel gesto l’imbarazzo se ne fosse andato, che la giornalista e l’attore fossero scomparsi, lasciando il posto a due ragazzi, che cercavano di mostrarsi adulti, ma che tra loro rimanevano sempre due ragazzini che si facevano scherzi di continuo.

“6 anni per la precisione. Almeno per me.” gli rispose lei, alzando lo sguardo ed incontrando il suo, sorridendogli, malandrina. “Allora, sei pronto a trovarti tra le mie grinfie?”

“Tremo di paura al solo pensiero.” disse, ironico.

“Non sarò di certo un pezzo di pane.”

“Questo lo so.”

“Non dopo tutto quello che mi devi.”

Orlando aggrottò la fronte. “Mi sono perso qualcosa? Abbiamo dei conti in sospeso?” chiese, non capendo di cosa stesse parlando lei.

Juliet si staccò e mise una mano sotto il mento, cercando di ricordare tutto. “Allora, vediamo. Intanto la parata di culo con la storia delle Canarie, le cui foto non sono state pubblicate su Vogue, grazie ad una sfuriata con quasi minaccia di licenziarmi se solo provavano a metterle; poi, il fatto che mia madre non sa niente né delle Canarie, né di tutte le altre cazzate che hai fatto con la tua attuale ragazza, visto che l’unica cosa che entra in casa mia è Vogue, unicamente per le mie interviste. Ovviamente ti ho parato il tuo inesistente fondoschiena in altre situazioni in redazione, non facendo pubblicare le foto peggiori, salvando il culo anche a Miranda e ad altri attori, se volevo salvare te. Infine, mi devi tutte le critiche di mia madre, che da un anno a questa parte mi paragona a lei, dicendo che se nel lavoro vado bene, ho fallito magistralmente nelle relazioni interpersonali…” concluse, con un sorriso. “Capisci perché ti dico che sarò parecchio bastarda?” gli disse, alzando un sopracciglio. In realtà stava palesemente scherzando; infondo sul lavoro era molto professionale e non gliene fregava niente di vendicarsi, specialmente di Orlando. Aveva fatto tutte quelle cose istintivamente, sapendo che anche se lui le avrebbe detto di non farlo, lei l’avrebbe fatto lo stesso. Non voleva che attraverso di lei, anche se indirettamente, l’immagine del suo migliore amico venisse sporcata. “Ah! Le stesse cose valgono anche per tua sorella, che sta bruciando riviste su riviste, requisendole da casa di tua madre. Certo, lei non si impunta con i giornali, ma fa da ambasciatore ad Aileen pur di non far sapere ai tuoi che combini in giro per il mondo… tu non dirle che te l’ho detto, però.”

Orlando la ascoltò stupito da quelle parole: quel suo continuo atteggiamento di protezione verso di lui, nonostante il suo comportamento verso di lei, non era cambiato. Era tutto rimasto come la prima volta; lei lo aveva aiutato fregandosene bellamente del fatto che lui l’aveva lasciata al suo destino, senza nemmeno farsi sentire… era forse l’unica persona non facente parte della sua famiglia, che continuava a difenderlo nonostante tutto, senza chiedere niente in cambio. Sapeva benissimo che quella sua confessione non era una richiesta di qualcosa in cambio visto quello che aveva fatto per lui… e questo lo faceva stare ancora peggio; lo faceva sentire sempre più in colpa, con il rimorso che lo consumava dentro, sgretolando il suo corpo mano a mano che si rendeva conto dei suoi errori. Aveva sbagliato, e non c’era modo di tornare indietro; ma voleva rimettere tutto a posto. Voleva riacquistare la fiducia che tutti gli avevano dato, da sua madre a sua sorella, da suo padre a Sophie e Jack, da Aileen a Juliet; voleva tornare ad essere la persona che era in precedenza, e più di tutto voleva mostrare al mondo e soprattutto a Juliet, che i suoi sforzi non erano stati vani, che lui valeva davvero qualcosa…e come al solito aveva bisogno di lei per farcela, e lei era lì pronta ad aiutarlo, aspettandolo alla fine di quel tunnel.

“Non ti preoccupare,” le assicurò, “sono pronto ad affrontare anche la più temibile delle giornaliste.” disse convinto e sorridente, per poi accarezzarle una guancia. “Avrei solo voluto aprire gli occhi prima e tornare in tempo, ma ti prometto che questa volta non sbaglierò.”

“Il passato è passato, e non ci possiamo fare niente…” osservò lei, appoggiandogli una mano sulla spalla. “Vivi il presente e vivilo al meglio per poter migliorare il tuo futuro.”

Orlando la osservò. Sembrava così lontana da quella ragazza che ricordava, in quel momento. Aveva davanti a sé una donna adulta e per un attimo la paura di aver perso forse per sempre la ragazzina scapestrata lo percorse, ma fu davvero un istante, visto che Juliet, forse conscia dell’effetto che quel discorso gli aveva provocato, si mise a ridere, guardandosi il completo bagnato. “Alla fine siamo sempre noi, eh? Se non combiniamo casini e ci comportiamo come dei bambini non siamo contenti. Forse tua madre ha ragione: siamo davvero impossibili. Ma è questo il bello…” constatò.

“Concordo in pieno… finalmente mi sento a casa.”

“Bentornato, allora.” gli disse, divertita, mentre ricominciava a ridacchiare, stringendo il suo migliore amico a sé, convinta che quella volta sarebbe stata quella giusta. Avrebbe combattuto con le unghie e con i denti per riaverlo com’era prima; cresciuto sì, ma con quella pazzia e quel brio che non l’avrebbe mai abbandonato, nemmeno quando sarebbe stato vecchio e con il bastone.

 

Ed ecco il secondo capitolo… sono già in stesura del quinto capitolo, ma non so quanto ci metterò a scriverlo, visto che vado molto ad ispirazione. Di conseguenza chiedo già perdono per possibili lungaggini nella pubblicazione.

Intanto ringrazio eminae e bebe (le citazioni shakespeariane continueranno, ovviamente…) per aver letto e recensito… spero di non deludere le aspettative…

Ah! Dimenticavo… le citazioni shakespeariane del primo capitolo sono tutte tratte da Romeo & Giulietta. La prima è la famosa scena del balcone, mentre la seconda è il primo incontro dei due innamorati…

   
 
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