THERE’S NO PLACE LIKE LONDON
CAPITOLO II
Q |
uando i due amici rientrarono nella casa pochi
minuti dopo il loro riavvicinamento, notarono che nella sala i presenti erano
aumentati riempiendo la stanza ancora di più, cosa che a Juliet sembrò alquanto
impossibile, visto che già prima il numero di persone a quella festa era
enorme. Anche Orlando si guardava intorno, mentre la folla non sembrava essersi
resa conto di quello che era successo in quegli ultimi minuti, come se
l’assenza sua e di Juliet fosse normale amministrazione.
Mentre la sua mano non si decideva a lasciare
quella della donna che gli si trovava accanto, lui continuava a scandagliare i
volti di tutte le persone che si trovavano lì unicamente per lui; vide molti
suoi colleghi accompagnati chi dal proprio compagno, chi dal proprio manager,
ma anche soli, come Dom, che da quando aveva lasciato Evangeline era tornato il
solito marpione incallito con cui aveva condiviso per più di un anno quella
mega villa in Nuova Zelanda. Accanto a Dominic, Viggo, con il quale aveva
deciso di uscire quella sera, ignaro che proprio quell’idea che gli era venuta
in mente mesi prima, mentre si trovava nel suo letto di Los Angeles ad
osservare un’addormentata Miranda, sarebbe stata la scintilla che avrebbe fatto
scaturire la festa.
“Credo sia il tuo turno di public relations.” lo interruppe dai suoi pensieri Juliet. “Anche
loro hanno diritto a 5 minuti di Orlando Bloom quanto me.”
“Lo so, ma loro non sono te.” replicò lui, che
proprio non aveva voglia di staccarsi da lei. Aveva intenzione di recuperare
quei 6 anni, e non gliene fregava una mazza di tutta l’altra gente. Si sentiva
in colpa per non aver mantenuto quella promessa, ed era pronto a recuperare.
“Smettila di fare il bambino.” lo rimproverò lei.
“Ora che il mondo pende dalle tue labbra, non vuol dire che tutti ti cadano ai
piedi come pere cotte. Svegliati, Bloom! Non sei in un covo di fan, ma nella
tua casa, tra persone che hanno significato e significano tanto per te. Magari
loro non hanno dovuto aspettare 6 anni, ma se sono qui vuol dire che hanno a
cuore te e non un ammasso di mattoni…”
“Senti,” iniziò, lievemente irritato, “se stai
cercando di farmi sentire in colpa per questi 6 anni, sappi che non ce n’è
bisogno. Mi ci sento già abbastanza di mio.” le disse.
“A quanto pare non abbastanza, visto che hai
intenzione di far aspettare qualcun altro.” fu la risposta di lei, che lo fece
irritare ancora di più, tanto che si staccò da lei, andando dritto filato da
Dominic e Viggo, a cui si era aggiunta anche Liv. I tre cominciarono a parlare
di lavoro: Liv stava girando una commedia al fianco di Ben Affleck -già suo
collega in Jersey girl-, dividendosi
tra il set e Milo, il suo meraviglioso bambino di ormai 5 anni. Viggo, invece,
stava analizzando un paio di copioni che gli erano stati mandati, tra cui il
nuovo progetto di David Cronenberg, a cui stava pensando di partecipare. Infine
Dominic aveva deciso di tornarsene a Manchester dalla sua famiglia; si era reso
conto che la sua permanenza negli USA, alla ricerca di un lavoro, si era
rivelata inutile e quindi aveva ritenuto opportuno tornarsene tra le quattro
mura di casa sua in Gran Bretagna.
“Tu, invece?” si informò Liv, rivolta ad Orlando.
“È troppo impegnato con Miranda.” sentenziò
Dominic.
Orlando s’incupì per un istante: nessuno ancora lo
sapeva e in quel momento proprio non se la sentiva di rovinare quell’atmosfera.
Così sfoderò il suo migliore sorriso e rispose agli amici come aveva ormai
fatto con tutti, appioppandogli quella scusa modellata ad arte, giusto per
contenere lo scandalo.
“È partita per l’Australia una settimana fa. Aveva
alcune cose da sistemare e una sfilata per David Jones… un paio di settimane e
torna a New York.” fu la sua risposta, che sembrò convincere tutti e tre, cosa
di cui Orlando fu incredibilmente soddisfatto.
Infondo, Miranda Kerr, angelo di Victoria’s
Secret, era davvero partita per l’Australia, giustificandosi con la storia
della sfilata. Certo, vi avrebbe partecipato, ma come lui ormai sapeva da mesi,
la modella intratteneva una relazione con lo stilista. Non ne era certo al 100%
e non li aveva ancora colti in flagrante, ma era certo che qualcosa non andava.
Così, dopo settimane di litigi, avevano deciso di prendersi una pausa; lui se
n’era tornato a Londra, mettendo anima e copro nella ristrutturazione di quella
casa, mentre lei, dopo qualche tempo, lo aveva avvisato che sarebbe tornata
nella sua patria per lavoro.
I due si erano conosciuti circa un anno prima ad
un party. Lui stava parlando con Leonardo DiCaprio quando gli erano passate
accanto Giselle Bündchen e un’amica; stando alle parole di Leo avevano lavorato
insieme nella linea di Victoria’s Secret, e mentre Giselle aveva acquisito
maggior fama, l’altra era rimasta tra gli angeli. Per tutta la serata non era
riuscito a staccarle gli occhi di dosso: non poteva negare che era una gran
bella ragazza ed il mini abito che indossava le risaltava il fisico
praticamente perfetto. Così, dopo un paio d’ore passate ad osservarla, nel
momento in cui lei si trovò sola al bancone, le si era avvicinata sfoggiando un
sorriso smagliante, offrendole da bere. Quella sera stessa, complice qualche
bicchiere in più per entrambi -soprattutto per Orlando-, lui l’aveva
accompagnata a casa, con tutta l’intenzione di tornarsene nel suo appartamento
e partire l’indomani all’alba alla volta di Londra, arrivando in città proprio
la mattina del compleanno di Juliet. Ma, ovviamente, quella sera Orlando non
tornò a casa. Infatti, Miranda -così si chiamava la ragazza-, a cui non stava
di certo indifferente, lo invitò in casa per bere qualcosa, volendo
ringraziarlo per il passaggio; non avevano nemmeno varcato la soglia, che le
loro bocche erano già incollate l’una all’altra, le loro lingue intrecciate,
mentre le loro mani vagavano sul corpo dell’altro.
Da quel giorno -in cui Orlando perse l’aereo per
Londra, non tornando nella sua nazione per più di un anno-, i due avevano
cominciato a frequentarsi, cercando di stare il più attenti possibile a non
sbandierare il loro rapporto in pubblico. Pochi mesi ed i primi gossip
circolarono; gossip che si trasformarono in certezze quando decisero di uscire
allo scoperto, diventando la preda preferita dei paparazzi. All’inizio questa
cosa non aveva impensierito più di tanto Orlando, il quale era abituato a quel
genere di situazione, convinto che in pochi mesi tutto si sarebbe sgonfiato; il
problema si presentò quando lui, folgorato da non si sa bene cosa, si rese
conto di come ormai la sua vita fosse pienamente in funzione di lei, facendogli
dimenticare tutto il resto. Da quel momento si rese conto anche di come quel
rapporto fosse logorante, soprattutto per lui; era sempre stato una persona
molto attiva, a cui piaceva poco la sedentarietà e la monotonia. Viveva di
grandi passioni e grandi emozioni, lasciandosi trascinare dall’avventura, dal
pericolo, dalle emozioni e dall’entusiasmo che le altre persone gli
comunicavano. Tutte cose che in quell’ultimo periodo si erano affievolite,
riducendolo all’ombra di sé stesso.
L’arrivo di Elijah lo scosse da quei ricordi,
facendolo tornare alla realtà dei fatti; dopo aver salutato il nuovo aggiunto
al gruppo e scambiato qualche parola con lui, cominciò a muoversi lungo la
stanza, scambiando qualche parola con tutti e spostandosi di persona in persona
abbastanza velocemente, mentre nella sua mente pensieri e ricordi che
sembravano perduti si facevano spazio man mano. I suoi movimenti così veloci
erano stati osservati da Juliet, rimasta ferma dove lui l’aveva lasciata, per
qualche istante. Poi la donna si era diretta in cucina, dove trovò Samantha
intenta a sistemare alcuni vassoi nel lavello.
“Vuoi una mano?” le chiese Juliet.
“No, grazie, Jules. Ormai ho finito.”
Per un attimo piombò il silenzio, rotto dopo un
po’ da Sam.
“Che te ne pare?”
“Di cosa?”
“Mio fratello.”
“È sempre lo stesso, o almeno così vuole far
sembrare. Vorrebbe non dover crescere, poi si deve arrendere al fatto che gli
anni passano anche per lui… prima abbiamo discusso.”
“Neanche 24 ore che vi siete rivisti e già
battibeccate? Ha ragione mamma, siete impossibili.”
“Tuo fratello aveva intenzione di catalizzare
l’attenzione su di me.” si giustificò.
“Io lo chiamo senso di colpa.”
“…io anche egoismo. Non fraintendermi, posso
capire come si senta in questo momento, ma deve capire che non può fare
aspettare qualcun altro per 6 anni. Sarebbe sbagliato.”
Samantha sorrise.
“Lo conosci. Questa cosa è per lui la più grande
cazzata che ha fatto nella sua vita, e vuole rimediare in qualunque modo
possibile.”
“Ha fatto ben di peggio…”
“Tipo?”
“…Canarie…” fu la risposta stizzita della
giornalista. Ricordava perfettamente quella riunione in cui si era impuntata
perché quelle foto non venissero pubblicate sulla rivista, arrivando quasi a
minacciare i vertici con il licenziamento. Quella volta era riuscita a parargli
il culo, ma non si poteva permettere alzate di testa di quel tipo con la
frequenza con cui Orlando combinava cavolate.
“Perché noi lo conosciamo da prima. Secondo lui,
averti promesso di tornare almeno una volta l’anno per poi lasciarti da parte,
è ben peggio.”
“Ma ha messo in ridicolo sé stesso!”
“Non è la prima volta…”
“Lascia perdere le altre volte. Il mondo non ne
era né tantomeno ne è a conoscenza.”
“E adesso tocca a te.” le disse la donna,
porgendole un bicchiere di champagne.
“A fare che?” chiese Juliet, prendendo il
bicchiere, bagnandosi le labbra in quel liquido chiaro.
“A farlo tornare sé stesso.”
“Più facile a dirsi che a farsi. Finché rimarrà
con quella… se lo rigira come un calzino in maniera assurda. Pensavo che
nemmeno un figlio l’avrebbe ridotto così.”
“Non piace nemmeno a me, ma vallo a spiegare a mia
madre. La trova carina, elegante, raffinata, modesta e riservata.”
Juliet roteò gli occhi. “Allora non sono l’unica
che sta nascondendo alla propria madre le peggiori uscite di lei e le cazzate
di lui.” osservò. “Tutto ciò che fa lei, mamma lo usa per fare un paragone con
me. Sembra che sia la donna perfetta.”
“Elimino ogni rivista di gossip che prova ad
entrare in casa; per fortuna che ne entrano poche. E nonostante tutto anche mia
madre fa paragoni; dovrei dimagrire, dovrei impegnarmi maggiormente nel
lavoro,…”
Juliet sospirò, poi uno dei suoi cellulari -quello
che usava per lavoro-, vibrò. Sullo schermo comparve la busta, segno
inconfondibile dell’arrivo di un sms. Schiacciò il pulsante leggi e vide che il mittente era la sua
segretaria, Caroline.
La McMiller
mi ha mandato lo schedario per la prossima intervista… la vittima è un attore.
Orlando Bloom.
La donna rilesse più volte quel messaggio,
assicurandosi di non aver perso la facoltà visiva. Era pressoché impossibile;
avrebbe dovuto intervistare la stessa persona che aveva atteso per 6 anni, lo
stesso attore che le aveva regalato sin dall’inizio grandi emozioni. E in quel
momento, si trovava nella sua cucina.
Rispose a Caroline con un criptico Perfetto. Mandami tutto via mail. A lunedì.,
mentre sorrideva divertita, visto che quella mail sarebbe stata totalmente
unitile. L’avrebbe direttamente cestinata non appena avesse acceso il portatile
l’indomani, per poi dare una sfogliata allo schedario il lunedì mattina nel suo
ufficio, giusto per non destare sospetti. Solitamente lo schedario era un
plico, più o meno grosso, riguardo l’intervistato; conteneva una biografia
dettagliata con tanto di filmografia e ultimi gossip più alcuni fogli
contenenti i photoshoot fatti fino a quel momento. Tutte cose che erano
totalmente inutili. Conosceva la sua vittima dall’età di 7 anni e di certo non
ne era intimorita; non dopo aver intervistato mostri sacri quali Leonardo
DiCaprio, Robert DeNiro, Nicole Kidman e molti altri. Orlando Bloom, era per il
mondo un attore che sembrava dover ancora mostrare il suo talento; per lei,
Juliet Wollstonecraft, era quell’amico parecchio sciroccato con cui aveva fatto
le più grandi cazzate della sua vita, e che si era appena trasformato nella più
succulenta tra le prede che le erano capitate tra le mani. Persa in questi
pensieri, la giornalista chiuse il cellulare e lo ripose nella tasca della
giacca, mentre Samantha la guardava interrogativa.
“Lavoro.” si spiegò la giornalista. “Nuova
intervista.”
“Per quanto mi riguarda non puoi fare meglio che
con DiCaprio… mamma le tiene tutte.” Sorrise la donna. “Chi è la prossima
vittima?”
Juliet non riuscì a trattenere una risata.
Fu così che Orlando la trovò, quando arrivò in
cucina. Con quel sorriso che le illuminava il volto in maniera stupenda; ne era
rimasto colpito sin dal primo momento che l’aveva vista ridere, quando, all’età
di 6 anni, era stata spostata nella sua classe da quella parallela. Sentendone
il cognome per la prima volta, Orlando pensò che quella bambina dal caschetto
castano doveva essere sicuramente la figlia di una tra le migliori amiche di
sua madre; supposizione corretta, visto che al primo incontro tra Sonia, madre
di lui, e Sophie, comparve anche Juliet. Così i due bambini, per volere delle
madri, furono costrettiti a vedersi spesso, dovendo fingere di essere amici,
visto che la realtà era ben diversa. I loro caratteri erano parecchi diversi:
mentre Juliet era schiva, timida e parecchio legata alla sua migliore amica,
Viola, Orlando era incredibilmente estroverso ed anche parecchio egocentrico.
Adorava essere considerato un leader ed il centro dell’attenzione di compagni
ed insegnanti, che lo adoravano. Non era un ignorante, né il migliore della
classe, causa anche una lieve dislessia che lo costringeva a fare il doppio del
lavoro. Juliet, invece, aveva molte meno difficoltà rispetto a lui ed era molto
brava, con un talento innato per la scrittura. Fu proprio grazie a questa sua
propensione che i due si avvicinarono, gettando le basi di quell’amicizia.
Era passato poco più di un anno dall’arrivo di
Juliet nella classe di Orlando, quando Sonia decise di iscrivere entrambi i
figli ad un corso di lettura di poesie. Sia Samantha che Orlando avevano preso
la cosa positivamente, ma non furono così contenti di scoprire che quella volta
avrebbero dovuto scrivere loro stessi un pezzo. Nonostante tutto, mentre la
sorella era riuscita a tirare fuori qualcosa, lui non trovava l’ispirazione,
arrivando così alla vigilia della lettura nel panico; e fu così che lo trovò
Juliet, nel giorno del loro incontro settimanale. Vedendo che lui continuava a
guardare quella pagina del libro di matematica, alzò lo sguardo dai suoi
esercizi.
“Va tutto bene?”
“Sì.” le rispose tagliente.
“Non sei carino.”
“Neanche tu. A scuola fai finta di non conoscermi;
fallo anche qui.”
“Scusa se non ti trovo perfetto, come tutti.”
Rispose tagliente a sua volta. “È da stamattina che fissi il vuoto.”
“Non puoi aiutarmi…”
“Non se non mi dici che c’è. Problemi con la
poesia?” gli chiese.
Orlando abbassò il capo. Dirle tutto avrebbe
compromesso la sua nomea, ma in quel momento avvertì, nello sguardo di quella
bambina, una strana sensazione…lei l’avrebbe aiutato. Prese un profondo
respiro, chinò nuovamente il capo e parlò.
“Non ho una poesia.”
Juliet sbarrò gli occhi.
“Ma tua madre…”
“Le ho detto una bugia. La verità è che non ho
scritto niente.”
La bambina gli sorrise, poi dallo zaino tirò fuori
un foglio e glielo diede.
“Tieni. Leggi questo domani.”
Quella cosa colpì molto Orlando; la poesia non era
certo degna di grandi talenti, e non arrivò nemmeno prima al concordo. Fu il
gesto completamente altruista e disinteressato che lo fece riflettere,
facendogli scoprire una Juliet molto più estroversa di quanto non si
aspettasse.
Questi pensieri furono interrotti però dalle
parole di Samantha, la quale lo aveva visto comparire sulla porta intento ad
osservare Juliet.
“Hai bisogno di qualcosa, Mr. Superstar?”
“No, cercavo lei.” disse, indicando l’altra donna.
“Non la vedevo più e la stavo cercando.”
“Mi hai trovata…” constatò lei.
“Già…”
Sam si ritrovò in quella strana situazione,
sentendo l’imbarazzo che c’era tra suo fratello e la sua migliore amica, ma non
capendone la ragione. Di certo non era a causa di una discussione che i due si
trovavano così imbalsamanti, l’uno davanti all’altra; quella non era di certo
la prima né l’ultima volta, e molto volte erano proprio i loro caratteri a
scontrarsi. Erano due persone molto simili per certi versi, ma anche molto diverse.
Erano testardi, ambiziosi e si divertivano molto a scherzare e punzecchiare,
non solo gli altri, ma anche loro stessi. Il loro entusiasmo e la loro solarità
erano contagiosi, ed averli insieme sotto lo stesso tetto era come aver a che
fare con un uragano di quelli devastanti. Orlando però era comunque rimasto
parecchio egocentrico e crescendo si era un poco impermalito; Juliet invece era
diventata sì più estroversa e aperta, ma non amava comunque essere al centro
dell’attenzione e rimaneva molto riservata, cercando di proteggere non solo la
sua privacy, ma anche quella delle persone a lei care, Orlando in testa,
specialmente da quando era diventato attore.
Fu per questo che, dopo aver osservato prima lui,
che si era avvicinato con le mani in tasca e la testa bassa, poi lei, che
osservava il suo interlocutore mentre sorseggiava champagne, la donna lasciò la
stanza. Così i due furono nuovamente soli, mentre il silenzio calava
inesorabile. Orlando avrebbe voluto dirle tante cose: avrebbe voluto chiederle
scusa per il suo comportamento di prima anche se riteneva di aver ragione;
avrebbe voluto chiederle che lavoro faceva, perché quel suo modo di vestire non
era di certo quella che ricordava lui, e pensava che solo il lavoro potesse
averle fatto cambiare il suo abbigliamento che gli ricordava moltissimo quello
delle varie segretarie della sua attuale manager che, poco prima di due anni
fa, erano cambiate in maniera alquanto repentina, con sommo stupore di Aileen.
In tre mesi si erano sedute a quella scrivania qualcosa come una
decina/quindicina di aspiranti segretarie -tutte rigorosamente sposate. Come
richiesto da contratto-. E tutte avevano catturato l’attenzione di Orlando, il
quale era in quel periodo in cui non vuoi prendere le cose troppo sul serio.
Così in quei tre mesi, le varie segretarie, oltre a svolgere impeccabilmente il
loro lavoro, avevano anche scaldato le lenzuola di un Orlando in piena fase carpe diem.
Improvvisamente Good old-fashioned lover boy dei Queen rimbombò nella stanza.
Juliet si voltò verso Orlando, guardandolo scettica… di certo la sua modestia
non era aumentata, si ritrovò a pensare. Lui la guardò, non cogliendo
l’occhiata critica, poi prese il cellulare e senza nemmeno vedere il nome
rispose.
“Ciao, dimmi… sì… chi? Ma sei sicura?... Sì, ok,
non farò casini… ma che vuoi che sia… sì, lo so che nomea ha, ma non mi hanno
mai fregato… va bene, lo farò. Ciao.” e chiuse la conversazione. “Scusami, il
lavoro…” disse, rivolta a Juliet.
“Tranquillo, ho imparato cosa vuol dire vivere in
simbiosi con un cellulare per lavoro.” gli spiegò, ridendo sotto i baffi,
poiché aveva capito da quello stralcio di conversazione che lui non sapeva
ancora dell’intervista, fino a quella chiamata.
“A proposito! Sam mi diceva che avevi trovato un
lavoro importante e proficuo. Di che si tratta?” le chiese, mentre si metteva
di fronte a lei, appoggiato al mobile, riempiendosi il bicchiere di champagne.
Juliet sorrise soddisfatta da quella domanda ed
anche parecchio divertita, poiché conscia dell’espressione che avrebbe assunto
il volto di lui. Con un piccolo saltello si mise a sedere sull’isola,
incrociando i piedi e dondolando ritmicamente le gambe.
“Nessuna idea?” osservò, alzando un sopracciglio e
fissandolo malignamente divertita.
E fu lì, in quello sguardo, che ad Orlando si
accese la lampadina; spalancò occhi e bocca, guardando quella che era sempre
stata la sua migliore amica come un miraggio. Gli sembrava impossibile. Quanti
attori e attrici pronunciavano quel nome con una sorta di timore, specialmente
tra quelli che venivano considerati i poster
boys/girls del momento. Tanti altri la ammiravano per il suo lavoro, e per
il rispetto che traspariva dai suoi occhi verso di loro. Così almeno l’aveva
descritta un affascinato Leonardo DiCaprio , che ci aveva guadagnato uno dei
migliori articoli della sua carriera.
“Wollstonecraft!” esclamò Orlando, risvegliatosi
da quei pensieri.
Juliet sorrise. “Quando si parla di lavoro
gradirei che tu aggiungessi al cognome l’aggettivo temibile. Sai, ho una certa…nomea…”
disse, citandolo, con voce suadente e provocatoria.
Orlando la osservò e sorrise. Averla accanto era
come una ventata di aria fresca, frizzante, come quella di montagna, che ti fa
rabbrividire ma ti riempie i polmoni donandoti quasi una nuova vita. E lei era
proprio così; e lui era tornato a respirare quell’aria. Sarebbe stata dura, lo
sapeva, molto dura, perché lei lo conosceva meglio di chiunque altro e lui
sapeva perfettamente che non sarebbe stata gentile in onore dei bei vecchi tempi,
anzi. Forse sarebbe stata più severa con sé stessa nel tentativo di non essere
di parte.
Con queste considerazioni, si avvicinò a lei.
“Scommetti che faccio sparire quell’aggettivo?” la
provocò.
“E sentiamo, come avresti intenzione di fare?” gli
chiese, guardandolo mentre si avvicinava a lei.
Conosceva benissimo quello sguardo: era come se
sulla sua fronte ci fosse già scritto che aveva intenzione di fregarla. E
Juliet decise di cascarci senza alcun tipo di problema, anche se non conosceva
precisamente i piani di lui, il quale aveva appoggiato le mani accanto alle sue
gambe, incastrandole tra le sue. Si avvicinò col busto a lei e le scostò i
capelli dietro un orecchio, per poi avvicinare le labbra ad esso. Juliet fu
percorsa da un brivido lungo la schiena, ma fu solo un attimo, perché subito le
giunsero le parole di Orlando.
“Ti conosco abbastanza bene, Jules.” le disse con
voce bassa, mentre un ghigno si dipingeva sul suo volto.
Pochi attimi e la donna sentì qualcosa di liquido
bagnarle la testa e scendere lungo i capelli, arrivando a bagnare il vestito.
Alzò lo sguardo e le ultime gocce d’acqua che si trovavano nella brocca che
Orlando le aveva rovesciato addosso, le caddero in faccia. Cercando di fare
l’espressione più arrabbiata che conosceva, andò a puntare i suoi occhi in
quelli di Orlando, che a quel punto non riuscì più a trattenersi, rompendo il
silenzio con una risata cristallina e pura, ridendo di gusto, mentre si
scostava da Juliet e posava la brocca ormai vuota. Non si rese nemmeno conto
della mossa fulminea di lei che prese la brocca, scese dall’isola, e riempito
il contenitore, gettò l’acqua addosso all’amico. Per un attimo rimasero
entrambi fermi immobili, guardandosi a vicenda, mentre l’acqua scendeva lungo i
loro corpi, bagnando i loro indumenti e creando delle pozze sul pavimento in
marmo. Poi, come se si svegliassero da un incantesimo, scoppiarono entrambi a
ridere, appoggiandosi l’uno all’altra. Juliet appoggiò il capo sul petto di
Orlando, continuando a ridere, mentre lui le cingeva la schiena con le braccia,
cercando di tornare serio.
“Erano secoli che non combinavo casini del
genere…” osservò lui, sorridendo sereno. Sembrava che grazie a quel gesto
l’imbarazzo se ne fosse andato, che la giornalista e l’attore fossero
scomparsi, lasciando il posto a due ragazzi, che cercavano di mostrarsi adulti,
ma che tra loro rimanevano sempre due ragazzini che si facevano scherzi di
continuo.
“6 anni per la precisione. Almeno per me.” gli
rispose lei, alzando lo sguardo ed incontrando il suo, sorridendogli,
malandrina. “Allora, sei pronto a trovarti tra le mie grinfie?”
“Tremo di paura al solo pensiero.” disse, ironico.
“Non sarò di certo un pezzo di pane.”
“Questo lo so.”
“Non dopo tutto quello che mi devi.”
Orlando aggrottò la fronte. “Mi sono perso
qualcosa? Abbiamo dei conti in sospeso?” chiese, non capendo di cosa stesse
parlando lei.
Juliet si staccò e mise una mano sotto il mento,
cercando di ricordare tutto. “Allora, vediamo. Intanto la parata di culo con la
storia delle Canarie, le cui foto non sono state pubblicate su Vogue, grazie ad una sfuriata con quasi
minaccia di licenziarmi se solo provavano a metterle; poi, il fatto che mia
madre non sa niente né delle Canarie, né di tutte le altre cazzate che hai
fatto con la tua attuale ragazza, visto che l’unica cosa che entra in casa mia
è Vogue, unicamente per le mie
interviste. Ovviamente ti ho parato il tuo inesistente fondoschiena in altre
situazioni in redazione, non facendo pubblicare le foto peggiori, salvando il
culo anche a Miranda e ad altri attori, se volevo salvare te. Infine, mi devi
tutte le critiche di mia madre, che da un anno a questa parte mi paragona a
lei, dicendo che se nel lavoro vado bene, ho fallito magistralmente nelle
relazioni interpersonali…” concluse, con un sorriso. “Capisci perché ti dico
che sarò parecchio bastarda?” gli disse, alzando un sopracciglio. In realtà
stava palesemente scherzando; infondo sul lavoro era molto professionale e non
gliene fregava niente di vendicarsi, specialmente di Orlando. Aveva fatto tutte
quelle cose istintivamente, sapendo che anche se lui le avrebbe detto di non
farlo, lei l’avrebbe fatto lo stesso. Non voleva che attraverso di lei, anche
se indirettamente, l’immagine del suo migliore amico venisse sporcata. “Ah! Le
stesse cose valgono anche per tua sorella, che sta bruciando riviste su
riviste, requisendole da casa di tua madre. Certo, lei non si impunta con i
giornali, ma fa da ambasciatore ad Aileen pur di non far sapere ai tuoi che
combini in giro per il mondo… tu non dirle che te l’ho detto, però.”
Orlando la ascoltò stupito da quelle parole: quel
suo continuo atteggiamento di protezione verso di lui, nonostante il suo
comportamento verso di lei, non era cambiato. Era tutto rimasto come la prima
volta; lei lo aveva aiutato fregandosene bellamente del fatto che lui l’aveva
lasciata al suo destino, senza nemmeno farsi sentire… era forse l’unica persona
non facente parte della sua famiglia, che continuava a difenderlo nonostante
tutto, senza chiedere niente in cambio. Sapeva benissimo che quella sua
confessione non era una richiesta di qualcosa in cambio visto quello che aveva
fatto per lui… e questo lo faceva stare ancora peggio; lo faceva sentire sempre
più in colpa, con il rimorso che lo consumava dentro, sgretolando il suo corpo
mano a mano che si rendeva conto dei suoi errori. Aveva sbagliato, e non c’era
modo di tornare indietro; ma voleva rimettere tutto a posto. Voleva
riacquistare la fiducia che tutti gli avevano dato, da sua madre a sua sorella,
da suo padre a Sophie e Jack, da Aileen a Juliet; voleva tornare ad essere la
persona che era in precedenza, e più di tutto voleva mostrare al mondo e
soprattutto a Juliet, che i suoi sforzi non erano stati vani, che lui valeva
davvero qualcosa…e come al solito aveva bisogno di lei per farcela, e lei era
lì pronta ad aiutarlo, aspettandolo alla fine di quel tunnel.
“Non ti preoccupare,” le assicurò, “sono pronto ad
affrontare anche la più temibile delle giornaliste.” disse convinto e
sorridente, per poi accarezzarle una guancia. “Avrei solo voluto aprire gli
occhi prima e tornare in tempo, ma ti prometto che questa volta non sbaglierò.”
“Il passato è passato, e non ci possiamo fare
niente…” osservò lei, appoggiandogli una mano sulla spalla. “Vivi il presente e
vivilo al meglio per poter migliorare il tuo futuro.”
Orlando la osservò. Sembrava così lontana da
quella ragazza che ricordava, in quel momento. Aveva davanti a sé una donna
adulta e per un attimo la paura di aver perso forse per sempre la ragazzina
scapestrata lo percorse, ma fu davvero un istante, visto che Juliet, forse
conscia dell’effetto che quel discorso gli aveva provocato, si mise a ridere,
guardandosi il completo bagnato. “Alla fine siamo sempre noi, eh? Se non
combiniamo casini e ci comportiamo come dei bambini non siamo contenti. Forse
tua madre ha ragione: siamo davvero impossibili. Ma è questo il bello…”
constatò.
“Concordo in pieno… finalmente mi sento a casa.”
“Bentornato, allora.” gli disse, divertita, mentre
ricominciava a ridacchiare, stringendo il suo migliore amico a sé, convinta che
quella volta sarebbe stata quella giusta. Avrebbe combattuto con le unghie e
con i denti per riaverlo com’era prima; cresciuto sì, ma con quella pazzia e
quel brio che non l’avrebbe mai abbandonato, nemmeno quando sarebbe stato
vecchio e con il bastone.
Ed ecco il secondo capitolo… sono già in
stesura del quinto capitolo, ma non so quanto ci metterò a scriverlo, visto che
vado molto ad ispirazione. Di conseguenza chiedo già perdono per possibili
lungaggini nella pubblicazione.
Intanto ringrazio eminae
e bebe (le citazioni shakespeariane continueranno,
ovviamente…) per aver letto e recensito… spero di non deludere le aspettative…
Ah! Dimenticavo… le citazioni
shakespeariane del primo capitolo sono tutte tratte da Romeo & Giulietta. La prima è la famosa scena del balcone,
mentre la seconda è il primo incontro dei due innamorati…