Libri > Louisa May Alcott, Varie
Ricorda la storia  |       
Autore: ester_potter    22/02/2023    0 recensioni
[Amy/Laurie] [Alternative Universe] [No Smut] [HG!AU] [CanonVerse!AU] [Western!AU] [Soulmates!AU]
5+1 things che in realtà è una 3+1 things, ma vabbè. Basically:
3 universi alternativi in cui Laurie ed Amy hanno quasi avuto un lieto fine + 1 in cui ce l’hanno fatta
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amanda March, Theodore Laurence
Note: AU, Movieverse, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Distretto 12, 3009

 

 

Theodore Lawrence non è mai stato coraggioso. Del resto, la vita che conduce nel Distretto 12 di Panem non è mai stata un incentivo ad esserlo. Per come la vede lui, non esistono persone coraggiose: solo disperati che tentano di arrampicarsi su una parete senza appigli in cerca di una via d’uscita che non troveranno mai.

Ad essere onesti, non gli è mai neanche importato di essere coraggioso. Vuole solo prendersi cura di suo nonno, che lo ha tirato su da solo fin da quando l’incidente in miniera che ha portato via i suoi genitori. Laurie ha quindici anni, e provvede ad entrambi da quando ne aveva quattordici, ma la cosa non gli pesa.

Soprattutto quando incontra Jo March, il cui padre ha subito la stessa sorte del suo. A scuola non avevano mai avuto modo di scambiarsi neanche una parola e, la prima volta che si incontrano al di fuori di quel contesto, per poco non si uccidono a vicenda: si imbattono l’uno nell’altra nel bosco ai limiti del distretto, litigano per chi debba prendersi il coniglio che hanno puntato e alla fine decidono di dividerselo – con Laurie che finisce per concederle la parte più grande, dato che, folle anche solo a pensarci, Jo ha ben altre tre persone di cui occuparsi.

Il tempo di tornare a casa insieme e sono già diventati migliori amici. Il tempo di diventare migliori amici e Laurie realizza di essere innamorato. Non gli era mai capitato prima, ma lo capisce subito. Non glielo dice, ma sa che è così.

La prima volta che entra in casa March l’ansia da prestazione lo divora, neanche fosse lì per chiedere la mano di Jo a sua madre – donna che per altro appare subito bendisposta e accogliente nei suoi confronti, e nella sua figura Laurie ritrova quella di sua madre.

Di fratelli non ne ha, ma fra le sorelle di Jo trova comunque il suo posto: Meg guadagna aiutando Marmee – o Signora Madre, come adora chiamarla Laurie a metà tra il rispetto e l’ironia – a cucire, e insieme rammendano vestiti e scarpe di chiunque possa permetterselo all’interno del distretto, che sono ben poche persone. È oggettivamente la ragazza più bella che Laurie abbia visto nella sua breve vita, con quella bellezza semplice ma stoica, innocente ma senza ingenuità alcuna. A quasi diciassette anni, Meg ha visto e assorbito quanto di più crudele il mondo abbia da offrire, ma non ha permesso che questo la distruggesse. È la confidente di sua madre e sua compagna nell’educare le sorelle. Niente sembra turbarla o, se succede, non lo dà a vedere. Porta avanti la sua vita, inflessibile nell’affrontare i sacrifici e riconoscente nei rari miracoli a cui assiste.

Ma il vero gioiello della famiglia è Amy, di appena dodici anni. Piccola che Laurie potrebbe mettersela in tasca, ma implacabile come un uragano e testarda come nessun’altro che abbia mai conosciuto. Come tutti i bambini del distretto 12 è cresciuta in fretta, imparando a reprimere capricci e ingenuità con una rabbia che trattiene allo stesso modo, ma che Laurie riesce a vedere lo stesso dietro i suoi occhi chiari, quasi trasparenti. A volte gli fa quasi paura. Basta ascoltarla per capire che in un’altra vita avrebbe trionfato. Si sarebbe presa ogni cosa.

È l’unica delle sue sorelle ad andare ancora a scuola, e ha un sacco di spasimanti. Tra lei e Jo è una lite continua per dividersi la poca carta che riescono a permettersi dato che, se Jo è appassionata di scrittura – Laurie le ha chiesto di poter leggere la raccolta di racconti che sta scrivendo, ma lei glielo ha negato dicendo che “Dovrà aspettare che sia completa” –, Amy disegna dalla mattina alla sera.

I ritratti di suo padre li tiene in un cassetto del suo comodino.

“Continuo a disegnarlo,” spiega un giorno a Laurie, “per essere sicura di non dimenticare mai la sua faccia”

A Laurie si era stretto il cuore.

Scopre solo in seguito che in principio erano quattro. È Meg a dirglielo: Beth, la terza figlia, è morta solo pochi mesi prima, portata via da una malattia.

“Non tentare di parlarne a Jo” lo avverte Meg in tono piatto, nonostante il velo di dolore calato sui suoi occhi. “Non ce la fa ancora. È rimasta più segnata di tutte noi”

Sebbene abbiano perso prematuramente due membri, la famiglia di Jo irradia un calore che gli dà dipendenza; perfino le sue sorelle gli si affezionano con una naturalezza inaspettata e lui, d’altro canto, non può che affezionarsi a sua volta.

Passano due anni, e lui e Jo diventano inseparabili: cacciano insieme, vanno al mercato nero insieme, si mettono nei guai insieme. Rubano, all’occorrenza. Jo si scopre essere un’influenza dannatamente difficile da debellare, ma Laurie realizza che non gli dispiace. Realizza che, al contrario di quanto ha sempre creduto, le persone coraggiose esistono, e che lei ne fa parte, e che persino lui potrebbe.

Finché un giorno non oltrepassano il limite.

Sanno entrambi che la fitta vegetazione aldilà della recinzione nasconde prede più grosse, ma finora non hanno mai osato addentrarvisi. L’idea di scavalcare, come sempre, è di Jo.

“Solo per una mezz’ora” insiste. “Il tempo di vedere se riusciamo a prendere qualcosa e torniamo a casa”

Laurie prova a dissuaderla il più lungo possibile, pur sapendo di non avere possibilità di successo. Escono dal distretto senza sapere che, da quando il capo dei Pacificatori è diventato Romulus Thread, ce n’è sempre almeno una mezza dozzina che sorveglia il confine dall’esterno, a un tot di chilometri. Tipico di Thread, posizionare dei Pacificatori fuori dalla recinzione così da cogliere i “colpevoli” nell’atto, senza dare loro possibilità di accampare scuse. Così tipico che Laurie, dopo quel giorno, si chiederà per sempre come hanno fatto a non pensarci prima.

Il tempo di scorgere le divise nere tra gli alberi e sanno di essere stati notati a loro volta. Potrebbero consultarsi rapidamente per trovare una scusa, o fare finta di niente e sperare in un miracolo, o ancora consegnarsi subito e implorare pietà. Come sempre, gli basta uno sguardo per decidere, ma non hanno il tempo: un ramoscello a terra fa crac, spezzandosi sotto il piede di un Pacificatore, e Laurie e Jo stanno già correndo.

No, letteralmente volano fra gli alberi. Sono sempre stati veloci – forse i più veloci del distretto – e, per di più, i Pacificatori corrono imbracciando le armi. È impossibile che li raggiungano.

Uno sparo, un fischio rapido come un fulmine che sferza l’aria e alcune gocce di sangue macchiano l’erba. Laurie continua a correre.

 

 

Quella notte il corpo di Jo viene appeso in piazza assieme a quello di un uomo che aveva tentato di rubare del pane, e l’unica cosa che Laurie riesce a fare nel frattempo è recarsi a casa della famiglia March per dare loro la notizia di persona.

Il viso di Marmee viene deformato da un’espressione di rassegnato dolore, barcolla all’indietro e si lascia cadere su una sedia, prendendosi la testa fra le mani. Resta così, immobile. Non emette un suono. Quasi come se se lo aspettasse. Non tanto per l’avventatezza di Jo, quanto più per quel destino spietato che sembra aver preso di mira la sua famiglia ormai da anni. È la prima volta che vede la facciata stoica di Meg crollare, mentre si china per cingere le spalle di sua madre da dietro e scoppia a piangere. Amy entra nella stanza per ultima, attirata dal rumore. Getta un rapido sguardo a Marmee e Meg, poi incrocia quello di Laurie.

“No”, è tutto quello che dice, il respiro affannoso e gli occhi che si riempiono di lacrime ancora fissi nei suoi. “No, no, no—”

Senza neanche accorgersi di essersi mosso, Laurie la raggiunge in soli due passi e la stringe a sé. Lascia che gli singhiozzi addosso. E alla fine, solo alla fine, cede anche lui.

 

 

Dopo pochi giorni, Amy, Marmee e Meg iniziano a creare un nuovo equilibrio, proprio come avevano fatto a seguito della morte di Beth e del signor March. Nessuno nomina più Jo; si limitano ad accarezzare le sue foto in giro per casa o a sospirare quando si imbattono in uno dei suoi quaderni, riposti in una pila intoccabile come un insieme di reliquie sacre.

Laurie, d’altra parte, fa una fatica inimmaginabile, aggravato dal senso di colpa. L’ha lasciata indietro senza neanche voltarsi. Sa che non ha senso, che non sarebbe stato in grado di salvarla neanche se avesse competenze mediche – che non ha. Non avrebbe potuto fare niente per lei, se non morire a sua volta. Eppure vorrebbe averlo fatto. Vorrebbe essersi fermato per lei. O, in alternativa, essere morto.

Cerca di appianare il rimorso e il lutto andando a caccia ogni mattina per Marmee, Amy e Meg, nonostante loro continuino a dirgli che non è costretto. Il pomeriggio, mentre Marmee e Meg vanno al mercato, Laurie aspetta che Amy torni da scuola per farle un po’ compagnia.

Passano solo pochi giorni prima che se ne esca con:

“Mi insegni a cacciare?”

Laurie la guarda come se gli avesse appena proposto una gita a Capitol City.

“Ti ha dato di volta il cervello? Sei troppo piccola”

“Jo aveva la mia età quando ha iniziato. E anche tu”

“L’abbiamo fatto per necessità”

“E secondo te io lo faccio per sport?”

Laurie ammutolisce. La sua risoluzione a tenere qualunque altra sorella March lontana da contesti potenzialmente pericolosi crolla sotto le pressioni di Amy. Tutto sommato, sa che ha ragione. Deve saper cacciare, nel caso un giorno succeda qualcosa a lui. Così ogni pomeriggio la accontenta, ed Amy lo aiuta a tenere le tracce degli animali che puntano: impara a riconoscerne i versi e le orme, affina i suoi sensi e, nel giro di poco, impara ad usare arco e frecce.

“Non perdi un colpo” le fa notare un giorno, impressionato dal suo talento.

“Quando stanno fermi” precisa lei scocciata, legando due lepri insieme e issandosele in spalla. “Voglio imparare a colpire animali in movimento”

“È presto, Amy. Ci arriverai”

Malgrado tutto, le giornate con lei volano. Laurie non ricorda un solo periodo della sua vita in cui ha riso così tanto. Forse quando c’era Jo. Comunque, sono buffe in modi diversi: Jo era solita fare un sacco di imitazioni e smorfie, Amy è buffa senza volerlo. Il broncio infantile che mette su quando qualcosa non le va a genio, in contrasto col tono maturo e spesso forzatamente altezzoso, non fallisce mai di farlo ridere.

“Ehi, che credi di fare con quello?” le dice un giorno, mentre Amy gli ruba il pugnale da sotto il naso.

“Mi limo le unghie, Laurie. Secondo te che voglio farci?” Appoggia una carcassa a terra e fa per incidere la carne. “Mi serve per fare pratica”

“Ferma, prima di tagliarti via le dita”

Glielo strappa di mano con sguardo severo.

“Un passo alla volta, ho detto. Altrimenti te ne resti a casa”

Ecco. Quella è l’espressione che lo fa piegare in due dalle risate. Non cerca neanche più di nasconderlo, ormai.

“Smettila di ridere!” borbotta Amy. “E comunque non decidi tu”

“Oh, invece credo proprio di sì”

“Quando fai così non ti sopporto”

“Mi adori. Sono il tuo dio”

“Ti piacerebbe”

“Inchinati”

“Fottiti”

“Via, Amy, non essere volgare. Chiamami Vostra Altezza”

“Il massimo che posso concederti è milord

“Mhm… Un po’ poco, non ti pare?”

“A me sembra anche troppo”

“Come osi? Ti sei resa conto che sei nella mia tenuta? Guarda, qui prendo il tè, là tengo i cavalli…”

La schermaglia termina con Amy che gli dà una gomitata.

 

 

Arrivato alla sua ultima Mietitura, Laurie si concede un sospiro di sollievo. Sa che non dovrebbe – almeno non finché non avrà sentito i nomi dei tributi –, ma questa è la prima volta che si sente vicino alla “libertà”. Come ogni anno, lui ed Amy hanno passato le settimane prima della Mietitura a cacciare il doppio del solito, stipando provviste per le loro famiglie nel caso in cui dovessero uscire i loro nomi.

Laurie getta uno sguardo al di sopra della moltitudine di teste che lo circondano, e individua subito Amy che, dopo pochi secondi, si volta verso di lui come se avesse percepito il suo sguardo. Si scambiano un sorriso tirato per poi voltarsi di nuovo verso Effie Trinket, sgargiante nel suo abito giallo sul palco.

“Come sempre,” annuncia al microfono, “prima le signore”

La sua mano guantata indugia sopra una delle due bocce di vetro contenente i foglietti, compie un paio di giri e si tuffa in mezzo a quel mare di carta. Ne tira fuori uno, lo apre e si schiarisce la voce.

“Amy Curtis March”

Il cuore di Laurie sprofonda. Resta impalato a fissare Effie, la mascella aperta per lo shock, e quando infine si riprende, il suo primo istinto è quello di guardare Amy. Si stupisce nel vederla avviarsi verso il palco – come se avesse alternative – con passo fermo e il viso sbiancato del tutto, mentre avanza fra gli sguardi compassionevoli e al contempo sollevati delle ragazze intorno a lei, fino a prendere posto sul palco alla sinistra di Effie.

Non è giusto. Ha quindici anni. La sua famiglia ha già perso tre membri. Non può accadere di nuovo. Non a lei.

E lo show ricomincia. Effie fruga a fondo nell’altra boccia. Tira fuori un foglietto e lo apre.

“Fred—”

“Mi offro volontario”

Un sussulto scuote l’intera piazza, e Laurie si ritrova con centinaia di paia di occhi addosso. Ma lui non li guarda. Non si rende neanche conto di quello che sta facendo. Non ci pensa. Non ha deciso di offrirsi volontario. Lo ha fatto e basta.

“Mi offro volontario… come tributo” ripete a voce straordinariamente calma. Azzarda qualche passo incerto verso il palco, e la folla si apre al suo passaggio.

Raggiunge il suo posto a testa bassa, alla destra di Effie. Non si azzarda neanche a guardare Amy, per paura di ciò che possa trovarci. Del resto, ormai è troppo tardi. Amy è troppo piccola per affrontare da sola un inferno del genere. Si accaniranno tutti su di lei e non le lasceranno scampo. Qualcuno deve proteggerla. Qualcuno deve andare con lei e assicurarsi che ne esca vincitrice. No, che ne esca viva.

Non ha avuto modo di dire addio a Jo, ma si è recato più volte alla sua tomba da solo e ciascuna volta, prima di andarsene, le ha promesso che si sarebbe preso cura della sua famiglia. E, di nuovo, non è mai stato coraggioso.

Ma ha preso un impegno.

 

 

Nelle settimane prima dei Giochi, Laurie passa tutto il tempo ad insegnarle quello che non aveva fatto prima: colpire bersagli in movimento, l’uso del pugnale, le tecniche di mimetizzazione. È fiero di ciò che riesce a fare, ma dentro di sé sa che non basterà. A volte gli capita di guardare i tributi degli altri distretti: sembrano usciti da un addestramento militare, soprattutto i Favoriti. Non hanno la minima speranza, e sa che anche Amy se n’è resa conto, anche se non ne parlano. Si limitano a divorare voraci tutto quello che la capitale offre loro, come due condannati a morte a cui non resta che godersi l’ultimo pasto – l’ultimo ma anche il primo vero cibo che abbiano mai assaggiato in vita loro.

La notte prima della fine, si siedono l’uno davanti all’altra a una finestra. Amy si circonda le ginocchia con le braccia.

“Qui non si vedono le stelle” osserva. “Ci hai fatto caso? Io sì. Appena siamo arrivati”

“È per via delle luci della città” risponde Laurie, la testa appoggiata all’indietro contro il muro. “Siamo molto lontani da casa”

Seguono alcuni minuti di silenzio.

“Sta’ lontano dal mucchio, domani” dice Laurie a un tratto. “Appena il conto alla rovescia finisce, scappa. Io ti raggiungerò”

“E le armi?”

“Le prendo io”

“Tutte?”

“Ci bastano un arco, le frecce e un pugnale”

“Auguri, allora”

“Dico sul serio”

“Anch’io. Non ce la farai mai, è impossibile”

“E tu sì?”

“Dobbiamo stare uniti”

Lo dice in tono così perentorio – quasi ferito – che l’attenzione di Laurie abbandona le strade trafficate sotto di loro e si sposta interamente su di lei.

“Non ho più undici anni”

“Me ne sono accorto”

“Continui a trattarmi come se li avessi. Mi hai sempre trattata come se li avessi”

Non ha bisogno di alzare la voce, perché la rabbia che quelle parole tradiscono è innegabile.

Si guardano in silenzio per un po’, poi Laurie sospira fra sé e si volta di nuovo verso la finestra.

“Appena il conto alla rovescia finisce,” ripete senza guardarla, “scappa”

 

 

Non se lo sarebbe mai aspettato, ma Amy obbedisce.

Passano due settimane e nonostante nessuno, nessuno avrebbe mai scommesso su di loro, arrivano alla fine dei Giochi: gli strateghi ricorrono ad ogni mezzo pur di “movimentare” lo spettacolo, per cui a volte capita che i due si trovino a scappare da incendi scoppiati a caso nelle vicinanze, nidi di aghi inseguitori che sembrano cadere dagli alberi dal nulla e altri tributi che riescono a scovarli. Si nutrono di quello che trovano, centellinano l’acqua finché un giorno miracolosamente non trovano una fonte e mettono in pratica tutto ciò che hanno imparato sulla caccia. Scappano, si nascondono, si arrampicano. Uccidono, anche. Per difendersi. Per rimanere vivi.

E aspettano.

Finché anche l’ultimo tributo muore e restano solo loro due. Sanno che è solo questione di tempo prima che la fine dei giochi abbia inizio, ma non hanno il tempo di escogitare niente: un giorno, all’alba, gli ibridi vengono sguinzagliati nell’arena. Laurie ed Amy sentono i loro latrati da lontano e non perdono tempo ad aspettare di essere scovati; scappano verso il centro dell’arena, dove sanno che ad attenderli ci sarà una piattaforma di metallo sulla quale potranno arrampicarsi e avere un po’ di tregua… Finché non qualcosa non li spingerà a cadere, o peggio, a lottare l’uno contro l’altra. Sono i Giochi. Scappando stanno solo rimandando l’inevitabile, e Laurie non lascerà che finisca così. Non lascerà che Capitol li costringa a perdere quel briciolo di umanità che gli è rimasta.

Si guarda alle spalle. Sono ancora lontani. All'improvviso ha un déjà vu. Ma stavolta non farà errori. Può farcela. Afferra la mano di Amy e si ferma di colpo, le lascia appena il tempo di voltarsi e la prende per le spalle. Punta gli occhi dritto nei suoi, spaventati e con le pupille dilatate per l’adrenalina e quel contorno ceruleo dove annegherebbe chiunque.

“Tu va’ avanti”

“Cosa?”

“Li fermo io”

“No”

Immaginava che avrebbe reagito così.

“Amy, ascolta, non abbiamo tempo. Fra poco ci raggiungeranno. Sai che questi giochi hanno solo un vincitore”

“Ho detto no” ribatte lei implacabile. “Andiamo a casa insieme

“Amy…”

“È inutile. Tanto non me ne vado. Dico sul serio, Laurie. Sta’ zitto”

“Ascolta bene”

“No, no e n–”

Laurie fa la prima cosa che gli dice l’istinto e le molla uno schiaffo – non troppo forte perché non ne ha il cuore, ma abbastanza da farle voltare la faccia. Amy si porta una mano al viso con sguardo allucinato, e per un attimo Laurie si aspetta che glielo ridia. Invece deve aver sortito l’effetto sperato, perché tutta la determinazione cocciuta scivola via dagli occhi di Amy per lasciare posto al senso di colpa, misto a sollievo, dolore e a qualcos’altro a cui Laurie non sa dare un nome.

Fatto sta che il suo cuore si riempie di tenerezza. Ha sempre conosciuto e adorato Amy come sorella di Jo, ma nelle ultime settimane nell’arena ha imparato a conoscerla come persona a sé. E ha imparato che forse, col senno di poi, la bambina viziata e capricciosa che Amy ha sempre repressa è proprio ciò che le ha permesso di avere fino a qui. Forse, col senno di poi, Laurie non avrebbe neanche avuto bisogno di offrirsi volontario. Amy avrebbe vinto anche da sola.

Si abbassa appena di qualche centimetro verso di lei e sorride, quindi preme le labbra sulla sua fronte a lungo, la presa ancora salda sulle sue spalle come se Amy avesse bisogno di lui per restare in piedi. Non è così.

“Fa’ la brava” dice contro la sua pelle. Poi si abbassa ulteriormente per incollarci la sua. Per qualche secondo si guardano e basta, occhi castani che ridono contro occhi chiari che dichiarano guerra, ma non a lui.

Una volta staccatosi gli basta dire “Vai”, ed Amy corre.

Laurie si guarda indietro, mentre i latrati degli ibridi si fanno sempre più vicini. Li aspetta lì, in piedi in mezzo alla foresta, gli occhi rivolti al cielo per un po’ prima di chiuderli e respirare a fondo. Se è fortunato morirà in pochi minuti e il cielo artificiale dell’arena proietterà il suo viso, per poi annunciare la vittoria di Amy.

Oh, beh, ha fatto del suo meglio. Non è mai stato coraggioso, ma ha fatto del suo meglio.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Louisa May Alcott, Varie / Vai alla pagina dell'autore: ester_potter