Libri > Louisa May Alcott, Varie
Segui la storia  |       
Autore: ester_potter    22/02/2023    0 recensioni
[Amy/Laurie] [Alternative Universe] [No Smut] [HG!AU] [CanonVerse!AU] [Western!AU] [Soulmates!AU]
5+1 things che in realtà è una 3+1 things, ma vabbè. Basically:
3 universi alternativi in cui Laurie ed Amy hanno quasi avuto un lieto fine + 1 in cui ce l’hanno fatta
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amanda March, Theodore Laurence
Note: AU, Movieverse, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Boston, giovedì 4 luglio 2013

 

 

“Non mi sento molto a mio agio in questo momento…”

La voce di Beth è appena percettibile sotto le casse che pompano le migliori hit anni ’90 e gli schiamazzi della folla scatenata intorno a loro, ma Amy la sente lo stesso. Solo, sceglie di ignorarla: ondeggia a ritmo di musica, con i piedi che sollevano la sabbia ad ogni mossa, stringe il bicchiere in mano e chiude gli occhi.

La scuola è finita, il sole sta tramontando sul mare e la vita va alla grande.

“E dai, Lizzie, balla!” urla, prendendo Beth per mano.

“E come si fa?”

“Lasciati andare e basta!”

“Ah, eccovi”

La voce severa di Jo, che si avvicina alle sorelle sgomitando fra la folla, è allo stesso tempo un sollievo per Beth e una seccatura per Amy. “Vi ho chiamato dieci volte. A testa” dichiara in tono duro, una volta giunta davanti alle sorelle. “Forza, andiamo a casa”

“Ma la vera festa inizia adesso!” protesta Amy.

“Non ci provare, Amy. Lo sai che oggi abbiamo il barbecue dalla zia, e papà si è raccomandato mille volte di non fare tardi”

“Ancora mezz’ora, ti prego!”

“Scordatelo, mi sono scomodata fin qui apposta per venirvi a prendere”

“Allora io e Beth torneremo in autobus—”

L’urto da dietro è brusco e fulmineo, al punto che Amy riesce a malapena a controbilanciarlo, inciampando in avanti e sbattendosi il bicchiere addosso. Buona metà dell’analcolico tropicale, incluso il ghiaccio, fuoriesce dal bicchiere e le inonda il top bianco facendola rabbrividire. Un po’ per il freddo improvviso, un po’ perché sa già che non ci sarà verso di salvare il suo indumento, Amy si lascia istintivamente uscire un sussulto prolungato che chiunque definirebbe teatrale – ma che, per come la vede lei, è il minimo che chiunque farebbe di fronte ad un simile sgarbo, grazie –, mentre si fissa la macchia arancione che si allarga su di lei. Arancione su bianco.

È lì che realizza. Aggrotta le sopracciglia e alza lo sguardo, la bocca spalancata ma da cui non esce un suono. Davanti a lei c’è Jo, che l’ha tenuta per le braccia per sorreggerla e non l’ha ancora lasciata.

“Tutto bene, Amy?” urla sopra la musica. Dietro di lei, Beth guarda fisso la macchia sul top nuovo di zecca con le mani davanti alla bocca e il viso carico di quell’apprensione che è solita mostrare quando sa che sta per arrivare un capriccio da parte della minore.

Capriccio che non arriva.

Amy si ritrova sovrastata da ciò che la circonda, come fosse venuta al mondo solo ora, all’età di diciotto anni: dietro il grosso paio di occhi grigi di Jo, familiari e nuovi al tempo stesso, il rosa del cielo al tramonto, con le sue mille sfumature di viola e celeste, che in lontananza incontra il blu scuro dell’oceano. Perfino i suoni e gli odori le sembrano amplificati – cosa che sa per certo non essere possibile, perché quando tocchi per la prima volta la tua anima gemella vedi i colori, ma gli altri sensi non subiscono alcuna variazione…

Ah, già. L’anima gemella.

Amy si volta di scatto e tra la gente, alzandosi sulle punte nel tentativo di guardare più lontano, sperando di scorgerlo da qualche parte. Sente Jo da dietro domandarle che cos’abbia, ma non ha tempo di risponderle.

“Hai visto chi mi è venuto addosso?” le chiede invece, senza voltarsi a guardarla.

“Non ne ho avuto il tempo,” replica Jo in tono stanco, “ma ti prego, Amy, lascia stare e non attaccare briga per questo, ok? È solo un top…”

In altre circostanze, Amy le avrebbe risposto per le rime, ma non oggi. Non ora, perché finalmente lo vede: non è molto distante da lei, ma si allontana a passo svelto in mezzo alla folla, spingendo un altro ragazzo barcollante davanti a sé. È lui. Sa che è lui.

“Aspetta!” prova a urlare, come se la sua voce potesse qualcosa contro il beat dei Black Eyed Peas.

Così lo guarda sparire, impotente, e lascia cadere le braccia lungo i fianchi mentre la scarica di adrenalina scivola via dal suo corpo. Jo e Beth si affacciano oltre le sue spalle da dietro, seguendo lo sguardo della sorella.

“Chi hai visto?” chiede Beth.

“Quella,” risponde Amy, a metà tra la meraviglia e la rassegnazione, “era la mia anima gemella”

 

 

Laurie si sveglia con lo stomaco sotto sopra, un alito spaventoso e un’emicrania lancinante, come se qualcuno cercasse di infilargli a forza dei chiodi nelle tempie. Con un lamento di dolore tenta di tirarsi su dal letto, per poi lasciarsi ricadere giù quasi subito. Si volta di lato quanto basta per accorgersi del secchio appoggiato a terra accanto a letto – secchio il cui contenuto non fatica ad identificare, seppur con una smorfia di disgusto.

Si stropiccia a lungo gli occhi e prende mentalmente nota di ringraziare Fred per averlo accompagnato a casa. È borioso in modo quasi insopportabile, a volte, ma è un buon amico. Poi, con un sospiro, si decide ad aprirli, piano. La sua memoria si ferma al terzo drink, dopodiché tutto ciò che è successo la sera prima scompare in un buco nero.

L’unica cosa di cui ha un vago ricordo sono due occhi grigi che…

Laurie balza su con la schiena, scioccato come se si fosse svegliando con . Si guarda intorno quasi sospettoso, mentre raccoglie ogni colore che lo circonda e lo scandaglia, lo esamina. Sbatte più volte le palpebre, quasi cercasse di svegliarsi da un sogno e, giusto per avere la certezza matematica che non lo sia, si pizzica un braccio. Senza neanche rendersene conto il suo viso si distende, e Laurie sorride. Poi si lascia uscire un sogghigno. Poi inizia a ridere.

E si ferma di colpo, sbattendosi un palmo davanti alla bocca per soffocare un conato. Deve essersi tirato su decisamente troppo in fretta per il suo stato attuale.

Salta giù dal letto, corre in bagno e il primo pensiero che formula, mentre si lascia cadere in ginocchio davanti al water, è quanto sia stato idiota ad arrivare fin lì pur avendo un secchio proprio accanto al letto.

Il secondo pensiero che formula – e che continuerà ad albergare nella sua mente nei giorni a venire – sono di nuovo quegli occhi. E con essi, poco per volta, scavando nella memoria con tutte le sue forze, il resto del viso a cui appartengono.

 

 

Il matrimonio di John e Meg si tiene cinque giorni dopo nel giardino di casa March. È felice ed intimo, malgrado la mescolanza fra parenti e amici che non si sono mai visti prima. Durante la funzione, le sorelle minori se ne stanno in piedi accanto a Meg, a testimoniare l’unione della sorella con la sua anima gemella, eleganti nella loro semplicità e sorridenti com’erano ad ogni Natale da bambine. Solo, se possibile, ancor più felici.

Meg e John si erano conosciuti due anni prima, entrando in contatto con un semplice e casuale tocco delle mani: passavano uno accanto all’altra lungo una corsia del supermercato, quando John aveva sfiorato le dita di Meg per prendere dei noodles. Un banale “scusi” mormorato senza guardarsi e aveva già gettato il prodotto nel carrello, per poi darle le spalle; Meg, d’altro canto, aveva risposto con altrettanta noncuranza “scusi lei”, aveva afferrato la salsa di soia e si era diretta dalla parte opposta.

Il tempo di fare tre passi e si era fermata in mezzo al corridoio, lasciando cadere la salsa a terra con un rumore di vetri rotti che l’aveva fatta sobbalzare. Invece di correre a chiamare qualcuno per scusarsi e offrirsi di ripagare il danno, si era voltata verso John con uno scatto, trovandolo già girato a guardarlo, rosso in viso e occhi stralunati.

Quella stessa sera, i noddles con salsa di soia li avevano mangiati insieme.

Malgrado la sua indole fredda e cinica, Amy ha sempre sognato un incontro del genere, romantico e dirompente. Perciò non riesce a credere alla sua fortuna quando, tra gli invitati dalla parte di John, scorge lui. Il sussulto che si lascia sfuggire fa girare sia Jo che Beth, che la guardando stranite. Amy si ricompone, scuote la testa brevemente come a lasciar intendere di stare bene e passa il resto della cerimonia a controllare il respiro, sbirciando di tanto in tanto verso la sua anima gemella. Oggi potrebbe essere la sua ultima occasione, e deve riuscire a parlarci.

Non sa nemmeno lei come riesce ad arrivare al termine del pranzo senza impazzire, fatto sta che il momento che ha aspettato con trepidanza per ore finalmente arriva. Poco prima del taglio della torta, John corre ad abbracciare proprio la sua anima gemella – e un altro ragazzo che era seduto accanto a lui durante la funzione.

I due si sfogano scherzosamente su John, tempestandolo di pugni e scompigliandogli i capelli fino a farlo ridere, con la familiarità che solo amici di vecchia data possono avere.

“Chi sono quelli?” chiede Amy, chinandosi verso Meg in tono piatto.

“Theodore Lawrence e Fred Vaughn”, spiega Meg guardando la scena intenerita, “sono amici di famiglia di John. È un po’ come fossero cugini alla lontana. Venite, ve li presento”

“Non mi aspettavo di trovarvi qui” sta dicendo John tra una risata e l’altra nel frattempo. “Vi credevo a Parigi, bastardi che non siete altro! Vi sembrano scherzi da fare?”

“Ma dai, Johnny-boy, non avrai pensato davvero che ce lo saremmo perso!” ribatte Laurie in tono scherzoso.

“Siamo tornati da una settimana, ma volevamo farti una sorpresa” soggiunge Fred.

Il discorso si interrompe con l’arrivo di Meg, che attira subito l’attenzione e i complimenti di entrambi gli invitati, finché non decide di procedere con le presentazioni. “Le mie sorelle: Amy, Beth e Jo”

Jo stringe la mano ad entrambi, subito imitata da Beth; Amy riesce a malapena a tenere ferme le gambe, mentre si prepara e sentire di nuovo il contatto con la sua anima gemella – un contatto più diretto, migliore… E invece non può ignorare la lieve punta di delusione che avverte nella mancanza del luccichio che avrebbe sperato di vedere negli occhi di lui. Non c’è elettricità nell’aria, nessun brivido che avrebbe potuto farle capire che anche lui sa chi è lei. Fred si limita a sorriderle con un occhiolino e a stringerle la mano.

‘Forse non mi ha visto in faccia’ si dice Amy, tentando di mascherare la confusione. ‘Forse non si è reso conto di vedere i colori finché non è stato troppo tardi’

È ancora impegnata a trovare scuse per il comportamento di Fred, quando arriva davanti a Laurie, che tiene lo sguardo fisso come un ebete alle spalle di lei – forse Beth o Jo, ma la cosa non le interessa – e, più per educazione che per reale interesse, si infila tra lui e l’oggetto della sua attenzione per stringerli la mano.

“Piacere” dice sbrigativa, sperando che in qualche modo si scanti e sbrighi a ricambiare, in modo da poter tornare a concentrarsi su Fred.

Ed è come prendere la scossa: alza gli occhi sui suoi, Laurie li abbassa a sua volta e… Wow. Solo… wow. Questo è ciò che Amy si sarebbe aspettata di sentire. Stringe le labbra, mentre si sente prendere fuoco da capo a piedi e osserva le pupille di Laurie dilatarsi e inghiottire le sue. Ci annega dentro per un tempo che le sembra un’eternità. Invece sono solo pochi secondi.

Per il resto della serata, Amy si impone di restare il più vicino possibile a Fred per studiare il suo comportamento e, se possibile, riuscire a “scuoterlo” un po’. Inutile dire che fallisce miseramente, ma nonostante ciò ammette di esserne affascinate. Le piace giocare a rincorrerlo e provocarlo, così come lui sembra divertirsi a fare altrettanto con lei. Chiacchierano, ridono e ballano perfino insieme. Ogni tanto le capita di gettare un’occhiata verso Laurie, immerso da tutta la sera in una profonda conversazione con Jo, lontano da balli e gossip.

Si chiede cosa diavolo sia stata quella cosa che ha sentito entrando in contatto con lui.

 

 

La stessa cosa si chiede Laurie, nei giorni successivi al matrimonio. Non si era mai sentito così prima, il che è strano, perché non aveva mai visto Amy March in vita sua. Comunque si distrae in fretta e, nelle due settimane a venire, riesce a frequentare Jo proprio come si era imposto di fare, tentando di capire se lei lo abbia riconosciuto. Dal modo in cui lo ha salutato al matrimonio si direbbe di no, ma poi tra loro è scattato qualcosa, un idem sentire che li ha portati a scambiarsi i numeri la stessa sera, dopo aver passato circa tre ore a parlare, isolati dal trambusto della festa.

A volte gli sembra di impazzire, a starle dietro. Lo tratta come fossero amici da una vita – e in un certo senso, anche lui la sente tale, come se le loro anime si fossero toccate in altre vite precedenti e abbiano condiviso tanto –, senza dare il minimo segno di voler portare la loro relazione ad un altro livello. E oltre a non capire lei, Laurie fatica a capire sé stesso: ci sono giorni in cui sta così bene con lei, nella loro bolla di comprensione reciproca e amicizia sincera, che si ritrova a pensare che forse le anime gemelle non rientrino solo nella sfera romantica, ma anche in quella platonica; altri giorni invece si riscuote da quella che gli sembra una visione del mondo alquanto improbabile e si ricorda dei colori, si ricorda che li vede, e li vede da quando ha incontrato lei e gli sembra assurdo che lei non tiri fuori l’argomento. Deve saperlo, chi è lui.

Ma Laurie, da vero codardo quale è sempre stato, non affronta l’argomento per primo.

Prima o poi, quando si sentirà pronta, sarà Jo a farlo. Ma fino ad allora, lui aspetterà.

Quando una mattina lui e Jo decidono di andare in biblioteca insieme – così che lei possa lavorare al suo libro e lui fingere di tenersi occupato a leggere mentre in realtà osserva lei –, Jo recupera quello che le serve dalla scrivania, invitando Laurie ad aspettarla di sotto e a prendersi qualcosa da bere. Laurie obbedisce, arriva di sotto e, seduta al tavolo della cucina, trova Amy, con una fetta biscottata a mezz’aria e una matita nell’altra mano, gli occhi fissi sul quaderno, finché non lo sente entrare.

Laurie si ferma di botto, temendo di averla interrotta nel mezzo di qualcosa di importante. “Scusami!” esclama.

“Tranquillo” risponde subito Amy, mollando la matita e afferrando il cartone di succo. “Ne vuoi un po’? Fa caldo fuori”

“Sì, grazie” conviene Laurie. Amy si alza per prendergli un bicchiere e Laurie sorride alla vestita del suo pigiama rosa con i conigli. “Grazie, davvero. Aspetto che Jo scenda”

“Lo so, è sempre in ritardo” mugugna Amy con la bocca piena.

Laurie beve avidamente il succo ancora freddo di frigorifero e sciocca le labbra. Amy balza a sedere sul ripiano della cucina e dondola le gambe avanti e indietro con un sorriso. La luce che filtra dalla finestra rende i suoi capelli biondo cenere quali bianchi, gli occhi azzurri brillano vispi. Lo stomaco di Laurie fa una capriola. Cerca di dissimulare guardandosi intorno: sul tavolo, accanto a lui, c’è una bacinella con acqua e sapone. Gli sembra di vedere un top all’interno, ma non volendo sembra inopportuno distoglie in fretta lo sguardo. Amy se ne accorge comunque.

“È la quarta volta in due settimane che lavo quel top” sospira con mestizia. “Non tornerà più come nuovo”

“Che gli è successo?” ridacchia Laurie.

“Lascia stare” Amy scuote la testa, come se il ricordo da solo fosse sufficiente a mandarla in depressione. Laurie getta un’ultima occhiata alla bacinella. Gli sembra di averlo già visto, ma non vale la pena rimuginarci troppo su.

“Che classe fai, Amy?”

“Tra un mese andrò al college”

“Ah, bene. E dove?”

“NYU. Ho vinto una borsa di studio”

“Beh, complimenti! Emozionata?”

“È una domanda retorica, vero?” ride Amy. “E tu cosa fai?”

“Mi sono laureato giusto due mesi fa. Economia” Laurie rotea gli occhi. “Non proprio uno spasso, in effetti”

“Perché l’hai fatto se non ti piaceva?”

La domanda lo spiazza. Non perché non gli sia già stata fatta dozzine di volte negli ultimi quattro anni. Semplicemente, è la prima volta che qualcuno glielo chiede senza malizia alcuna. C’è solo pura, sincera curiosità nel tono di Amy. Per questo non gli pesa affatto risponderle.

“Ho avuto la sfortuna di nascere in una famiglia in cui le aspettative avevano un certo peso” ammette in tono rassegnato. “E poi, qualcuno doveva mandare avanti gli affari dopo mio padre. Ed essendo figlio unico…”

“Tocca a te” conclude Amy per lui, con un velo di dispiacere. “È un peccato. Cosa avresti fatto, se avessi potuto scegliere?”

“Beh, un sogno ce l’avrei, ma purtroppo non può essere un lavoro”

“Guarda che le due cose non devono per forza coincidere” puntualizza Amy.

È incredibile come un’osservazione così ovvia, detta da una diciottenne semi-sconosciuta, riesca a farlo sentire così leggero. Forse era solo questo che aspettava di sentirsi dire da qualcuno. Trattiene un sorriso e abbassa gli occhi. È la prima volta che lo dice ad alta voce, e si stupisce di quanto sia bello poterlo fare:

“Io avrei girato il mondo” confessa. “Intendo, in lungo e in largo. Senza sosta. E senza dover rendere conto a nessuno”

Amy sbatte le palpebre, sinceramente colpita.

“Wow” esclama. Poi, con un’alzata di spalle: “Beh, puoi sempre farlo. Nel senso, potresti lavorare per qualche anno, come tutti si aspettano che tu faccia… E intanto metti da parte per viaggiare. Poi un giorno mandi tutti al diavolo e parti”

Laurie si lascia scappare un risolino.

“Avevo quasi in mente di farlo, ma sai...” indugia qualche secondo, prima di condividere un ultimo, piccolo particolare. “Poi ho incontrato una persona”

Amy sembra capire subito e sorride con aria furba. “Ho capito” dice.

Per un attimo Laurie teme di aver detto troppo, e che Amy possa aver capito a chi si stava riferendo, ma viene smentito subito dopo.

“Beh, non indagherò oltre” concede Amy con il solito sorriso sornione, balzando giù dal ripiano. “Ma una cosa te la devo chiedere: perché non portarla con te, a questo punto?”

Laurie incassa il colpo. Già. Viaggiare è sempre stato il suo sogno, ma farlo con la sua anima gemella sarebbe un idillio irraggiungibile. Gli è bastato poco per conoscere Jo abbastanza da sapere che non intraprenderebbe mai una scelta di vita simile, se significasse rinunciare o rallentare il suo processo creativo. Come lei stessa gli ha detto durante una delle loro chiacchierate, scrivere è un lavoro immensamente solitario. Per non parlare dei corsi di scrittura creativa che sta tenendo a New York, dove dovrà tornare in autunno per la ripresa dell’anno accademico. Solo a pensarci, gli viene da sbattere la testa contro il muro.

“Non credo di poterlo fare” replica con un sorriso forzato. “Anche lei ha un sogno e… Diciamo che cozza con il mio”

È solo in quel momento che la sua attenzione viene rapita dal quaderno sul tavolo.

“Ah” esclama, avvicinandosi. “Ti alleni per il college?”

Amy si avvicina al tavolo saltellando. “Uh-uh” risponde, aprendo il quaderno per intero e piantandolo a un palmo dalla faccia di Laurie. “Guarda”

Laurie lo afferra e lo sfoglia partendo dall’inizio. Chissà per quale motivo, la vicinanza fisica di Amy gli fa quasi sudare le mani, perciò si focalizza sui disegni. Sono perlopiù ritratti della sua famiglia e altre ragazze che Laurie suppone siano le sue amiche, nature morte e paesaggi. Ma la cosa che più lo fa sorridere è che, da un giorno all’altro, Amy inizia ad usare i colori.

“Deduco ci sia stato un cambiamento importante nella tua vita” butta lì in tono noncurante.

Amy gli dà una gomitata. “Come sei sveglio” ribatte, ridendo. “Beh, come sono?”

“Molto belli” risponde Laurie sinceramente. “Sei un talento molto promettente”

“Lo so” sospira Amy con fare teatrale. “Ma mi mancano le basi teoriche. E poi dovrò trovare il mio stile, affinare la tecnica… Ma per questo c’è il college, immagino. Sai, mi piacerebbe entrare nel campo dell’illustrazione di libri per bambini. Con Jo abbiamo un progetto futuro insieme: lei scriverà i libri e mi occuperò dei disegni”

“Mi sembra un bel piano!”

“Sì, beh, ci vorranno anni prima che io raggiunga quel livello ma ci arriverò”

“Eccome se ci arriverai…” Laurie si ferma, ci pensa un po’ e su e infine, riprendendo a sfogliare il quaderno. “Tua sorella…” Si morde la lingua e assume un tono casuale. “Cioè, le tue sorelle vedono tutte i colori, giusto? A parte Meg, ovvio”

Una parte di lui si vergogna di quello che le ha appena chiesto. Non dovrebbe avere dubbi su sé stesso e Jo. Nessuno dovrebbe averli sulla propria anima gemella… Ma non c’è niente di male ad esserne sicuri. Amy per fortuna non dà segno di aver notato la sua lotta interiore, e annuisce.

“Jo li vede, Beth ancora no”

Laurie fa un vago cenno assentivo del capo.

“Sai, ho sempre pensato che le persone che vedono i colori si riconoscano dallo sguardo” osserva. “Hanno un qualcosa”

Amy lo guarda fisso negli occhi, in equilibrio perfetto tra il derisorio e l’innocente; Laurie ricambia lo sguardo.

“Sei sempre così romantico, Laurie?” ridacchia Amy.

“Che male c’è? Possiamo permettercelo” ribatte lui. “Ti immagini vivere in un universo in cui queste cose non esistono?”

“Le anime gemelle, intendi?”

“Beh, sì. Anzi, no, peggio: le anime gemelle esistono, ma non c’è modo di riconoscerle”

Questo sembra turbare davvero Amy.

“Non farmici nemmeno pensare!” esclama, rubandogli il quaderno dalle mani e chiudendolo con uno scatto. “Sarebbe un universo di merda!”

“Già, vero?”

 

 

Al suono del campanello, Amy scende le scale di corsa, per non costringere Beth ad interrompere gli esercizi di pianoforte. Ancora stenta a credere che Beth abbia vinto una borsa di studio per la Juilliard, seppur con un anno di ritardo per via della sua salute cagionevole, che l’ha costretta a passare metà della sua infanzia in ospedale e l’altra metà, inclusa la preadolescenza, istruita a casa lontana dai suoi coetanei. Ha iniziato ad andare a scuola dal liceo, nella stessa classe di Amy sotto insistenza di Marmee, per facilitarle le cose, e così è stato. Il prossimo autunno raggiungeranno entrambe Jo a New York, e le cose non potrebbero andare meglio…

Se solo Fred si sforzasse di darle un segnale. Sono già usciti insieme un paio di volte, ma niente. Amy è sempre stata sicura di sé, e non ha certo paura di fargli capire ciò che vuole – anzi, le sembra di averlo reso abbastanza palese –, ma da qui al decidere di fare lei la prima mossa ce ne passa. Andrebbe contro i suoi principi, e non ha intenzione di cedere per facilitare la vita a un uomo che non si sta dimostrando abbastanza coraggioso per i suoi standard. A volte si ritrova perfino a gonfiare i pregi di Fred per essere sicura che ne sovrastino i difetti, quasi volesse assicurarsi che va tutto bene, la sua anima gemella è perfetta come se l’era immaginata… Ma non dovrebbe costringersi giusto? I suoi pregi dovrebbero apparirle evidenti, o almeno, così ha sentito dire da chiunque abbia trovato l’anima gemella.

Ci sta ancora pensando quando apre la porta di casa e si ritrova davanti Laurie. Come succede ogni volta che si ritrova in sua presenza, il suo stupido cuore manca un battito.

“Miss March” annuncia lui con un mezzo inchino. Lei risponde allo stesso modo.

“Milord”

È uno stupido saluto che hanno iniziato a fare qualche giorno dopo essersi conosciuti – iniziato da Laurie, ovviamente, per prendere in giro i modi di Amy che, a detta sua, gli ricordavano quelli di una dama dell’ottocento.

“La carrozza è qui per la principessa numero 2” la informa in tono solenne.

Amy aggrotta le sopracciglia. “Jo non te l’ha detto?”

“Che cosa?”

“Ieri è tornata a New York. È dovuta partire all’ultimo per sostituire un insegnante, non tornerà prima di tre settimane”

Laurie si aspetta un dolore innominabile, non tanto per la cosa in sé – del resto è partita per lavoro, tre settimane sono poche e New York non è neanche così lontana –, quanto più per essere stato lasciato indietro senza avvertimento. Si aspetta rabbia, tristezza. Delusione, più di tutto. E invece niente. Letteralmente niente, zero.

Amy sembra perfino più dispiaciuta di lui. “Oh, Laurie, mi dispiace! È stato così improvviso… Non avrà fatto in tempo a—”

“Ma no, non preoccuparti!” taglia corto lui. “Non fa niente”

Indugia un po’ sulla porta, e proprio quando Amy decide in un impeto di farlo entrare in casa, se ne esce con:

“Beh, senti, avremmo dovuto andare a mangiarci un hamburger e poi al cinema. Ti va di venire?”

Amy sente uno strano timore attanagliarla. Non sa neanche lei di cosa. È uscita con altri ragazzi prima di vedere i colori – diamine, è uscita con Fred, ci sta ancora uscendo –, ma non si è mai sentita così prima. È quasi difficile mantenere un contegno e non iniziare a saltellare per casa, di fronte a quella proposta.

“Davvero?” chiede, quasi balbettando.

“Certo” risponde Laurie stringendosi nelle spalle. “Beh, dovevamo andare a vedere The Conjuring, ma se vuoi possiamo cambiare”

“Cosa ti fa pensare che io non voglia vederlo?” domanda Amy con una punta di offesa.

Laurie non si lascia intimorire e inarca un sopracciglio. Le viene voglia di togliergli quel ghigno dalla faccia con uno schiaffo.

“Sai che è un horror, vero?”

“Certo che lo so, Laurie” Amy rotea gli occhi. “Nel caso tu non l’abbia notato, ho diciotto anni. Rientro perfettamente nel target”

“Pensavo solo non fossi la tipa”

“Lo sono eccome!” ribatte lei, più arrabbiata di quanto la situazione meriti. “Mi vesto e arrivo”

“Ok”

“Ok”

Gli sbatte la porta in faccia – lo sente ridacchiare da fuori – e corre su per le scale. Si ferma. Riscende.

Apre nuovamente la porta, affacciandosi solo con la testa. Laurie ha sceso i gradini e guarda la strada, quindi quando la sente arrivare si volta.

“Non sono un ripiego, vero?” chiede, senza neanche preoccuparsi di non sembrare patetica come in realtà le sembra di essere. “Cioè, hai ancora voglia di mangiare fuori, eccetera? O non vuoi stare da solo e basta?”

“Sì che mi va” ribatte Laurie in tono ovvio. E poi, di seguito, quasi lo dicesse neanche rifletterci. “Mi va di andarci con te

Amy si sente avvampare dalla testa ai piedi.

“Oh. Okay. Bene”

E richiude la porta con uno scatto.

 

 

“Muoviti, Amy, andiamo!” chiama Robert March in tono stanco, appoggiandosi al corrimano delle scale. “Sei stata tu a insistere a voler andare a fare shopping, non farmi cambiare idea!”

“Ovvio, papà, sto per andare al college!” ribatte Amy, prendendosi tutto il tempo per scendere mentre fissa lo schermo del cellulare con un mezzo sorriso. “Mi serve roba nuova. E serve anche a Lizzie!”

“Io non vengo” risponde la sorella quasi con timore, premurandosi di suonare un breve ritornello qualsiasi al pianoforte, nella speranza che basti ad Amy per capire che non vuole essere disturbata per una cosa inutile come la moda.

“Tranquilla, farò shopping anche per te, tanto portiamo la stessa taglia–”

Nel finire la frase va a sbattere contro il petto di suo padre, e solo a quel punto alza gli occhi dal telefono, incontrando lo sguardo severo di Robert, al quale risponde scoprendo i denti con un sorriso furbo. Robert stringe le labbra per qualche secondo, prende fiato e infine cede, lasciandosi andare in una risata esasperata ma divertita, scuote la testa e si avvia verso la porta. Funziona sempre.

“E di’ a Fred o come si chiama che vi sentite più tardi,” aggiunge, sforzandosi di assumere di nuovo un tono serio, “così una volta tanto ti staccherai da quel coso”

“Non sto parlando con Fred”

Robert si volta a guardarla confuso, ma prima che possa chiederle spiegazioni Amy gli è già passata accanto ed è uscita di casa. “Eddai, papi, andiamo!”

L’uomo la guarda stranito, per rivolgersi a Beth, i cui occhi vispi spuntano da dietro lo spartito aperto. Si affaccia aldilà delle pagine così che suo padre possa leggerle il labiale mentre sussurra: “Laurie!”

Robert spalanca gli occhi, la bocca-semiaperta a ritrarre la più totale confusione.

“Ma…” balbetta. “Ma io credevo che...”

Beth scuote la testa e si stringe nelle spalle con un sorriso arreso.

“Non ci sto capendo niente nemmeno io” dice.

 

 

Laurie non se ne rende neanche conto, ma tra un’uscita e l’altra con Amy, le tre settimane che lo separavano dal ritorno di Jo passano alla velocità della luce. È felice di rivederla, felice di riprendere i loro pomeriggi insieme e le serate al pub a bere birra, ruttare e cantare a squarciagola in macchina. Ma è ancora più felice quando riprendono a fare picnic sulla spiaggia, perché ci sono anche Amy, Beth, e John e Meg. Soprattutto Amy. È felice quando Jo lo invita a cena da loro e può passare il tempo a guardare Amy mangiare la pizza con una foga che quasi non le si addice – ma la rende buffa –, pulendosi la bocca col dorso della mano e attaccarsi direttamente alla lattina di Coca. È ancora più felice quando le invita a casa sua a guardare un film horror – giusto per fare dispetto ad Amy, dopo l’indimenticabile serata al cinema in cui ha passato tutto il tempo con la faccia nascosta nella sua camicia e Laurie cercava di tenere a bada i battiti accelerati del suo cuore – e può stuzzicarla su quanto sia credulona e paurosa. Lo è ancora di più quando vanno al luna park tutti insieme e Jo si offre di salire in coppia con Beth per farla sentire sicura, permettendogli di stringersi Amy addosso e urlare con lei, ridere con lei.

Non ha più molti dubbi sui suoi sentimenti quando Amy gli regala un ritratto che gli ha fatto in spiaggia di nascosto.

“Così non ti dimenticherai di me quando sarò a New York” annuncia.

Come se fosse possibile dimenticarla.

Laurie appende il disegno in camera.

 

 

Manca una settimana alla partenza delle sorelle March per New York e, mentre la prospettiva della lontananza da Jo lo intristisce, quella della lontananza da Amy lo deprime. Ci pensa da settimane. Perfino ora, mentre se ne sta seduto a gambe incrociate sul pavimento di Jo, ascoltandola mentre gli legge il suo ultimo racconto. A questo punto, tante vale rivelarle che sono anime gemelle. Del resto, ha aspettato per tutto questo tempo un segno da parte sua che non è mai arrivato. Gli è perfino capitato di pensare che forse Jo non abbia mai voluto affrontare l’argomento proprio perché sapeva di dover ripartire. Ma all’improvviso, stranamente, non gli importa più granché.

“E questa è la fine” annuncia Jo, chiudendo il quaderno. “Devo ancora revisionare il tutto per intero, ma tra una settimana sarà pronto. Andrà bene”

Laurie le sorride con ammirazione. Certo che andrà bene. Jo ha un dono.

“È bello che tu abbia trovato la tua passione” dice. “Ed è bello che tu possa farne un lavoro. Non tutti hanno questa fortuna”

“Lo so” Jo ripone il libro sulla scrivania e si siede con un sospiro. “Ma ti assicuro che è tanto una benedizione quanto una condanna. Come tutte le cose della vita, è un’arma a doppio taglio”

“Perché dici così?”

Di colpo, Jo si fa mortalmente seria. Non è un aggettivo che Laurie avrebbe mai usato per descriverla, perché non le si addice, non le appartiene, eppure in questo momento non potrebbe usare altro termine.

“Lo dico a te perché sei il mio migliore amico e... Beh, chiamami pazza, ma anche se ci conosciamo da poco, ti considero un fratello”

Laurie annuisce riconoscente, senza nemmeno più stupirsi della delusione che non sente a quelle parole. Jo prende fiato.

“Io vedo i colori. Da un po’, in effetti”

“Un po’ quanto?”

“Due anni”

Il sollievo travolge Laurie come un fiume. Non la delusione, non la disperazione. Il sollievo. E tutti i puntini vanno al loro posto: gli è sempre sembrato così forzato cercare di portare la sua relazione con Jo a qualcosa di più di un’amicizia, e gli è sembrato impossibile immaginarsi una vita con lei.

“E chi era?”

“Il mio professore di scrittura creativa. Il college mi diede l’opportunità di andare a Berlino per nove mesi. E ci conoscemmo lì. Non successe mai niente. Non provò neanche mai a toccarmi. Eccetto quando ci incontrammo per la prima volta, ovvio: io entravo, lui usciva. Ci scontrammo fuori dalla porta. Ci chinammo a raccogliere i fogli volanti che mi erano caduti a terra, il tempo di rialzare lo sguardo e vedevamo i colori” Guarda fuori dalla finestra con il viso disteso, come se riuscisse a vedere da qualche porto molto lontano. “Ma sapevamo che non poteva durare. Non tanto per la differenza di età –al tempo avevo diciannove anni, e lui trentadue –, quanto più per le nostre carriere”

“E non hai mai pensato di rimanere là?”

“In realtà, fu lui a valutare di trasferirsi. Sistemarsi qui una volta ottenuta una cattedra in qualche scuola, prendere casa e aspettare che io mi fossi realizzata. Sposarci”

Di tutto i momenti in cui poteva iniziare ad accusare il colpo, Laurie inizia adesso. Non riesce a credere che due persone che hanno avuto la fortuna di incontrarsi e riconoscersi al primo colpo scelgano di andare contro il destino di loro spontanea volontà.

“E allora cosa vi ha fermato?” chiede con un filo di voce.

Jo abbassa gli occhi, quasi si sentisse in colpa per qualcosa.

“Io” Si interrompe, incerta. “So che quello che sto per dirti ti sembrerà assurdo, ma... Quando hai una passione, non puoi relegarla a hobby. Devi prendertene cura. Altrimenti sprecheresti la tua vita. Io ho sempre saputo cosa volevo fare... e non avevo intenzione di sprecare la mia”

Laurie scuote la testa, in preda alla confusione. Non può credere che Jo abbia fatto un simile sbaglio. Non è possibile, non è giusto. Non se lo merita.

“Ma nessuno ti impedisce di essere amata” protesta. “Puoi avere entrambe le cose, no? Amore e arte”

“Non è così semplice” concorda Jo, guardandolo fisso. “Essere amata sì. Sono io che non posso amare nessuno. Non nella stessa misura in cui lui amava me. Vedi, Teddy...” Si abbassa sul pavimento davanti a lui e gli prende le mani. “Io ho amato tante cose, nella mia vita. E continuerò a farlo. Scoprirò nuovi hobby, nuovi posti, nuove persone... Ma non amerò mai niente come amo scrivere. E per questo sarò sempre un’egoista. Un’egoista e sola

Laurie stringe le labbra. Adesso capisce tutto. È triste, ma capisce.

“Non posso avere entrambe le cose” continua lei. “Una delle due finirà sempre per sovrastare l’altra. Non ci sarà mai un equilibrio. Alla fine si riduce tutto alla scelta del singolo... E io ho scelto l’arte. La prospettiva di vivere senza di lui era deprimente... Ma quella di vivere senza l’arte è spaventosa. Innaturale”

Laurie si prende il suo tempo per assorbire a dovere quelle parole. Jo lo lascia fare.

“Ho capito” dice alla fine. Jo lo abbraccia d’istinto. Lui ricambia. Quando sente la maglietta inumidirsi sulla sua spalla, capisce che deve stare piangendo, e la lascia fare accarezzandole i capelli con dolcezza. Decide che può permettersi di lasciarsi andare anche lui, per una volta. Così si lascia sfuggire un paio di lacrime, per poi asciugarle in fretta con rabbia. Si ripete che deve aver semplicemente urtato una ragazza a caso in mezzo alla folla, quella sera di due mesi fa in spiaggia, e che Jo sia stata la prima a cui si è trovato davanti. Deve essere per forza così.

Adesso rimane solo da accettare che, chiunque sia la sua anima gemella, non la troverà mai più.

 

 

“No, dico, ma ti rendi conto?”

“Oh, non farla tanto tragica, Amy” tenta di consolarla Meg in tono annoiato, stravaccandosi sul divano. “A tutti è capitato almeno una volta nella vita di prendersi una sbandata totale per qualcuno, solo scoprire che non è la nostra anima gemella una volta entrati in contatto fisico”

“Sì, ma per me è stato diverso!” puntualizza Amy in tono drammatico, stendendosi accanto a lei e allungando le gambe sopra quelle della sorella. “Prima ho visto i colori, poi ho saputo che non era la mia anima gemella! Questa cosa non è reversibile… Insomma, non posso tornare a non vederli… E poi il modo! Il modo dannatamente imbarazzante e penoso in cui l’ho scoperto! E fortuna che gli ho chiesto un parere su che colore avrei dovuto usare per finire! Mi ha guardato come fossi matta, dovevi vederlo… ‘Quello che vuoi, Amy, tanto non noterò mica la differenza!’ Non so neanche come ho fatto a fare finta di niente…’

Amy va avanti a lamentarsi per venti minuti buoni e, malgrado lei e Meg abbiano occupato abusivamente il suo studio, John Brooke non osa interromperla, limitandosi ad alzare gli occhi dal PC di tanto in tanto per scambiare un’occhiata divertita con sua moglie. Un po’ gli dispiace: se avesse saputo che Fred non vedeva i colori – o che Amy fosse convinta di essere la sua anima gemella – glielo avrebbe detto prima. In effetti, non ricorda di aver mai menzionato l’argomento “colori”, tra amici, se non per qualche battuta smielata o cinica. È solo che prima di incontrare Meg la cosa non gli era mai interessata. Adesso, però, si domanda quanti dei suoi amici li vedano – se li vedono – e da quanto.

A un tratto gli viene in mente una cosa. Ci mette un secondo a collegare i puntini. Una volta fatto ciò, il sorrisetto gli esce spontaneo.

“Amy” dice senza smettere di sorridere, guardandola da dietro gli occhiali. “Perdonami se interrompo il tuo sfogo, ma in tutto questo non ti pare di esserti dimenticata qualcosa?”

“Cos’altro, di grazia?” ribatte Amy, con la faccia di chi sta per essere informato un’apocalisse zombie in arrivo.

“Chi altro c’era quel giorno in spiaggia?”

“Con Fred, intendi?”

“È vero” conviene Meg, aggrottando la fronte. “Al matrimonio Laurie me l’aveva accennato… Diceva che fino all’ultimo lui e Fred sono stati indecisi se andarci o no, per paura che ci fossimo anche John ed io e che lui li vedesse, rovinando la sorpresa che poi ci hanno fatto al matrimonio…”

Vedere la realizzazione farsi largo sul volto di Meg è impagabile, ma lo è ancora di più vederla in quello di Amy.

“Hai provato a controllare Laurie?” le chiede John.

“Eh?”

“Hai provato a chiedere da quant’è che li vede Laurie?”

“Laurie vede già i colori”

“Sì, ma da quanto?”

Meg copre il sorriso enorme che le si apre in viso con le mani, cercando di nascondere una commozione che John, conoscendola meglio di chiunque, coglie lo stesso. Non è mai stata così bella.

“Oh, mio Dio, Amy” esclama la maggiore. “Ce l’hai avuto sotto il naso tutto questo tempo! Solo che non era Fred”

Amy ci pensa giusto un paio di secondi. Prima che chiunque possa aggiungere altro, si è alzata di scatto dal divano, scattando verso la porta.

“Prendo in prestito la tua bici!” urla, con un piede già fuori.

È così felice e leggera, mentre sfreccia verso casa di Laurie, che potrebbe iniziare a volare e non ci troverebbe niente di strano.

 

 

“Pronto?”

“Laurie, dove sei?”

“… A casa, perché?”

“Ecco, bravo: restaci”

“… Ti senti bene, Johnny-boy?”

“Ti spiegherà tutto Amy, sta venendo da te. Tu non muoverti, ok?”

“E dove vuoi che vada?”

“Già. Pigro che non sei altro”

“John—”

La chiamata si interrompe. Laurie guarda stranito il cellulare.

‘Ma che accidenti gli è preso?’ si chiede.

Ha giusto il tempo di rallegrarsi al pensiero di vedere Amy, seppure all’improvviso e senza un motivo preciso, quando un lampo gli attraversa il cervello. E se…?

No, impossibile.

Però…

Dopo essere rimasto in piedi in mezzo alla stanza per cinque minuti, si decide a chiamare Jo. Se le cose stanno davvero come crede, dopo tutto questo macello, il minimo sarebbe sbattere la testa contro il muro fino a sfondarlo.

“Laurie, che c’è?” sibila nervosamente Jo al telefono. “Sono in biblioteca, non posso parlare...”

“Ricordi la festa in spiaggia del quattro luglio?”

“Sì, ma che c’entra?”

“Con chi eri?”

“Mica ci sono andata. Mi sono solo intrufolata a cercare Beth ed Amy”

“Per caso ricordi se…” Respira a fondo, cercando di non far tremare la voce. “Se Amy è andata a sbattere contro qualcuno?”

“A sbattere contro… Uhm, sì, ora che mi ci fai pensare in effetti è successo. Qualcuno l’ha urtata da dietro, ma non ho visto chi, c’era un sacco di gente... Oh, insomma, ma che vuoi, Laurie?”

Laurie guarda fisso davanti a sé, lasciando scendere pian piano la mano che regge il telefono. Qualcuno si attacca al campanello senza sosta. Laurie sobbalza per la sorpresa, lascia cadere il cellulare e corre alla porta.

Quando si ritrova davanti Amy, rossa in viso e col fiatone, non ha più dubbi.

“Ehi” butta fuori lei a corto di fiato.

“Ehi”

Non sa chi dei due si muova per primo, fatto sta che si ritrova le braccia di Amy intorno al collo e le loro labbra premute insieme e tutta la fatica, la solitudine e la confusione si sciolgono. Era questo che stava aspettando.

Continua a baciarsi per un’infinità di tempo, finché non sono costretti a separarsi per riprendere fiato, fronte contro fronte. Laurie cerca qualcosa di brillante da dire, o di romantica, in alternativa. La sua testa è completamente vuota.

“Mi dispiace di averti fatto cadere il drink addosso”, è l’unica cosa che riesce a dire.

Amy ride, accarezzandogli la guancia.

“Mi devi un top”

Laurie fa per riprendere a baciarla, ma Amy gli copre la bocca con la mano.

“Quando avrò finito il college” dice, guardandolo fisso negli occhi, “voglio che viaggiamo. Voglio che realizzi il tuo sogno... E voglio esserci anch’io quando lo farai”

Laurie sorride contro la sua mano. Gli sembra di aver aspettato cent’anni. Ma finalmente, eccoli lì.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Louisa May Alcott, Varie / Vai alla pagina dell'autore: ester_potter