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Autore: EmmaJTurner    07/08/2023    3 recensioni
Anja, botanica che sopravvive con la sua arte raccogliendo e vendendo erbe ai clienti più disparati nella regione fantastica di Zolden, stavolta ha scelto una missione pericolosa: raccogliere fiori di sambuco durante la luna piena. Anja assume quindi Riven, di professione ammazzamostri, per proteggerla dai licantropi.
Anja e Riven, all’inizio concentrati nel loro quieto vagabondare in splendidi boschi traboccanti di specie botaniche e creature fatate, capiranno presto di condividere un raro legale di sangue che per il loro bene - e quello di tutti - deve essere spezzato.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Asfodelo

Asfodelo: pianta erbacea commestibile alta circa un metro, con un fiore bianco a forma di spiga. Fiorisce in primavera e cresce felice nei prati soleggiati. La sua radice è la base per le pozioni rinvigorenti e con le foglie si ottiene un mediocre disintossicante.

I campi da pascolo attorno a Berg erano ottimi per raccogliere l’asfodelo: Anja ne aveva legati grandi mazzi sulla sella di Miles e ora si godeva il sole sdraiata sull’erba tiepida di fronte ad uno stagno per le vacche. Masticava foglie di pimpinella e osservava le montagne.

I monti della Catena Bianca si ergevano diritti contro il cielo perfettamente limpido, così vicini che si poteva vedere la poca neve rimasta congelata all’ombra dei canaloni. Alla base delle pareti rocciose partivano ripidi ghiaioni che si perdevano in un susseguirsi di colline boscose e pascoli erbosi. Il sole, ancora alto nel cielo, colpiva le vette pallide facendole scintillare di un bianco accecante.

Anja, piacevolmente abbronzata e soddisfatta, si mise a sedere e tirò fuori la lista. Asfodelo, artemisia, achillea, sambuco, stramonio, verbena, belladonna, aconito, sangue di drago. 

Asfodelo, c’è. Artemisia, c’è. 

Si stiracchiò e rificcò la lista dentro una delle mille tasche della sua gonna. Fece per alzarsi, ma qualcosa si mosse nello stagno davanti a lei. Anja inclinò la testa e studiò sospettosa la superficie ricoperta di alghe verdi. C’era una specie di protuberanza, come un corno. Era forse…?

Due occhi gialli spuntarono dall’acqua opaca. 

Oh merda.

Anja incespicò e cadde all’indietro mentre l’enorme rosperonte emergeva dallo stagno. Era un rospo immenso, dalla pelle marrone e butterata, con un corno coriaceo in mezzo al brutto muso imbronciato. Il mostro sbatté gli umidi occhi gialli. Anja si alzò rapida e se la diede a gambe.

Non vide Miles, ma non se ne preoccupò: il cavallo aveva un istinto di autoconservazione molto più pronunciato del suo, quindi probabilmente si era già volatilizzato da un pezzo.

Udì lo sciabordio di una poderosa massa d’acqua che si spostava. Non fu necessario voltarsi per sapere che era il rospo gigante che stava uscendo dallo stagno. Anja corse più veloce, ma cadde faccia a terra: qualcosa le aveva afferrato la caviglia.

Merda, merda, merda.

Anja estrasse il piccolo coltello da erbe e infilzò con decisione la lunghissima lingua rosa che le avviluppava la gamba.

Ma la lingua non sanguinò e non mollò la presa. Il rospo emise un cavernoso gracidio infastidito che non prometteva nulla di buono. Anja afferrò la lingua viscida con entrambe le mani, ma non riuscì a liberarsi. Venne trascinata velocemente verso il mostro. Tentò di aggrapparsi alle rocce del declivio erboso, ma la bava del rospo le aveva reso le mani inutilmente scivolose.

A pochi metri dalla bocca spalancata del rosperonte, pronta a diventare la sua cena, Anja chiuse gli occhi. E tutto fu buio.

***

Dentro la bocca mostro c’era un tanfo ributtante. Ora libera dalla lingua prensile, Anja piantò i piedi sul fondo umidiccio e trafisse il rospo sul palato prima che la ingoiasse. Un fiotto di liquido caldo le schizzò addosso, e il mostro emise un gorgoglio dolorante che le fece vibrare le dita strette al manico del coltello. Poi Anja si accovacciò e si scagliò contro le labbra mollicce. Il mostro sobbalzò e la sputò con forza.

Anja rotolò sulla collina erbosa e ricadde sulla schiena, ansante. Il rosperonte gracidò rabbioso e la seguì con incedere flaccido e pesante.

La donna si rialzò e si voltò ad affrontarlo. Era chiaro che non avrebbe potuto correre via abbastanza in fretta… maledetta lingua lunga. Pulendosi le mani viscide sulla gonna per non perdere la presa sul coltello, Anja si mise in posizione.

Schivò il primo attacco di lingua, poi il secondo; fece tre rapidi passi e saltò sopra il muso della bestia. Si aggrappò al corno e infilò il coltello nell’occhio di destra. Il mostro, trillando di dolore, si dibatté e la scagliò all’indietro.

Per un attimo senza peso, Anja perse la percezione del sotto e del sopra. L’impatto con l’acqua dello stagno fu doloroso. Anja sprofondò per parecchi metri prima di riuscire a ritrovare la forza di dibattersi e risalire. Riemerse tossendo e lacrimando, con la bocca piena di acqua fangosa.

Il rosperonte avanzava ora minaccioso verso lo stagno. La pelle grassa e orribile gli ballonzolava addosso. La fissava truce con l’unico occhio buono; nell’altro era rimasto conficcato il coltello.

Anja prese un respiro ansioso e cercò di avvicinarsi alla riva. Se quel mostro riusciva a entrare in acqua, per lei era la fine.

Un orrendo rumore di carne lacerata la bloccò nel bel mezzo di una bracciata. Si fermò e vide il rospo voltarsi verso qualcosa - Miles? - no, era qualcuno.

Anja riprese a nuotare con rinnovato rigore. Pregò Dio e, nel dubbio, anche gli altri dèi. Forse non sarebbe morta nemmeno quel giorno.

Strisciò in ginocchio fino alla riva fangosa e vide un uomo armato di spada schivare un attacco del rosperonte. Lo sconosciuto saltò di lato e tranciò di netto la lunga lingua rosa che era saettata verso di lui. Il mostro gracidò inferocito, scosse l’enorme corpo molliccio e lo caricò; l’uomo scartò di lato con eleganza, piegando la lama di lato e squarciando il fianco del rospo gigante.

Anja lo ammirò immagata. Da dove era spuntato fuori, quello? L’agilità, la tecnica. Era perfetto. Esattamente quello che le serviva.

Lo sconosciuto balzò agile sopra la testa del mostro proprio come aveva fatto Anja: ma la spada fu decisamente più efficace del piccolo coltello da erbe della botanica. La donna si fece un appunto mentale per cominciare a tirare di scherma.

Infilzato nel cervello, il rosperonte gorgogliò, si dibatté e, infine, si accasciò allargandosi al suolo in una massa flaccida e informe.

L’uomo estrasse la spada lorda di sangue viola e tornò con un agile salto sulla collina erbosa. 

Ricoperta di fango e bava, Anja si tirò in piedi. Si sentiva ammaccata, dolorante, e aveva in bocca un sapore ferroso.

Lo sconosciuto la studiò dalla testa ai piedi con espressione diffidente. Anja sentì i muscoli rilassarsi a quell’ispezione, e ricambiò lo studio. L’uomo aveva i capelli grigi, ma un viso sbarbato e senza rughe. Diversi orecchini d’oro gli brillavano su entrambi i lobi. Gli occhi erano chiari, seri, scrutatori; la bocca una linea dritta e severa. Non doveva avere più di trent’anni. Indossava abiti semplici: un farsetto da viaggiatore, pantaloni e stivali. Ma ad Anja non sfuggì l’elsa dorata della spada.

“Non sei ferita”. Non era una domanda.

“No” confermò Anja, incerta. “E... grazie”.

L’uomo annuì e si chinò per pulire la spada insanguinata sull’erba. 

La mente di Anja corse veloce. Era un ranger? Un cacciatore, magari? Un mezzelfo prezzolato? Di certo non era la prima volta che accoppava bestie grosse come carri: su questo ci avrebbe scommesso. Ma allo stesso tempo aveva un’aria aristocratica atipica per un furfante di strada, e non la stava fissando con gli occhi avidi di un cane affamato. Decise che era un rischio che poteva correre.

“È il tuo lavoro?” chiese. 

Lo sconosciuto non la guardò. “Cosa?”.

“Uccidere mostri”.

“No”.

Anja aveva forti dubbi al riguardo. L’aveva visto combattere. Era ben impostato, aveva una tecnica precisa, ed era veloce: pareva proprio un ammazzamostri coi controcazzi. 

“Posso pagarti”.

Per un attimo, l’uomo smise di pulire la spada. Poi riprese: “Non voglio i tuoi soldi”.

“No, intendo: voglio assumerti.” 

Lo sconosciuto alzò gli occhi, stupito. “Cosa?”

“Assumerti. Ho delle… cose da fare, nei prossimi giorni. E per farle mi serve protezione. Di solito assumo un ammazzamostri locale; costa caro, ma conosco i miei limiti. E i licantropi sono molto al di là delle mie capacità. Capacità che tu…” fece un gesto verso la spada “chiaramente hai”.

“Licantropi”. 

“Sì. Sono in calore. Difficili da prevedere”.

L’uomo non disse nulla. Fissava un punto imprecisato alla sinistra di Anja, meditabondo. Anja osservò la spada con l’elsa d’oro, le gambe muscolose, le spalle larghe. Sì, lui sarebbe andato benissimo. 

“Ti pagherò” continuò. “Non oggi, ma tra tre giorni sono attesa da una mia cliente, una strega che vive a Oswald. Se verrai con me avrò allora abbastanza soldi per pagarti tutti i giorni di servizio…” Anja fece un ampio gesto a indicare il fango che la ricopriva “oggi compreso”.

Questo sembrò convincerlo. Si accordarono per il pagamento e per la strada da percorrere fino alla città.

È stato facile, rifletté Anja, scegliendo di ignorare la celerità sospettosa con cui l’uomo aveva ceduto alla sua richiesta. Le serviva un ammazzamostri, e le serviva in fretta: avrebbe dovuto farselo andare bene.

Si udì un lieve sbuffare e Anja si voltò per vedere ricomparire Miles in cima alla collina. Il cavallo, rilassato e soddisfatto, si mise a brucare l’erba vicino all’ammasso del rosperonte morto. Inutile cavallo. 

Se Miles era ricomparso, il coltello che Anja aveva conficcato nell’occhio del mostro invece era sparito; doveva essere saltato via nella colluttazione con il nuovo arrivato. Peccato, era il suo preferito. La donna sospirò e tirò fuori un secondo coltello, più piccolo. Chiedendosi distrattamente come diavolo fosse arrivando un rosperonte lì alle porte di Berg, Anja si avvicinò alla carcassa. Con perizia chirurgica estrasse dall’orbita molliccia l’occhio buono e lo avvolse in un panno pulito. Lo mise con cura nello zaino pensando che tutto sommato non le era andata male: un occhio di rosperonte Victor gliel’avrebbe pagato bene.

Poi si tolse la gonna e si lavò alla bell'e meglio nello stagno delle vacche. Immerse i capelli nell’acqua verdognola e cambiò gli abiti luridi con gli unici altri che aveva a disposizione nel suo bagaglio. Non doveva essere un bel vedere, ma sempre meglio che tenersi addosso il tanfo di rospo morto.

Lo sconosciuto l’aveva aspettata di fianco al proprio destriero, un bel cavallo baio, senza mai guardare nella sua direzione. Anja lo osservò di soppiatto e pregò di non aver riposto male la sua fiducia.

“Come ti posso chiamare?” gli chiese, salendo a cavallo.

L’uomo parve sorpreso da quella domanda, fece un colpo di tosse, e poi pronunciò un insieme di suoni e sillabe incomprensibili. Colse subito il dilemma nell’espressione della ragazza. “Le lingue del nord sono complesse" concesse. Montò anche lui la sua cavalcatura. “Una traduzione approssimativa potrebbe essere “Colui che segue le tracce”.

Anja rifletté. “Come si dice “tracce” nella tua lingua?”

Lo sconosciuto disse qualcosa che suonava come “Rivensheghedre”.

“Uhm, no. Ancora troppo lungo. Che ne dici di Riv? Riven?”

“Riven andrà bene, immagino”.

Il sole stava tramontando dietro le colline. Non ci avrebbero messo molto ad arrivare alla Croxera, la locanda all’incrocio prima di Berg, ma dovevano darsi una mossa.

Mentre osservava il cielo farsi lilla e arancione, e il vento profumato di abete rosso le asciugava i capelli, Anja pensò che era piacevole essere ancora vivi. 

I due neo compagni di viaggio si incamminarono, fianco a fianco, lungo la strada.

   
 
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