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Autore: EmmaJTurner    08/08/2023    3 recensioni
Anja, botanica che sopravvive con la sua arte raccogliendo e vendendo erbe ai clienti più disparati nella regione fantastica di Zolden, stavolta ha scelto una missione pericolosa: raccogliere fiori di sambuco durante la luna piena. Anja assume quindi Riven, di professione ammazzamostri, per proteggerla dai licantropi.
Anja e Riven, all’inizio concentrati nel loro quieto vagabondare in splendidi boschi traboccanti di specie botaniche e creature fatate, capiranno presto di condividere un raro legale di sangue che per il loro bene - e quello di tutti - deve essere spezzato.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Artemisia

Anja cominciava a sospettare che Riven non fosse del tutto umano. Alla locanda lo fissavano tutti e, in effetti, c’era di che fissare.

Intanto, nonostante i capelli grigi tagliati male, Riven era bello. Il suo viso era regolare, senza una macchia, un brufolo, una cicatrice. E la cosa si notava particolarmente in confronto alla gentaglia butterata che frequentava la taverna. 

Secondo, Riven indossava un’eccessiva quantità di oro per essere un normale viandante. Cerchietti d’oro e pietre preziose alle orecchie, catenine d’oro che si intravedevano sotto il colletto aperto della camicia e, Anja lo notò quando si tolse i guanti per mangiare, indossava anelli d’oro in quasi tutte le dita.

Infine, Riven non guardava nessuno. Il suo sguardo era perennemente fisso a destra o a sinistra della faccia del suo interlocutore. Il che, pensava Anja, poteva farlo rientrare nella categoria di certi incantatori, delle driadi o delle sirene.

Durante il viaggio verso la locanda, Riven era riuscito nella sottile arte di rispondere a tutte le sue domande senza rispondere veramente, il che aveva divertito e infastidito Anja in egual misura.

Da dove veniva? Dal nord. Che lavoro faceva? Quello che capitava.

Il rumore di un vetro in frantumi la riportò al presente. La locanda all'incrocio era il solito guazzabuglio di mercanti, viaggiatori e prostitute. C’era un gruppo di elfi oscuri in un angolo, i loro occhi truccati di nero, e al tavolo di fianco uno stregone discuteva con un tizio con un furetto attorno al collo. Il solito, insomma.

Anja bevve un sorso di birra e riportò l’attenzione sull’uomo di fronte a lei.

“Allora. Ci sono cose utili che dovrei sapere su di te?”. 

Riven non si mosse. Guardava un punto imprecisato tra la testa di Anja e il corridoio. “Dipende da che cosa vuoi sapere”.

Ovviamente. Sia mai farla facile.

“Come te la cavi con piccoli incantesimi? Hai già affrontato fantasmi, vampiri o licantropi?”

Riven ci pensò su. “Me la cavo. E so come trattare la maggior parte delle creature magiche”. 

Anja osservò lo scintillare dei suoi anelli, cercando un emblema, un simbolo, qualcosa che le dicesse di più su quell’uomo che giocava a fare il misterioso. “Sai guarire ferite magiche?”.

“Non bene come una persona addestrata a farlo, ma sì”.

“Incantesimi di protezione?”.

“Solo di piccolo raggio”.

“Arco e frecce?”.

“Non è la mia dote migliore”.

“Qual è la tua dote migliore?”.

“Non rivelare qual è la mia dote migliore”.

Aspetta aspetta. Era forse una battuta? Anja si morse l’interno della guancia. Riven non la guardò, ovviamente, ma fece un mezzo sorriso verso il bancone della taverna. 

Ah, ma allora ce l’ha un’anima! Anja, soddisfatta, nascose il suo, di sorriso.

“Olalà, ma chi si vede!” il garzone del locale, Eric, si parò di fronte al loro tavolo con le mani sui fianchi, alto e compiaciuto. Studiò Anja e fece una smorfia. “Ma che hai fatto ai capelli? Sei orrenda”.

“Come sempre, Eric, non sono fatti tuoi”. 

Non si meritava la storia della sua avventurosa discesa nel vulcano di Hekla, che le aveva bruciato capelli, sopracciglia e una parte consistente del suo bagaglio. Grazie a Dio adesso le sopracciglia erano ricresciute, ma i capelli raggiungevano a malapena le spalle in ciocche scomposte.

“Bè, quando ti cresceranno di nuovo, fai un fischio. Il mio letto è freddo e vuoto senza di te” le fece l’occhiolino e le diede un buffetto sulla guancia. 

Anja si ritrasse con un naturale moto di disgusto. Lo guardò allontanarsi baldanzoso per andare a importunare altri clienti. “Blah” commentò. 

Guardò Riven. Se anche lui aveva dei commenti onomatopeici da fare in proposito, non li fece; ma il sorriso di poco prima era sparito. 

***

La sua camera in quella bettola era sempre la stessa: seconda porta a destra, quattro letti di paglia, un focolare, un tavolino con due sedie. Una reggia, in confronto ad altre topaie in cui era solita dormire.

Chiese a Riven di accendere il fuoco mentre lei si cambiava. Dopo qualche minuto però, lo trovò ancora a fissare il focolare spento.

“Tutto a posto?”.

Silenzio. Riven sembrò alle prese con una lotta interiore. “Non so come fare” ammise infine.

Anja nascose un sorriso e non disse nulla per non ferire il suo ego. Prese la piccola pietra focaia in dotazione, le sterpaglie secche posate in un angolo, e attizzò il fuoco.

In silenzio, guardarono le fiammelle prendere vita.

Anja si voltò verso di lui e cercò di metterla giù nel modo più delicato e meno razzista possibile. “Tu non frequenti molto… queste zone, vero?” 

Lui parve ancora più irritato di essere stato colto in fallo. Fissò le fiamme, poi il muro. “No. Non frequento… queste zone” rimarcò. 

Anja colse l’innuendo, e capì che lui aveva capito che lei aveva capito. Alzò le mani in segno di pace. “Ok, ok. Non è un problema”. Gli sorrise incoraggiante. “Ti guiderò io per le cose essenziali”. L’irritazione non lasciò il suo viso, ma le parve un po’ meno preoccupato.

Si misero d’accordo per un paio di consegne che Anja doveva fare il giorno seguente e si infilarono nei due letti più vicini al calore del fuoco. 

“Buonanotte” disse Anja. 

Lui non rispose. Fissava il soffitto; Anja vedeva il suo profilo rosseggiante alla fiamma del camino.

Anja apprezzò molto che lui non la considerasse nemmeno. In genere gli altri ammazzamostri ci provavano a recuperare una sveltina, e lei doveva rimetterli al loro posto a ginocchiate sui genitali. Questa era un’interessante novità.

Anja, sentendosi estremamente rilassata, si addormentò.

***

“Non pagherò più di sei navok per questa robaccia”.

Anja richiamò a sé tutta la pazienza di cui era capace. Studiò per un lungo momento la donna davanti a sé: i dreadlocks biondo sporco annodati in cima alla testa, i piercing sul naso e sul labbro inferiore, i tatuaggi sul collo e sulle mani che indicavano la sua appartenenza al clan di Neo, le unghie affilate. Tutto in lei gridava: attenzione, vampiro.

Anja serrò la mascella in un sorriso cordiale che non raggiunse gli occhi. “Allora non abbiamo un accordo”. Agguantò le fiale allineate sul tavolo e le rificcò nella borsa con malcelato fastidio. 

La vampira non si mosse, lo sguardo sdegnoso. 

Anja non si premurò di salutare e si avviò verso l’uscita. Non vedeva l’ora di andarsene, in realtà: la comune in cui viveva il clan dei vampiri di Berg era male illuminata e odorava di muffa. Oltre ad essere intrinsecamente inquietante, essendo il domicilio di una decina di creature che si nutrivano di sangue umano.

“Non badare a Clio” la fermò una voce suadente. 

Anja, una mano già sulla maniglia, alzò gli occhi al cielo e si voltò.

Un vampiro alto, scuro e spettinato si fece avanti. Barba lunga, occhi spiritati, un sorriso indolente e tatuaggi dal collo in giù: Neo.

“Ecco i tuoi dodici navok” le disse, allungandole i soldi.

“Era ora”. Anja afferrò i soldi e consegnò la merce: sei fiale di liquore di artemisia. Il liquido rosso scuro sbandò e ondeggiò quando Neo ne sollevò una davanti al viso. Alla ragazza non sfuggì la patina opaca che copriva le iridi del vampiro. Si era fatto da poco.

“Clio non è… in questo stato” le sorrise Neo, i canini scintillanti nella semioscurità “da abbastanza tempo da saper riconoscere un distillato fatto come si deve. Ma io sì”. Il vampiro si mosse verso di lei. “E so bene che la nostra piccola Anja è tra le migliori a procurare… quello che serve” scandì, faccia a faccia. Un fetore metallico le colpì le narici, ma Anja non indietreggiò.

“Grazie, Neo. È sempre un piacere fare affari con voi”.

Neo le sorrise, lento e indolente come un gatto. “Piacere mio. E mi serviranno altre fiale per il prossimo mese”.

“Puoi contare su di me”.

“Splendido. Sai che sono sempre felice di averti qui. Il tuo sangue ha un odore delizioso”.

“Non è la prima volta che me lo dicono”.

“Splendido”.

Una volta fuori, Anja si scrollò di dosso il senso di disagio come un cane bagnato. Riven la stava aspettando appoggiato al muro, braccia incrociate e sguardo fisso sul selciato.

“Fatto?” le chiese.

Anja gettò un’occhiata a Neo che la salutava pigramente dall’uscio. “Fatto”.

Anche Riven guardò verso la comune. “Che se ne fanno i vampiri dell’artemisia?”

“Con l’artemisia si fa un liquore vagamente neurostimolante che i vampiri usano per allungare il sangue umano, che costa molto caro - e che io non vendo, ovviamente; non sono ancora così disperata” spiegò lei, scansionando la sua lista. 

“Ottimo” disse Anja. “Ora dobbiamo andare da Victor. Da questa parte”.

Si incamminarono verso il centro del paese. Berg era un piccolo paesotto di montagna, con case bianche, spioventi tetti di legno e vasi di gerani alle finestre. Essendo al centro di una valle stretta e lunga, era tappa obbligata per gli uomini e le donne che scendevano regolarmente dal nord, nonché rifugio per molti non-umani stufi di vagare per le montagne limitrofe. 

Passando per il centro, furono obbligati ad attraversare il mercato. Anja ne approfittò per comprare il pranzo e occhieggiare alcune collane in vendita. Riven quasi si lasciò convincere da una vecchia driade incappucciata ad acquistare un amuleto contro il malocchio. Anja lo trascinò via. 

Victor era il farmacista e chimico locale, un grazioso vecchietto con gli occhiali tondi e una passione per le bestie in salamoia, che teneva in esposizione sullo scaffale dietro il bancone del negozio. 

“Hey, Victor” salutò Anja al suono della campanella d’ingresso; Riven entrò dietro di lei.

Victor era seduto dietro il bancone. Alzò gli occhi lattiginosi dal taccuino che stava compilando e le fece un flebile sorriso. “Anja carissima! Che piacere rivederti”.

Il negozio era stipato di ogni genere di strumenti e ingredienti utili per uno speziale. Oltre i barattoli con le bestie in salamoia - vipere, rane, uova di dubbia provenienza - Victor teneva in bella vista vasi, mortai, torchi, bilance, scartole, ceste di vimini, bottiglie, alambicchi, spatole; e poi barattoli ricolmi di spezie, mazzi di erbe essiccate, succhi e sciroppi e oli, pozioni e unguenti, funghi secchi e frutta disidratata. 

Anja strinse la mano che l’uomo le porgeva. “Ti ho portato l’asfodelo che mi hai chiesto - e ho anche una sorpresa". Anja tirò fuori l’occhio di rospedonte avvolto nel fazzoletto e lo porse all’uomo. 

Victor si aggiustò gli occhiali sul naso e prese il pacchetto. 

“Oh. Oh. È assolutamente perfetto” disse dopo averlo svolto e osservato controluce. “Dove l’hai trovato?”

“Sai che non rivelo i miei segreti. E poi…” Anja guardò in modo eloquente Riven al suo fianco “non è un luogo in cui consiglierei di andare da soli”.

Victor posò l’occhio sul bancone e studiò Riven da sopra gli occhiali. “Un nuovo ammazzamostri, eh?”.

Riven fece un cortese cenno di capo.

“Bene, bene. Sono contento che prendi le tue precauzioni, Anja. Se ne sentono sempre di peggio, ultimamente”. Trafficò un po’ alla cassa per prelevare i soldi.

“Sono quattro per l’asfodelo, e… quindici per l’occhio di rospedonte?”

“Un occhio di rospedonte perfetto”.

“E venti sia. Tieni, ventiquattro navok”.

Anja consegnò l’asfodelo e arraffò i soldi, che infilò nel borsello che teneva sotto il corsetto.

Victor osservò i grossi mazzi e annuì soddisfatto. “Bene, bene. Tu sì che sai cosa vuol dire lavorare, Anja. Non come quello scellerato di La Mora, che ha tentato di rifilarmi del crocus sativus al posto dello zafferano”.

“Lascia perdere La Mora, è un idiota e un truffatore”.

Victor scosse la testa. “Ah, non avere più le gambe per raccogliere io stesso le erbe come quando ero giovane!”

“Sono io le tue gambe” replicò Anja “E le tue mani, e i tuoi occhi. Basta che mi dici cosa ti serve, e io te lo porterò”.

Victor le sorrise e posò una mano rugosa sulla sua. Poi si rivolse a Riven: “Tienicela al sicuro, ammazzamostri. Anja è una persona perbene. Una delle ultime rimaste, temo”. 

La porta sul retro si aprì con un cigolio. Una testa sbucò dall’uscio, guardò dentro il negozio e subito si ritrasse.

“Jolene, tesoro, entra” disse Victor con voce dolce. “È solo Anja con il suo accompagnatore”.

La testa apparve di nuovo, seguita dal corpo di una ragazzina vestita alla montanara. Teneva gli occhi bassi e un folto ciuffo di capelli castani le copriva la parte sinistra del viso. 

Victor frugò sotto il bancone. Ci fu un tintinnio di vetri spostati. “Ecco qui” disse infine, rialzandosi. Porse alla fanciulla un’ampolla con un liquido giallo chiaro all’interno.

Anja sapeva cos’era quell’ampolla. Lanciò un’occhiata discreta alla ragazza che stava già nascondendo la bottiglia sotto il mantello, e lo vide. Il marchio dei licantropi le segnava la guancia sinistra, una grossa X che le deturpava il viso dallo zigomo alle labbra.

La ragazzina mormorò un ringraziamento e si dileguò da dove era arrivata.

Victor scosse la testa “Che disgrazia”. 

Anja non commentò. Acquistò dell’unguento di achillea e chiese se aveva ancora disponibile del sangue di drago.

“Sangue di drago? No, mi spiace cara. Rogart non me l’ha più portato. Introvabile ultimamente, dice”.

“Non fa niente”. Anja salutò Victor e uscì dal negozio. 

***

Anja aveva terminato le sue consegne a Berg. Recuperarono cavalli e bagagli e si avviarono lungo la strada principale che costeggiava il fiume al centro della vallata.

Finalmente lontani dal rumore e dall’odore della gente, Anja inspirò l’aria profumata di pino e di acqua di sorgente e si sentì subito meglio. Accarezzò la criniera grigia di Miles e gli fece pat pat sul collo.

“Quindi, è questo che fai?” la sorprese Riven. Stava diventando sempre più ciarliero, pensò Anja. Il che era positivo; lei amava parlare. Poteva parlare per ore.

Anja lo guardò. “Che intendi?”

“È questo il tuo lavoro?” chiarì lui.

“Ah. Bè… sì. Sono una botanica. Raccolgo erbe magiche e officiali e le vendo a chi ha soldi per comprarle. Maghi, streghe, guaritori, chimici, vampiri - ormai ho una lista di clienti abituali piuttosto lunga”.

“E ti piace”. Non era una domanda.

“Mi piace” rispose comunque Anja.

Riven annuì, pensoso. Anja cercò di interpretare il suo silenzio e fallì. Non capiva niente di quell’uomo. Nascondeva qualcosa, era chiaro, ma Anja non aveva idea di dove partire per sbrogliare quella particolare matassa di capelli grigi e orecchini d’oro. E sì che di persone strambe, in vita sua, ne aveva incontrate parecchie.

“E il tuo, di lavoro?” tentò, poco fiduciosa di scoprire qualcosa di utile.

“Al momento sono impiegato come ammazzamostri per tenere al sicuro una persona perbene”.

Anja, suo malgrado, ridacchiò. “Ah, capisco. Nobile causa. Spero che sia altrettanto di tuo gradimento”.

“La paga è buona. E finora ho dovuto solo infilzare un rospo gigante e fare una passeggiata al mercato”.

“Un sogno. Fammi sapere se si aprono nuove posizioni”.

“Lo farò”.

Anja, stupita, sorrise di nuovo. Aveva apprezzato il sommesso tentativo di scambio di battute. 

Riven la guardò - no, non negli occhi, ovviamente: perlopiù nella zona mento/collo - per un attimo. Aveva un mezzo sorriso sulle labbra.

Le chiacchiere, lo scroscio del fiume, il profumo del bosco d’estate. Anja si sentì di buon umore.

   
 
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