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Autore: EmmaJTurner    17/08/2023    4 recensioni
Anja, botanica che sopravvive con la sua arte raccogliendo e vendendo erbe ai clienti più disparati nella regione fantastica di Zolden, stavolta ha scelto una missione pericolosa: raccogliere fiori di sambuco durante la luna piena. Anja assume quindi Riven, di professione ammazzamostri, per proteggerla dai licantropi.
Anja e Riven, all’inizio concentrati nel loro quieto vagabondare in splendidi boschi traboccanti di specie botaniche e creature fatate, capiranno presto di condividere un raro legale di sangue che per il loro bene - e quello di tutti - deve essere spezzato.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno
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Belladonna 

Oswald, come tutte le città di Zolden con più di diecimila abitanti, aveva due maghi ufficialmente assegnati: la prima era Thalia, all’anagrafe Nathalia Marie-Odile de Boyer; il secondo era Zachary Cleremont. 

Anja aveva già avvisato Riven che avrebbero dovuto fare una breve deviazione alla dimora del mago: era lui, infatti, il mandante dei maledetti fiori di sambuco. Furono da lui in appena mezz’ora di cavallo. Anja non dovette nemmeno avvertire Riven quando arrivarono a destinazione: Zachary, a differenza di Thalia e al suo anonimo cottage di mattoni rossi, ci teneva a rendere evidente il suo status di mago a chiunque passasse davanti alla sua residenza. 

Zachary Cleremont, mago patentato di Oswald, viveva in una torre incantata appena fuori dalla città, sul limitare del bosco. Edera rossa e fiori rampicanti avvolgevano le pietre grigio-viola dell’edificio in spire graziosamente accordate, salendo quasi fino al tetto spiovente di coppi rosso carminio. Da tutti i lati si potevano ammirare finestre con vetri colorati; un portone di legno intagliato e dipinto d’oro sprangava l’ingresso. Il giardino era circondato da una recinzione di radici magiche che impediva agli ospiti non graditi di avvicinarsi alla torre.

Anja e Riven smontarono da cavallo e si avvicinarono al cancello, anch’esso di radici intrecciate. Un merlo di pietra, incastonato sulla sommità di una piccolo colonna di sassi, girò la testa verso di loro. 

“Botanica e ammazzamostri. Siamo qui per Zachary” scandì Anja ad alta voce. 

Il merlo spalancò il becco di pietra. Non uscì alcun suono, ma un lampo di magia rossa guizzò appena lungo il cancello, che si districò in un fruscio erbaceo, arricciandosi ai lati di un sentiero di ciottoli neri. Anja e Riv avanzarono sui ciottoli verso la porta della torre, che si spalancò senza che dovessero bussare. Senza una parola, i due entrarono nella casa del mago.

Anja, nel suo peregrinare, aveva visitato le dimore di maghi e streghe di tutta la regione, ma doveva ammetterlo: nessuna aveva lo stile di Zachary. Il mago curava la sua casa come un museo in cui esibire i frutti del suo lavoro e i ritrovamenti dei suoi viaggi; viaggi che tutt’ora, Anja sapeva, lo tenevano occupato per molti mesi l’anno. 

I bagliori del fuoco danzavano sulle pareti di pietra della stanza rotonda della torre, coperte di arazzi e cartine geografiche color seppia. Armi, maschere e feticci misteriosi riempivano i mobili; sulle mensole erano allineate decine di boccette e ampolle di colori diversi. Cornici con farfalle infilzate decoravano la parete est; la parete ovest era invece occupata da enorme camino di marmo, in cui scoppiettava un fuoco di un rosso troppo intenso per essere naturale. Un calderone sobbolliva sulle braci, riempiendo la stanza di un profumo pungente di curcuma e cumino. Tavoli di diverse misure e poltrone scompagnate ingombravano la stanza. Un merlo - vero, stavolta - li fissava da una gabbia dorata appesa al soffitto, da cui pendevano anche diversi mazzi di aglio e erbe essiccate. Un senso di calore e di sensualità esotica permeava ogni oggetto di quella stanza. 

Zachary, flamboyant come sempre, li accolse con un gran sorriso e braccia spalancate. “Oh, Anja!” esclamò con sincera sorpresa. “Non ti aspettavo più ormai!”.

Alto e slanciato, il mago indossava pantaloni rossi e un farsetto viola slacciato sul petto, su cui baluginava un pendente d’oro con incastonato uno smeraldo grosso come una noce. Sotto i capelli ricci e scuri, il suo viso color del bronzo splendeva nella luce rossa del focolare, evidenziando le piccole rughe di espressione degli occhi a mandorla, che parevano sempre arcuati in un sorriso segreto.

“Ho saputo del tuo… imprevisto” continuò lui. Gli occhi scuri del mago saettarono tra lei e Riven. Anja non riuscì a leggere la sua espressione. Cosa gli aveva riferito Thalia, di preciso? Non le piaceva non saperlo. Zachary era un buon cliente, ma un personaggio imprevedibile.

Anja assentì. Il mago sorrise e diede loro il benvenuto; poi fece un gesto verso il tavolo più vicino al camino scoppiettante. “Non statevene lì sulla porta, su; accomodatevi, accomodatevi. Posso offrirvi da bere?” chiosò, trafficando con un vassoio che levitò fino a loro.

Anja e Riven si sedettero sulle poltrone imbottite e osservarono due bicchieri riempirsi in autonomia di liquido di colore legnoso.

Il mago si sedette a sua volta, le lunghe gambe accavallate con grazia, il bicchiere trattenuto appena con tre dita. Con la mano libera si accarezzava la corta barba curata.

“Allora. Una storia bizzarra, eh?” esordì, la voce trasudante di una malizia esagerata. I suoi occhi saltavano tra lei e Riven, studiandone ogni movimento.

Anja registrò Riv muoversi a disagio sulla sedia. La ragazza prese la parola. “Thalia ci ha detto della tua… teoria” fece un pausa. “E potrebbe essere corretta”.

Il viso di Zachary si aprì in un sorriso soddisfatto. “Certo che è corretta. Gli indizi erano chiari, e adesso che vi ho qui nella stessa stanza, vi dico che chiunque mago di un certo livello potrebbe capirlo solo guardandovi. Di certo, per me è evidente: fa decisamente più caldo da quando siete entrati”.

Anja si allarmò. Lei e Riven erano stati attentissimi a non guardarsi per tutto il giorno, ma se la cosa era comunque così evidente a chiunque avesse del potere magico, Thalia aveva ragione: non potevano andarsene in giro indisturbati.

Zachary parve divertito dalla sua espressione. “E, se posso chiedere” continuò, uno scintillio avido negli occhi “cosa avete intenzione di fare, ora?”.

Anja lanciò un’occhiata a Riven e valutò rapida cosa rivelare a Zachary. Coglione o no, Thalia si era fidata di lui, giusto? Si morse il labbro e prese una decisione. “Andiamo da Delacourt”.

“Orion, Delacourt?” Zachary non riuscì a nascondere la sua sorpresa. “Nathalia vi ha indirizzato da lui?”.

“Sì”.

Zachary riassorbì la sorpresa nel suo solito sorriso. “Lei saprà sicuramente cosa è meglio fare”.

Con la coda dell’occhio Anja vide una penna alzarsi e scribacchiare su una pergamena. Non disse niente.

“Molto bene. Ma è chiaro che non siete qui per chiacchierare con me. Avete delle cose interessanti da mostrarmi, non è così?”.

Anja tirò fuori le ampolle di aceto in cui marinavano i fiori di sambuco e le posò con delicatezza di fianco al vassoio con i bicchieri. “I fiori che hai chiesto”.

“Ottimo. Cento navok per tutte le fiale”.

“Cento?” rise Anja. “Sai bene che valgono il doppio. Sono fiori di sambuco raccolti alla luna piena. Ho rischiato la pelle per averli”.

Lo sguardo di Zachary cadde sul bendaggio che le spuntava sopra il corsetto. “E io ti ammiro moltissimo per questo; ma sono tempi duri per tutti, e duecento navok sono, francamente, un’esagerazione”.

“Posso partire ora e venderli a Victor per trecento”.

Zachary la fissò per sventare il suo bluff. Quando vide che era seria, fece un rapido cenno di capo. “Vada per duecento”.

Con un pigro movimento di dita, Zachary aprì un cassetto e il denaro volò dritto nel grembo di Anja. Allo stesso tempo, le ampolle si alzarono dal tavolo e corsero a nascondersi in una credenza.

Il mago prese un sorso del suo drink. “Come sta la mia cara Nat?”.

Anja pensò al conato di vomito che avrebbe avuto Thalia a sentirsi chiamare “la mia cara Nat” da Zachary Cleremont. “Sta bene. Devo ringraziare lei se ora sono qui a parlare con te”.

“Ah sì, la magia curativa è sempre stata il suo forte; anche quando eravamo a scuola, era la migliore. Avrebbe potuto fare grandi cose, grandi cose davvero” disse il mago, pensoso. 

Anja, distratta da una collana di denti umani esposta su una mensola, non fece commenti. Né toccò il suo bicchiere. Non beveva mai dai suoi clienti.

Zachary si riscosse dai suoi ricordi dell’accademia e tornò a chiacchierare. Dopo essersi accordati di incontrarsi tra due mesi per altri fiori di sambuco e aver ricevuto un ambiguo buona fortuna, Anja e RIven uscirono dalla casa del mago.

Appena le radici magiche si richiusero dietro di loro e il merlo di pietra riprese la sua posizione originaria, Riven disse: “Lui non mi piace”.

Anja inarcò le sopracciglia. “Zachary? Di certo gli piace fare scena, ma non è cattivo. Thalia lo conosce dai tempi della scuola e lo detesta con passione, ma si fida abbastanza di lui da avergli chiesto aiuto per… il nostro caso. Possiamo fidarci anche noi”.

Riven disse qualcosa che suonava come “mphf”.

***

“La belladonna cresce un po’ dappertutto in queste zone di montagna, soprattutto ai margini dei boschi di faggio. È questa qui, vedi? Questa con le bacche scure e la corona a stella. È una pianta della famiglia delle solanacee, come i pomodori e le patate. Si chiama così perché in passato il succo delle bacche veniva usato dalle dame di corte per abbellirsi: applicato sugli occhi fa dilatare la pupilla, donando un aspetto piacevole, suppongo. Non la proverei, comunque: nonostante l'aspetto invitante e il sapore dolce, le bacche sono velenose. L'ingestione provoca sete, nausea, delirio, allucinazioni, convulsioni e morte. Però, siccome agisce sul sistema nervoso, può essere usata anche come afrodisiaco e come rilassante in caso di interventi chirurgici”. 

C'erano due giorni di viaggio tra loro e la cittadina di Alega, dove avrebbero trovato Delacourt nel suo castello fuori mano. Quindi Anja, ovviamente, ne aveva approfittato per raccogliere belladonna. Era la stagione perfetta ed era bastata una piccola deviazione per trovare il posto in cui ne cresceva in abbondanza.

Inoltre, Anja aveva bisogno una distrazione. Con Riven così vicino, da soli, ora che sapeva quello che sapeva, si sentiva perennemente sull’orlo di qualcosa. Non poteva fissarlo tutto il tempo come un cazzo di girasole. Preferiva di gran lunga trovarsi qualcosa di utile con cui occupare occhi e mani. Ergo, la belladonna.

Ma Riven non sembrava intenzionato a lasciarla da sola nemmeno per un minuto. Mentre lei raccoglieva grosse manciate di bacche nere, lui si era appoggiato ad un tronco d’albero e la guardava.

Il faggeto era rigoglioso a quella altitudine. Anja non si stancava mai di ammirare la luce che filtrava tra le fronde. Inspirò il profumo di bosco a pieni polmoni e cercò di ignorare la sensazione di inusuale benessere che le scivolava lungo il collo.

“Duecento navok per il sambuco” disse Riven con tono meditabondo “e ne dai cento alla tua scorta. Un magro bottino per rischiare la vita ogni luna piena”.

Anja continuò a pizzicare le grosse bacche di belladonna e a depositarle nel suo cestino triangolare. “Raccogliere artemisia per i vampiri è poco al di sopra dello spaccio di droga; raccogliere sambuco per la pozione antilupo perlomeno mi permette di illudermi che quello che faccio è utile”. 

Riven non parve troppo colpito dalla risposta. Anja roteò gli occhi e gli concesse un barlume di sincerità. “Una persona a me cara ha sofferto molto a causa di un morso di licantropo. Non sempre la pozione antilupo era disponibile per alleviare i sintomi. Quindi ora mi fa sentire meglio raccoglierlo per altri. È il mio modo per affrontare il dolore”.

Riven tornò a fissare un punto imprecisato tra gli alberi. “E a questa persona, cosa è successo?”

“È morta. Uccisa da un ranger di passaggio durante la trasformazione della luna piena”.

“Mi dispiace” disse Riven. Per un po’ nessuno dei due parlò. 

“So che, di fatto, rischiare la vita ora è inutile” disse Anja. “Ma era un caro amico d’infanzia, e gli esseri umani sono complesse creature sentimentali”. Accennò un sorriso malinconico; aveva già versato lacrime a sufficienza. Raccolse altre bacche di belladonna.

Un’intensa sensazione di affetto la pervase. Riven la stava guardando di nuovo. Anja deglutì. “Per favore, Riv… smettila di guardarmi”.

La sensazione svanì. Anja aveva riempito il cestino. Dopo una serie di “scusa” “grazie” e “andiamo?”, si riavviarono verso il sentiero.

Anja si chiese se i draghi provavano il loro stesso senso di perdita e di amore nei confronti dei loro simili. Si disse che probabilmente era così. 

“Com’è essere un drago?” chiese. I loro passi erano silenziosi sul tappeto di foglie e felci.

“Non male. A parte i paladini che ogni tanto arrivano alla mia porta con l’idea di uccidermi”.

Anja, sorpresa dalla piega inusuale la conversazione, ridacchiò. “Per avere il tuo oro?”.

Riven si strinse nelle spalle. “Oro, gloria, eventuale principessa che potrei aver rapito…”

“Hai rapito una principessa?”.

“Non ancora”.

 Anja sorrise divertita. “Devo dire che sono delusa. E a rubare il tuo tesoro? Qualcuno ci è mai riuscito?”.

“Solo una volta. Come saprai, un drago sa sempre se il suo tesoro viene spostato o rubato; e se succede, sa sempre dove ritrovarlo”.

Anja pensò alla catenina che portava al collo. “E cosa è accaduto a questo sventurato ladro?”.

“Ladra. Aveva preso solo un anello. Se l’è cavata con una bella ramanzina e qualche bruciatura. Non l’ho più rivista”.

“Sei un drago magnanimo”.

“Come la maggior parte della mia specie”.

Anja fece un altro risolino. Sentì di nuovo il suo sguardo su di lei, ma cercò di sopportarlo. Era, purtroppo, maledettamente piacevole da sopportare.

   
 
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