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Autore: Dani85    02/09/2023    2 recensioni
Dal prologo:
«Ancora nessuna notizia di Luca?»
Barbara scuote la testa perché no, non ha nessuna notizia di Luca. Niente, zero, non una telefonata né un messaggio. Alla faccia del "mi tengo in contatto io" con cui l'aveva salutata quel pomeriggio. E non è servito a nulla nemmeno tempestarlo di telefonate, visto che sono andate tutte a vuoto, squillo dopo squillo perso nei meandri di una segreteria telefonica. Barbara non sa spiegarsi il perché, ma quel silenzio la inquieta, è come un formicolare dietro il collo, il presentimento fisico di qualcosa che sta per andare molto molto male.
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What If? a partire da DdP11x02. Luca non muore ma, per tantissimo tempo, non vive nemmeno.
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Storia completa, capitoli postati il sabato e il mercoledì.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Gori, Elena Argenti, Luca Benvenuto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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NdA: La mia ultima storia nel fandom di Distretto di Polizia risale a 9 anni fa, praticamente una vita. All'inizio dell'estate, Simone Corrente è tornato in tv e io sono ripiombata nel tunnel senza uscita che erano DdP e, soprattutto, Luca Benvenuto. Lo spunto di questa storia è ispirato alla fiction "Una mamma all'improvviso", solo con un contesto meno leggero. Nessuna pretesa, solo il piacere di scivere di nuovo di questi personaggi, anche perché dopo tanti anni c'ho perso la mano. Spero quindi, che siano almeno un po' simili agli originali.
Se fa schifo prendetevela con Katia e Cristina che mi hanno incitato a scrivere, io non volevo XD
La storia è completamente scritta, i capitoli saranno pubblicati il sabato e il mercoledì. Buona lettura!
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Taodue srl; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. Gli elementi di mia invenzione, non esistenti in DdP, appartengono solo a me

Prologo - Oh and ain't life unkind

 

Oh and don't it feel sometimes
Like the whole damn world is conspiring against you

And ain't justice blind

Oh and ain't life unkind
[Got You - Noah Reid]

 

Pietro sta impazzendo, e non è colpa sua. La penna a scatto che picchia ogni due secondi sulla scrivania è ormai un tarlo nel suo cervello, fastidioso come il rintocco di un orologio impazzito, nefasto come il countdown di una bomba ad orologeria.

«Oh, la pianti?» chiede finalmente, un attimo prima che ad esplodere sia lui.

Barbara ferma la penna a mezz'aria, l'ultimo clic che si spegne nella quiete dell'ufficio.

«Scusa, è che sono preoccupata.»

«Eh, questo l'avevo capito. Ancora nessuna notizia di Luca?»

Barbara scuote la testa perché no, non ha nessuna notizia di Luca. Niente, zero, non una telefonata né un messaggio. Alla faccia del "mi tengo in contatto io" con cui l'aveva salutata quel pomeriggio. E non è servito a nulla nemmeno tempestarlo di telefonate, visto che sono andate tutte a vuoto, squillo dopo squillo perso nei meandri di una segreteria telefonica. Barbara non sa spiegarsi il perché, ma quel silenzio la inquieta, è come un formicolare dietro il collo, il presentimento fisico di qualcosa che sta per andare molto molto male.

«Vado a cercarlo!»

Pietro vorrebbe poterle dire che sta esagerando ma non ne ha il tempo né il coraggio perché, ed odia anche solo ammetterlo a sé stesso, c'è davvero qualcosa di molto sbagliato quando un poliziotto sparisce nel nulla nel corso di un'indagine. Così la segue e basta, colmo all'improvviso del suo stesso brutto presentimento.

Quante regole puoi infrangere sulla base di una semplice sensazione? A quanto pare abbastanza da localizzare l'auto di un vice questore di polizia senza un apparente motivo e solo perché non risponde ad un dannato telefono. Pietro lo scopre nel tempo che basta a Barbara per chiedere ad Ugo di cercare Luca. Il dubbio che sia totalmente inopportuno - e la certezza che sia illegale - è un silenzio che dura una manciata di secondi, quanti ne servono al computer per sputare fuori l'informazione. Poi è una corsa ad ostacoli tra le strade di Roma ad inseguire le riprese delle telecamere, mentre tutto intorno la notte alimenta l'ansia. Quando l'auto di Luca spunta di fronte a loro è ferma e vuota come la mostrava l'ultima ripresa video, del poliziotto nessuna traccia.

Barbara e Pietro scendono dall'auto e si guardano intorno, il sospetto che ci sia qualcosa di sbagliato ormai è una certezza e gli pesa sullo stomaco come un macigno. La notte è silenziosa, il buio interrotto solo dalla luce arancione di un paio di lampioni. E dal rumore di uno sparo. E da un altro ancora.

Barbara sussulta e corre, la pistola impugnata d'istinto, Pietro un passo dietro di lei. Devono scavalcare un cancello e capire dove diamine sono finiti e, intanto che si orientano, degli spari non è rimasto più nemmeno l'eco, dissolti nell'aria come se non fossero nemmeno esistiti. Come se non fossero esplosi, prima l'uno e poi l'altro, contro Luca. Come se non si fossero incastrati nella sua carne e nelle sue ossa a tirargli fuori tutto il sangue dal corpo. Come se quell' immagine - Luca a terra con due fori di proiettile addosso - fosse solo un brutto sogno, un incubo di Barbara un po' troppo vivido. Lei ci spera, chiude gli occhi e li strizza, "svegliati, svegliati, svegliati" si dice sottovoce, come se davvero fosse solo un parto malato della sua mente, un modo un po' morboso per ammettere che cazzo, no, non voleva che Luca se ne andasse. Ci spera con tutta se stessa. E invece, quando riapre gli occhi, Luca è ancora lì, sanguinante ed immobile, e Pietro è inginocchiato accanto a lui, due dita premute contro il suo collo.

«Chiama un'ambulanza.»

Pietro lo urla ma Barbara lo sente come se fosse sott'acqua. La chiamata al 118, quella al 112, sono puro istinto, Barbara non ha idea di cosa abbia detto o di come sia arrivata lì, a terra, una mano tra i capelli di Luca, l'altra a cercarne il battito sul collo, mentre Pietro cerca di fermare il sangue, le mani e il suo stesso peso contro le ferite fiorite di rosso. Perché ce n'è così tanto? Barbara vorrebbe piangere e le lacrime la soffocano quando non trova il battito di Luca sotto le dita. Non lo trova, il battito non c'è, e il panico è fiele sul fondo della gola.

«Non c'è battito», Barbara lo dice ad alta voce e Pietro scuote la testa bianco come un fantasma. Quando si china con il viso ad un soffio dalle labbra dell'amico, la realtà è peggiore di qualsiasi incubo immaginabile, ma lui scuote la testa ostinato. Non possono aver perduto Luca qui, così, non esiste che sia questa la loro realtà.

«Fai il massaggio cardiaco, veloce, veloce.»

Barbara incrocia le mani sul petto di Luca, spinge e conta e soffia l'aria nei suoi polmoni e spera che l'ambulanza si muova. Perché che bene può fare lei se ad ogni compressione del cuore corrisponde altro sangue che scorre tra le dita di Pietro e sul pavimento? Che bene può fare lei se ad ogni insufflo d'aria i suoi occhi rimangono testardamente chiusi? Che bene possono fare loro, da soli e senza mezzi, in una notte da incubi e con la morte così vicina da fare paura? La sirena dell'ambulanza riempie finalmente la notte.

L'ospedale è un incubo ad occhi aperti. Le porte della sala operatoria si sono chiuse dietro a Luca e al nugolo di medici intorno a lui. E in faccia alla paura e alla speranza di chi è rimasto da quest'altro lato, in un mondo a parte in cui le lancette dell'orologio sembrano ferme sempre allo stesso punto, a scandire i secondi di un'attesa impossibile e paralizzante.

Barbara è così tesa che basterebbe niente a spezzare quanto resta della sua compostezza e Pietro le gira intorno, protettivo e preoccupato, la sua stessa paura una linea profonda scavata sulla fronte. Barbara si tormenta le mani, il sangue di Luca ormai non c'è più ma lei continua a vederlo, denso e scuro scorrere tra le sue dita e quelle di Pietro, troppo abbondante perché le cose stessero davvero andando bene sul tavolo operatorio lì, dall'altra parte di quelle porte chiuse.

Pietro batte la punta della scarpa con la sua, un colpetto appena che ha il merito di tirarla fuori da quella spirale di pensieri negativi. Dura quanto un piccolo sospiro di sollievo, poi Barbara vede Ugo, rannicchiato su una sediolina d'acciaio scomoda tanto quanto la sua, le lacrime sul viso e il telefono premuto all'orecchio, e la disperazione la invade di nuovo. Ad Ugo sono toccate le telefonate per avvertire gli altri - Vittoria, Giuseppe, Antonio -, il cuore del vecchio Decimo Tuscolano, quello in cui Luca è cresciuto. Quello di adesso è un'altra cosa, non lo conosce nemmeno Luca. Barbara non può pretendere nulla dai nuovi colleghi, e forse un po' li invidia, loro e il distacco che gli consente di non sentirsi divorati dalla paura.

Ugo, dalla fila di sedie di fronte, singhiozza contro il pugno chiuso, dall'altra parte del telefono la voce ovattata ed isterica di un uomo che cerca risposte che nessuno ha.

Barbara guarda di nuovo l'orologio, è passato un tempo lunghissimo e le porte del blocco operatorio non si sono ancora aperte. Lo fanno poco dopo e tutti trattengono il respiro, come per farsi coraggio.

«Buone e cattive notizie,» esordisce il medico, «il vice questore Benvenuto è vivo… ma è in coma».

Negli anni che seguiranno, Barbara si chiederà spesso quale delle due fosse davvero la cattiva notizia.

  
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