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Autore: Tye Menkauhor    16/09/2009    1 recensioni
Quante emozioni può donare un cane? Quante cose può farti capire, semplicemente invitandoti con lo sguardo a riflettere sui tuoi pensieri?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zelgadiss camminava veloce per le strade buie della città addormentata. Saillune era sempre la stessa, con le sue mura bianche candide, la struttura a stella che sembrava voler circondare il palazzo del sovrano, le guardie assonnate agli ingressi.

  Anche questa volta era entrato da quel piccolo passaggio, quello che gli aveva fatto conoscere Amelia. Sorrise tra sé, pensando a come ogni volta lo utilizzassero in maniera completamente opposta. A lei serviva per fuggire dalle incombenze del suo ruolo, per ritagliarsi attimi di serenità lontano dalla vita di corte. Lui lo utilizzava per entrare di nascosto in quella città, tentando di non dare nell’occhio, passare inosservato alle guardie che, di certo conoscendo la principessa, lo avrebbero trattenuto fino al suo arrivo.

  Non poteva permettersi di rivederla. Non sapeva nemmeno quante cose potevano essere cambiate in lei in quattro anni. Non voleva scoprirlo. Si costrinse ad ammettere che era proprio un fifone.

  «Dobbiamo sbrigarci Toffee. Lei sarebbe capace di trovarci in una notte senza luci, sai?» sorrise tristemente in direzione del cane, che trotterellava sereno al suo fianco, ignaro che con ogni probabilità quelli erano gli ultimi momenti che trascorrevano assieme.

  Non c’era altra soluzione, Toffee doveva vivere una vita senza pericoli, non poteva continuare a rischiare la sua vita. Zelgadiss non avrebbe mai sopportato di perderlo, e prima di commettere qualcosa di terribile, il cane doveva tornare tra le braccia di Amelia.

  Quando giunse in vista del palazzo si fermò esitante. Era una delle cose più difficili che avesse mai fatto, e qualcosa nel petto gli causava una sensazione molto vicina al dolore fisico. Scosse la testa risoluto, tornò a guardare Toffee che, sedutosi al suo fianco, si grattava un’orecchia.

  “Spero che un giorno capirai amico mio. Lo faccio solo per il tuo bene” sospirando prese il cane tra le braccia e, aggirando gli ingressi presidiati, si alzò in volo oltrepassando le mura del palazzo,  atterrando nel giardino a lui così familiare, ma così distante.

  I ricordi lo invasero con l’impetuosità di un fiume che ha rotto gli argini del tempo, e le immagini riaffiorarono davanti ai suoi occhi come spettri antichi. Amelia che sproloquiava di giustizia su quell’albero là in fondo… Lui che se ne stava seduto proprio sul bordo della fontana a leggere. Una forchetta volante che gli sfiorava l’orecchio, lanciata da Lina, che inseguiva Gourry brandendo un coltello e cercando di recuperare il pollo che lo spadaccino aveva tra i denti.

  Tanto tempo fa… cosa era rimasto di quei momenti felici? Lina e Gourry non c’erano più…

  Toffee gli leccò il viso, riportandolo al presente. Le immagini sbiadite dei suoi ricordi tremolarono e svanirono nell’aria, come fumo. Per un momento ancora avrebbe voluto trattenerle… No, avrebbe voluto perdersi in esse e con esse svanire. Cosa era rimasto di quel barlume di speranza del passato? Nulla…

  La sua ossessione si era continuamente scontrata con muri di nulla, sembrava che una cura per il suo stato non volesse esistere, cocciuta quanto lui.

  Lina e Gourry erano rimasti insieme anche nella morte e, per quanto lui fosse una persona realista, per qualche tempo aveva creduto che tutto fosse solo un incubo, uno dei tanti. Alla fine aveva dovuto accettare che mai più li avrebbe trovati tra i piedi, mentre continuava la sua ricerca. Quando era riuscito a realizzarlo, aveva pianto. Ed Amelia era stata accanto a lui, ad asciugare le sue lacrime.

  Amelia… lei era viva. Questo bastava a tenere in vita anche lui. Che non potesse vivere con lei lo sapeva sin dall’inizio. Ma a convincerlo del tutto era stato il colloquio personale con il principe Filionel. Amelia era una principessa e, per quanto la cosa risultasse terribilmente fastidiosa anche per lo stesso Filionel, come principe e come padre non poteva permettere che una persona egoista, individualista e poco presente come lui, fosse legittimata al fianco di Amelia. Lo capiva benissimo. Per questo non avrebbe più voluto tornare a Saillune.

  Posò Toffee a terra, che gli saltellò attorno cercando di scodinzolare col moncherino di coda.

Si avvicinò all’albero e sfiorò con la destra la corteccia scura. Guardò verso l’alto, i rami spogli mostravano solo qualche foglia ancora tenacemente aggrappata alla loro vita ormai terminata. Non riusciva a ricordare se i rami fossero spogli anche quel giorno lontano… ricordava solo la corteccia dietro la sua schiena e gli occhi di Amelia profondi e così vicini ai suoi…

  Richiuse il pugno, tentato di sfogare contro l’albero la rabbia che la nostalgia gli procurava, ma si trattenne. Doveva muoversi, ci stava mettendo troppo tempo, non era da lui perdersi in vagheggiamenti simili, si stava rammollendo!

  Posò un ginocchio a terra e grattò Toffee dietro le orecchie. “E’ un addio amico mio. Abbi cura di te. E di lei”. Estrasse dalla sacca un vecchio collare sgualcito e una corda, e si assicurò che Toffee non potesse seguirlo.

  Mentre tornava verso il muro e sottovoce recitava il Levitation, si voltò a guardare l’ultima volta l’amico a quattro zampe. E Toffee era là, con un’espressione incuriosita sul lungo muso color caramello, seduto composto come quando lo lasciava fuori da quei posti dove i cani non erano ammessi. In attesa del suo ritorno…

 

  La città, da quella posizione sopraelevata, sembrava un enorme dipinto alla luce dell’alba. La foschia ne confondeva i contorni, quasi fosse stata edificata in mezzo ad una nuvola.

  Zelgadiss si staccò dalla vecchia quercia che in quella notte era stata il suo sostegno, e si chiese per l’ennesima volta per quale motivo non se ne fosse andato subito. Accettò come risposta la menzogna con la quale cercava di auto convincersi, cioè che voleva rivedere l’alba su Saillune per l’ultima volta.

  Esitò ancora qualche istante, poi diede le spalle al panorama, volgendo lo sguardo al sentiero che si allontanava dalla città.

  Bau…

  Zelgadiss si immobilizzò. Doveva esserselo sognato.

  Bau…

  Come in un sogno, la sua testa si volse a scrutare il sentiero che veniva dalla città. Poteva essere uno scherzo della foschia… o qualcosa si stava davvero muovendo nella sua direzione?

  Toffee… non poteva… o poteva? E lei? Era quello il motivo per cui in realtà aveva aspettato l’alba? “Sei patetico Zelgadiss, ancora te lo stai chiedendo?” derise se stesso.

  Il sole stracciò l’ultimo velo dell’umidità, e rivelò un lampo color caramello che correva storto su per il sentiero, nella sua direzione, abbaiando più di quanto non avesse mai fatto nei quattro anni passati al suo fianco.

  I suoi occhi passarono dal cane alla figura che correva poco dietro di lui… E mentre la sua testa continuava a gridargli di andarsene subito, qualcosa nel suo petto lo inchiodava sul posto.

  Toffee si lanciò su di lui con tutto il  peso, facendolo crollare a terra, sotto una valanga di leccate e di sbuffi dal naso umido.

  Zelgadiss rise. Come aveva fatto a pensare di separarsene? Quel qualcosa nel suo petto parve ridere di gioia ad ogni leccata che attraversava senza paura il suo volto di pietra, e quasi all’unisono con esso, la risata di Zelgadiss si levò sull’altura in quella fredda mattina di inizio inverno.

  Amelia si inginocchiò vicino a loro e avvolse con le braccia il cane, per fermare il suo impeto di affetto.

  Mentre ancora stava ridendo, Zelgadiss rivide il viso familiare di lei. I capelli un po’ più lunghi, ma gli occhi limpidi e profondi di sempre.

  «Zelgadiss-san, sei meraviglioso quando ridi» sussurrò la principessa, chinandosi su di lui e baciandolo sulle labbra.

  Mentre era ancora piacevolmente confuso, Amelia si scostò, osservando divertita quello che doveva essere il colore più vicino al rosso che la sua pelle di roccia avesse mai assunto.

  «Zelgadiss-san, dobbiamo sbrigarci. Penso che questa volta mi abbiano vista e presto cercheranno di portarmi a palazzo. Non abbiamo tempo per star qui ad ammirare il panorama!» disse allegramente, alzandosi in piedi e tirandolo per un braccio.

  «Sbrigarci?» domandò Zelgadiss quando la voce decise finalmente di tornargli.

  Amelia tornò a guardarlo, sorridendo con fare complice. Si affiancò a lui e lo prese sotto braccio, con una tale naturalezza che Zelgadiss non poté fare a meno di sorridere.

  «Non mi farò certo battere da Toffee, non ti sembra? Lui ha vissuto al tuo fianco per ben quattro anni, e non ci ha pensato sopra due volte a cercarti per tutta la città ed a seguirti. Io non posso essere da meno di Toffee, non sarebbe giusto! E sai quanto ci tengo che ogni cosa segua la via della giustizia!»

  Cosa voleva dire? Cosa accidenti stava dicendo? Non poteva…

  «Zelgadiss-san. Abbiamo giocato abbastanza, non ti pare?» il viso della ragazza si fece serio all’improvviso. «Mio padre se ne farà una ragione. Mia sorella ha potuto fare la sua scelta. Io voglio fare la mia. E questo non è più un gioco»

  Stava scegliendo… lui?

  «Amelia, sai anche tu che…» la ragazza lo interruppe mettendogli un dito sulle labbra.

  «Avrai tutto il tempo che vuoi per farmi la predica, Zel»

  Tutto il tempo…

  Zelgadiss le prese la mano che ancora gli sfiorava le labbra, e intrecciò le sue dita di pietra con quelle delicate della principessa, tirandola verso di sé e stringendola al petto. Le scostò un ciuffetto di capelli dal viso e, mentre si chinava su di lei per baciarla, Toffee cominciò a ringhiare come un forsennato.

  Dal sentiero giunsero voci e rumori di stivali che correvano veloci. Le guardie…

  Zelgadiss sorrise divertito ad Amelia, afferrò con un braccio Toffee,  e tenendo alla ragazza la mano, corse verso l’altura, gettandosi di sotto, lasciando che il vento e il Levitation li portassero lontano da Saillune.

  
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