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Autore: Selene123    19/11/2023    0 recensioni
Una serie di oneshot che servono da prequel, brevi racconti sull'infanzia e sulla prima adolescenza di Oscar e André
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Erano passate due settimane dall’arrivo nella sua nuova casa. Era un palazzo circondato da un grande prato verde pieno di alberi e cose da fare. C’erano i cavalli nelle stalle di cui occuparsi, tante persone da aiutare e sua nonna sempre dietro l’angolo per controllare. C’erano un precettore per insegnare a leggere, scrivere e fare di conto, un ecclesiastico che impartiva lezioni di latino, storia e geografia e un ex colonnello delle Guardie Reali per l’allenamento di scherma. Ogni giorno si svegliava e sapeva quanto fosse stato fortunato a finire lì.  

Il ricordo della perdita di entrambi i suoi genitori era ancora una ferita aperta che sanguinava, specialmente di notte. Vivevano in una casetta sperduta nella campagna francese ma, a quanto gli era sembrato per circa sei anni, gli pareva che fossero stati comunque felici. Finché suo padre non si era ammalato, seguito dalla madre poche settimane dopo e le persone intorno a loro cominciavano a parlare dell’orfanotrofio per il piccolo. Come inviata dalla Provvidenza, la miracolosa apparizione della nonna un pomeriggio lo aveva salvato da un futuro fatto di solitudine e povertà. Il suo sorriso paffuto e la tenerezza delle sue carezze quando l’aveva incontrata al paesino si erano rivelati una luce nell’oscurità. “Abbiamo trovato un nuovo posto per te e avrai anche qualcuno con cui giocare. È una splendida fanciulla, ha un anno in meno rispetto a te!” La lista di cose nuove che lo aspettavano recitata da Marie come una preghiera era infinita, ma la sua mente si era fermata all’opportunità di poter passare il tempo con un’altra bambina.  

L’aveva immaginata per giorni, si chiedeva come sarebbe stata, quale fosse la sua personalità… Perfino il suo nome era rimasto un segreto! “Lo scoprirai quando vi incontrerete!” gli aveva spiegato la nonna mentre la carrozza li portava verso la proprietà dei Jarjayes. I suoi grandi occhi verdi l’avevano cercata ovunque, fuori nel giardino e in casa, una volta portato dentro per mano dell’anziana signora. Fatta eccezione per la servitù, l’unica persona che gli fosse stata presentata era un uomo alto che rispondeva al nome di Generale o Monsieur. Gli incuteva un certo timore, il suo viso era così severo che anche quel sorriso che campeggiava sulle sue labbra sembrava fosse sul punto di trasformarsi in un ghigno. Era la prima volta che parlava con qualcuno così ben vestito e pattinato, non sembrava appartenere allo stesso mondo in cui lui stesso era nato e cresciuto fino a poco prima. La sua voce profonda si era affrettata a scusarsi per il suo ritardo, perché non riusciva ad essere mai puntuale nemmeno in un giorno così importante per entrambi… Il piccolo non capiva a chi si riferisse, finché l’altro non si era voltato e non aveva indicato con un gesto di irritata sorpresa l’arrivo di un altro bambino, poco più basso di lui, con i capelli biondi che cadevano sulla fronte e incorniciavano due grandi occhi azzurri luminosi. Si era precipitato giù dalle scale sotto lo sguardo infastidito del padre e quello preoccupato della governante che temeva cadesse e si facesse male. Sorprendentemente era rimasto in piedi, tenendo in mano due piccole spade che riflettevano la luce del grande lampadario appeso al soffitto.  

- Sono Oscar François de Jarjayes, tu devi essere André! - aveva esordito con atteggiamento spavaldo. Sapeva già tutto di lui, non aveva neanche bisogno degli inutili convenevoli che vedeva scambiarsi tra gli adulti quando si incontravano.  

- Sì… Sì, sono io. Sono André. - aveva risposto lui, perplesso.  

- Tieni questa e andiamo fuori a giocare. - Il suo nuovo amico non aveva tanto tempo da perdere, c’erano un sacco di cose da fare insieme e non aveva la minima intenzione di aspettare che qualcuno li presentasse. Gli aveva passato una delle due armi ed era corso via, in giardino, già piuttosto irritato da tanta attesa.  

Il bambino aveva guardato quel regalo inaspettato chiedendosi cosa ne fosse stato della promessa che gli era stata fatta: dov’era la piccola di casa con cui avrebbe dovuto passare le giornate? Chi lo aveva inondato di frenesia ed entusiasmo era inequivocabilmente un maschio! Aveva un nome da maschio, l’abbigliamento da maschio, i capelli da maschio come i suoi, i passatempi dei maschi. Aveva spostato lo sguardo dubbioso e deluso prima sul Generale e poi sulla nonna.  

- Ma non avevi detto che c’era una bambina qui? Dov’è? - le aveva domandato a bassa voce. 

- Ti consiglio di andare, André! - si era intromesso l’uomo con fare sbrigativo nel tentativo di evitare l’argomento e accelerare i tempi, - Mio figlio Oscar non ha pazienza quando si tratta di un duello! 

*** 

Due settimane e ancora quel fatto non lo convinceva. Oscar era una femmina, ma aveva un nome da maschio e tutti si rivolgevano a lei come a un maschio. Anche lui doveva farlo e lo faceva, benché ci fosse qualcosa di assurdo e complicato che gli sfuggiva. Grand-mère gli aveva spiegato che nessuno poteva parlare di lei al femminile né nominare l’argomento in sua presenza. Dovevano sempre e solo comportarsi come due bambini, fare cose da bambini e questo era. Un giorno avrebbe capito e saputo di più, per il momento poteva bastare. Oscar François era l’unico erede del Generale Jarjayes, unico figlio maschio in una casa di figlie femmine e il compito di André era di stare al suo fianco. Dovevano studiare insieme, giocare insieme, crescere insieme e, nel limite del possibile, il nuovo arrivato aveva il delicato compito di dimostrare silenziosamente alla piccola di casa com’è e come si comportasse un bambino.  

Ad André, tutto sommato, non sembrava che ce ne fosse bisogno. Gli pareva che Oscar sapesse già come vincere sempre, essere più forte e veloce in ogni sfida, avere sempre l’ultima parola. Gli piaceva passate il tempo in sua compagnia, benché fin da subito tutti gli ricordassero che c’era una differenza abissale tra loro due e non poteva oltrepassare un certo limite. “Oscar ha il sangue blu” gli avevano detto, “È nato con la camicia” e mentre tentava di capire perché il pomeriggio prima avesse visto del comune rosso uscire dalla sbucciatura sul ginocchio e chissà che bella camicia avesse indossato al momento della nascita, il piccolo aveva già preso posto nella sua vita senza che l’altra gli facesse alcuna pressione. “Non capisci niente!” era il peggior scherno che gli avesse rivolto fino a quel momento, solitamente perché al poverino riusciva difficile seguire con la sua stessa attenzione tutte le lezioni.  

*** 

-Sono felice che tu sia qui, lo sai? - gli disse Oscar cercando di gettare un sasso sulla superficie fiume ma facendolo affondare rovinosamente con un tonfo. – Cominciavo ad annoiarmi… - Riprovò con un'altra pietra e ancora la vide sprofondare al largo. Pestò i piedi sul prato con un’irragionevole indignazione per quel tentativo evidentemente fallito che non tollerava. Doveva farcela, non esisteva altra possibilità! 

André afferrò il suo braccio e bloccò l’ennesimo letterale buco nell’acqua della sua amica. – Non sei capace. – sentenziò lui e la spostò indietro di alcuni passi. – Si fa così…- e, nel dirlo, lanciò di taglio un sasso piatto che saltellò sulla superficie della Senna, che si increspò in cerchi sempre più grandi man mano che si allontanavano dalla riva. Quando si voltò, vide il suo sguardo azzurro confondere ammirazione per una prodezza simile e invidia perché non a lei era riuscito.  

Si avvicinò con fare minaccioso e si fermò con la fronte a meno di un palmo dal suo naso e l’indice puntato sul suo petto. – Tu devi insegnarmi!  

André, dopo un momento di perplessità per una reazione del genere, scoppiò a ridere. Come era possibile che sapesse ripetere tutto l’alfabeto ad alta voce senza difficoltà alcuna, ma che una cosa talmente facile come quella le riuscisse difficile? Era forse quello il gusto della vendetta dopo giorni di prese in giro durante le lezioni? Più guardava la sua espressione offesa e meno riusciva a fermarsi; di conseguenza, cresceva in lei l’irritazione perché nessuno doveva permettersi di schernire l’unico figlio del Generale Jarjayes.  

-Smettila! - gli ordinò con supponenza, ma era evidente ormai che il suo divertimento si fosse trasformato in un’esplicita provocazione.  

-Non puoi dirmi cosa fare. - le rispose lui tenendo il bavero della giacca con le mani in atteggiamento spavaldo.  

Oscar lo guardava con il fuoco negli occhi. Se quella fosse stata una sfida, non avrebbe potuto che accettarla. Arrotolò le maniche, scese a passi lunghi sulla riva più vicina al fiume e ricominciò a tirare le piccole pietre che trovava a terra. L’altro bambino osservava la scena con le braccia conserte, alzando gli occhi al cielo mentre lei faceva piombare a fondo il centesimo sasso senza concludere nulla. L’intrepida piccola combattente provò ancora e, finalmente, riuscì a disegnare un paio di cerchi un po’ storti sulla superficie dell’acqua. Si voltò sorpresa e trovò l’amico con la medesima espressione stupita in volto. Corse di nuovo da lui ridendo, poi appoggiò piede su un grosso sasso ricoperto di muschio e ci si fermò sopra con entrambi per sembrare più alta del suo avversario.  

-Hai visto che ce l’ho fatta, André? – gli domandò con un’evidente intenzione di sfida nella voce. Lo guardava dall’alto in basso imitandone la posa mentre aspettava una dichiarazione di resa incondizionata.  

- È stata solo fortuna. - tagliò corto l’altro, poi si voltò di spalle per non dover ammettere quella palese vittoria e continuò a borbottare avviandosi in direzione di casa.  

Oscar si spazientì. Non poteva andare via così, senza darle la soddisfazione di sentirgli dire che doveva riconoscere la sua bravura. Se non lo avesse fatto da solo, lo avrebbe costretto. Non si abbandona il campo di battaglia in questo modo, da codardi! Scese dal sasso e gli corse dietro, non troppo lontano ma abbastanza da dover fare ricorso a tutta la resistenza di cui fosse in possesso. Quando lo raggiunse, gli si gettò alle spalle ed entrambi caddero a terra. Litigarono ad alta voce, si spinsero sul prato sdrucendo completamente gli abiti e sporcandosi di erba. La caparbietà con cui quel piccolo fulmine biondo difendeva il proprio onore fece dimenticare per un attimo ad André che si trovasse in presenza di una femmina. Il segno del pizzicotto che gli aveva lasciato sul braccio, d’altronde, bruciava talmente che nessuna bambina avrebbe mai potuto farlo. Non si arrendeva mai, anche quando erano finalmente di nuovo a poca distanza dal palazzo insisteva in ogni modo pur di obbligarlo ad ammettere di avere avuto torto a dubitare.  

-Cos’avete combinato voi due? – domandò incredula la governante con le mani sugli occhi per non dover guardare quello spettacolo indegno. Era uscita dalla porta sul retro dopo averli visti tornare dalla grande finestra della cucina, preoccupata perché da un paio d’ore nessuno li aveva più visti in casa. Erano spettinati, il viso sporco di terra e gli abiti che sembravano appena usciti da una stalla. La donna li afferrò per il collo della camicia: erano talmente leggeri da riuscire a sollevarli quel tanto da permettere loro di camminare solo sulle punte.  

Un rimprovero duro uscì dalle labbra di grand-mère come un fiume in piena. Erano scappati senza dire niente a nessuno e tutti in casa li cercavano con ansia, spaventati all’idea di non trovarli più, che fosse successo qualcosa di irreparabile da dover poi comunicare con grande costernazione al Generale! Non dovevano allontanarsi, era pericoloso! Oscar si dimenava dalla presa con una protesta che veniva puntualmente interrotta dalla donna, cercava di spiegare che era una questione di fondamentale importanza, non potevano tornare a casa prima perché lui aveva vinto quella sfida e in quanto vincitore era suo diritto ricevere gli onori del caso. André, dal canto proprio, accettava con rassegnazione quelle parole. Era mortificato, stavano finendo nei guai per colpa delle sue provocazioni. Non gli era ancora mai capitato di ricevere una lavata di capo del genere, di sicuro lo avrebbero anche messo in punizione – magari tenendolo lontano dalla sua unica amica che, al contrario, pareva perfino annoiata dal tono imperativo con cui la governante si stava rivolgendo a loro. Guardò in silenzio la bambina sedersi a braccia conserte in castigo in un angolo vuoto della cucina: doveva esserci abituata, aveva perfino raggiunto da sola sbuffando il posto che le era stato assegnato mentre lui veniva lasciato davanti alla parete opposta, nascosto da dalle gambe del grande tavolo al centro della stanza.  

Dopo alcuni minuti di attenta riflessione e compostezza, si sporse leggermente e la trovò con il capo appoggiato a una mano e il gomito puntato sul ginocchio piegato. Seguiva le fughe del pavimento e immaginava che le formiche che le attraversavano fossero in competizione tra loro. Tifava per quella al centro che, nonostante alcune incertezze, pareva essere a un passo dalla vittoria.  

-Psst, hey! – bisbigliò un paio di volte per attirare l’attenzione di André quando si accorse di essere stata guardata. Non avrebbero dovuto parlare, erano gli ordini di grand-mère: in silenzio fino al ritorno di Monsieur, poi ci avrebbe pensato lui alle sorti di entrambi.  

Il bambino riportò lo sguardo su di lei: ancora un po’ offesa, ma contenta di essere stata distratta dall’infinito rincorrersi di insetti che non si trovavano neanche più accanto ai suoi piedi. Si sporse in avanti, attenta a non essere notata dagli adulti che passavano dalla cucina e gli riservò una smorfia di scherno come unica risposta.  

André scoppiò a ridere, un’altra volta, e si coprì la bocca con entrambe le mani perché nessuno si accorgesse del fatto che stava disobbedendo.  

   
 
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