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Autore: Selene123    20/11/2023    1 recensioni
Una serie di oneshot che servono da prequel, brevi racconti sull'infanzia e sulla prima adolescenza di Oscar e André
Genere: Avventura, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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(Non sono molti gli episodi dell’infanzia raccontati dai protagonisti nell’anime, ma uno – quello della caduta nel fiume – c’è e ho voluto includerlo)
 
L’acqua del fiume era increspata dal soffio del vento di settembre. La domenica il Generale aveva dato il permesso ai due bambini di giocare tutto il pomeriggio, senza altri compiti da svolgere, e loro, ubbidienti, avevano fin da subito accettato di buon grado la sua magnanimità. Finché la temperatura lo permetteva ancora, passavano il tempo fuori in giardino con la spada o a rincorrersi tra gli alberi fino ad arrivare all’insenatura della Senna che attraversava la proprietà. L’importante, si era raccomandato l’uomo, era che non uscissero a cavallo: erano ancora troppo piccoli per avventurarsi da soli in sella ai rispettivi destrieri e gli stallieri, in ogni caso, avevano ricevuto l’ordine di non prepararli a meno che la richiesta non provenisse da lui. I numerosi rimproveri che Oscar e André avevano accettato senza protestare nelle settimane da quando erano insieme – uniti a quelli che lei aveva saputo far nascere anche da sola – li avevano fatti desistere dal decidere di testa propria, almeno in quell’occasione. Le storie che Monsieur aveva raccontato loro per farli desistere li avevano terrorizzati e preferivano di gran lunga impiegare più tempo per andare ovunque in totale libertà.
Il piccolo bosco che divideva il palazzo dal fiume era ancora rigoglioso e verde, il sole filtrava attraverso le foglie. I due bambini camminavano in fila indiana, intenti ad immaginarsi protagonisti di un’incredibile esplorazione ai confini del mondo. Con la consueta pacatezza che non la contraddistingueva nel prendere in mano la situazione, Oscar si era autoeletta capo spedizione puntandosi il pollice il petto e aveva investito André della grande responsabilità di diventare il suo secondo per tenere d’occhio il resto del gruppo e aiutarla nel delicato compito di organizzare un campo nel nuovo insediamento. L’amico aveva accettato, forte della convinzione che un esercito di uomini invisibili non sarebbe stato un problema. A ogni passo le prime foglie secche e i ramoscelli caduti scricchiolavano sotto le suole delle scarpe, facendoli spaventare di tanto in tanto nella convinzione di essere seguiti da qualcuno.
I metri che li separavano dalla riva erano sempre meno e alle loro spalle si erano lasciati animali, pericoli e nemici di vario genere. Impavidi, sprezzanti del pericolo, guidati solo dall’intuito e da un grosso sasso magicamente diventato bussola, i piccoli esploratori arrivarono agli ultimi alberi con il fiatone e i palmi delle mani sporchi di terra e resina. Il cinguettio degli uccelli appollaiati sui rami li accompagnò fuori, dove la luce del sole per qualche istante diede loro fastidio agli occhi abituati all’ombra da cui provenivano.
-Terra! - esclamò André con il dito puntato verso l’acqua. Sognava di dirlo da tempo, da quando con la sua amica aveva letto un libro di avventure i cui protagonisti scoprivano un’isola deserta nel mezzo dell’oceano.
Da che guardava davanti a sé con aria meravigliata, quasi non si trattasse di un luogo familiare, Oscar si voltò e gli riservò un’occhiata perplessa. - Terra? - interruppe lei l’incantesimo del momento. - È il fiume!
Il bambino sbuffò, infastidito dal non essere stato capito. Per evitare l’ennesima zuffa, la superò e si avviò di corsa diretto alla riva, incitandola per non arrivare seconda a quella gara improvvisata. La piccola non se lo fece ripetere due volte e cominciò a correre, il più veloce possibile e con il vento che le soffiava i capelli lontano dal viso.
Distratta dall’euforia che quella corsa senza freni in discesa le dava l’idea di poter raggiungere l’avversario, Oscar non notò subito che André si era fermato a un paio di metri dall’acqua. Quando se ne accorse, cercò come poté di rallentare e deviare. Finì davanti a un grosso sasso piatto, largo abbastanza da darle la possibilità di fermarsi, che dava direttamente sulla Senna. Con il cuore in gola, l’adrenalina nelle vene e il terrore per il pericolo scampato per un soffio, si girò allungando un braccio in direzione dell’amico, testimone inerme di una tragedia evitata. Non fece in tempo ad avvicinarsi per tirarla verso di sé che la bambina perse l’equilibrio e cadde nell’acqua.
Spinta dalla corrente, Oscar si allontanò dalla riva e più si dimenava per rimanere a galla, più le sembrava di andare al largo. Gridava con tutta l’aria di cui i suoi polmoni disponevano, il panico del momento le impediva di ricordare le poche nozioni di nuoto che erano state impartite proprio tra quelle sponde durante l’estate. Il Generale si era più volte raccomandato di fare attenzione: l’acqua rende scivoloso il terreno tutto intorno, dovevano entrambi guardare sempre dove avrebbero messi i piedi e non arrampicarsi su niente che fosse troppo vicino all’insenatura. Avevano disobbedito e ora dovevano risolvere la situazione in fretta, prima che uno o entrambi annegassero o venissero scoperti.
La bambina tentava di muovere le braccia come poteva, contro la forza della corrente che la sovrastava pur non essendo impetuosa, mentre urlava il nome del suo amico riemergendo dalle piccole onde che increspavano la superficie. Era spaventata, ma il suo corpo lottava con tutto se stesso per rimanere almeno a galla. Il terrore di affogare era talmente tanto che non si era accorta di un piccolo scoglio, poco distante da lei, pronto ad accoglierla almeno per il tempo di aggrapparsi e recuperare le energie.
André, dal canto proprio, si era tuffato senza pensarci due volte, nonostante anche le sue doti di nuotatore non fossero delle migliori. La raggiunse in fretta e con una mano le afferrò un braccio, tirandola verso la roccia che affiorava. Riuscirono ad afferrarlo e, non senza fatica, ci salirono sopra e si sedettero a prendere fiato.
-Stai bene? - le chiese.
Tremavano per lo spavento più che per il freddo, si tenevano stretti per non cadere e darsi conforto.
Oscar annuì. Non riusciva a pronunciare una parola, i suoi occhi osservavano spaesati il fiume che proseguiva lungo il proprio percorso come se loro due non avessero appena rischiato di non uscirne vivi. Deglutì a fatica e scoppiò in un pianto liberatorio. Aveva vissuto troppe emozioni in una sola volta perché il suo piccolo cuore potesse metabolizzarle tutte. Nonostante sapesse che un bravo soldato e un uomo valoroso non si lasciano scoraggiare dagli imprevisti né andare alle lacrime, ma non riusciva a calmarsi.
-Oscar, siamo vivi! – esclamò André per consolarla e le strinse una mano. La sua voce sembrava più sorpresa che felice: non poteva credere ai loro ultimi dieci minuti, come non poteva credere al fatto stesso di essere stato lui a salvarla.
Rimasero sul piccolo scoglio a sufficienza per riprendersi e smettere di tremare. Scendere era impossibile: per quanto relativa, la distanza dalla riva li avrebbe comunque esposti allo stesso pericolo che avevano appena evitato si concludesse tragicamente. Si guardarono intorno cercando una soluzione, per poi realizzare che tutto sommato aspettare che qualcuno arrivasse sarebbe stato meglio.
Le ore passarono lente e il sole piano piano si avviò al tramonto. Da lontano i due bambini cominciarono a sentire le voci della governante e delle cameriere chiamarli per rientrare, ma le loro risposte non arrivavano fino alle loro orecchie. La stanchezza ormai l’aveva fatta da padrona, resistevano solo perché non avevano altra possibilità. Quando una tenue luce arancione ricoprì il panorama intorno e colorò i loro visi dispiaciuti, la solitudine di quel pomeriggio che tanto avevano bramato per una settimana si trasformò in un incubo.
-Forse tuo padre non ci metterà in punizione questa volta… - osservò André serio.
- Tua nonna sì, però. - lo interruppe Oscar appoggiando il mento sulle ginocchia.
All’improvviso dalle loro spalle arrivò il rumore degli zoccoli di un cavallo attraversare il bosco e raggiungerli a gran velocità. Voltarono lo sguardo e videro il Generale correre nella loro direzione. Per un attimo si lasciarono andare ad un sospiro di sollievo, poi entrambi si resero conto che non li avrebbero aspettati ore piacevoli prima della cena.
L’uomo scese di sella soltanto una volta in acqua, con l’espressione seria e poche parole da rivolgere loro. Gliene avrebbe dette e non poche una volta rientrati a palazzo, ma per il momento il silenzio sarebbe stata l’arma migliore per mostrare la propria delusione. Li sollevò a uno a uno dalla pietra e li fece salire a cavallo, poi prese le briglie e ritornò sulla via di casa senza mai rivolgere ai due bambini il benché minimo sguardo.
***
A palazzo uno stuolo di servitori aspettava i piccoli fuggitivi con ansia e il terrore di averli persi per sempre dipinto in volto. Li videro arrivare con la testa bassa, a guardare il pavimento camminando in fila indiana davanti al Generale, che li incitava a sbrigarsi ad arrivare al suo studio. I bambini salirono le scale sotto l’occhio vigile dell’uomo, impossibilitati a fare alcunché se non proseguire e pregare che non li aspettasse un rimprovero troppo duro.
Quando la porta della grande stanza si aprì e Monsieur li fece entrare, dalla finestra dietro la scrivania si vedevano gli ultimi raggi di sole tramontare all’orizzonte. I passi decisi sul pavimento che si spostavano avanti e indietro alle loro spalle non preannunciavano una tranquilla buonanotte, ma nessuno dei due si azzardò a proferire verbo. Il Generale, dal canto suo, cercava di trovare le parole giuste per rendere con efficacia la delusione che quel loro gesto avventato aveva provocato in lui.
-Vi avevo dato fiducia…- esordì in tono severo. - E mentre voi pensavate che fosse una concessione, io volevo provare a me stesso quanto ve la meritaste.
I due bambini ascoltavano in silenzio, senza capire davvero la profondità del suo discorso, ma spaventati anche solo all’idea di voltarsi per guardare il suo volto scuro.
-Oggi pomeriggio vi siete comportati in modo sconsiderato. Avete rischiato di affogare! – La sua voce rimbombò nello studio con la forza di un tuono.
Oscar e André ebbero un sussulto. All’improvviso la prospettiva di una lavata di capo da parte di grand-mère non li preoccupava più. Per infiniti minuti ascoltarono il peggior rimprovero che avrebbero ricevuto per anni. Non avevano pensato alle conseguenze delle loro azioni, si erano spinti troppo oltre e per questo se l’erano vista brutta. Dovevano ringraziare Dio che fosse tornato a palazzo prima del dovuto e la nonna lo avesse avvisato. Cosa sarebbe successo se non fossero riusciti ad aggrapparsi a quello scoglio? Se la corrente li avesse portati via e nessuno li avesse trovati?
-Di chi è stata l’idea? – domandò poi e si sedette alla scrivania così da averli bene davanti agli occhi.
I due bambini si guardarono. Era colpa di entrambi e di nessuno: André l’aveva sfidata a raggiungerlo di corsa, Oscar era saltata sul sasso per fermarsi dalla troppa velocità che aveva preso scendendo dalla collina. Quello che era successo dopo, poi, aveva preso i connotati della pura coincidenza. Se gli avessero detto la verità non ci avrebbe creduto, ma se avessero mentito sarebbe stato peggio.
-Sono stato io, Generale. – disse il piccolo reo confesso. La sua amica sgranò i grandi occhi azzurri: si stava veramente sacrificando per lei? Non poteva lasciare che suo padre lo punisse, non voleva davvero farla cadere nel fiume. – Ho avuto io l’idea. Volevo vedere chi avrebbe vinto… chi sarebbe arrivato prima alla riva… Non dovevamo finire in acqua, ma Oscar è scivola… - Si interruppe per un secondo: ancora doveva abituarsi a parlarne al maschile in sua presenza. – … È scivolato per caso, il sasso era bagnato…
L’uomo alzò una mano e interruppe il racconto. Bastava così. Tutto sommato ammirava la schiettezza e il coraggio con cui gli aveva parlato. Non era scontato che un bambino di sei anni lanciasse il cuore oltre l’ostacolo così e sapeva di essere, in quel preciso momento, il loro terrore più grande.
-Mi auguro anche mio figlio abbia il fegato di dire qualcosa… - continuò Monsieur spostando lo sguardo su Oscar, che ricambiò con un’espressione attonita. Cos’altro poteva aggiungere? Doveva trovare una soluzione per aiutare l’amico a propria volta.
-Padre, io… Io stavo guidando un’esplorazione, era importante e… Non ho seguito il vostro esempio, non sono stato un bravo capitano con i miei uomini e non ho saputo nuotare bene come mi avete insegnato. Perdonatemi, Padre. - I suoi occhi si riempirono di lacrime. Era un motivo di disonore l’insubordinazione della propria compagnia – o almeno così le sembrava di aver sentito dirgli una volta ad altri ufficiali del suo rango.
In barba alle direttive del Generale, un pianto sconsolato si liberò nella stanza lasciando stupiti i presenti. Ore di adrenalina, paura e tensione si erano accumulate sulle sue piccole spalle e adesso avevano trovato finalmente una via d’uscita. Non le importava essere sgridata un’altra volta, voleva solo alleggerirsi di un peso insopportabile.
L’uomo abbassò lo sguardo e sorrise appena, poi si alzò e li raggiunse appoggiando le mani sulle loro spalle. - Ho apprezzato la vostra sincerità. Siete stati coraggiosi e, dettaglio di non relativa importanza, siete riusciti a sopravvivere a un grande pericolo. Domani vi comunicherò la mia decisione sul da farsi, per ora potete andare nelle vostre stanze e attendere che vi aiutino con il bagno. – e così dicendo si avviò verso la porta e la aprì per lasciarli uscire.
   
 
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