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Autore: Winterwings    20/01/2024    1 recensioni
Può la scomparsa di una persona cara cambiare interamente la realtà di chi resta? Emanuela è solo una ragazzina, almeno fino alla morte di sua sorella. Questa terribile perdita la porta non solo a crescere improvvisamente, ma anche a maturare una malsana e pericolosa ossessione: lei deve trovare chi ha ucciso Sarah e fargliela pagare a ogni costo e senza sconti. Con una serie di espedienti e un valido aiuto riesce ad assumere una nuova identità e a inserirsi perfettamente nel mondo fatto di ricchezza e sfarzo che tanto disdegna, non calcolando però un imprevisto... Alessandro. È possibile amare qualcuno che crede di odiare con tutto il cuore? Lo scopre a un carissimo prezzo, lui non è come gli altri, è un uomo con cui riesce finalmente a sentire una parvenza di legame... Ma lei non può assolutamente tralasciare chi è davvero.
***
La presente storia contiene riferimenti a droga, alcolismo, prostituzione e depressione, seppur trattati in maniera leggera. Ogni riferimento a persone realmente esistenti, vive o defunte è puramente casuale.
É possibile trovare la storia anche sulla piattaforma Wattpad.
©️Tutti i diritti sono riservati.
Genere: Dark, Noir, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Eleonora, 2022


Avevo mai avuto alternativa? Oh! Si, certo che l'avevo avuta, eppure per qualche strano motivo andavo sempre a cacciarmi dentro qualche guaio inseguendo inesorabilmente la strada sbagliata;

Eravamo a Napoli da soltanto una settimana ed ero riuscita a fare già innumerevoli e infantili stupidaggini, fra cui finire talmente tanto in basso da abbindolare un tipo tanto bello quanto insignificante e permettergli di mettermi le sue manacce addosso. Non erano le sue mani quelle di cui avevo bisogno, né tantomeno le mani di chiunque altro, ero semplicemente in cerca di svago, qualcosa che non riuscivo più ad avere da molto, troppo tempo. Ero diventata apatica e se da un lato adoravo il mio essere impeccabilmente fredda e scostante dall'altro ogni tanto si faceva strada in me una sorta di insoddisfazione, un qualcosa che assomigliava tremendamente alla solitudine.
Solitudine, il prezzo che dovevo pagare per ottenere vendetta, il mio riscatto.

Quella sera trascinai quel ragazzo con molto meno trasporto del solito all'interno del privé e nell'esatto momento in cui sentì adagiarsi le sue mani sui fianchi e la sua bocca sul collo capì: la recita era appena giunta inesorabilmente al termine.

Mi percorsero una serie tremori assolutamente non piacevoli segno che il mio corpo era già stanco delle sue attenzioni e la mia mente nauseata da così tanta inutile apparente perfezione.

L'uomo o, meglio il ragazzo a cui appartenevano quelle mani era bello, davvero bello e schifosamente privo di difetti ma talmente arido da suscitare in me un mix di emozioni poco gradevoli oltre che fastidiosissimi brividi nel momento in cui cercò di farsi strada al di sotto della mia camicetta intensificando quel bacio non così desiderato, almeno non dalla sottoscritta.

Misi fine a quel contatto con innata disinvoltura, sapevo bene di apparire ai suoi occhi dura e imperturbabile come il marmo e ad essere onesti la cosa non mi dispiacque affatto, d'altronde amavo avere potere, averlo su tutto e soprattutto sulle emozioni altrui, poter controllare gli altri e portarli inevitabilmente dove volevo fin quando mi andava;

Richiusi i primi due bottoni della mia camicia, mi aggiustai i capelli e risistemai la sbavatura del rossetto sotto il suo sguardo più che deluso oltre che profondamente risentito. L'avevo preso in giro abbastanza, mi ero già stufata di un gioco inutile e privo di senso. Era tempo sprecato cercare di cavare sangue da una rapa ed era palese che quel genere di contatto non avrebbe mai giovato a nulla, io avrei continuato ad essere una lastra di ghiaccio senza sentimenti in ogni maledettissimo caso.

- Non puoi...

Mi voltai raggelandolo immediatamente sul posto. Lo vidi boccheggiare appena, sorpreso di un così tanto repentino cambio d'espressione da parte mia. Facevo spesso questo effetto, il mio aspetto non era terrificante ma il mio sguardo sì, uno sguardo truce da omicida, la quale mi consideravo già. Non avevo ancora ucciso nessuno ovviamente, ma le mie intenzioni erano chiare e la voglia di voler uccidere qualcuno era già di per sé la dimostrazione di una mente alquanto deviata.

- Non posso cosa, scusa?

Passò una mano fra i corti capelli castani. I suoi occhi d'ambra puntati nei miei.

- Non puoi andare via così.

Mi disse inquieto e io sorrisi squadrandolo dalla testa ai piedi. Mi faceva dannatamente pena.

- È stato bello... ma adesso credo sia solo un tuo problema, non mio.

Il mio tono accompagnato da un bel sorriso risultò ironico e cattivo, proprio come volevo. Era stato divertente fino a quel momento ma davvero, niente di più.

- Posso pagarti se vuoi...

Il ribrezzo risalì su per tutta la mia spina dorsale mentre il disprezzo mi pervase, quel genere di uomo mi faceva letteralmente schifo.

- Puoi pagarmi per vedermi ballare idiota, niente di più e poi detto sinceramente, non ne vali proprio la pena.

Sbattei la porta alle mie spalle e lo lasciai lì, interdetto e rifiutato forse per la prima volta in tutta la sua giovane vita. Non cambiavo opinione su quei quattro blasonati figli di papà, il loro mondo, nonostante ci fossi dentro quasi fino al midollo, continuava a darmi perennemente la nausea;

Uscì dal locale impettita con solo un lungo cappotto beige a coprirmi. Era febbraio e fuori l'aria gelida sembrava riflettere perfettamente il mio stato d'animo interiore. Salì sulla macchina di Bryan parcheggiata sul viale di fronte e partimmo senza proferire una parola. Sapeva dove ero stata e con chi, d'altronde ovviamente non approvava.

Spesso la sua gelosia era opprimente, non avevo bisogno di protezione né tantomeno di una "balia", ma lui si ostinava a vedere in me ancora la ragazza distrutta in mille pezzi che aveva bussato alla sua porta. Io però non ero più Emanuela e di sicuro mai sarei tornata ad esserlo, doveva farsene una ragione come me l'ero fatta anch'io tanto tempo prima. La vecchia me ormai era morta e sepolta, al suo posto c'era solo dolore, c'ero io, sorta da quei cocci che una volta rimessi insieme, parola mia, non si sarebbero mai più rotti.

- Sei stranamente silenzioso.

Non ero una tipa particolarmente loquace ma vedere Bryan così silente fece scattare in me un piccolo campanello d'allarme. Nessuna ramanzina, nessun rimprovero, solo silenzio, insolito e assordante come non mai.

- Bryan, dimmi cosa succede.

Il suo profondo sospiro confermò il mio sospetto, qualcosa di inusuale o, peggio, doveva essere accaduto. Lui sapeva bene quanto odiassi girare in torno a un argomento, non avevo bisogno di fronzoli per addolcire la pillola, volevo solo la verità per quanto diretta e dura potesse essere.

- É stata trovata morta una ragazza.

Disse solo con un filo di voce e ciò bastò per raggelarmi il sangue nelle vene. Un'altra famiglia avrebbe pianto una figlia e tutto, ne ero certa, solo a causa di quel maledetto demonio. Non poteva essere un caso e lo sguardo serio di Bryan confutò ancora la mia tesi...

- Dimmi tutto.

Eleonora, 2023

- Quella sera lavorai fino a tarda notte, molto più tardi del dovuto. Sapere che a pochi passi da me c'era la mia tanto agognata vittima suscitava nel mio animo un senso di potere assoluto, lui era lì, seduto davanti a me per tutto il tempo e ignaro di ogni cosa... perfino di chi fossi davvero. Mi osservava di sottecchi, prendeva tempo per osservare ogni mio movimento e sembrava non volermi più togliere gli occhi di dosso.

Feci una pausa, ricordando quegli occhi verdi così inchiodati ai miei e quel viso così bello quanto crudele e spietato.

- Il mio piano prevedeva inizialmente di sedurlo e poi ucciderlo, anche quella sera stessa se fosse stato necessario, proprio come aveva fatto con mia sorella, a sangue freddo e senza rimorso... invece...

Il mio sguardo si posò sulla figura di Alessandro addolcendosi appena. Invece il destino si era intromesso. Non avevo mai creduto a simili fandonie ma d'altronde la stessa Eleonora era nata da una visione notturna più che distorta e indotta da un attacco di panico; quindi, a quel punto potevo anche permettermi di iniziare a credere nel destino. E poi, c'era anche da dire che solo il fato poteva essere così bastardo. Prima ti dà e poi ti toglie tutto con interessi altissimi.

- Invece è stato più semplice sedurli entrambi, o sbaglio signorina?

Avevo la nausea alla sola idea, ma si, dovetti annuire e confermare quella stramaledetta versione. Tante volte l'avevo ripetuto a me stessa, così tante da convincermene.

- Il mio incontro con Alessandro non posso negare che abbia ribaltato ogni mio piano e intenzione ma la mia vendetta era sempre lì, in agguato e in attesa di essere placata... non si è mai spenta, almeno fino a quando non ho preso fra le mani quella pistola... e ho agito come era giusto che facessi.

L'avvocato sorrise sghembo. Era convinto di avermi in pugno. Alla fine, stavo dicendo proprio ciò che voleva sentirsi dire, stava assaporando il suo breve momento di gloria, convinto di star facendo bene il suo lavoro. Fu divertente farglielo credere.

- Sadica.

Parve sussurrare. Nessuno lo ammonì.

- Ma lei si rende conto, vero, di aver distrutto una famiglia? Di aver ucciso un innocente!

Persi volutamente la calma, dovevo apparire per quella che volevo realmente essere, un'assassina e quel teatrino doveva terminare in quel momento e per mio volere.

- Lorenzo Duca era tutto fuorché innocente avvocato e lei lo sa... lei lo sa bene non è così?

Insinuai, facendo finta di sapere qualcosa di cui non possedevo neanche uno straccio di prova certa. I suoi gesti, le sue parole e ogni cosa nell'avvocato che avevo di fronte mi portava a pensare che non solo fosse a conoscenza di inconfessabili verità ma ne fosse stato addirittura complice. Rimaneva legato al defunto da una specie di patto stilato silenziosamente e col sangue, un patto col demonio, il demonio ammaliatore che in realtà era Lorenzo.

- Non ho idea di cosa...

- Smettiamola con questa recita avvocato. Quante volte ha dovuto tirarlo fuori dai guai? Quanti omicidi avete insabbiato lei e la sua cara vittima? Quanti eh?

Il mio tono inquisitorio lo destabilizzò e non poco, di certo non si aspettava quella repentina presa di posizione. Ci eravamo appena scambiati i ruoli.

- Obiezione!

- Signorina D'Amato la prego di...

Mi voltai verso il giudice.

- Vostro Onore, nonostante io provi un profondo e ben fondato disprezzo per la corte, la legge e tutto ciò che è coinvolto in questo processo, lei è l'unica autorità che intendo e continuerò comunque a rispettare; non mi proclamo innocente, ma dannazione, ho ucciso un uomo, un uomo che era feccia e santificarlo adesso non solo rende vano il mio, per quanto immorale gesto, ma non rende soprattutto giustizia alle vittime. Il processo D'Amato va riaperto, adesso! E non solo... anche gli altri! Giustizia deve essere fatta.

Il giudice mi guardò negli occhi, non lessi disprezzo sul suo volto, cosa che invece potevo ben notare negli altri membri della corte. Lui sembrava in qualche modo "intendere" il motivo delle mie sconsiderate e sbagliate azioni. Non mi giustificava affatto ma in qualche distorto modo poteva, forse, comprendermi.

- Signorina... sono costretto a farla uscire dall'aula...

Chinai il capo, non sconfitta ma momentaneamente sospesa. Mi lasciai ammanettare e scortare fuori dall'aula. Poco prima di varcare la soglia però mi voltai, sorprendendo tutti e persino me stessa. Guardai Alessandro, l'avvocato Bertolaso, la famiglia Duca e tutti coloro che in quel momento osavano giudicarmi impacchettati nei loro schifosissimi vestiti costosi e d'alta sartoria.

- Non mi pento di nulla, piuttosto voi fate ammenda con i vostri demoni e forse se esiste davvero un Dio, avrà pietà. Io sono solo la punta dell'iceberg, quante altre famiglie avete distrutto col vostro silenzio? Quante famiglie credete che abbiano pietà dei carnefici delle loro figlie, sorelle e madri? Eh? Pentitevi e dimostrate di non essere tutti viscidi assassini come me e il vostro caro, amato e santificato Lorenzo Duca, dimostrate di avere a cuore le sorti del vostro paese già in rovina e soprattutto smettetela di chiudervi nella vostra gabbia dorata fatta d'omertà.

Dopodiché uscì così a testa alta e con lo sguardo di tutti addosso, la mia anima sembrava alleggerita da un peso in meno mentre una lacrima solcò il mio viso, la prima lacrima dopo davvero tantissimo tempo.

Alessandro, 2023

Emanuela. Eleonora. La donna che amavo e che avevo imparato a conoscere aveva ragione, aveva avuto sempre dannatamente ragione. Osservai l'intera corte interdetta, i giurati allibiti e addirittura alcuni sguardi allarmati. Il suo discorso era stato un monito per tutti: certi crimini non potevano più essere permessi né passati per incidenti o suicidi, certi atti andavano puniti anche se a perpetrarli era la Napoli per bene e intoccabile, i signorotti di cui anch'io in fondo facevo vergognosamente parte.

- Pazza scatenata... l'ergastolo è l'unica cosa che merita una come quella...

Un sussurro spezzato di Claudia arrivo alle mie orecchie e non potei che provare pietà per lei che non aveva neanche la più pallida idea di chi fosse davvero il Lorenzo Duca di cui si era, inspiegabilmente innamorata. Claudia di certo lo ignorava, ma io no, mai avrei potuto farlo e mai certamente avrei dimenticato.

La mia attenzione ricadde sulle mie mani, prima sulla sinistra e poi sulla destra... l'anello dalla pietra color acqua marina aveva da sempre adornato la mia mano come un monito d'appartenenza a qualcosa che mai avrei pensato di rinnegare... mai fino a quel momento s'intende. La fascetta d'argento che invece indossavo all'anulare sinistro mi ricordava invece una tacita promessa... avevo finalmente trovato l'amore e non l'avrei lasciato per niente al mondo.

Decisi così di compiere un gesto che, sapevo avrebbe ferito e lasciato senza parole tutti, specialmente la mia famiglia: di scatto mi alzai in piedi accettando ogni genere di occhiata, sfilai con rabbia l'anello simbolo della mia stirpe e lo scaraventai al suolo con tutta la rabbia e la forza che possedevo in corpo. L'avevo sempre gelosamente adorata quella gemma così simile al colore dei miei occhi e così simile anche al colore degli occhi di Eleonora, ma in quel momento per me non significava più niente, niente se non la vergogna di appartenere a quel genere di categoria corrotta.

- Alessandro cosa...

Disse mia madre sotto shock. Vidi il terrore passare per le sue iridi, ancora una volta.

- Vi detesto. Detesto la vostra falsità, detesto ciò che fingete di rappresentare e detesto anche la vostra maledetta convinzione. Da oggi in poi, non consideratemi più parte della vostra famiglia. Mi vergogno di far parte della vostra amata ed elogiata categoria, vi rinnego, vi rinnego uno per uno!

- Alessandro no, non anche tu!

Urlò straziata e in lacrime mia madre fra le braccia di mio padre. Apparenza, vile e inutile apparenza destinata solo agli occhi sociali, quella scena mi diede la nausea;

Era ufficiale, la mia famiglia era rimasta senza lo straccio di un erede legittimo, prossima alla totale rovina. Per la terza volta mia madre avrebbe pianto un figlio perduto e per la terza volta ciò che restava della mia famiglia avrebbe incontrato il dolore di un lutto, dolore che gli stavo rendendo più che volentieri viste le circostanze. Con le loro scelte sconsiderate avevano prima programmato e poi distrutto le nostre vite... questo non potevo assolutamente perdonarglielo.

Avremmo presto pagato per i nostri peccati e per ciò che avevamo permesso oltre che lasciato accadere. Eravamo tutti responsabili ma io forse, lo ero stato più degli altri.

   
 
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