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Autore: itsmeWallflower    01/03/2024    0 recensioni
AU!Klaine Teacher!Blaine, Student!Kurt__
Kurt Hummel è un nuovo studente dell'ultimo anno del liceo Mckinley, Blaine Anderson il nuovo insegnante di letteratura inglese.
Kurt però è anche il ragazzo della metà degli anni di Blaine, conosciuto ad un caffè letterario..
e Blaine è l'uomo che di ragazzo ha ben poco che Kurt ha conosciuto una sera tra l'asteroide 325 e 330.
*Il fatto era che si erano trovati nel momento e nel luogo sbagliati.
Blaine aveva ancora troppe cicatrici da disinfettare e la sua anima da scoprire.
Kurt aveva ancora troppe poche cicatrici da sanare e la sua anima ancora da formare.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 14

 
Riaprire una ferita, anche se ben curata, basta poco.. Blaine l'aveva capito quella notte, quando dopo essere sprofondato in un sonno profondo mentre ascoltava il respiro calmo di Kurt addormentato dall’altro lato del cellulare, si era risvegliato nel bel mezzo della notte, madido di sudore, col cuore che gli batteva a mille e Sebastian che cercava di tenerlo fermo e zitto, perché a quanto pareva stava urlando a pieni polmoni.
 
Aveva fatto uno dei suoi incubi, uno di quelli che non gli capitava di avere da un bel po’ di tempo a quella parte e che credeva acqua passata.
 
Non erano passati quindi.. ma soltanto sopiti da qualche parte nel suo inconscio che la vicenda di Kurt di quella giornata aveva riportato a galla.
 
“Killer, credo sia arrivato il momento di parlarmene.” Sentenziò Bas quando era tornato da Blaine, nel suo letto portandogli una tisana calda.
“Cosa vuoi sapere?”
“Tutto quello che non mi hai detto, Blaine, tutto”
 
Così Blaine tra un sorso e l’altro di tisana e un sospiro amaro e un morso alle labbra stava dicendogli tutta la verità.
Perché quello davanti a lui era Sebastian e non doveva nascondergli nulla, perché era sicuro che a quel punto non ci sarebbe stato un “te l'avevo detto” e sapeva che non gli avrebbe dato ottimi consigli e non se ne sarebbe uscito con  enormi perle di saggezza, ma era certo che l’amico avrebbe fatto di tutto per farlo stare bene.
 
Quindi partì dall’inizio descrivendogli la scenetta di Kurt e Zack che aveva visto nel corridoio della scuola, non si risparmiò i dettagli sul sorriso di Kurt e sul bacio di Zack.
“ma perché il nome di quel fottuto bastardo continua a comparire quando si parla del damerino?” Sbottò Sebastian chiedendo all’altro di continuare subito dopo.
Così Blaine prese dal suo comodino gli spartiti e il testo della canzone che aveva scritto, aspettò che l’altro leggesse e poi gli disse che l'aveva scritta per Kurt, perché doveva fargli capire come si sentiva.
Perché era stufo di dare senza mai ricevere, perché Kurt stava andando avanti per la sua strada senza voltarsi mai indietro a guardare dove l'aveva lasciato.
“Ma sei proprio un fesso Anderson! Prima di mettere su lo spettacolo di Les miserables potevi almeno concedergli il beneficio del dubbio e chiedere spiegazioni! Con Santana è stato chiaro: tra lui e quel bastardo non c’è niente!” Blaine fece spallucce alle parole di Bas,
“L’ha detto anche a me quel giorno. Ma non è questo il punto. Zack o non Zack lui ha preso la sua decisione e non è stare con me. Quindi io volevo solo il suo addio. Ne avevo bisogno, capisci?”
“Invece lui non ti ha detto addio, vero?”
“Già. Ha detto molte cose quel giorno, ma non addio.”
“Quindi?” Domandò Bas,
“Quindi stavo impazzendo, Bastian. Un minuto prima lo odiavo, un minuto dopo ero sicuro di stare andando avanti, un minuto dopo ancora mi sentivo confuso e volevo sentirmi dire quel maledetto addio. Così stamattina avevo deciso che con la scusa di congratularmi con lui per la vittoria dei Cheerios volevo parlargli un'ultima volta, ma..”
“Ma cosa, Blaine?”
 
Sebastian non era stato pronto a sentire quello che Blaine aveva da dire.
Aveva pensato si trattasse di una storia di un cuore spezzato o di una storia di folle gelosia e ragazzini non ancora pienamente cresciuti e quindi confusi su ciò che volevano o pensavano di volere.. invece quello che dovette ascoltare fu cento colpi allo stomaco.
 
Si rese conto alla fine del racconto che quella era una storia diversa di cuori e anime spezzate e realizzò  che era una storia di ragazzini sí, ma di quelli forti, di quelli che nonostante le botte, le ferite, i colpi bassi e allo stomaco restavano in piedi, Kurt restava in piedi.
Ne era così fiero che non riuscì a trattenersi dal dirlo.
“Stará passando l'inferno Blaine. Eppure è riuscito a insegnare una lezione a tutti.. in qualche modo è riuscito a non essere la vittima, ma l’eroe. Questo è- vorrei potergli dire che stará bene, quelli come noi ne usciranno sempre vivi.” Blaine si lasciò abbracciare dall'amico e ricambiò la stretta come per dirgli ancora una volta e sempre “ti tengo”.
 
“Però c’è qualcosa che non mi quadra. Quell’approfittacazzi di Zack non mi quadra. È già da quel sabato al caffè e dal quel “scusa” di Kurt che ho la sensazione di mancare qualche pezzo del puzzle” disse Sebastian quando si erano sciolti dall'abbraccio e Blaine sembrava non avere più forze per affrontare certi tipi di discorsi,
“Bas non c’è nessun pezzo mancante se ci pensi. Kurt non ha negato di tenerci, ha fatto di tutto per evitare che finisse in grossi guai ed è stato il primo a cui ha chiesto aiuto e a cui ha sorriso. Cosa c’è che non ti quadra? Se lui lo fa stare bene, per me va bene”
“Tutte stronzate Killer. Kurt non sa mentire e se ha detto sia a te che a Santana che tra lui e lo stronzo non c’è niente, allora gli credo. Però c'è da capire perché si è avvicinato così tanto ad uno di cui, posso metterci la mano sul fuoco, non si fida” Blaine fece spallucce e poi sbadigliando gli disse di smetterla di pensare come se fosse sempre un protagonista di un giallo e di mettersi a dormire con lui che era davvero tardi.
 
E Sebastian lo fece, mettersi a dormire di fianco a Blaine, ma di pensarci proprio non poté smettere, quello no. Non ci riusciva.
così l’indomani, dopo aver preso il suo caffè forte e amaro per risvegliarsi un po’, decise di recarsi da Santana perché solo lei poteva aiutarlo a mettere insieme tutti i pezzi, dato che lui era quasi certo di avere tra le mani il puzzle intero, aveva solo bisogno di comporlo, quel puzzle.. e ad essere onesti Santana non era proprio la persona che poteva aiutarlo ma era l’unica a cui poteva chiedere l'indirizzo di Kurt, che poteva di sicuro risolvere per lui quel grattacapo, che se era come lui l’aveva figurato nella sua testa, quella notte, allora… si salvi chi può.
 
“Andiamo. Ti ci accompagno io, devo assicurarmi che sta bene” così gli disse Santana dopo aver ascoltato il dramma che era successo e i dubbi che affliggevano Bas,
“Sapevo che avresti capito”
“Zack è nocivo, Bas. Questo ormai lo sanno tutti e so con certezza che non è ciò di cui ha bisogno Kurt in questo momento”
“Allora andiamo, no?” Propose Sebastian già con le chiavi dell’auto in una mano e il cappotto di lei nell’altra.
 
Quando Carole quella mattina, ancora con la sua vecchia vestaglia addosso e i capelli scombinati dal sonno ed in mano il libro che aveva cominciato durante le vacanze Natalizie, aprì la porta, di sicuro non si sarebbe aspettata di vedere proprio la faccia che fissava ogni volta che guardava il retro del libro che stava tenendo al petto in quel momento.
Sapeva che quel Sebastian Smythe fosse dell'Ohio dato che lo diceva il trafiletto della copertina a lui dedicato e sapeva pure di più dato che era stata una delle infermiere dell’ospedale in cui era stato ricoverato all’epoca, eppure non credeva che potesse mai bussare alla sua porta accompagnato da quella che era l’amica di Kurt: Santana.
“Oh Buon Dio! Tu sei Smythe!” Esclamò lei agitando il libro che aveva in mano: Una lunga notte a Parigi e spostandosi di lato per farli entrare,
“E lei é una mia ammiratrice a quanto pare. Ci ha visti arrivare dalla finestra? Vuole un autografo?” Chiese Bas indicando il suo libro e ricevendo in cambio uno scappellotto dietro la nuca da Santana,
“Oh no, no! Cioè non vi ho visto arrivare, stavo solo leggendo il libro quando avete suonato e..si, sarebbe carino avere una firma, ma-”
“Sebastian? Cosa ci fai tu qui?” Domandò Finn facendo capolino dalla cucina,
“Voi due vi conoscete?”
“Coinquilino di Rachel” s’intromise veloce Santana sospingendo veloce Bas all'interno ed evitando che l’altro si facesse scappare qualcosa di inappropriato da dire ai genitori di Kurt,
“Oh, Rachel non ha mai detto chi fossi esattamente e ad essere onesta parla molto spesso anche di un certo Blaine, ma Rachel non é qui, comunque” spiegò Carole facendo strada verso la cucina,
“Siamo venuti per la strepitosa colazione e per vedere Kurt. dov’è? Spero non sia già scappato a scuola” disse schietta Santana, mentre Sebastian salutava Finn e si lasciava presentare ad un ancor più confuso Burt,
“Tu sei Sebastian Smythe, amico di Blaine Anderson di Westerville. Che diavolo ci fai tu qui, con Santana poi?!” Sbottò l’uomo togliendosi il berretto logoro che aveva già ben posizionato sulla testa calva,
“Lei come fa a sapere che-”
“Sono di Westerville anch'io ragazzo e ho una buona, ottima memoria.. e proprio ieri ho conosciuto Anderson.. é l'insegnante di Kurt” cercò di spiegarsi Burt,
“Blaine, amico di Rachel é lo stesso Blaine Anderson professore di Kurt!?” Domandò a nessuno in particolare un alquanto confusa Carole mentre preparava altro caffè per gli ospiti,
“Così pare” borbottò pensieroso e del tutto destabilizzato Burt, mentre tornava a sedersi già tremendamente stanco, al suo posto, permettendo alla sua mente di fare qualche ragionamento e arrivando alla conclusione che lui e Kurt dovevano fare un bel discorso.
Perché a quel punto c’erano troppe situazioni e coincidenze che richiedevano una spiegazione ed al più presto anche, poiché lui ci stava già provando da solo da quando aveva lasciato il liceo McKinley il giorno precedente, senza però trovarvi risposte.
 
“signor Hummel- Burt credo che ti devo delle scuse. Quando mi hai chiesto se ci fossero problemi a scuola io ti
ho assicurato di no pensando davvero che non ce ne fossero senza prima accertarmene che fosse vero. Solo che, a quanto pare, Kurt riesce a nascondere ciò che vuole molto bene” Santana doveva togliersi quel peso dallo stomaco e buttò fuori quelle parole con il capo chino sul suo caffè e la voce impostata,
“Tranquilla Santana era compito mio controllare che fosse tutto okay e non l’ho fatto. Non devi fartene una colpa” rispose affranto Burt,
“Sinceramente qua non è colpa di nessuno se non di quei bastardi a scuola e di Kurt che pensava di fare un favore a tutti non parlandone con nessuno. A proposito dov’è?” Si intromise Sebastian parlando come se quella non fosse la prima volta che interagiva con quelle persone e come se ne avesse tutto il diritto.
“Vacci piano ragazzo! Non credo di tollerare altri brutti atteggiamenti e lo stesso vale per mio figlio. Chiaro?”
“Burt, fidati se ti dico che tuo figlio ha bisogno di una scossa e non di essere commiserato. Non voglio di certo colpevolizzarlo di nulla, però ho delle cose da dirgli e lui pure. Quindi dov’è?” Chiese di nuovo Sebastian allontanando da sé la seconda tazza di caffè di quella mattina,
“É in camera sua, non credo che se la sente di uscire dal letto oggi, ne tanto meno andare a scuola” Sebastian alzò gli occhi al cielo alle parole di Carole e le chiese di indicargli la strada e la porta,
“Con permesso” disse poi rivolto a Burt che era rimasto seduto al suo posto a scrutarlo ancora indeciso se lasciarlo andare da Kurt o meno,
“Fidati Burt, non c'è persona migliore di lui per Kurt in questo momento” disse Santana mentre veniva strattonata proprio da Bas per portarla insieme a lui,
“stanno insieme quei due?” Domandò Burt ad un Finn che aveva assistito a tutta la scena senza fiatare ancora troppo addormentato per mettere in fila un pensiero coerente,
“Bas e Kurt?” Finn scoppiò a ridere sguaiato asciugandosi le lacrime agli angoli degli occhi, “farebbero scintille!”
“No Finn, parlavo di lui e Santana!” L’uomo si passò una mano sugli occhi chiedendosi come potesse un ragazzo così buono essere anche così poco perspicace,
“Oh, boh. Credo di sì, in un certo senso. Non lo so. Sono strani” Burt alzò gli occhi al cielo e sbuffó perché da Finn non avrebbe cavato un ragno dal buco,
“Com’è che si conoscono?” chiese dopo un po’,
“Sebastian e Santana?” Domandò di rimando Finn e di nuovo Burt dovette alzare gli occhi al cielo,
“Dio no! Lui e Kurt!”
“Rachel” risposta piatta e troppo veloce di Finn che si alzò di scatto dalla tavola e farfugliò qualcosa sui corsi anticipati, test e traffico e corse via, lasciando il povero Burt sempre più preoccupato, alla ricerca di quel filo conduttore che univa tutti i pezzi del puzzle che gli mancavano e che non era più sicuro voler far combaciare,
“Mio padre lo diceva sempre: beata ignoranza” mormorò ad una stanza vuota.
 
Kurt si era svegliato nel bel mezzo della notte ancora con il cellulare all’orecchio e la chiamata attiva sentendo dall’altro lato del cellulare il respiro pesante di Blaine, segno del fatto che si fosse addormentato anche lui, così gli sussurrò la buonanotte e riattaccò, sperando di ritrovare presto il sonno.
Speranza infranta quando dopo svariate posizioni provate e varie sistemazioni del cuscino capì che la sua mente era fin troppo sveglia per tornare a dormire, e per quanto si impedisse di ripensare agli eventi di quella giornata, non riuscì ad evitarli del tutto.
 
Riuscì a sfuggire al fatto principale  successogli così da evitarsi un’altra piccola crisi isterica e si concentrò su tutto quello che era successo prima e dopo e non potette evitare di riflettere sul party del giorno precedente, sulla palpatina di Karofsky di cui si era ricordato con prepotenza, di quel primo incontro negli spogliatoi e di quel maledetto sabato in cui David lo aveva seguito fino al caffè e Zack lo aveva protetto.
Zack.
Non fu difficile fare due e più due e capire.
Lui sapeva. Aveva sempre saputo di Karofsky, della sua confusione e della sua ossessione per Kurt.
Zack sapeva e non si era mai premurato di metterlo in guardia. Mai. Che fottuto stronzo.
 
Kurt era certo che se avesse saputo, niente di tutto quello sarebbe successo.
Ed era stanco persino di capire perché  quell’informazione fin troppo rilevante Zack l'aveva tenuta per sé.
Qualsiasi fosse stato il motivo a Kurt non interessava. Quella era solo l’ennesima conferma del fatto che Zack era uno stupido, menefreghista, insensibile, coglione e approfittacazzi e non c’era niente che avrebbe potuto dire o fare per fargli cambiare idea.
 
Continuava a girarsi e rigirarsi nel letto combattuto sul da farsi, era tentato di contattare Zack per accusarlo, per arrabbiarsi, prendersela con lui e farlo diventare il capro espiatorio ed era anche tentato di chiamare Blaine per sfogarsi,per dirgli quanto era stato stupido.
Invece se ne restó a letto, sveglio e frustrato non riuscendo a decidere se essere più arrabbiato con sé stesso, Zack, David o con Blaine ad essere sinceri.
Perché la telefonata con quell’Eli non l’aveva di certo dimenticata.
Come non aveva dimenticato il “mi vedo ancora da te e con te. Sempre” sussurratogli all’orecchio riportando le stesse parole di quel messaggio mandatogli prima dell’addio.
Ed era un casino.
 
Lui lo era.
Era così che si sentiva quando suo padre Burt entrò in camera per il buongiorno.
Era un casino quando venne anche Carole per portargli una tisana calda e rassicurarlo sul fatto che non era costretto ad andare a scuola quel giorno se non se la sentiva.
Era un disastro quando a scendere quelle scale a due a due era stato Sebastian con una Santana al seguito.
 
“Milady. So che sei sveglio” aveva esordito Bas, facendo spalancare gli occhi di Kurt che si era immobilizzato a letto, con la schiena rivolta verso gli intrusi, sperando che sarebbero andati via.
Perché era un casino lui e affrontare anche Sebastian, quella mattina, proprio non poteva farlo.
“Bas, forse non è il caso di-” la voce di Santana dietro Sebastian era arrivata forte e chiara alle orecchie di Kurt che si mosse appena, mentre lacrime che aveva provato a trattenere dalla sera prima, dopo il tentato abbraccio di Finn scesero copiose sulle sue guance senza poter fare niente per fermarle.
“Non è il caso di rompere le palle, Santana” bloccò le parole della ragazza Sebastian, che per tutta risposta prese i lembi della coperta dal letto e senza preavviso le tiró via dal corpo di Kurt, lasciando l’altro completamente scoperto, infreddolito ed esposto.
Il singhiozzo che provò a trattenere insieme al respiro, arrivò invece chiaro alle orecchie dei due. Era spezzato, Sebastian lo era e Santana pure.
Ma Smythe ne aveva già avuto abbastanza per una vita intera,  aveva già visto abbastanza.
La schiena di Kurt, rimasta scoperta da una tshirt ingarbugliata, altrimenti immacolata era segnata da lividi violacei e segni che rendevano tutto molto più reale.
 
Non era quello il momento, eppure Sebastian non era riuscito a fermarsi dal pensare “questa volta Blaine è arrivato in tempo”.
Non era riuscito a fermarsi dal paragonare se stesso con quel ragazzo steso nel letto.
Ed era un casino, ma non poteva farci i conti in quel momento.
No, per questo, fece il giro del letto, si parò di fronte a Kurt e senza chiedere il permesso, lo tirò sù per le spalle e lo attirò a sé.
Era un abbraccio di cui Kurt non sapeva di aver bisogno, fino a quando non l’aveva ricevuto.
Era un abbraccio che non credeva di essere pronto a ricevere, non dopo quella stupida scenetta con Finn, ma che gli era ora necessario, perché con Sebastian non c’era da preoccuparsi.
Sebastian capiva, lui comprendeva.
“Stai bene Milady” sussurrò al suo orecchio, mentre con un braccio lo stringeva e con l’altra mano gli sistemava la maglietta.
Quell’abbraccio non aveva niente di confortevole, di familiare.. era una morsa salda, forte e solida.
Era Sebastian che gli stava dicendo  “ti tengo” , “rialzati” , “sii fiero, sii vivo”.
 
Santana stava sorridendo con le lacrime agli occhi quando si aggiunse all’abbraccio, stringendo entrambi e tenendo anche se stessa.
 
“Può bastare, che dite?” Sbottò Sebastian che era rigido e a disagio per restare ancora in quella posizione, spostandosi appena e sedendosi meglio sul letto di fianco a Kurt.
 
Era arrivato il momento di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle.
era stufo marcio di dare tempo e spazio a cip e ciop ed era sicuramente stufo di giocare a regole stupidamente imposte da chi non vuole vincere.
 
“Allora Hummel, abbiamo finito di commiserarci. Andiamo avanti. Hai avuto la tua notte insonne da quel che vedo dal tuo faccino pallido e abbiamo avuto una mattinata pianterina da quello che ho appena assistito. Il passo successivo è-” disse tutto d’un fiato, battendo le mani sul finale come per creare suspance, “dirmi tutta la verità, così che io posso rimediare a tutte le vostre decisioni sbagliate ed andare avanti. Perché sinceramente, non ne posso più” finì Smythe il suo sproloquio, con le braccia conserte e lo sguardo assottigliato pronto a sentire tutto quello che c’era da ascoltare.
“Non so di cosa stai parlando” mormorò Kurt che cercò di tirare su le coperte aggrovigliate sotto il sedere di Sebastian, che non si mosse di un millimetro.
“oh Lady Hummel, non fare l’ingenua che non attacca. Chiaramente non sto parlando di quello che ti stava per succedere ieri, ma che non è successo” puntò i suoi occhi fissi in quelli di Kurt come per fargli leggere tutta la verità nascosta e Kurt aveva capito.
Non stava minimizzando Sebastian, stava semplicemente facendogli capire che poteva andare peggio e non è successo.
Stava facendogli vedere il bicchiere mezzo pieno e il cuore pesante.
Lui che quel peggio l’aveva vissuto invece e ne era uscito spezzato e più forte.
“Di quello ne parliamo solo, se e quando vuoi. Conosco tutte le sensazioni che stai provando. I sentimenti di confusione, odio, frustrazione, vergogna, pena, rabbia e dolore. Tutte. Non voglio darti nessuna lezione su questo, ma se hai bisogno di una spalla a cui aggrapparti..” sembrava che il discorso fosse lasciato lì, permettendo a Kurt di finirlo come meglio credeva ed invece dopo un sorrisino sghembo e malizioso tipico di Smythe, concluse con “Blaine ti aspetta a braccia aperte!” E non era di certo il momento eppure la risata sincera di Santana fece ridere anche lui.
“Non ho bisogno delle spalle di nessuno, Seb” rispose Kurt.
“Ottimo Hummel. Neanche di quelle dell’ approfittacazzi di Di maggio, allora, suppongo.” Finalmente Sebastian era arrivato al dunque.
Scrutava il viso di Kurt e gli occhi diventati di colpo sfuggenti al solo nominare quel pezzo di-.
Cosa gli voleva nascondere il damerino? Era proprio quel che pensava? Le sue erano soltanto supposizioni eppure lo sfuggire dell’altro gli stava dicendo che stava per fare bingo.
 
Kurt dal canto suo era un casino, questo l’avevamo già detto.
Era troppo stanco e spossato e distrutto per affrontare anche Sebastian.
Quindi abbassò lo sguardo sulle sue mani in grembo, poi chiuse gli occhi, sospirò e disse “giusta supposizione. Ora vi prego, lasciatemi solo dormire che come mi hai detto tu stesso, la mia faccia pallida dice che ho passato la notte insonne”.
 
“Perché mi hai chiesto scusa quando mi hai visto al cafè letterario?” Domandò Sebastian, quando l’altro senza farsi nessuno scrupolo si era rimesso sdraiato nel letto, accovacciato sul fianco per dare loro le spalle.
“Perché non mi sono comportato bene neanche con te” fu la risposta sincera di Kurt,
“Cos’hai fatto di male, Kurt? Cosa nascondi?”
“Santana? Puoi portarlo via con te? Sto provando a dormire io qui” chiese lui bellamente ignorando la domanda di Sebastian, sperando che almeno l’amica l’avrebbe aiutato ad uscire da quella situazione.
Le domande erano appositamente pericolose, questo l’aveva capito Kurt.
Lui sembrava già sapere e sembrava volere solo conferme.
E Kurt era stremato.
“Porcellana, non puoi continuare così. Ti stai facendo del male e ne stai facendo a chi ti sta intorno. Non è facile da guardare” rispose Santana sedendosi a gambe incrociate per terra, proprio davanti al viso di Kurt spiaccicato sul cuscino.
 
E di nuovo Kurt era un casino e se non lo fosse stato, non avrebbe ricominciato a piangere a quelle parole dell' amica, le avrebbe combattute, avrebbe cercato e trovato parole fiere e pure un po' meschine per ribattere.
Ma non poteva farcela lui.
Era avvilito.
 
“Ho osservato la vostra storia, la tua e di Blaine dal giorno uno, Kurt. Ho seguito con te tutti i tuoi ragionamenti, ho visto come con tanta difficoltà sei arrivato alla conclusione che ne valeva la pena. Ti ho visto mordere e fuggire per così tanto tempo e ti ho visto alla fine arrenderti ai tuoi sentimenti” Sebastian sbuffò spazientito quando Kurt non fece segno di volersi muovere e guardarlo, così lo scostò senza grazia e gli tirò via il cuscino da sotto il suo viso.
“guardami” pretese.
 
“Qualche mese fa, io e te eravamo seduti per terra nel corridoio del McKinley ed io ti dissi che avevo capito che Blaine ti piaceva così tanto da preoccuparti prima per lui e poi per te, ricordi?” Sebastian, lo teneva incatenato con quegli occhi seri e pretenziosi.
E Kurt ricordava ogni parola di quel discorso.
“ti impediresti di stargli vicino se credessi che fosse il meglio per lui, dissi così.. ricordi?” domandò di nuovo Seb,
“Ricordo” sospirò Kurt senza aggiungere che avesse voluto che l’altro invece avesse dimenticato.
“Non avevi negato quel giorno”
“Sebastian, le cose sono cambiate. Io sono cambiato, la situazione è cambiata”
“E ancora non stai negando” fece notare Santana e Sebastian le sorrise sghembo, Kurt non degnò nessuno dei due di uno sguardo.
“È esattamente ciò che ti ho detto qualche settimana fa' Santana. È meglio per lui che le cose finiscano ora”
“Perché?” Lo incalzò Sebastian, “perché? cos’è cambiato? E non dirmi -io- che m’incazzo damerino.”
Silenzio. I tre restarono in silenzio, per un tempo assurdamente lungo, Kurt alla ricerca di una risposta, loro due in attesa.
Cosa avrebbe potuto rispondergli che non fosse una stupida bugia?
Niente, non gli veniva in mente niente.
Era stremato.
Ma qualcosa doveva pur dire.
“È cambiato tutto Bas, e non devo nessuna spiegazione a te.” Decise che era l’unica cosa sensata da buttare fuori.
“Ah Hummel ti ho dato più possibilità di quante ne avrei date a qualcun’altro. Ora sono stufo di giocare” Sebastian si alzò dal suo posto sul letto e sovrastò Kurt con la sua figura slanciata e le braccia unite sul petto “se non vuoi dirmela tu, tutta la verità, allora te la dirò io e tu non dovrai fare altro che confermare e tornare a dormire. Poi al resto ci penso io” Kurt a quel punto si mise a sedere con ogni muscolo teso, sperando e pregando che l’altro stesse bluffando.
Sebastian non sapeva.
Nessuno sapeva.
Solo lui e Zack sapevano e così doveva rimanere.
Tutto quello era stato fatto per salvaguardare Blaine, la sua reputazione, il suo lavoro, la sua carriera.. e nel mentre Kurt aveva sacrificato se stesso.
Quindi no, Sebastian non sapeva e non avrebbe mai dovuto saperlo, perché quello avrebbe complicato le cose, le avrebbe rese ancora più difficili da gestire. Perché Sebastian avrebbe potuto informare Blaine che avrebbe  potuto fare qualche stupidaggine o ancora peggio sarebbe potuto andare da Zack che avrebbe di sicuro mandato al diavolo il loro patto.
Non poteva permetterselo Kurt.
Era stremato sí, ma non si sarebbe mai arreso, per Blaine.
“Sebastian se l’Ohio ti rende così annoiato da metterti a creare storie sulla pelle e la vita degli altri, forse non è meglio che te ne torni a New York?. Non so di quale verità stai parlando. Non c'è nessuna verità se non quella che ho già detto a Blaine e spiegato a Santana. Non ho più voglia di avere una relazione nascosta, non voglio sentirmi uno sporco bugiardo ogni volta che guardo in faccia mio padre, non voglio non poter parlare del mio ragazzo ai miei amici, non voglio sentirmi come se faccio qualcosa di sbagliato ogni volta che esco per un appuntamento. Non lo voglio e no, non posso aspettare altri pochi mesi, perché quando il liceo sarà finito, Blaine resterà qui ed io sarò al college a Boston o Chicago o New York e non voglio una relazione a distanza. Non lo voglio, Sebastian. Non voglio più stare con Blaine. Ti è chiaro?” era rosso in viso alla fine dello sproloquio.. e di nuovo Kurt aveva sperato e pregato che questa volta il bluff, il suo, non venisse scoperto.
“Wow Lady Hummel. Sei bravo. Sei molto bravo, lo ammetto…ora capisco perché Blaine ti ha creduto così velocemente. Quante volte hai dovuto ripetere questo discorso a te stesso per recitarlo così bene ora? Complimenti, detto da me che mastico parole per mestiere, hai talento, non c'è che dire. Ma non me la bevo. La verità c'è e non è questa Milady” così dicendo Sebastian gli fece segno di prendere un fazzoletto dal suo comodino per asciugare le lacrime che senza neanche accorgersene stava versando e poi continuò imperterrito, perché non si sarebbe fatto intenerire da quelle.
Non era Blaine, lui.
“La verità è che non mi hai ascoltato quando ti ho detto di stare lontano da quell’approfittacazzi, ecco perché di quel “scusa” al cafè. La verità è che non c’è niente tra te e il coglione, su questo ti credo Kurt, ma lui ancora vorrebbe entrare nei tuoi pantaloni e la verità è che lui lo sa, sa di te e Blaine e tu hai pensato bene di chiudere la tua storia e provare a gestire quel pallone gonfiato da solo invece che fare la cosa matura e parlarne con Blaine.” Kurt era come immobilizzato, si sentiva come se le sabbie mobili lo stessero inghiottendo, sentiva i polmoni svuotarsi d’aria e non riempirsi più, era come annegare e affondare giù, sempre più giù dove non c'è luce, solo buio.
Buio intorno e dentro.
“È vero?” Chiedeva Santana passando il suo sguardo dall’uno all’altro come spiritata.
“And-ate v-via” annaspò Kurt sempre alla ricerca di aria con le mani strette al collo, perché era lì che sentiva il cuore battere. In gola.
“V-vi p-prego” per cosa li stava pregando, non lo sapeva… vi prego aiutatemi sto soffocando o vi prego non dite la verità a Blaine o vi prego lasciatemi solo.
Non lo sapeva, ma forse Sebastian aveva notato il suo panico e gli si avvicinò calmo e gli portò il suo sacchetto, quello di carta che aveva sempre con sé, alla bocca.
“Respira piano, dentro e fuori” lo istruiva Smythe
“Uno, due” Santana contava per calmare lui ma anche se stessa.
 
Era un inferno quello.
E lui era distrutto.
Quanto ancora c’era da sopportare? Era un’agonia infinita.
“Cazzo Smythe, fallo riprendere!” Quella era Santana
“Tana, chiudi il becco o se proprio devi parlare, continua a contare fino a dieci” quello invece era ancora Sebastian con il tono di voce più calmo che potesse usare, mentre faceva massaggi circolari alla schiena di Kurt, come si fa con un bambino per farlo smettere di piangere.
Poteva sentirli quindi, anche se le loro voci non riuscivano a sovrastare quella di Zack.
 
“cosa ne sarà del tuo professorino, se uscisse fuori la vostra malata relazione?”
 
“Kurt. Kurt? Devi solo fidarti di me, non permetterò che Blaine affondi. Mi senti? Andrà tutto bene, fidati di me. Respira, dentro e fuori. Dentro e fuori e fidati di me” Sebastian aveva preso a parlare di nuovo o di nuovo Kurt riusciva a sentirlo.
“Non pensare a niente, solo respira e fidati.” Diceva ancora,
“Porcellana andrà tutto bene. Uno, due, tre. Non sei solo, non più. Fidati, quattro, cinque, sei” continuava Santana.
 
Kurt non avrebbe mai saputo dire quanto tempo impiegarono per farlo tornare di nuovo a respirare.
Eppure non era morto, pensò quando i battiti del cuore non erano più accelerati, la vista era tornata seppure sfocata dalle lacrime e la testa gli scoppiava.
Era passato, almeno il panico era andato via.
Ora rimaneva solo la disperazione.
“Non puoi dirlo a nessuno, Bas. Promettimelo, ti prego”  mormorò quando riuscì a staccarsi dalla presa dell’amico,
“Non capisco Kurt, perché? Avresti dovuto dirlo subito a me, Santana, Blaine. Avresti potuto mentire a Zack, avresti potuto ricattarlo con la storia dello Scandals, perché tu ti sei semplicemente arreso?” Kurt a quella domanda si asciugò le lacrime, prese un gran bel respiro ancora tremolante e prese la decisione.
Tutta la verità. L’avrebbe detta tutta.
Non aveva senso a quel punto, continuare a tenersi tutto dentro.
“Promettimi che non farai o dirai niente di stupido, a nessuno”
Occhi negli occhi, quelli non mentono.
E Sebastian non stava promettendo niente con quelli ma erano sinceri, sempre.
Quindi si voltò a guardare Santana come per chiederle in silenzio la stessa promessa e lei annuì solenne.
Gli occhi non mentono e quelli di lei gli stavano dicendo di fidarsi,
“Fidati” disse Sebastian.
“Non hai promesso però”
“Non faccio promesse, mai, a nessuno”
 
Si fidò,
Perché era stremato e perché da soli non si va da nessuna parte.
Allora raccontò Kurt. Raccontò delle fotografie scattate, del ricatto, dei due giorni di tempo, della possibilità che Zack voleva e che lui non poteva dargli.
Parlò anche di come aveva capito troppo tardi che Zack sapesse della strana ossessione di David per lui e di come aveva provato ad aiutarlo, senza però dirglielo.
Raccontò anche di come si era spezzato quando aveva chiesto a Blaine l’ultimo bacio senza che l’altro sapesse che quello sarebbe stato l’ultimo.
Spiegò di come aveva provato a spegnere quei sentimenti che invece erano ancora fuoco vivo dentro di lui.
“Non c’era altra soluzione. L’ho fatto per Blaine e lo rifarei un altro milione di volte per Blaine.” allora concluse con gli occhi ancora chini sul suo grembo, dove li aveva tenuti per tutto il tempo della verità.
Non aveva il coraggio di guardare i suoi due interlocutori negli occhi, perché onestamente non sapeva cosa aspettarsi in quelli.
Delusione? Rabbia? Giudizio?
Non voleva saperlo.
“Quel brutto figlio di puttana” Sebastian aveva cominciato a fare su e giù per la stanza, come un animale in gabbia, “quell’approfittacazzi coglione. Quel vile bastardo. Io lo faccio a pezzi. Non avresti dovuto fermarmi la prima volta Tana. Doveva soffrire, deve soffrire. Deve darmi quelle maledette fotografie.” sembrava che Sebastian ne avesse ancora per le lunghe mentre Santana era stranamente silenziosa.
Kurt quindi si voltò a guardare la ragazza, che sembrava semplicemente fissare Bas, pronta a balzargli addosso da un momento all’altro,
“San? Mi dispiace io-” lei bloccò con un frettoloso gesto della mano le scuse di Kurt, senza allontanare lo sguardo da Sebastian,
“Non è colpa tua. Io probabilmente avrei fatto lo stesso”
“Col cazzo che avrei fatto lo stesso! Col cazzo Santana!” Smythe si fermò di colpo al centro della stanza, guardò prima l’uno e poi l’altro col viso alterato dalla collera e poi senza aggiungere altro, tirò via poco elegantemente Santana per un braccio e così come erano scesi, salirono le scale a due a due e si fiondarono fuori dalla camera di Kurt e da casa Hummel.
 
Sebastian Smythe era incazzato nero.
Era fuori di sé dalla rabbia per molte e più ragioni.
Era furioso con Zack, ovvio e con se stesso perché avrebbe davvero dovuto spaccargli per bene tutte le ossa a quella prima occasione.
Avrebbe dovuto insegnargli una lezione importante quella sera allo Scandals, perché nessuno può prendersi gioco di Smythe. Era successo una sola volta nella sua vita e con Zack non sarebbe stata la seconda.
Era incazzato perché aveva poche certezze nella vita e il “ti tengo” che lui e Blaine si ripetevano da anni era uno di quelli e Zack stava minando a quella promessa, perché se la relazione dell’amico fosse uscita allo scoperto in quel modo volgare con fotografie di vetri appannati, Sebastian non avrebbe saputo come tenerlo a galla.
Sebastian era furibondo con Kurt che a volte era troppo buono per questo mondo infame e doveva imparare a cacciare fuori le palle e combattere. Basta con la questione di pelle e battiti, la vita si trattava sempre di ossa.
E più di tutto lui era incazzato nero con l’Ohio. Aveva visto più marcio tra Lima e Westerville che in una discarica nucleare.
Quel buco di culo tra il nulla e niente brulicava di persone sbagliate, malate, distruttive. Era da cancellare dalla faccia della terra. Era feccia.
Zack lo era. E non importa se era solo un ragazzino spaventato dal mondo, non importa se aveva genitori omofobi e amici bigotti, non importa la sua storia, perché anche lui e Blaine avevano avuto la loro massiccia dose di merda addosso, eppure non si erano mai trasformati in feccia umana.
E Zack di Maggio era una feccia umana che continuava ad abusare della gente come meglio credeva.
Ed infine Sebastian era anche un po' innervosito con Santana che continuava ad urlargli contro diavolerie in spagnolo che non capiva mentre aveva provato già più volte a tirare su il freno a mano per fermare l’auto in corsa.
“Cristo Santo Santana! Se vuoi morire fallo con la tua macchina e non con la mia mustang! Non provarci più!” Urlò lui esasperato togliendo in malo modo la mano di lei dal freno,
“Fermati allora, Putón, loco verraco!”
“Il tuo spagnolo incazzato è sexy” gli fece notare lui con un sorriso sghembo mentre rallentava e imboccava la strada per andare a Westerville
“Dove stiamo andando?” Domandò allora Santana già più calma,
“Allo Scandals”.
 
Kurt era convinto che se non fosse morto di infarto entro quella giornata, allora non sarebbe mai più morto.
Era lui l'highlander.
Veloce come la luce senza neanche pensare su cosa e come lo stesse facendo, aveva indossato le prime scarpe che aveva trovato, preso le chiavi della macchina e raggiunto il suo navigator nel vialetto di casa,
“Kurt! Cosa diavolo sta succedendo? Dove vai?!” Burt stava sventolando il berretto ancora impalato sulla porta d’ingresso cercando di attirare l’attenzione del figlio,
“A scuola! Ne parliamo dopo, torna dentro!” Urlò lui di rimando mentre entrava in auto e metteva in moto.
Sperava di arrivare da Zack prima che potesse succedere il peggio.
Non poteva permettersi che quel peggio accadesse… non a scuola soprattutto, come non poteva pensare a questo, perché altrimenti lo avrebbe colto un altro attacco di panico e lui non poteva permettersi neanche quello.
Doveva solo arrivare lì il prima possibile.
 
Aveva appena parcheggiato al McKinley e stava scrutando il parcheggio alla ricerca dell'auto di Sebastian o quella di Zack quando il suo cellulare lasciato sul sedile del passeggero squillò: segno dell’arrivo di un messaggio.
Kurt lo prese col cuore in gola, per la seconda volta solo quella mattina, e lesse il mittente.
 
Da Santana: (8:01)
-stiamo andando allo Scandals. Non so ancora perché, ma fidati, okay? E sta’ tranquillo porcellana-
 
Lesse quel messaggio almeno tre volte prima di rilasciare il respiro che neanche sapeva di star trattenendo.
Poi, prima che qualcuno si accorgesse di lui, fece retromarcia e lasciò il parcheggio della scuola.
Ma non fece molta strada verso casa prima di costringersi a fermarsi perché i suoi occhi erano pieni di lacrime e la vista quindi offuscata e in quelle condizioni non sarebbe andato lontano.
Sarebbero mai finite? Aveva già pianto abbastanza per una vita intera, eppure le lacrime sembravano non esaurirsi mai.
Kurt era un casino.
E piangere sembrava l’unica cosa che gli riuscisse bene già da un po' di settimane a quella parte.
Quindi si lasciò abbracciare dal silenzio dell’abitacolo e pianse..
Erano passati pochi minuti o poche ore, Kurt non avrebbe saputo dirlo, ma quando il cellulare prese a squillare avvertendolo di una chiamata in arrivo fu abile nell’accettarla.
“San?” Aveva risposto senza neanche controllare il mittente,
“Ehi, sono io. È tutto okay? Stai bene?” quella non era la voce di Santana,
“Blaine?” Chiese mentre guardava lo schermo del cellulare, e sì era proprio Blaine.
Cazzo.
“Ehi, aspettavi la chiamata di Santana?”
“Oh, uhm no, no.. io-no”
“Kurt? Stavi piangendo?”
“Apparentemente piangere è tutto quello che riesco a fare oggi”
“Dovresti anche bere oltre che piangere, o perderai un sacco di liquidi e la tua pelle diventerà secca”
Si ritrovarono a ridacchiare, entrambi per motivi diversi: Blaine perché era riuscito a distrarre l’altro, Kurt perché aveva sentito il suo corpo subito rilassarsi alla voce di Blaine.
Restarono in silenzio poi, fino a quando Blaine non sentì il rumore dell’auto di Kurt che aveva messo in moto.
“Stai guidando?”
“Sto tornando a casa, avevo bisogno di aria”
Di nuovo restarono in silenzio, perché a volte il silenzio è più chiaro di mille parole.
Dice più cose di un discorso intero.
Racchiude tutte le verità non dette, ma sempre credute.
“Che stiamo facendo?” Si ritrovò però a chiedere Kurt,
“Ti faccio compagnia mentre torni a casa” rispose senza neanche pensarci Blaine,
“Le cose non sono cambiate, lo sai, vero?” E Kurt stava pregando e sperando che fosse tristemente vero, per Blaine, perché non poteva vederlo soffrire più di quanto stava già facendo per colpa sua,
“Lo so io e lo sai anche tu. Non è cambiato niente per me Kurt, te l’ho detto anche ieri, io-” ma Blaine non riuscì a finire il discorso,
“Mi hai detto qualche giorno fa, che ti sei pentito di tutto Blaine, mi hai detto addio.. abbiamo messo un punto. Non torniamo dove ci siamo fatti male, mh? Ti sono grato per quello che hai fatto per me ieri. Ma non cambia le cose.”
“No, non cambia il fatto che se ti chiedo dove ti vedi tra 5 anni, rispondi che starai cercando i miei occhi ovunque tu sia, Kurt”
“Blaine-”
“Kurt, non ti sto chiedendo niente. Voglio solo esserci per te, ora. Perché ne abbiamo bisogno entrambi. E forse io più di te, ma va bene così. Non ti sto chiedendo niente.”
Kurt era ormai arrivato a casa e stremato, ancora, si abbandonò sul sedile dell’auto abbracciando il volante e chiuse gli occhi.
Ne avevano bisogno entrambi.
“Tu come stai Blaine? Immagino che gli eventi di ieri abbiano destabilizzato anche te.”
“io non voglio pensare a cosa avrei potuto vedere se non fossi arrivato in tempo. Io non so neanche perché sono entrato in quello spogliatoio. Non so cosa mi ha portato lì, ma c’era qualcosa che mi diceva di correre da te. E anni fa io- ma, non importa. Però forse dovrei dirti che ne ho parlato con Sebastian, di ieri, so che non era mio diritto farlo, ma-” Kurt lo fermò,
“Blaine, è okay. Avevo immaginato tu volessi farlo e va bene. E puoi parlarne anche con me, se vuoi”
“Anni fa io non ho pensato che potesse succedere- anni fa non ho creduto che potesse capitare qualcosa di così orribile ad una persona così importante per me e non ho potuto aiutarlo. Sono corso da Sebastian solo quando al telefono mi aveva chiesto di correre da lui ed era già troppo tardi. Non c'era  più niente che potessi fare ed è qualcosa che non riuscirò mai a perdonarmi. Ma ieri- ieri io ho sentito che avevi bisogno di me, come Sebastian quel giorno. E- mi dispiace che continuo a paragonare le due cose. Ma-”
“Credo che Sebastian quel giorno non avrebbe mai voluto che tu fossi stato lì ad assistere o peggio ancora ad avere il suo stesso trattamento. Non hai bisogno di perdonarti di nulla Blaine, ci sei stato dopo, come ci sei ora per me e fidati se ti dico che vale molto di più di tutto il resto.”
Sospirarono entrambi, sperando che il silenzio potesse far dilatare il tempo e restare lì, solo loro.
Un po' spezzati, ma finalmente solo Kurt e Blaine, di nuovo.
Come sempre ma non per sempre.
Ancora un po'. Solo un altro po'.
Ma la realtà bussò alla porta troppo presto sotto forma di un Burt Hummel alquanto infastidito.
“Devo tornare dentro” sussurrò Kurt,
“Devo entrare a scuola. Ti chiamo questa sera. rispondi solo se lo vuoi”,
“ciao Blaine”
“Non dimenticare di bere, Kurt” sorrisero e riagganciarono.
 
Burt Hummel è sempre stato un uomo pragmatico.
Non chiedeva molto dalla vita. Un tetto sopra la testa, cibo in tavola, la salute e la serenità del figlio e della moglie Carole.
Era un uomo semplice e aveva sempre fatto tutto quello che era in suo potere per avere tutto ciò che desiderava e non era, appunto, troppo.
Ovviamente suo figlio Kurt era tutt’altro che sereno, non lo era stato da alcune settimane a quella parte e di sicuro non lo era dopo l’orribile esperienza del giorno prima a cui non voleva proprio pensare.
Per non parlare di quel Sebastian Smythe che a quanto pareva, chissà come, aveva peggiorato la situazione del figlio, che ora se ne stava in macchina a parlare da solo con gli occhi rossi e gonfi dal pianto.
Burt Hummel, era un uomo pragmatico e se doveva ammettere di aver sbagliato e rimediare, l’avrebbe fatto.
E lui aveva sbagliato.
Così aspettò che suo figlio scendesse dall’ auto e lo attirò a sé per le spalle e lo portò in casa,
“Kurt, figliolo.. siediti che dobbiamo parlare”
“Ti prego papà, ho solo bisogno di riposare. Possiamo rimandare? Ora non saprei nemmeno cosa dire e da dove cominciare. Sono confuso, lo sono davvero” così dicendo si sedette comunque sulla sedia che suo padre gli avevo posizionato fuori dal tavolo,
“Kurt, non devi dirmi niente se non sei ancora pronto a parlarne e forse nemmeno io non sono ancora pronto ad ascoltare. Sono io, ora, che voglio dirti qualcosa” Burt prese un gran bel respiro e notando il sopracciglio alzato del figlio, sbuffò,
“Cosa c'è? Non stai bene? È di nuovo il cuore?” Chiese Kurt un po’ allarmato,
“No Kurt, il mio cuore sta fisicamente bene, emozionalmente un po' meno però”
“Che vuoi dire?” domandò,
“Voglio dire, Kurt, che ho sbagliato e mi dispiace” disse Burt poggiando una mano sul tavolo col palmo aperto rivolto verso l’alto, come tacito invito al figlio di stringergliela e il ragazzo lo fece, un po' confuso,
“Hai sbagliato? Cosa hai sbagliato? Non ti seguo”
“Ho sbagliato a costringerti a lasciare la Dalton, solo perché da egoista quale sono volevo averti il più vicino possibile ora che ancora posso. Mi dispiace e-” Kurt non lasciò finire il padre, gli strinse un po' di più la mano e sorrise,
“no papà, non hai sbagliato niente. Non mi dispiace andare al McKinley la maggior parte del tempo. Davvero. Non è la Dalton, ma non mi pento. Mi piace lì e mi piace che posso passare più tempo qui” disse indicando lui,
“Ogni giorno che passa mi ricordi  sempre di più tua madre, sempre così forte e solida. sei in gamba Kurt e sono fiero di te. Ma non posso permettere che ti spezzi ancora, non sotto i miei occhi” così dicendo gli lasciò la mano, sorrise e si alzò dal suo posto,
“Ho chiamato la Dalton, quando sei fuggito via, poco fa'. Puoi ricominciare da lunedì” disse mettendogli una mano sulla spalla a mo' di saluto, facendo per andare, ma Kurt fu veloce nel bloccarlo per un braccio,
“No” disse, “no, questa volta io non scappo. No. Ho degli amici lì papà, ho il glee club, Mercedes, Puck e c’è Blaine. Io non vado da nessuna parte” sbottò, alzandosi anche lui e parandosi di fronte al padre,
“forse proprio perché c'è Blaine non sarebbe più facile se tornassi alla Dalton?” Chiese cauto Burt,
“Cos- io- no! Non so cosa vuoi dire con questo papà. E no, non torno alla Dalton. Ma grazie del pensiero”
“Kurt. Pensaci, okay? Non voglio costringerti e sono sicuro che Nick e Jeff saranno più che felici di riaverti lì. Io, non so più che fare con te, Kurt. Voglio solo che tu stia bene”
“Io sto bene papà”
“Ti sei guardato allo specchio stamattina? Non ti ho visto conciato così male nemmeno con una costola rotta e un trauma cranico” sbottò il padre gesticolando con le mani di fronte al viso del figlio, come per dire che quella faccia lì era un casino,
“Non ho ancora fatto il mio solito rituale mattutino” disse poco convinto, cercando di sistemarsi i capelli come meglio poteva con le dita,
“sarà come dici tu. Ma pensaci okay? Io devo andare in officina. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami. Carole sarà di ritorno per le dodici. Mi ha detto di dirti che se hai voglia di un piatto particolare per pranzo le puoi mandare un messaggio.” Burt fece per andarsene, ma tornò indietro subito dopo
“Ragazzo sicuro che stai bene?” Domandò guardando suo figlio dritto negli occhi,
“Sinceramente? Potrei stare meglio” e quello era già qualcosa pensò Burt quando attirò Kurt a sé in un abbraccio,
“E starai meglio figliolo. Te lo prometto” un'ultima pacca sulla spalla e lo lasciò andare.
“Santana e quello Smythe stanno insieme, per caso?” Chiese quando era ormai fuori dalla cucina, mentre metteva il cappotto,
“È complicato, ma credo che si possa dire di sì.” stava annuendo a sé stesso Kurt, appoggiato allo stipite della porta osservando il padre,
“E tu sei diventato amico di Smythe perché esce con Santana o perché è coinquilino di Anderson?” quella domanda lì, non aveva niente di casuale, quello era chiaro pure ad una persona stremata come Kurt in quel momento.
“Perché l’ho conosciuto al cafè letterario quella sera che c’era il suo meet and greet ed io accompagnai Jeff e Nick. C’era pure Finn quella sera, ricordi?”
“Proprio Finn mi ha detto che conosci Smythe grazie a Rachel” Kurt sorpreso sgranò gli occhi per un nano secondo e poi sbuffò,
“Finn ha conosciuto Rachel proprio quella sera perché ovviamente era pure lei lì.”
“E anche Anderson immagino” lo incalzò Burt,
“Papà stai facendo tardi a lavoro. Ci vediamo questa sera, stai attento” lo salutò sospingendolo gentile verso la porta.
 
Erano solo le nove del mattino eppure Kurt voleva già dichiarare conclusa quella giornata.
Tra le tante giornate di merda che aveva vissuto nella sua vita, questa la poteva mettere senza ombra di dubbio nella sua top 10.
 
Dopo due caffè, una doccia e la sua usuale skincare routine mattutina (di cui aveva un disperato bisogno), l’unica cosa che gli era rimasta da fare era rimettersi a letto, contattare Santana e rispondere alla decina di messaggi che aveva ricevuto dai ragazzi del glee.
“A quanto pare le voci girano veloci al McKinley” borbottò tra sé e sé mentre faceva scorrere gli occhi sulle caselle dei vari messaggi ancora non letti.
Di Santana nemmeno l’ombra.
 
A Santana: (10:40)
-ehi siete ancora allo Scandals? È aperto a quest’ora? Si è calmato? Posso parlargli? Ho bisogno di sapere da lui che terrà la bocca chiusa-
 
Nessuna risposta.
Da Mercedes: (9:30)
-perché non sei a scuola? Girano voci, Kurt.. è tutto okay? Scrivimi appena puoi-
Da Mercedes: (9:45)
-okay, Karofsky è appena passato a prendersi tutte le sue cose, la gente parla Kurt-
Da Mercedes: (9:51)
-Kurt?! Almeno dimmi che stai bene!! Passo da te dopo scuola-
Da Mercedes: (10:13)
-ho parlato con Mr Anderson. Ti lascio il tuo spazio, spero tu stia bene.-
 
A Mercedes: (10:45)
-Ehi Cedes, sto bene, davvero. Ci vediamo domani a scuola e ti spiego tutto. Non parlarne in giro di quello che ti ha detto Anderson-
Da Puckerman: (9:38)
-Zack mi ha riportato il fattaccio Hummel, se ci fossi stato io quel faccia da stronzo non ne sarebbe uscito vivo. Che pezzo di merda, credeva di potersi prendere l’unico cazzo gay dichiarato come se fosse la merenda del nerd di turno? Sono incazzato come una bestia-
Da Puckerman: (10:10)
-se hai bisogno di una bevuta con Puckzilla o fare le trecce con Lea, sai dove trovarmi -
A Puckerman: (10:46)
-vacci piano Puckzilla, la questione è già risolta. Nessuna merendina presa.-
A Puckerman: (10:46)
-magari mi farebbe bene fare le trecce con Lea, la ragazzina è una bella ventata di aria fresca. A domani e grazie-
 
A Zack: (10:47)
-Smettila di andare in giro facendo pettegolezzi. Non fare outing al posto di David,se qualcuno lo facesse a te, come ti sentiresti?-
Da Zack: (10:47)
-devo pur spiegare come mi sono procurato l’occhio nero e un labbro spaccato, Hummel.
E non sto facendo outing a nessuno, solo Puck sa’.-
Da Zack: (10:47)
-come stai Kurt?-
 
C’erano ancora messaggi di Tina, Artie, Marley da dover leggere, nessuna risposta da Santana, zero messaggi da Sebastian e due da Blaine.
Da Blaine: (10:10)
-Mercedes sembrava già sapere molte cose.. non le ho detto di più di quel che già sapeva. Ma le ho chiesto di non dire niente ai ragazzi del glee e lasciare a te la libertà di raccontare ciò che vuoi.-
Da Blaine: (10:11)
-Kurt non puoi passare la giornata in silenzio nel tuo letto a non fare niente,se non piangere e bere. Quindi ecco a te. #allegato#
Preparati per i SAT. È un prompt che scrissi due anni fa per la mia classe di New York. Impegnati, Hummel. Scrivi. Sarò inflessibile nella correzione.-
 
Kurt a quel messaggio con quell’allegato sorrise, era già la terza volta quella giornata che sorrideva grazie a Blaine? Poteva essere, non era una sorpresa.
Come faceva sempre a sapere cosa di cui lui aveva bisogno, prima di lui stesso?
Perché era Blaine, era sempre stato lui.
Lo sarebbe sempre stato.
 
A Blaine: (10:49)
-Mr. Anderson spero che questo test sia quantomeno nella media di tutti gli altri che ho già fatto. Altrimenti sarà solo uno spreco di tempo, che avrei potuto usare per piangere un altro po'.
Grazie-
 
Mise via il cellulare, prese il suo computer, i suoi blocchi per appunti e almeno tre penne, si sistemò meglio sul letto e si mise a lavoro, con un sorriso stampato in viso.
Pronto a dimenticarsi di tutto quello che la realtà gli poteva offrire e tuffarsi nel mondo che Blaine aveva creato due anni prima.
 
Si accorse di essere davvero riuscito a dimenticare tutto quello che aveva in testa, quando si ritrovò  a sobbalzare alla voce di Carole che fece capolino nella sua camera per salutarlo e per informarlo cosa stesse preparando per pranzo,
“Te ne porterò un piatto qui, così puoi continuare a fare quello che stai facendo”
“Grazie Carole, sarebbe fantastico” le rispose lui senza staccare gli occhi da quello che stava scrivendo.
“Come stai oggi? Non ho avuto modo di chiedertelo questa mattina” chiese restando ferma alla fine delle scale, come per dargli spazio ma facendogli capire che lei c’era,
“non fanno che chiedermelo tutti, ora che ci penso.. e Sebastian ha ragione, poteva succedere il peggio, ma non è successo. Mi sono spaventato ieri, questo è sicuro. Ma sto bene.”
“Quindi non è ciò che è successo ieri che ti turba” la donna era finalmente arrivata ai piedi del letto di Kurt e si sedette lì solo quando lui le fece segno di sedersi, appunto.
“Sì e no” preferì restare vago,
“Tuo padre mi ha detto che ha chiamato la Dalton” continuò Carole,
“Non ci tornerò, spero che ti abbia detto anche questo” borbottò Kurt infastidito,
“Me l’ha detto sì.. mi ha detto che non vuoi scappare di nuovo. E lo capisco sai? Quel Karofsky ti stava infastidendo da parecchio?”
“A differenza di tre anni fa, ora ho degli amici a scuola e.. loro hanno sempre fatto in modo di tenerlo lontano da me. Il fatto è che lì mi piace perché per la prima volta sento di far parte di qualcosa. Ho conosciuto persone che non mi hanno giudicato neanche per un secondo, mi hanno accolto, mi hanno aiutato dal primo giorno”
E non aveva fatto nomi, ma stava pensando a Blaine ovvio, ma anche a Mercedes, Puck, Kitty, Unique e Marley.
“E allora perché sono settimane che ti vediamo spento Kurt? È da quel giorno che sei scappato e sei rimasto da Santana che sei diverso, triste..e se quel David non c'entra e tu non vuoi parlarne, lo capisco. Ma voglio solo assicurarmi che non c'è altro che dobbiamo sapere.”
“David non c'entra. Io- è solo che l’amore è davvero orribile, a volte” a quelle parole Carole sorrise,
“Oh Kurt. Il primo amore è sempre il più difficile. Ti spezzerà il cuore così tante volte che potresti pure pensare di non poter essere più in grado di farlo funzionare. Kurt, si dice che si può amare da morire, ma morire d’amore, no. Quindi, ama senza paura che ne vale sempre la pena e non arrenderti, mai”
“non mi sono arreso, ma questo non sembra essere il tempo per noi” sussurrò lui cercando di trattenere le ennesime lacrime,
“allora aspetta Kurt. Senza fretta”
 
Aspettare, senza fretta.
Come se avesse tutto il tempo del mondo.
Cosa avrebbe dovuto aspettare? Che lui non fosse più un suo studente?
Non poteva chiedergli di aspettarlo, quando non gli aveva detto nemmeno di amarlo.
E poi? Poi c’era il dopo. E dopo ci sarebbe stata una nuova città, lontana dall’Ohio.
Lontana da lui.
Ed era un casino.
Kurt lo era.

Angolo Wallflower_

Aggiornamento a caso, in ritardo visto che la vita continua ad essere frenetica e a tratti ansiolitica.

Ma ci sono riuscita a pubblicare questo capitolo, anch’esso un po' pesantuccio.

Sebastian sta prendendo in mano la situazione.

E non è affar suo, ma meno male che lui c'è!

Grazie per chi ancora legge.

Un abbraccio.

Wallflower.

  
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