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Autore: Florence    18/03/2024    4 recensioni
Raccolta di one-shots ciascuna partecipante alla challenge Prime Volte indetta da Dylanation sul gruppo FB Komorebi Community - Fanfiction Italia
Una serie di "prime volte" di Victor e Yuuri, un viaggio nel tempo, un po' di missing moments in alcuni dei momenti importanti delle loro vite passate.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Stammi Vicino - 2014

Yuuri  ||  Victor



 

OS seguito delle precedenti e conclusiva. Questa OS non partecipa alla challenge “Prime volte”, ma è un missing moment che volevo includere nella raccolta e che la completa (forse.)


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Yuuri ha battuto il suo record personale: nel duemilatredici ha fallito tutto.


I Campionati Nazionali giapponesi: è arrivato undicesimo di dodici e il dodicesimo si è ritirato.

 

Il Four Continents: o meglio, a questo non si è mai qualificato.

 

Le Universiadi invernali: ma aveva da preparare la tesi, era quasi giustificato.

 

Le qualificazioni al Campionato Mondiale: tecnicamente già fallite con la sua disfatta al nazionale.

 

La riuscita di un rapporto di coppia: ma, quello con Peter, non lo ha mai considerato un vero obiettivo.

 

Dimenticarsi di Victor Nikiforov: che era il motivo per cui aveva provato a farsi andar bene Peter, anche se non lo ammetterebbe nemmeno a uno dei criceti di Phichit, morti ammazzati dai loro genitori prima ancora che gli spuntasse il pelo.

 

Ha fatto poker, praticamente. Anzi, poker più uno.

 

Per completare il capolavoro dell'anno dispari, gli sarebbe mancato mandare a monte tutti i suoi piani a Detroit e rompere con Phichit e Celestino, ma è abbastanza fiducioso che, quei due eventi, non possano verificarsi mai. Anche perché l'anno finalmente finisce nella più totale anonimia.


Alle prime luci del duemilaquattordici, dopo una mezzanotte passata a veder prima pomiciare Phichit con Sarah e poi a consolarlo, quando lei lo ha mollato su due piedi alle tre di notte, dicendo “non sei un vero uomo”, Yuuri è certo che sarà un disastro pure il nuovo anno, nonostante il tentativo di iniziarlo festeggiando al Motor City New Year's Eve  e annaffiando il freddo della notte con birra e una bottiglia di champagne economico comprata a metà.

Per lo meno Phichit è sempre con lui.

 

Pur essendo due amici per la pelle, però, Yuuri e Phichit hanno una differenza sostanziale: mentre Yuuri, quando si ubriaca, dimentica ogni cosa, Phichit invece tende a ricordare anche dettagli di un passato lontano e ha la sgradevole tendenza a riaprire argomenti già chiusi e accanirsi finché non ottiene risposte alle questioni in sospeso.

È per questo che, tra un pianto disperato e l'altro, il thailandese dice cose che spezzano la residua autostima di Yuuri e, senza volerlo, gli danno il colpo di grazia.

 

-... ma io l'amavo! Che vuol dire ‘non è la morte di nessuno’!? Parli bene, tu, che ti sei sentito sollevato, quando ti sei lasciato con il calciatore!- Esclama Phichit all'ennesimo tentativo di consolarlo da parte di Yuuri.

-Co… cosa!? E tu come lo sapevi?- Yuuri è già tutto rosso come un peperone, perché se Phichit ha detto quella cosa, allora ha piena consapevolezza del fatto che lui sia omosessuale DOCG e non soltanto a livello puramente teorico, cosa che finora era stato un assioma della loro amicizia. A Yuuri piaceva Victor Nikiforov e non gli piacevano le ragazze, dunque non poteva essere che gay.

-E dai, Yuu-chan! Vi ho beccati una volta che vi baciavate dietro la biblioteca e ti ho visto come ti facevi bello ogni volta che dovevi andare anche soltanto a fare la spesa, e poi non sei affatto bravo a parlare piano al telefono, quando ti chiudi in bagno! Ho il letto al di là della parete, credi che non sapessi tutto fin da principio?-

-Ma… allora… perché non mi hai mai fatto domande?- Yuuri è disorientato. Una frequentazione che stava iniziando a dubitare fosse mai esistita davvero, dal momento che non aveva lasciato alcuna traccia nella sua vita, era adesso resa pubblica e quindi diventava reale.

-Perché, se volevi parlarne, lo avresti fatto tu per primo. Siamo amici noi… no…?-

C'è un filo di incertezza in quella domanda/affermazione.

-Certo che siamo amici! Non dubitarne nemmeno per un secondo! Io ti racconto sempre tutto… beh… a parte questa storia che…-

La voce si affievolisce sempre più, Yuuri si fa piccino piccino. Phichit invece si picca ancora di più.

-Tanto che importa! Il mio coinquilino si è fatto per due mesi il ragazzo più sexy della facoltà, ma mica ci sono rimasto male, che non me l'ha detto! Erano affari suoi!-

-Non è durata due mesi e non mi sono fatto nessuno, io!-

Yuuri strilla color tramonto d'estate sul mare e Phichit strabuzza gli occhi.

-E dovrei crederci? Come quella volta che sei tornato da Sochi depresso come un calzino smarrito in lavatrice e con un succhiotto sul collo? Ma dai!?-

-Io cosa???-

Gli occhi di Yuuri, resi ancora più enormi dalle lenti degli occhiali, sembrano due pancake accanto a una faccia di marmellata di fragole. Phichit dà una sorsata direttamente dalla bottiglia di champagne che si sono divisi e alza un sopracciglio.

-Tu sei tornato da Sochi sconsolato per la sconfitta e la delusione di non aver parlato a Victor, ma con un succhiotto tondo e viola sul collo, grande quanto il Lake Saint Clair! Ergo, qualcosa hai fatto, mentre eri lì, con qualcuno… Perché non penso proprio che te lo sia fatto da solo o che Celestino abbia cambiato sponda due minuti dopo averti abbandonato ubriaco al party di gala, arrabbiato e offeso con te! Però è un anno che non ti decidi a parlamene e io sono molto deluso!-

 

Yuuri è sconcertato da quello che sente, la sua testa smette di tentare di dare una logica a quelle parole e va in burn out. Quasi quasi gli fumano le orecchie.

-Io avrei fatto…? E Celestino era offeso…? Mi avrebbe abbandonato…? Ma che stai dicendo, Phichit!? Io ero distrutto, semmai, mi sono ubriacato dalla disperazione, sì, e Celestino mi ha riportato in albergo, perché ci tiene a me! Mi sarò fatto male in gara o… non lo so! Per questo avevo un livido. Li-vi-do!-

Strappa dalle mani di Phichit lo champagne e prende una lunga sorsata. Mentre il liquido si espande nella sua bocca e le bollicine salgono su al naso, una potente sensazione di deja-vu colpisce Yuuri in mezzo al petto e gli strappa il respiro.

-Senti, bello: non vuoi parlarne? Ok, chi se ne frega. Vuoi parlarne? Benissimo, sono tutt'orecchi. Ma non prendermi per deficiente, che proprio non è serata… Allora, visto che mi pare che tu mi stia prendendo in giro, decido io: parlane, voglio finalmente una spiegazione. Cos'è davvero successo la notte prima che tornaste da Sochi? Perché io sono morto dalla curiosità, tutte le mattine che entravi in cucina grattandoti le palle e sbadigliando con la faccia al soffitto, tipo che volessi mettere in mostra quel bollo che avevi sul collo, finché non è sparito da sé! Adesso sono io quello a pezzi… è tuo dovere di migliore amico distrarmi, tirarmi su il morale, raccontarmi qualcosa che mi dimostri che non sono l'unico coglione che si fa lasciare a una festa della ragazza più dolce e bella e…-

-Su! Su, Phich, non ricominciare a piangere adesso…- Yuuri lo prende per le spalle e lo scrolla un po’. Phichit è arrabbiato, frustrato, deluso e vuole che il suo migliore amico gli dimostri di esserci passato anche lui oppure che… che cazzo! -Fammi vedere che sei mio amico e parla, dannazione, che è un anno che muoio dalla curiosità e sembra che tra te e Celestino abbiate la bocca cucita!-

L'ha presa come una questione di vita o di morte, ma Yuuri davvero non sa come rispondere.

-Io… Non so che dirti, Phichit, non mi ricordo niente… Un attimo prima ero alla festa e mi stavo ubriacando a champagne per la vergogna, e un attimo dopo sento Celestino che entra in camera, chiude la porta dietro di sé e mi dice “Come ti senti, Yuuri? Perdonami se…” Oh cazzo!-

 

Perdonami se mi sono arrabbiato e ti ho mollato alla festa da solo. 

 

-’Oh cazzo’? Che ti prende ora?-

Yuuri guarda Phichit e sbianca.

-Mi è tornato in mente che… Hai ragione… Celestino mi ha davvero mollato alla festa da solo! Brutto stronzo, inaffidabile, traditore! Sarebbe meglio che mi trovassi un altro allenatore, ecco che mi prende!-

 

… be my coach?

 

-Oh cazzo…-

-E ora che c'è?-

I pancake adesso sono avvolti dal giallo malaticcio di una faccia di sciroppo d'acero. Yuuri si sforza di ricordare, di trovare la conferma in un frammento più esteso di quella pellicola bruciata, se davvero abbia mai pronunciato quelle parole che gli sono tornate alla mente, e soprattutto a chi. Si sforza, si fa venire il mal di testa, ma niente, proprio non ricorda.

-Dici… che non sono tornato in camera… da solo?- Domanda balbettando.

-Ti ho visto ubriaco, amico, e non credo proprio che ne saresti stato in grado, nemmeno se il party fosse stato al piano terra del tuo hotel… Forse ti ci ha accompagnato qualcuno e hai passato una notte di sesso bollente con lui. Lei. Insomma, non ho ancora capito se sei un tipo da tette o cazzi…!-

-Phichit!-

-Phichit cosa? Tette o cazzi?- È un sorriso alcolico, ma almeno è un sorriso e Yuuri gliela deve una risposta chiara, non per deduzione dopo aver origliato le sue telefonate con Peter.

-Ca… insomma, mi piacciono i maschi, Ok? E non parliamone più!- È di nuovo fragoloso, come un tramonto d'estate, il pomodoro sulla pizza, un segnale di stop in mezzo alla neve.

-Quindi ci sei andato, con Peter Smith, sì o no?-

-No!-

-Non ci credo…-

-Devi credermi, invece!-

-Era talmente bello che me lo sarei fatto pure io…-

-Phichit!-

Phichit guarda il viso scandalizzato di Yuuri e ride, finalmente.

-Vabbè… Vorrà dire che morirò senza sapere cosa’hai combinato a Sochi… Ma secondo te, dimmelo in totale onestà, Yuu-chan, cos’ho sbagliato con Sarah?- E ricomincia a piangere.

Yuuri è sollevato, può distrarre l'attenzione dell'amico da quei discorsi su di lui. Dà una sorsata allo champagne e passa la bottiglia a Phichit.

-To’ finiscila pure. Non lo so cos’hai sbagliato con Sarah, Phich-chan, ma di sicuro io non sono la persona più adatta ad aiutarti nelle faccende di cuore, mi dispiace… Sono uscito con Peter solo per togliermi dalla testa la mia ossessione per Victor e la figura di cacca che ho fatto alla gara e…-

-... E ci sei riuscito?-

-No…-

Cala il silenzio. Dopo un po’ Phichit risucchia aria dalla bocca e pronuncia la frase più saggia di tutta la notte di inizio anno.

-Siamo proprio due frane in amore, Yuu-chan! Proprio due frane che resteranno da soli per tutta la vita, a ubriacarsi per non pensare alle occasioni perse…-


---


Yuuri passa le prime settimane dell'anno ad arrovellarsi il cervello per ricordare cosa sia successo davvero a Sochi e a terminare la stesura della sua tesi.

Celestino non gli appare più come lo zio simpatico pronto a farsi in quattro per lui e si scopre diffidente nei suoi riguardi. Al termine di un allenamento disastroso, in una mattinata di sole che si infila gioioso attraverso le vetrate del palazzetto in cui si ritrova la squadra di pattinaggio, Yuuri rompe gli argini e si ammutina alle indicazioni dell'uomo.

 

-Arrivaci con più velocità, Yuuri!-

-Mi ammazzo se vado più veloce, Celestino!-

-Fai come ti dico, almeno provaci una volta! Devi fidarti di me, dannazione!-

È la goccia che fa tracimare il vaso.

Yuuri accelera, ma nella direzione opposta e arpiona le punte dei pattini quasi sul limite del ghiaccio, sbattendo sulla barriera davanti all'allenatore. Allunga una mano e lo afferra per il bavero del giaccone.

-Dovrei fidarmi di te!? Sei sicuro che possa davvero fidarmi di te, eh, Celestino? Di uno che mi ha nascosto una cosa così importante? Come ci sono tornato in hotel l'ultima notte a Sochi e perché mi hai mollato, da solo e ubriaco fradicio, a quel party? Voglio una risposta!-

Celestino sbianca, Phichit ascolta quella minaccia, prende il ragazzino nuovo che si allena con loro e lo fa allontanare verso il lato opposto della pista.

Yuuri molla la presa, realizza la gravità di ciò che ha fatto e si sente morire.

-Io… perdonami Celestino… Non importa… È passato un anno ormai…- Non riesce a dire di più. 

Si aspetta che l'uomo inizi a urlare e lo cacci via, è il minimo che si meriterebbe per una tale mancanza di rispetto. Celestino invece sospira e gli mette una mano sulla spalla.

-Sono io che devo scusarmi con te, Yuuri, perché è vero che ti ho lasciato da solo quella notte, ma nemmeno io so come tu abbia fatto a tornare in albergo, chi ti abbia aiutato o cosa sia successo, devi credermi. E… un'altra cosa, Yuuri…- Prende più aria che può e la soffia via un un sospiro sofferto. -Credo di non essere più in grado di allenarti… Ci sto pensando da un po’. Tu sei un atleta incredibile, non hai idea di quanto tu sia meraviglioso, quando sei nella giusta disposizione psicologica. Non sei secondo a nessuno, nemmeno a… al tuo Victor Nikiforov. Hai delle potenzialità spaventose, Yuuri, ma io… non sono l'allenatore adatto a te. Non riesco a farti fiorire, non riesco a comprendere cosa ti passi per la testa, come acquietare le tue ansie e come esaltare i tuoi punti di forza. Yuuri, io…-

 

Phichit guarda la scena fingendo di ascoltare i bla bla bla del ragazzino che gli parla, ed è preoccupato. Ora Yuuri abbassa la testa, poi lo fa Celestino. Rimangono in silenzio. Ora Yuuri e Celestino si stanno abbracciando, Yuuri piange, Celestino lo stringe di più, si allontana, lo serra alle spalle e si abbassa per guardarlo negli occhi. Ora sorridono entrambi, Yuuri vacilla, domanda qualcosa all'uomo e poi manda su e giù la testa, con aria determinata.

Ora si allontana da lui e riprende a pattinare in cerchio, sempre più veloce e salta un Lutz sottoruotato, ma esageratamente alto e poi inizia a fare piroette e, a ogni giro Phichit lo vede sorridere e piangere, sorridere e piangere e le lacrime schizzano attorno a lui. Yuuri esce dalla pista e se ne va, Celestino lo osserva, si asciuga gli occhi, stira le guance serrando i denti, sospira e si volta verso di loro.

-Ragazzi, per stamani abbiamo finito. Ci rivediamo stasera alle cinque e mezzo-, dice forte, ma la sua voce s’incrina.

 

---


-E così te ne vai…-

Phichit ha perso l'appetito. Gioca con le briciole di pane accanto al piatto ancora pieno.

-Già… ma prima devo laurearmi, non scappo domani, tranquillo Phich-chan.-

-E continuerai a venire alla pista…-

Yuuri fa un sorriso mesto. -Non ci posso stare senza pattinare, Celestino ha detto che è ok se ci vado quando non ha gli allenamenti con voi, così non vi distraete. E poi così sono libero di provare quello che voglio, magari mi viene in mente un'idea, oppure senza gli occhi puntati addosso riesco a…-

-Se vorrai, io verrò con te e starò buono sugli spalti a guardarti, in silenzio.-

Yuuri vede gli occhi lucidi dell'amico e si sente un mostro. Eppure sarebbe comunque finita prima o poi, lo sapevano entrambi.

-Guarda che non sto morendo… ci vedremo tutti i giorni fino a marzo e poi ci sentiremo via Skype e, appena è possibile, troveremo il modo di incontrarci di persona e…-

Phichit lo fa tacere premendo la mano sul suo braccio che continua a muoversi.

-Lo so-, gli dice. -Ma prima di partire, prenditi almeno un paio di criceti, così non resterai da solo, in Giappone…-

Yuuri ride, si commuove, piange, ride tra le lacrime che cerca di trattenere, stringe forte il braccio di Phichit.

-Sei stato un fratello, per me-, non è ancora il momento di salutarsi, ma il lungo addio è già iniziato.

-Anche tu, Yuu-chan, il migliore di tutti quelli che abbia davvero.-

-Però non me li prendo i criceti, Phich, senza offesa…- e sono pianti e sono risa e sono pacche e sono strette e sono sguardi.

 

---

 

Phichit ha deciso che non manderà quei video a nessuno, tantomeno a Victor Nikiforov. Quel maledetto damerino impomatato aveva promesso che si sarebbe occupato di Yuuri se lo avesse incontrato. Phichit aveva rinunciato ad aggregarsi a Celestino e Yuuri, quando erano andati a Sochi, per non essere di troppo e lasciare che le cose facessero il suo corso, perché sapeva che ci sarebbe stato Victor e finalmente Yuuri lo avrebbe potuto incontrare. Ma Victor non ha rispettato la promessa: gli ha rimandato indietro uno Yuuri spezzato nell'anima, uno Yuuri che adesso se ne va.

Li terrà per sé, quei video in cui il suo fratello d'elezione pattina sulla sua musica, quella che Victor ha presentato col nuovo anno e che lo porterà in Giappone -aaah, destino infame!- a concorrere per il mondiale. Terrà per sé le immagini di quell'angelo che solca il ghiaccio in uno spettacolo commovente, mentre le note struggenti gli si appoggiano addosso e lo rivestono di una maturità artistica che non aveva mai mostrato prima, mentre si appresta a fare i bagagli per tornare a casa e abbandonare il pattinaggio.

Gli ha chiesto perché si ostini a pattinare il libero di Victor. “Perché in un modo che non so spiegarti, sento che parla di me.” Phichit non sa se quella sia solo un’illusione, una follia o il canto del cigno di un pattinatore professionista che sta mollando tutto, ma è certo che nessun programma si sia mai veramente adattato con tale morbida perfezione a Yuuri Katsuki.

Phichit stoppa la ripresa, sospira e mette via il telefono. Saranno solo suoi quei ricordi, sarà solo suo lo Yuuri che pattina con tutta la passione che ha dentro e che il mondo, purtroppo, non conoscerà mai più.

 

Yuuri si ritira, torna a casa, rinuncia al sogno. La sua stella si spegne.



 

 


 


Yuuri…

 

Ho una memoria che è un colabrodo, mi dimentico spesso quello che prometto, quello che dico, i nomi della gente, le loro facce, ma due immagini credo di avere scolpite nella mente: il solco sul ghiaccio che si è creato la prima volta che ho pattinato, a sei anni, e l'espressione dei tuoi occhi mentre mi chiedevi di essere il tuo allenatore.

Non il tuo viso dolce, non il tuo corpo di creta plasmabile, non la tua voce o il modo in cui pronunciavi il mio nome: i tuoi occhi.

Dimentico i momenti, dimentico le situazioni, a volte dimentico anche cosa sto facendo o perché lo faccio.

Ma le emozioni, quelle rimangono attaccate alle fibre della mia anima come vernice indelebile. Ricordo ancora la felicità che provai da bambino quando mi misero la prima volta i pattini ai piedi, lo stupore di quando vidi per la prima volta il mare scuro di San Pietroburgo, l'euforia per il mio primo salto, la soddisfazione della prima medaglia, la paura di restare da solo, quando compresi che nessuno dei miei familiari mi avrebbe mai sostenuto e seguito nella mia vita sportiva, il rimpianto per non aver lottato di più per non perderli, il sollievo di aver avuto Yacov accanto, la gioia quando presi con me Makkachin, il terrore di essere stato a un passo dalla morte, per aver compiuto una sciocchezza, l’orgoglio di potermi comprare una casa con i soldi che mi ero guadagnato, la passione a stento sopita di quella notte con te.

E poi ci sei tu, che hai preso un'emozione e me l'hai spiegata, trasformandola in un sentimento. Per uno come me, curioso e in cerca di qualunque cosa possa ancora sorprendermi, questa scoperta è stata ossigeno su una fiamma ormai spenta.

Credevo che la passione fosse il punto di arrivo in un rapporto tra due persone e invece mi hai insegnato che è il punto di partenza. Che se prendi quella fiamma e hai la pazienza di tenerla stretta tra le mani per il tempo sufficiente a non scottarti più, il calore dolce che emana è un sollievo per il cuore, oltre che per la carne. Che dentro a un ricordo c'è più emozione che dentro a un letto, che l'immagine dei tuoi occhi che brillano affidandomi il tuo futuro è più sensuale dell'immagine di te che balli sul ghiaccio o in mezzo a una sala ricevimenti al gala e incanti tutti.

Che l'amore, folle o giusto che sia, è qualcosa che va metabolizzato e compreso e ha tante facce diverse, ognuna imprescindibile dalle altre.

L'amore è fuoco, l'amore è ridere, l'amore è scoprire è svelare è assaggiare, l'amore è stupirsi e spaventarsi, l'amore è un battito più forte o un battito che si perde, l'amore è il tocco leggero di una mano, lo sfiorarsi di due anime e di due bocche tremanti. L'amore è attesa, l'amore è riflessione, l'amore è tanto più amore se è lontano da chi si ama. L'amore è dubbio, speranza, delusione e nasce nell'attimo in cui, quel che perdi, diventa quel che sei. L'amore è strapparsi un sogno dall'anima e lasciarlo in un cassetto, in attesa che l'amore torni, che il fuoco arda ancora, che lo stupore tolga il fiato e la tua voce s’intoni alla mia per parlare d'amore.

L'amore è scoprire cos'è l'amore e non sorprendersi, perché piano piano è già parte di te, e poi sorprendersi ancora, perché ogni momento d’amore è diverso da tutti gli altri. L'amore è cercare di dimenticare e più ci si sforza, più l'amore scava e lascia una traccia ed è impossibile dimenticarsi dell'amore. Può fare meno male, può trasformarsi in una cicatrice, ma l'unica cosa che non è possibile all'amore è dimenticarsi che esiste.

 

Yuuri… ho ventisette anni, ho avuto tanti amanti, ho solcato cieli, ho riso tanto e pianto ancora di più; ho lottato per cose, ho vissuto cose, ho temuto cose, ho conosciuto cose e ho creduto di aver conosciuto anche l'amore, ma mi sbagliavo. L'amore è irrazionalità, è segreto è follia è assuefazione a non essere corrisposto. È un pensiero latente, ma costante, è la fiamma pilota delle giornate arruffate, pigre e di quelle di azione, di gloria.

Il mio amore folle, irragionevole, immotivato, caldo e luminoso, sei tu.

Anche se io non lo fossi per te, anche se il tempo e la distanza provassero a convincermi che sto prendendo un abbaglio, anche se l'attesa si mangerà la speranza e la speranza porterà via con sé il calore.

L'amore resta tatuato sull'anima per sempre, che sbocci un nuovo amore o che non si ami più.

 

Ho aspettato che tu mi chiamassi.

Ho pregato perché tu lo facessi.

Ho temuto che dimenticassi.

Ho sperato che tu ricordassi.

 

Ho scritto versi che parlano di te e di me, ho inciso su carta le mie emozioni, le speranze, ho imbrattato i ricordi col senso di abbandono, ho fermato quella notte nel tempo del mio sentimento, ho creato una poesia e le ho dato vita sul ghiaccio. Ho cercato un interprete che comprendesse il significato delle parole e dei movimenti e ho partecipato alla scelta delle note cui affidare il mio messaggio per te.

Ho fatto cucire un abito, ho allacciato i pattini e sono sceso in pista, per urlarti di venire da me. Ho vinto ori, ho sorriso davanti agli obiettivi, ma sorridevo a te.

E poi ho aspettato ancora.

 

Da quella notte ho aspettato più di quattrocentoottanta giorni che tu tornassi da me. Più di un anno trascorso in balia di un tepore che mi ha fatto sorridere al risveglio e piangere alla sera, ogni mattina, ogni notte.

Ho stappato champagne, affidando al primo desiderio dell'anno di ritrovarti e rimanendo in disparte, per lasciare la possibilità di scelta a te.

 

Ti ho seguito da lontano e ti ho visto arrenderti, sono volato nella tua terra, dove ti eri ritirato, partecipando a una gara, solo perché speravo di vedere i tuoi occhi tra mille occhi puntati su di me e ho ingoiato un'altra delusione, mentre sorridevo con l’ennesima medaglia al collo e tu non c'eri.

E allora, così vicino a te e mai così lontano, ho iniziato a cedere alla sconfitta, ad abituarmi alla resa, a non graffiare più sulla ferita perché restasse aperta e lasciare che diventasse cicatrice.

 

E poi, un giorno che iniziava a profumare di primavera, ho ricevuto un regalo inatteso.


“Ehi, vecchio! Che cazzo significa questo???”

Il messaggio di Yuri Plisestky, moscone gentile e amorevole che mi ronza troppo vicino, mi ha destato dal torpore di un pomeriggio pigro passato a non far nulla. A cercare di dimenticare.

Il bimbo vuole che guardi un video: saranno gattini incazzati o l’ennesima band hard rock?

Ho un deja-vu, mentre clicco sul link, una volta ci sono rimasto scottato a compiere quel gesto…


Katsuki Yuri esegue il programma FS “Resta qui vicino a me” di Victor*

 

Sei tu…

Di nuovo tu…

E scivoli e voli e vivi un'emozione che ci siamo donati e la fai tua, e la rubi a me. E me la doni.

 

TU-TUM…


Sento una voce che piange lontano

Anche tu, sei stato forse abbandonato?

Orsù finisca presto questo calice di vino

e inizio a prepararmi

Adesso fa’ silenzio

Con una spada vorrei tagliare quelle gole

che cantano d'amore

Vorrei serrare nel gelo le mani

che scrivono quei versi d'ardente passione

Questa storia che senso non ha

Svanirà questa notte assieme alle stelle

Se potessi vederti dalla speranza nascerà l'eternità

Stammi vicino, non te ne andare

Ho paura di perderti

Le tue mani, le tue gambe,

le mie mani, le mie gambe,

e i battiti del cuore

si fondono tra loro

Partiamo insieme

Ora sono pronto



 

TU-TUM.




 

Yuuri, sono pronto.

Sto venendo da te.



 

 


 

 

*Didascalia ripresa dai sottotitoli dell'episodio 1. L'aria in realtà si chiama “Stammi vicino, non te ne andare”. L'aria è stata composta appositamente per Yuri!!! On Ice, quindi, per me, è un originale della serie e io gliela faccio scrivere a ciccio Victor e poi far musicare da qualcun altro non specificato. Oh! 😝

 

 


 

 

ORBENE! Direi che siamo giunti alla fine di questa raccolta di missing moments relativi al prequel della serie.

Di qua in poi, guardatevi l'anime, che tanto inizia un paio di saluti e un volo intercontinentale dopo questa scena.

 

Quindi, la raccolta è terminata? 

Diciamo di sì, nel senso che al momento non ho scritto altro e credo di essere stata esaustiva per quello che era il mio intento.

Ma quindi “sì sì” o “sì forse”?

Sì boh. Ho alcune scene aggiuntive in pentola, perché, come mi mancava tutto il “pre”, sento che mi manca anche “il durante”, cioè quei mesi bui che vanno dalla Disfida all'Ice Castle (primavera) all'inizio delle qualificazioni per il GP (autunno). Almeno quattro mesi di buio cosmico. Periodo che, per inciso, ci fanno annusare con la sigla di chiusura e in cui succedono cose che portano a un bel po’ di puci-puci tra Victor e Yuuri, da un certo punto della serie in poi. Insomma, parliamo chiaro: dal “non entrare in camera mia!” al “ti compro un anello perché sì” (passando dal “vieni che ti spalmo il burrocacao in modo sexy”, “che vuoi che sia se ti abbraccio come ammiamoglie mentre guardiamo in pubblico una gara alla tivù”, “stai fermo col pattino sennò mi tagli il naso mentre ti bacio i piedi davanti a tutti”, “un bacio in mondovisione non si nega a nessuno”, “ci tocca avvicinare i letti anche in questo hotel”, ecc ecc ecc ecc) *qualcosa* deve pur essere successo! Eh, via!

Quindi boh. Scriverò altro? Boh. Veramente: boh. 

Visto che non credo ci siano folle pronte a strapparsi i capelli in entrambi i casi, per ora metto la raccolta come completa, poi si starà a vedere. 

Posso sempre scriverne un'altra dal titolo “Seconde volte” ah ah ah! O, meglio… “Certe volte”...

 

Un grazie infinito a chi ha seguito questo esperimento lampo che ho fatto in un tempo brevissimo e soprattutto a chi mi ha donato un po’ del suo prezioso tempo per riportarmi le sue impressioni! ❤️

   
 
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